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La Regione Toscana ha scelto le aziende floricole del comparto fiore reciso ammesse al parziale ristoro delle perdite subite per il Coronavirus. Sono 163 e stanno per ricevere sovvenzioni da un massimo di 20 mila euro (6 aziende) a meno di 1.000 € (23 aziende). L’assessora Saccardi: «la Regione mantiene gli impegni con le categorie più colpite nella prima fase pandemica». Il consigliere Niccolai: «a disposizione più di 1 mln di euro per i floricoltori fuori da questo bando e continueremo il lavoro anche con la filiera vivaistica». Il link all’elenco ufficiale delle sovvenzioni decretate.


Sono 163 le aziende floricole toscane che stanno per ricevere una sovvenzione straordinaria come parziale ristoro per la riduzione delle vendite di fiori e fronde recisi subita a causa dell’emergenza Covid-19 la primavera scorsa.
L’elenco dei floricoltori ammessi è stato appena approvato e la sovvenzione, pari a un contributo complessivo di quasi 834mila euro, sarà proporzionata alla riduzione dei fatturati che ciascuno di essi ha subito nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto al corrispondente bimestre del 2019.
Il finanziamento è stato fissato nei limiti massimi previsti dal bando senza alcuna riduzione, in conseguenza della capienza delle risorse messe a disposizione e sarà liquidata a breve, non appena espletate le verifiche previste dalla normativa vigente: «controllo della regolarità contributiva mediante l’acquisizione del DURC», come recita il decreto dirigenziale dello scorso 12 novembre (vedi). Si va da ristori superiori ai 10 mila euro per 26 aziende, sei delle quali riceveranno il contributo massimo di 20 mila euro, a mini ristori inferiori a mille euro per 23 aziende. Fra questi due estremi si distribuiscono le altre sovvenzioni approvate (vedi).
«La Regione mantiene gli impegni presi con le categorie maggiormente colpite nella prima fase pandemica e continua il suo lavoro di sostegno – ha dichiarato la vicepresidente e assessore all’agroalimentare Stefania Saccardi rendendo noto il decreto –. Siamo consapevoli che il ristoro che eroghiamo non potrà coprire tutti i danni subiti, ma contiamo sul fatto che possa rappresentare un aiuto valido per sostenere una parte dei mancati introiti».
Come ha spiegato il consigliere regionale Marco Niccolai nel suo commento su Facebook a questa notizia: «nell'aprile scorso la Regione ha destinato 2,430 mln di euro per il ristoro dei danni che la floricoltura del nostro territorio ha subito a causa della pandemia (vedi). Molto materiale andò distrutto e tutta la produzione del periodo primaverile di fatto fu interrotta. Nei giorni scorsi sono state individuate le 163 aziende ammesse all'erogazione del contributo previsto dal primo bando della Regione in materia» (vedi). Ma «rimane a disposizione più di 1 mln di euro» che consentirà alla Regione di «dare una risposta anche alle altre aziende del settore floricolo danneggiate dagli effetti della pandemia che non erano state ricomprese in questo bando, una questione che avevo posto nel mio precedente mandato e sulla quale continuerò il mio impegno. Come componente della Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale non posso che essere soddisfatto perché arriva a queste aziende, molte volte piccole e a conduzione familiare, una risposta concreta. Continueremo il lavoro non solo per la filiera floricola ma anche per quella vivaistica».

L.S.

produzione crisantemi 2020

Per Asproflor 9 milioni i vasi di crisantemi prodotti e 17 milioni gli steli di crisantemo multiflora e uniflora raccolti in Italia quest’anno, con un calo di produzione pari a -30% sul 2019. Il presidente Ferraro: i vasi coltivati soprattutto nel centronord e al nord, i recisi al sud e nel centrosud; 250 mln di euro spesi per commemorare i defunti nel nostro Paese. Conferma dell’entità del calo produttivo da Cia Toscana Centro, che segnala peraltro una crescita del 20% del prezzo medio degli steli all’ingrosso al Mefit di Pescia e il cui presidente Orlandini parla di «grande incertezza» per la pandemia, che ha causato anche meno importazioni dall’estero di crisantemi. Paura per le ipotesi di futuri lockdown, in particolare per le vendite di stelle di Natale.


