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Florovivaismo italiano

Nei primi 10 mesi del 2020 le esportazioni del nostro florovivaismo sono calate del 2,7% su gennaio-ottobre 2019, mentre il saldo export/import (positivo) è calato del 17,3%. Riguardo al consumo interno, pesa il lungo azzeramento degli eventi, a cominciare dai matrimoni (-50,3%). Coldiretti spera negli acquisti di fiori made in Italy degli italiani a San Valentino annunciando iniziative nei vivai. E indica una serie di misure per il sostegno al comparto: interventi sulle scadenze fiscali e sugli ammortizzatori sociali, potenziamento Bonus verde, azioni diplomatiche per rimuovere i blocchi fitosanitari di alcuni Paesi.


I danni subiti dalle aziende florovivaistiche italiane nel 2020 per effetto della pandemia da Covid-19 sono stati alti, soprattutto in floricoltura. Ma il giorno di San Valentino, momento clou per la vendita di fiori, è l’occasione per una significativa boccata d’ossigeno per il florovivaismo made in Italy. Soprattutto se gli italiani faranno seguire i fatti alle risposte nei sondaggi, secondo i quali 8 cittadini su 10 (l’82%) «ritengono importante sostenere l’economia e l’occupazione nazionale anche nel momento di fare la spesa», acquistando fiori e piante italiani in soccorso delle 27 mila aziende florovivaistiche del nostro Paese che danno lavoro a circa 200 mila persone. 
Ad affermarlo è la Coldiretti oggi in una nota in cui sostiene che il «crack del florovivaismo italiano nell’ultimo anno» è stato di 1,7 miliardi di euro e in cui lancia una mobilitazione per questo fine settimana con iniziative nei vivai, nelle fattorie e nei mercati di Campagna Amica con anche agriturismi che propongono menu speciali per gli innamorati. 
Il florovivaismo ha subito per Coldiretti «un vero e proprio tsunami senza precedenti nella storia dell’Italia dove per effetto delle misure di sicurezza anti virus e dei timori legati al contagio sono stati azzerati eventi pubblici, fiere e assemblee, cresime, comunioni, battesimi e sposalizi». E «solo considerando il periodo gennaio-ottobre 2020 il dilagare del Covid ha provocato il taglio del 50,3% dei matrimoni a fronte dei 170mila celebrati nello stesso periodo del 2019 secondo l’analisi di Coldiretti su dati Istat. La crisi generata dal virus ha stravolto i programmi di promessi sposi e famiglie e azzoppato i bilanci delle aziende che adesso puntano sull’apertura della stagione 2021 con il tradizionale appuntamento di San Valentino».
«In sofferenza anche la bilancia dei pagamenti – mette in evidenza Coldiretti – con calo del 2,7% nelle esportazioni nei primi 10 mesi del 2020 (777 milioni di euro), rispetto allo stesso periodo del 2019, un balzo delle importazioni, che crescono del 18,1% (389 milioni di euro), sempre rispetto ai primi 10 mesi del 2019, per un saldo positivo di oltre 387 milioni di euro, in contrazione del 17,3% rispetto al periodo gennaio-ottobre del 2019».
«Da tutelare c’è il futuro di un comparto chiave del Made in Italy agroalimentare, con il valore della produzione italiana di fiori e piante stimato in 2,7 miliardi di euro nel 2019 – aggiunge Coldiretti -. Per salvare imprese e posti di lavoro sono necessari interventi urgenti e concreti su tutte le scadenze, fiscali e non, per la gestione dei dipendenti e l’accesso agli ammortizzatori sociali». La Coldiretti ha chiesto indennizzi a fondo perduto per coprire i danni subiti dalle imprese e garantire la liquidità necessaria a ripartire con i nuovi cicli produttivi, esonerando il settore dal pagamento di imposte e tasse e dei contributi previdenziali e assistenziali (vedi).
«Inoltre – evidenzia Coldiretti – vanno potenziate nelle risorse e allargate a una platea più vasta le misure previste per il Bonus Verde, oltre a rilanciare le esportazioni attraverso una adeguata attività diplomatica per la rimozione dei blocchi fitosanitari che ancora sussistono per le produzioni vivaistiche italiane in alcuni paesi. E per aprire nuovi mercati va finanziata la promozione del settore e dei consumi nazionali ed esteri per un vero rilancio di piante e fiori Made in Italy. Infine grandi aspettative dal Recovery Plan: digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici sono assi strategici di intervento anche per il settore dei fiori e delle piante, per dare sostenibilità alla crescita e garantire la sicurezza ambientale del Paese».


