Filiera della canapa
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Alla Camera il Ministro risponde a Magi e conferma: vietata la vendita di infiorescenze. In arrivo una circolare interpretativa, per impedire di colpire i settori a più alto valore aggiunto della filiera.
Roma, 9 luglio – È in quell’ora mesta del question time, quando il Parlamento si accende di interrogazioni e di repliche, che il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha scelto di chiarire, con tono fermo e parole dosate, la ratio dell’articolo 18 del Decreto Sicurezza. A sollevare il quesito, l’onorevole Riccardo Magi, segretario di +Europa, denunciando con fervore che il decreto in questione «distrugge un intero settore, senza alcuna reale motivazione sanitaria».
Il Ministro non ha esitato a rispondere: “Non è stato fatto alcun passo indietro. Ciò che era lecito resta lecito, ciò che era vietato continua ad esserlo”. Lollobrigida ha quindi rimarcato che l’intento governativo è quello di porre fine a una “deriva interpretativa”, con ogni evidenza riferendosi alla proliferazione degli hemp shop, ovvero quei punti vendita di canapa light a basso tenore di THC che, sotto la veste dell’uso tecnico o collezionistico, hanno saputo ritagliarsi un posto nel mercato.
Sotto i colpi dell’articolo 18, tuttavia, rischiano di cadere anche quei comparti che della canapa hanno saputo fare eccellenza: cosmetica, nutraceutica, oli essenziali, estratti. Settori in cui la pianta è coltivata e trasformata nel rispetto della legge e della buona scienza, dal valore aggiunto tra i più elevati dell’agroindustria italiana.
A motivare il provvedimento, Lollobrigida ha richiamato i pareri del Consiglio Superiore di Sanità e del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, che paventano rischi per la salute pubblica e la sicurezza stradale in caso di assunzione delle infiorescenze. Tuttavia, come è lecito osservare, resta da chiarire a livello europeo perché Paesi come Olanda, Svizzera e Spagna regolamentano il medesimo settore senza alcuna apocalisse legislativa né sanitaria, ma anzi ricavandone un vantaggio economico.
Per tranquillizzare un settore in fibrillazione, il Ministro ha annunciato l’imminente pubblicazione di una circolare interpretativa, che avrà l’ambizione di portare chiarezza laddove oggi domina l’ambiguità. Non un dettaglio, ma un passaggio cruciale per definire cosa si potrà ancora fare e cosa no, senza costringere le imprese a vivere nell’incertezza normativa del “forse”.
Del resto, la posta in gioco è alta: la filiera della canapa industriale italiana conta 23mila addetti e genera circa un miliardo di euro di fatturato. È un comparto che non fuma, ma crea valore: dalla cosmetica ai biodiluenti, dai tessuti tecnici agli alimenti innovativi. Bloccare la sola commercializzazione delle infiorescenze – materia prima centrale per numerosi impieghi – significa colpire non solo gli hemp shop, ma anche start-up rurali, laboratori di ricerca e imprese green che operano nel pieno rispetto della legge.
In un’epoca in cui l’Europa accelera sulle transizioni ecologiche e sulle colture multifunzionali, la canapa torna ad affermarsi come risorsa strategica per settori ad alto impatto: edilizia sostenibile, bioenergia, nutraceutica e applicazioni mediche. Emblematico, in tal senso, il caso della Toscana, unica regione italiana dove si coltiva legalmente cannabis a uso terapeutico, grazie allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, presidio di eccellenza della filiera pubblica nazionale.
Il dibattito – per chi abbia davvero intenzione di affrontarlo – è tutt’altro che chiuso. La questione della canapa non è una mera faccenda di stupefacenti, sebbene il confine con la strumentalizzazione politica resti sempre in agguato. È una questione ben più ampia, che riguarda l’agricoltura, l’innovazione, la libertà d’impresa e la civiltà giuridica. E come tale merita di essere trattata: con rigore, certo. Ma anche con visione, pragmatismo e rispetto per chi opera nella legalità.