Un calo della produzione italiana di crisantemi, fra numero di vasi e di steli recisi, di circa il 30%. E’ la stima alla vigilia di Ognissanti, momento dell’anno cruciale per il commercio di crisantemi ma importantissimo per tutta la filiera floricola, che è stata comunicata ieri l’altro da Asproflor – Comuni fioriti e che poi è stata indirettamente confermata ieri da Cia Toscana Centro con riferimento al Mefit, il mercato per il commercio all’ingrosso di fiori e piante di Pescia.  
«Dopo una primavera scossa dalla chiusura forzata delle attività a causa del Covid – spiega il comunicato del 29 ottobre di Asproflor – Comuni fioriti introducendo i dati - le aziende hanno tentato di riprendere la normalità programmando la coltivazione dei fiori per la principale festività autunnale, quella di Ognissanti. Certe di aver lasciato alle spalle il picco pandemico e fiduciose nel futuro, tutte la aziende hanno messo in produzione la coltivazione dei crisantemi da vaso e recisi, che è una delle più lunghe e impegnative. L’estate appena trascorsa ha registrato giornate particolarmente asciutte e luminose e ha determinato un leggero ritardo nella fioritura dei crisantemi». Così nei giorni scorsi i crisantemi sono arrivati nei centri giardinaggio, nei punti vendita e nelle fiere in programma fino al 25 ottobre con prezzi che variavano «da 1,50 a 2,00 €/cad. per gli steli multifiori ai 3,50- 6,50 €/cad per gli steli uniflora, i vasi da 12 cm da 4/5,00 €/cad a 15/20,00 € cad per i diam. 20/23 cm». E  «la produzione nazionale di crisantemi in vaso è stata di circa 9 milioni di vasi in diverse misure, 10 milioni di steli recisi multifiori e 7 milioni di steli varietà decorative uniflora, con un calo di produzione del 30%».
«Il crisantemo è una delle produzioni “storiche” e “tradizionali” per il mercato italiano - ha osservato il presidente di Asproflor Sergio Ferraro - e l’intera produzione rappresenta il 25% del fatturato annuo delle aziende florovivaistiche, per una spesa complessiva di cica 250 milioni di euro e le principali regioni produttrici sono Sicilia, Puglia, Campania e Lazio per il fiore reciso e Liguria, Toscana, Piemonte, Veneto e Lombardia per i vasi». «Stiamo vivendo questi ultimi giorni in attesa delle festività con grande apprensione e preoccupazione - ha continuato Ferraro -. Anche se i decreti e le ordinanze che si susseguono consentono alle aziende florovivaistiche e a chi vende piante e fiori di rimanere aperti, non possiamo restare indifferenti rispetto alle altre attività che sono invece costrette a chiudere in seguito alle misure prese per il contenimento dell'epidemia. […] La sfida sarà affrontare non soltanto i capricci del tempo, che nonostante le moderne tecnologie di coltivazione spesso determina la qualità della produzione e la fioritura, ma anche i cambiamenti sociali che la pandemia determinerà».
Sulla stessa linea d’onda il comunicato di ieri di Cia Toscana Centro, in cui si parla di «mercato dei fiori di Pescia, uno dei principali a livello nazionale, fortemente condizionato dall’effetto Covid» in vista delle celebrazione del 2 novembre, momento fra i «più importanti dell’anno per la floricoltura di Pescia». «Per la commemorazione dei defunti – viene segnalato - si registra un calo della produzione dei crisantemi da parte delle aziende locali (-30% rispetto al 2019), colpa dell’incertezza dei mesi scorsi e attuale per probabili lockdown, al momento evitati. Stesso fenomeno che ha fatto diminuire l’ingresso sul mercato italiano di prodotto estero. Sale invece il prezzo medio dei crisantemi (+20%) – la varietà “ping pong” la più venduta -, che vengono venduti ad 80 centesimi cadauno dall’azienda agricola al mercato all’ingrosso (contro i circa 60 centesimi dello scorso anno)».
«Le grandi difficoltà del settore con la chiusura delle attività nei mesi di marzo-aprile a causa dell’emergenza sanitaria Covid – ha commentato il presidente Cia Toscana Centro Sandro Orlandini – hanno condizionato pesantemente le scelte delle aziende nei mesi successivi. In molti hanno aspettato a piantare fiori e crisantemi pensando a nuove chiusure del settore, ma anche a quelle dei cimiteri, che per il momento non ci sono state. Una situazione che ha portato quindi ad un calo della produzione di circa un terzo rispetto alla media. Fatto positivo, comunque, che l’1 e 2 novembre potremmo ancora andare nei cimiteri ed acquistare i fiori locali, dando una importante boccata d’ossigeno alle aziende locali. Non era scontato». 
«La Cia Toscana Centro nella zona di Pescia conta circa 130 aziende agricole impegnate nella produzione dei fiori – rende noto il comunicato - che conferiscono al Mercato dei fiori della Toscana (Mefit) di Pescia. Crisantemi pesciatini che vanno perlopiù nel mercato locale toscano ed in alcune regioni del Nord Italia, quasi assente l’export». In una annata comunque particolarmente difficile, Cia Toscana Centro è preoccupata per il periodo natalizio, quando si vendono le stelle di Natale, per l’incertezza ed il rischio di nuove chiusure per l’emergenza Covid. Del resto in Toscana il florovivaismo ha un peso molto significativo: «si coltivano fiori e piante in 6.500 ettari di superficie e il settore vale - ricorda Cia - all’incirca un terzo del fatturato (900 milioni di euro) dell’agricoltura toscana. Con oltre 3.300 imprese florovivaistiche (di cui 2.060 vivaistiche e 1.900 floricole, molte lo sono entrambi), con una grande incidenza su occupazione ed economia indotta, oltre ad una forte vocazione, in tempi normali, all’export».