Redazione


L’accordo fra Confagricoltura e l’azienda produttrice di agrofarmaci prevede sperimentazioni e iniziative divulgative su colture emergenti o di interesse nazionale con prodotti e soluzioni tecniche a minore impatto ambientale. Giansanti: «è prioritario il rafforzamento della competitività delle imprese agricole anche con un rinnovato impegno nella direzione tracciata da Agenda 2030».

 
Aumentare la sostenibilità delle produzioni agricole nell’ottica del contenimento dei costi, del miglioramento della qualità e della riduzione dell'impatto ambientale.
Questi gli obiettivi dell’accordo di collaborazione firmato due giorni fa da Confagricoltura, la più antica associazione di tutela e di rappresentanza delle imprese agricole con oltre 2200 uffici sul territorio, e Cifo srl (BCI Group - Biolchim Cifo Ilsa), una solida realtà italiana specializzata nella produzione e commercializzazione, sia in Italia sia all’estero, di prodotti per la nutrizione vegetale e biostimolanti.
Con quest’intesa l’organizzazione degli imprenditori agricoli e il gruppo agroindustriale avviano una serie di iniziative finalizzate all’informazione e alla divulgazione. In particolare, concordano di dar vita a “campi vetrina” su colture emergenti o di interesse nazionale. Si tratterà di campus in cui gli agricoltori associati a Confagricoltura potranno conoscere, provare in campo e approfondire tecniche agronomiche innovative su tre livelli: per gli agricoltori, che potranno ottenere una maggiore redditività; per il consumatore, che potrà beneficiare di prodotti di migliore qualità e più salubri; per l’ambiente, visti gli impatti minimi dei formulati utilizzati. Iniziative che saranno supportate da programmi congiunti di formazione e tavoli di confronto tra tecnici e agricoltori.
«Tra i nostri obiettivi è prioritario – ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – il rafforzamento della competitività delle imprese agricole e delle filiere agroalimentari (che producono, commercializzano e vendono i loro prodotti), anche con un rinnovato impegno per l’ambiente, la sicurezza alimentare, la salute e il benessere, rispondendo ai precisi obiettivi che si è data l’ONU - nella direzione tracciata da Agenda 2030 – e l’Unione Europea con Green New Deal e la specifica strategia Farm To Fork». «Cifo è un partner di grande esperienza, che ha la stessa nostra visione e mission per il progresso dell’agricoltura – ha aggiunto -. Insieme vogliamo lavorare per far sì che le imprese possano ottimizzare le produzioni agricole tramite le più recenti tecnologie e metodologie e che vengano realizzate filiere coese a monte e a valle del momento produttivo”. In quest’ottica, è essenziale il contributo di ricerca e innovazione».
«Siamo orgogliosi di essere partner di Confagricoltura in questo importante progetto – ha dichiarato Pierluigi Picciani, consigliere delegato di Cifo – Da sempre, infatti, siamo impegnati nella ricerca di nuovi prodotti e di nuove soluzioni tecniche in grado di risolvere i problemi dei nostri clienti finali, gli agricoltori, e di soddisfare i requisiti di un mercato sempre più esigente. Siamo quindi ben lieti di poter condividere con gli associati di Confagricoltura le nostre conoscenze, frutto della nostra esperienza in laboratorio e su campo, per favorire un’agricoltura sempre più sostenibile e di eccellenza». Con alle spalle quasi 60 anni di attività e grazie all'appartenenza ad un grande Gruppo presente in 70 Paesi e con un fatturato di circa 130 milioni di euro, Cifo può contare su una propria filiera e su un’ampia gamma di prodotti finiti innovativi e di elevata qualità.

Redazione

 

 

Florovivaismo toscano

Per Cia - Agricoltori Italiani servono meno burocrazia e politiche innovative per garantire la competitività sui mercati. Il settore vale il 30% della produzione lorda vendibile dell’agricoltura toscana. E resta il problema del Mercato dei fiori Pescia.