Redazione


Presentata ieri l’iniziativa di Eataly, Federdoc, Qualivita, Origin Italia e Treccani per la valorizzazione dei nostri prodotti DOP IGP. E’ la prima tappa di un’intesa per promuovere il made in Italy agroalimentare nel mondo. Il sottosegretario al Ministero degli esteri Di Stefano: «l’agroalimentare è la prima filiera dell’economia italiana con 538 miliardi di euro di fatturato e il secondo comparto per volumi di export con 44,6 miliardi di euro».

Un percorso divulgativo completo sulle oltre 830 denominazioni italiane del settore agroalimentare e vitivinicolo, fra DOP e IGP, che va dalle caratteristiche organolettiche dei prodotti, agli elementi di tracciabilità e sicurezza alimentare, fino a toccare alcuni di quegli elementi storici e culturali a cui essi si sono legati nel tempo: monumenti, opere letterarie, personaggi storici, caratteristiche dell’ambiente e del territorio.
Questo, in breve, il progetto “I capolavori a denominazione di origine” che Eataly, Federdoc, Origin Italia, Qualivita e Treccani hanno presentato ieri in digitale. Il primo frutto del nuovo accordo per la promozione del made in Italy agroalimentare di qualità nel mondo fra questi soggetti: Treccani, con il suo grande patrimonio culturale, la Fondazione Qualivita con il suo sistema di conoscenza sulle Indicazioni Geografiche, Eataly e la sua capacità di dialogare con i consumatori su scala globale, Federdoc e Origin Italia in rappresentanza del mondo dei Consorzi di Tutela dei prodotti DOP e IGP.
Il progetto sui “capolavori a denominazione di origine” si manifesta all’interno degli store italiani di Eataly come racconto dell’eredità culturale dei prodotti fruibile grazie a grandi pannelli illustrati, mentre gli aspetti più attuali delle produzioni sono affidati a un “manuale” contenente l’elenco aggiornato delle denominazioni italiane, a una brochure di approfondimento delle produzioni di qualità europee e del significato dei marchi DOP IGP e a etichette dotate di QR-code presenti sugli scaffali che accolgono i prodotti DOP IGP.
Attraverso la galleria esposta tra gli scaffali di Eataly i consumatori sono accompagnati con immagini e testi, alla scoperta del “DNA culturale” delle Indicazioni Geografiche italiane. Sui capolavori a denominazione d’origine ci saranno informazioni che vanno dal geniale macchinario inventato da Leonardo da Vinci per la trasformazione dell’antenato dell’olio Toscano IGP al ruolo del Barolo DOP nella rete diplomatica di Cavour, passando per i suoli vulcanici dell’Etna, patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 2013, e fattore vitale per la nascita del Pistacchio Verde di Bronte DOP e dei vini Etna DOP. Attraverso l’utilizzo di QR-code ben visibili sulle etichette dei prodotti a scaffale, l’iniziativa apre percorsi di conoscenza sulle produzioni e sui territori e rende accessibili “schede prodotto” multimediali, pubblicate sulla piattaforma qualigeo.eu, con le principali informazioni sulle denominazioni come metodo di lavorazione, storia, normative, caratteristiche nutrizionali e organolettiche.
Una possibilità dunque di approfondimento a trecentosessanta gradi che, in linea con la nuova strategia europea del “Farm to Fork”, ambisce a un consumatore consapevole interessato a etichette intelligenti e materiali informativi di qualità. Un’iniziativa che parte dall’Italia per coinvolgere progressivamente gli altri store di Eataly presenti in oltre 15 paesi nel mondo. E che ha un impatto economico di primaria importanza, visto che, come ha ricordato il sottosegretario al Ministero degli esteri Manlio Di Stefano, «l’agroalimentare rappresenta la prima filiera dell’economia italiana, con 538 miliardi di euro di fatturato, pari al 25% del Pil nazionale, e il secondo comparto per volumi di export, con 44,6 miliardi di euro. Questi risultati sono raggiunti anche grazie a una produzione che mette l’accento sulle specificità del nostro territorio e fa della qualità la propria bandiera».

L.S.

viticoltura

Ci sono 2,5 milioni di euro in più rispetto al 2019 nel bando “Ocm Vino – Promozione” della Regione Toscana per promuovere il vino della campagna 2020-2021 su mercati esterni all’Unione Europea, che dopo Brexit includono il Regno Unito. L’assessore all’agricoltura Saccardi: «in un momento di difficoltà per l’emergenza sanitaria vogliamo sostenere il comparto vitivinicolo toscano, forte di un valore dell’imbottigliato ex-fabrica di circa 1 miliardo di euro». Le novità del bando e i requisiti per essere ammessi. Avviso di presentazione progetti entro fine ottobre. 


Tredici milioni e mezzo di euro per promuovere il vino toscano sui mercati internazionali. Con 2,5 milioni in più rispetto al 2019, è questa la somma destinata al bando "OCM Vino – Promozione" promosso dalla Regione Toscana per lanciare e portare avanti la campagna vitivinicola 2020/2021 sui mercati esterni all'Unione Europea. 
«Abbiamo voluto dare un’iniezione importante di risorse e di fiducia al Sistema Vino Toscana – ha detto la vicepresidente e assessore all’agricoltura Stefania Saccardi – In un momento di grande difficoltà a causa dell’emergenza sanitaria vogliamo sostenere uno dei fattori di traino del settore agroalimentare come è il comparto vitivinicolo toscano, forte di un valore dell’imbottigliato ex-fabrica di circa un miliardo di euro, e lo si fa dando una risposta forte e chiara. Per questo abbiamo accolto con favore l'aumento della percentuale di contributo comunitario concessa dalla Commissione europea portando dal 50 al 60% il contributo massimo per le spese sostenute per realizzare ciascun progetto e, al tempo stesso, abbiamo aumentato la dotazione rispetto al 2019, aggiungendo altri 2,5 milioni di euro circa per il finanziamento di questa misura per la campagna 2020».
Alla misura possono accedere le organizzazioni professionali, le organizzazioni di produttori di vino e le loro associazioni, le organizzazioni interprofessionali, i consorzi di tutela, i produttori di vino, cioè le imprese, singole o associate che abbiano ottenuto i prodotti da promuovere dalla trasformazione dei prodotti a monte del vino, propri o acquistati e/o che commercializzano vino di propria produzione o di imprese ad esse associate o controllate, i soggetti pubblici, le associazioni temporanee di impresa e di scopo, costituende o costituite, le associazioni, le federazioni e le società cooperative e, infine, le reti di impresa.
«La volontà è stata quella di cogliere tutte le opportunità e le novità messe a disposizione dalla normativa nazionale – ha spiegato la vicepresidente Saccardi - al fine di garantire il finanziamento di un numero di progetti tale da assicurare l’efficacia della misura e consentire l'accesso anche alle piccole e micro imprese che sono quelle che in questa fase soffrono di più». Lo stesso soggetto può presentare o partecipare a più progetti, purché siano rivolti a Paesi terzi o mercati di Paesi terzi diversi. Il limite massimo di contributo pubblico che spetta a ciascun progetto non può superare gli 800.000 euro (contro i 3 milioni di euro fissati per i progetti nazionali).
Rispetto agli anni passati, numerose le novità a vantaggio delle imprese toscane:
- è stato abbassato il contributo minimo ammissibile per ciascun progetto, che in Toscana non può essere inferiore a 60.000 euro, qualora il progetto sia destinato ad un solo Paese terzo, ed a 30.000 euro per Paese terzo qualora il progetto sia destinato a due o più Paesi terzi, in quanto ritenuti limiti adeguati per la realtà vitivinicola toscana (a livello nazionale tali limiti sono pari rispettivamente a 500.000 e 250.000 euro);
- è stato ridotto il contributo minimo che ciascun soggetto partecipante deve richiedere, portandolo a 2.000 euro per Paese terzo e addirittura a 1.000 euro nel caso il progetto sia rivolto ad un Paese emergente, al fine di garantire la partecipazione alla misura anche alle piccole e/o micro imprese;
- è possibile inserire tra i Paesi destinatari del progetto anche il Regno Unito, causa Brexit.
Tra i requisiti richiesti per proporre progetti:
- la sede operativa in Toscana e la promozione di produzioni toscane;
- avere adeguata disponibilità dei prodotti che vengono promossi, per poter rispondere alla domanda del mercato a lungo termine;
- i produttori di vino, in forma singola o associata, devono avere presentato, se dovuta, la dichiarazione di produzione e la dichiarazione di vendemmia nelle ultime tre campagne vitivinicole;
- avere la disponibilità di sufficienti capacità tecniche per effettuare scambi a livello internazionale e di risorse finanziarie adeguate per realizzare il progetto in maniera efficace.
Tra le azioni da mettere in campo in uno più Paesi o mercati, si prevedono: azioni pubbliche, promozione e pubblicità. Altra novità prevista dalla normativa nazionale e recepita con questo provvedimento, consiste nella possibilità di inserire, tra le azioni ammissibili, anche la realizzazione di sub-azioni che possono riguardare esclusivamente attività di comunicazione e di promozione svolte attraverso la rete internet o di digital-marketing, fino ad oggi non ammesse.
I progetti dovranno partire il 1° di aprile e concludersi entro il 31 agosto 2021 (se non si ricorre all'anticipo) o entro il 31 dicembre 2021 (se invece ci si avvale dell'anticipo).
Entro la fine del mese di ottobre sarà adottato l’Avviso per la presentazione dei progetti.