Il florovivaismo toscano non chiede assistenzialismo, ma politiche che possano garantirne la competitività sui mercati italiani e internazionali. E una maggiore attenzione da parte della politica, a tutti i livelli.    
Se ne è parlato nell’incontro in webinar dedicato al florovivaismo che ha visto la partecipazione di un centinaio di aziende della zona di Pistoia, Pescia e Lucca, organizzato da Cia Toscana Centro.
Molti i temi affrontati e le problematiche emerse: «è necessario prevedere un piano fitosanitario efficace – ha detto il presidente di Cia Toscana Luca Brunelli -, ma che allo stesso tempo tenga conto della sostenibilità economica delle imprese. E poi: supportare le imprese floro-vivaistiche della Toscana, e sburocratizzare il settore, rendendo più snelle le procedure».
Al termine dell’incontro web il presidente Brunelli ha chiesto un incontro, con una delegazione, con l’assessore regionale all’agricoltura Stefania Saccardi per porre alla sua attenzione i problemi dei settori floricolo e vivaistico.   
Il florovivaismo toscano, rappresenta un settore strategico nell’ambito del comparto agricolo, sia per quanto riguarda l’ambito toscano, dove rappresenta circa al 30% della produzione lorda vendibile agricola, che per quello nazionale, dove la Toscana con il 15% della PLV italiana è una delle regioni di riferimento. In circa 6.500 ettari di superficie (lo 0,90% della Sau regionale), il settore vale infatti un terzo del fatturato (900 milioni di euro) dell’agricoltura toscana. Con oltre 3.313 imprese florovivaistiche (di cui 2.060 vivaistiche e 1.900 floricole, molte lo sono entrambi), con una grande incidenza su occupazione ed economia indotta, oltre ad una forte vocazione all’export.
Un settore che nel 2020 è stato flagellato dalla crisi dovuta al Covid, soprattutto durante il lockdown della primavera scorsa. Dal confronto continuo che l’associazione ha con gli operatori del settore, emergono quattro tematiche principali: gli aspetti fitosanitari; il supporto allo sviluppo delle aziende; gli aspetti infrastrutturali ed infine, la semplificazione burocratica. 
«Questo comparto – ha sottolineato Sandro Orlandini, presidente Cia Toscana Centro -, che si sviluppa in particolar modo nell’area Pistoia e Valdinievole, ha raggiunto tali risultati, grazie alla capacità imprenditoriale ed al dinamismo degli operatori del settore, affiancati da investimenti capaci di garantire innovazione, sostenibilità e competitività delle aziende. Oggi ci troviamo in un contesto economico e produttivo globalizzato e quindi è sempre più necessario garantire un adeguato supporto agli imprenditori che operano in questo settore, con l’obiettivo di rafforzare la leadership che il florovivaismo toscano rappresenta». 
Grande attenzione per la semplificazione burocratica. Il tentativo di rendere più snelle le procedure in senso lato è un obiettivo che va perseguito con determinazione. Questo va fatto sia su un piano generale, ma anche nello specifico, ossia sia nelle fasi di gestione degli adempimenti di ottemperanza delle aziende agricole che nelle procedure legate agli incentivi allo sviluppo. Troppo spesso la complicazione dei sistemi sia procedurali che informatici, determina ritardi nel completamento di progetti ed investimenti e anche rinunce da parte delle aziende. Questo rischia di attenuare la ricaduta sul territorio dell’iniziativa politica. La burocrazia eccessiva porta spesso, anche involontariamente, alla contrapposizione tra le parti anziché consentire di procedere verso scopi comuni nell’interesse dell’agricoltura.
Per il settore floricolo, è estremamente strategica la rivitalizzazione del Mercato dei fiori della Toscana di Pescia. E’ necessario riprendere un processo che indirizzi la struttura verso un uso multifunzionale e adeguato alle esigenze degli operatori del settore. Per questo deve essere completato con nuove risorse il processo di adeguamento strutturale di un ambiente che per decenni è stata abbandonato a se stesso, ma che rappresenta a livello regionale (ma anche del Centro - Nord Italia) un punto di commercializzazione e logistico fondamentale per il fiore reciso e per le piante stagionali in vaso fiorite.