Redazione


presidente di Origin Italia Cesare Baldrighi

All’assemblea di Origin Italia 70 Consorzi di tutela in rappresentanza di 80 mila imprese del comparto DOP IGP. La ministra Bellanova: «patti di filiera e punti di equilibrio con la grande distribuzione per la valorizzazione dei prodotti di eccellenza». Il presidente di Origin Italia Baldrighi: «ristorazione in difficoltà, ma grandi margini di sviluppo, in compagnia anche di MacDonald» e «gdo forte ora, ma non tutti i prodotti sono adatti a questo canale, anche per pratiche commerciali svalorizzanti». De Castro: «il Food&Wine europeo vale 75 miliardi e i prodotti certificati sono venduti a un prezzo doppio». Confagricoltura: «il patrimonio DOP e IGP italiano ha superato nel 2019 i 16 miliardi di euro, in crescita del 6%, con l’export a oltre 9 miliardi: con questi numeri ruolo sempre più strategico».


«Per valorizzare i prodotti agroalimentari di qualità è nostra intenzione promuovere tavoli di confronto tra i consorzi di tutela e la Gdo per favorire il potenziamento della comunicazione ai cittadini in merito al valore aggiunto che hanno i prodotti a denominazione di origine. Dovranno essere trovati punti di equilibrio con la grande distribuzione, dovranno essere introdotti patti di filiera per la crescita e la valorizzazione dei nostri prodotti di eccellenza. OriGIn Italia, quale organizzazione dei consorzi italiani, sarà chiamata ai tavoli in cui saranno assunte decisioni operative per la crescita del sistema delle indicazioni geografiche». 
Un riconoscimento importante per le indicazioni geografiche italiane e per Origin Italia nelle parole della ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova, intervenuta oggi subito dopo l’assemblea 2020 di OriGIn Italia, a cui hanno partecipato 70 Consorzi di tutela in rappresentanza di 80mila imprese del comparto DOP IGP, a una tavola rotonda con decisori politici, istituzioni e stakeholder nazionali per confrontarsi su strategie e politiche di rilancio dell’agroalimentare. 
«La riorganizzazione che noi stiamo affrontando - ha sottolineato Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia, nato nel 2006 come Aicig (Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche) - va esattamente nella direzione di offrire a tutti i consorzi gli strumenti che ci consentono di garantire l’assistenza alle organizzazioni consortili, un’attività di tutela e la comunicazione dei prodotti sui canali sui quali quotidianamente operiamo». A cominciare da «quello della ristorazione che è in grande difficoltà perché ha dovuto subire più di ogni altro i provvedimenti che ci servono per gestire l’emergenza sanitaria» ma che «è comunque un settore dove abbiamo grandi margini di sviluppo e dove abbiamo dei compagni di viaggio come McDonald’s molto attivi». «Dovremo avere tutti gli strumenti per accompagnare i nostri prodotti nel mondo della ristorazione – ha aggiunto Baldrighi -, che non è solo un’occasione di consumo ma anche di promozione importante nazionale ed internazionale». «Il secondo canale riguarda la Gdo – ha continuato il presidente di Origin Italia - che in questo momento può continuare a lavorare meglio di altri settori e quindi