Redazione


Annuario agricoltura italiana

Il sistema agroalimentare italiano, dall’agricoltura alla ristorazione, pesa 522 miliardi di euro, pari al 15% del Pil. Lo dice l’Annuario dell’agricoltura italiana 2019 presentato oggi dal Crea insieme al Rapporto sul commercio estero dei prodotti agroalimentari 2019 con anticipazioni sul 2020. Il sostegno pubblico è pari a 11,9 miliardi, sceso del 10% dal 2015 al 2019, mentre è «straordinaria» la riduzione del deficit negli scambi con l’estero: da 5 miliardi di euro nel 2015 a meno di 1 miliardo nel 2019. Riguardo ai primi nove mesi del 2020, saldo addirittura positivo nel commercio estero, grazie al +0,8% dell’export e -4,4% dell’import. Tra i settori più colpiti dal Covid in primavera, il florovivaismo e in particolare la floricoltura. 

«Con oltre 522 miliardi di euro, il sistema agroalimentare italiano rappresenta il 15% del Pil nazionale: primi in Europa per valore aggiunto agricolo. È su questo che dobbiamo lavorare per creare reddito e posti di lavoro in grado di traghettarci oltre la crisi dovuta alla pandemia. Con il nuovo corso alla guida del Crea, stiamo analizzando i fabbisogni delle diverse realtà locali e sono certo che potremo dare presto risposte, raggiungendo risultati concreti ed efficaci per le nostre imprese». 
E’ quanto dichiarato da Giuseppe L'Abbate, sottosegretario alle Politiche agricole, intervenendo oggi alla presentazione dell’Annuario dell’Agricoltura italiana 2019, realizzato dal Crea con il suo Centro Politiche e Bioeconomia e corredato quest’anno anche dal Rapporto sul commercio estero dei prodotti agroalimentari 2019 con anticipazioni 2020 e dal Rapporto L’emergenza Covid-19 e il settore ittico italiano: impatto e risposte. Incontro durante il quale è emerso che il sistema agroalimentare è stato messo alla prova dalla pandemia, ma ha saputo essere più resiliente di altri settori economici.
Il quadro strutturale conferma che, nonostante una superficie agricola nazionale che è circa la metà di quella spagnola e francese, l’agricoltura italiana ha la leadership europea per valore aggiunto ed è al terzo posto per produzione lorda vendibile (plv). L’Italia è primo produttore mondiale di vino in volume e primo produttore europeo in valore nella produzione di ortaggi. Nel 2019 il valore della produzione agricola è stato di 57,3 miliardi di euro, in linea con l’anno precedente, di cui oltre il 50% dovuto alle coltivazioni, il 29% circa agli allevamenti e la restante parte alle attività di supporto e secondarie.
Crescita significativa nell’ultimo decennio per l’industria alimentare con +12% di valore aggiunto (circa il doppio rispetto a quello del manifatturiero) e +8% dell’indice della produzione, a fronte di una diminuzione generale. Le produzioni di qualità certificata (Dop-Igp) sono state tra le più dinamiche dell’agroalimentare italiano, con un valore che raggiunge i 17 miliardi di euro (oltre il +4%), tra componente alimentare e vinicola, circa il 19% del totale dell’agro-alimentare italiano.
Sempre più significativa è la crescita delle attività connesse all’agricoltura, ormai oltre un quinto del valore complessivo della produzione agricola: l’agriturismo con +3,3% in valore e +4,1% di aziende nel solo 2019 e il contoterzismo (+1,7% in valore), particolarmente attivo in termini di maggiore diffusione di innovazioni tecnologiche, ricorso alle pratiche dell’agricoltura 4.0, facilitazioni nel rispetto di alcune prescrizioni ambientali, riduzione del digital divide.
Sono più di 1,5 milioni le aziende agricole, di cui il 27% sono imprese che intrattengono rapporti stabili di mercato, ricoprono il 65% della Sau (superficie media di 21 ha, superiore alla media nazionale) e rappresentano il 75% della produzione standard complessiva. Le imprese non specificamente orientate al mercato, invece, sono circa il 66% del totale (di cui il 36% ha rapporti solo saltuari e il 30% dedito al solo autoconsumo) e occupano complessivamente circa il 29% della SAU totale.
Rilevante il sostegno pubblico al settore agricolo, circa 11,9 miliardi di euro nel 2019, ma in calo rispetto agli anni precedenti: dal 2015 al 2019, infatti, si è verificata una riduzione di oltre 1,3 miliardi di euro (-10%), quasi totalmente derivante da minori agevolazioni nazionali.
Sul fronte degli scambi commerciali, come evidenziato nel Rapporto sul commercio estero dei prodotti agroalimentari 2019 con anticipazioni 2020, netta è stata la riduzione del deficit della bilancia agroalimentare italiana, sceso largamente al di sotto di 1 miliardo di euro nel 2019, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. 
Si tratta di un dato straordinario, confermato dai primi 9 mesi del 2020, in cui, addirittura, si verifica un cambio di segno nel saldo, per la prima volta positivo dall’inizio della serie storica, grazie alla crescita tendenziale delle esportazioni (+0,8%) a fronte di un importante calo delle importazioni (-4,4%). In particolare, l’export, dopo un’ottima performance nei primi tre mesi dell’anno (+6,3%) e un calo nel secondo trimestre (-4,6%) soprattutto a maggio, ha visto una ripresa dei flussi, confermata al termine del terzo trimestre 2020 (+0,8%). 
I settori dell’export più colpiti dagli effetti del Covid-19, nel secondo trimestre 2020, sono stati il florovivaismo (che in particolare nel comparto della floricoltura ha visto finire al macero a primavera il 60% della produzione di fiori recisi), le carni, i prodotti dolciari e il vino (nonostante la crescita del canale della grande distribuzione), parzialmente compensati dalla crescita di altri importanti prodotti del made in Italy, come la pasta, le conserve di pomodoro e l’olio di oliva.


Redazione


L’assessora all’agricoltura Saccardi: «un'opportunità per gli agricoltori in crisi a causa del periodo che stiamo attraversando» per il Covid. Tra i requisiti, riduzione di fatturato nel 2020 rispetto al 2019. Cinque le banche convenzionate.

Le imprese agricole e agroalimentari colpite dalla crisi per l’emergenza Covid 19 alla ricerca di liquidità potranno ottenere prestiti fino a 200 mila euro con garanzia gratuita.
E’ la nuova misura messa a punto dalla Regione Toscana comunicata nei giorni scorsi dalla vice presidente e assessora regionale all’agroalimentare Stefania Saccardi. «Si tratta di un’opportunità che deriva dalla misura 4.1.6 rivolta alle imprese agricole [Miglioramento della redditività e della competitività delle aziende agricole – strumenti finanziari, ndr] e dalla misura 4.2.2 rivolta alle imprese agroalimentari [Investimenti nella trasformazione, commercializzazione e/o nello sviluppo dei prodotti agricoli – strumenti finanziari] del Programma di sviluppo rurale Feasr 2014-2020 – ha spiegato Stefania Saccardi –, un’opportunità che abbiamo voluto creare per rendere possibile ottenere garanzie gratuite previste nella programmazione dello sviluppo rurale anche per l’erogazione di liquidità a favore degli agricoltori in crisi a causa del periodo che stiamo attraversando».
Le Pmi e le Small Mid Cap, imprese che indipendentemente dal fatturato hanno un numero di dipendenti inferiori a 500 unità, che hanno avuto nel 2020 una riduzione di fatturato rispetto al 2019 potranno chiedere liquidità non superiori a 200 mila euro alle cinque banche convenzionate e i prestiti dovranno essere erogati entro il 30 giugno 2021.
Tra i requisiti viene meno l'obbligo di presentare giustificativi basati su piani aziendali o documenti equivalenti e prove che dimostrino che il sostegno fornito tramite lo strumento finanziario sia stato utilizzato per gli investimenti.
Le banche abilitate sono la Banca di Cambiano, il Monte dei Paschi di Siena, Credem, Creval e Iccrea Banca impresa.
Per ulteriori informazioni, consulatare la pagina del sito web della Regione Toscana dedicata al Psr Feasr 2014-2020.

Redazione