i prodotti che meglio si adattano a questa distribuzione traggono un beneficio». «Ma questo non vale per tutti – ha precisato Baldrighi -, ecco perché dobbiamo pensare, come ha detto il ministro, a delle interlocuzioni che abbiamo già avviato anche per contrastare le pratiche commerciali svalorizzanti. Proprio oggi presenteremo infatti l’accordo tra OriGIn Italia, Qualivita e Eataly per una presenza con una evidenza importante di tutti i nostri prodotti sul mercato nazionale e internazionale».
Ha ricordato il grande valore delle Indicazioni Geografiche l’europarlamentare Paolo De Castro: il Food&Wine europeo vale 75 miliardi di euro, ed il 20% è realizzato fuori UE; mentre il prezzo pagato per i prodotti certificati è il doppio degli equivalenti prodotti non certificati. «Non ci potrà essere competitività sui mercati internazionali se non si è capace di essere organizzati e di fare offerta insieme – ha detto De Castro -. In Europa abbiamo costruito strumenti per dare più forza ai Consorzi per una gestione efficace dell’offerta».
Coesione e unità di intenti da parte dei Consorzi di tutela e della filiera agricola: fra gli interventi quello di Ettore Prandini, presidente Coldiretti; Massimiliano Giansanti, presidente Confagricoltura; Dino Scanavino, presidente Cia Agricoltori Italiani e Franco Verrascina, presidente Copagri. Da parte delle organizzazioni di categoria è stata ribadita l’importanza di una valorizzazione delle Dop e Igp, per creare reddito alle imprese e dare forza sui mercati al Made in Italy, e con la piena disponibilità a collaborare con i Consorzi di tutela.
Sul ruolo «sempre più strategico» dei consorzi di tutela DOP e IGP per la crescita dell’agroalimentare italiano si è soffermata in particolare Confagricoltura in un comunicato successivo alla tavola rotonda di Origin Italia. Massimiliano Giansanti ha ricordato che «il patrimonio DOP e IGP italiano ha superato nel 2019 i 16 miliardi di euro, in crescita del 6%. Nel 2019 in Italia erano presenti 824 prodotti DOP, IGP, STG, ovvero più di un quarto di tutti quelli registrati nel mondo. E il comparto è particolarmente importante anche per l’export, che nel 2019 per la prima volta ha superato il valore di 9 miliardi di euro, mantenendo stabile la quota del 21% di tutto l’agroalimentare italiano». E, per quanto riguarda l'impatto territoriale, «tutte le province italiane hanno una ricaduta economica dovuta alle filiere IG agroalimentari e vitivinicole, sebbene le prime quattro regioni per impatto economico si trovino nel Nord Italia». «Se questi sono i numeri – ha detto Giansanti – è chiaro che aumentare la produzione agricola nazionale significhi puntare proprio sulle indicazioni geografiche, per crescere sul mercato interno e occupare nuovi spazi a livello internazionale. Quegli spazi occupati, ad esempio, dall’italian sounding, che da solo vale 100 miliardi di euro. E’ necessario dunque rafforzare il ruolo di promozione, tutela e informazione dei consorzi, che dovranno essere sempre più ancorati al territorio e alla produzione agricola, in primo luogo per contrastare le grandi lobby che in Europa si stanno muovendo a favore del cosiddetto cibo sintetico». 

Redazione