In fondo, è la politica stessa ad aver reso questa materia tanto incerta quanto infiammabile. Con la legge 242 del 2016, il centrosinistra aveva aperto uno spiraglio, ma senza il coraggio – o l’unanimità interna – per normare in modo chiaro e definitivo. Ne è uscita una legge ambigua, che nel tempo ha generato più dubbi che certezze, finendo per trasformarsi in un autogol legislativo. Oggi, la destra – da sempre ostile alla liberalizzazione della canapa – coglie l’occasione per “rimettere i puntini sulle i”, riaffermando il divieto e chiudendo ogni spazio d’interpretazione. Ma a perdere, nel mezzo di questo scontro tutto ideologico, rischia di essere ancora una volta l’impresa agricola innovativa e sostenibile, quella che non cerca scorciatoie, ma una strada chiara da percorrere.
Andrea Vitali
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Approvato il Decreto Sicurezza con l’articolo 18 che vieta lavorazione e vendita delle infiorescenze di canapa Cia lancia l’allarme su una filiera che vale un miliardo di euro e occupa 23mila addetti
Con il via libera definitivo al Decreto Sicurezza che conferma l’articolo 18 si rischia di compromettere gravemente il futuro della filiera italiana della canapa industriale. A denunciarlo è Cia Agricoltori Italiani che evidenzia come il provvedimento renda illegale la lavorazione la distribuzione e la vendita delle infiorescenze e dei derivati della canapa un comparto che oggi occupa oltre 23mila addetti e sviluppa un valore economico diretto di quasi un miliardo di euro l’anno con ulteriori ricadute indirette per un altro miliardo. Secondo il presidente nazionale di Cia Cristiano Fini si tratta di una norma punitiva e ideologica che colpisce un settore ad alto valore aggiunto trainato soprattutto da giovani imprese e con importanti prospettive di crescita in ambiti come cosmesi erboristeria e florovivaismo già ampiamente riconosciuti dalla normativa europea. Cia continuerà a sostenere gli agricoltori a ogni livello e sollecita la convocazione del Tavolo interministeriale presso il Masaf per salvaguardare il futuro della canapa italiana. La chiusura di questo mercato rischia di frenare l’innovazione e la diversificazione produttiva del settore agricolo nazionale andando in direzione opposta rispetto agli obiettivi di sostenibilità e valorizzazione delle filiere green.
Redazione
CANAPA INDUSTRIALE: INTERROGAZIONE AL PARLAMENTO UE SUL DL48 E I SUOI EFFETTI SULLA FILIERA ITALIANA
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Gli eurodeputati Bonaccini, Laureti e Nardella (S&D) interrogano la Commissione Europea sulla compatibilità del DL 48 con il diritto UE, evidenziando i rischi per oltre 3.000 imprese italiane del settore della canapa industriale.
Il 17 aprile 2025, gli eurodeputati del Partito Democratico Stefano Bonaccini, Camilla Laureti e Dario Nardella hanno presentato un'interrogazione alla Commissione Europea riguardo al Decreto-Legge n. 48, recentemente adottato in Italia. Il decreto vieta la produzione e la commercializzazione delle infiorescenze di canapa industriale e dei suoi derivati, sollevando dubbi sulla sua compatibilità con il diritto dell'Unione Europea.
Nell'interrogazione, gli eurodeputati chiedono se la Commissione ritenga compatibile con il diritto dell'UE un provvedimento che criminalizza la commercializzazione di derivati da colture autorizzate a livello europeo, come la canapa. Inoltre, si interroga se tali misure non debbano essere sottoposte alla procedura europea di prevenzione degli ostacoli tecnici al commercio, la cosiddetta procedura TRIS, in quanto potrebbero costituire una barriera alla libera circolazione delle merci nel mercato interno.
Le norme europee, in particolare il Regolamento (UE) n. 1308/2013, autorizzano la coltivazione di varietà certificate di Cannabis sativa L. con un tenore di THC non superiore allo 0,3%. Il DL 48, secondo gli eurodeputati, potrebbe quindi rappresentare una violazione delle normative comunitarie, creando condizioni di concorrenza sleale per un settore che in Italia conta oltre 3.000 imprese e impiega fino a 30.000 lavoratori.
La preoccupazione principale riguarda il rischio di delocalizzazione della produzione italiana verso altri paesi europei, dove la normativa è più favorevole. Questo potrebbe avere un impatto significativo sulla filiera della canapa industriale in Italia, compromettendo gli sforzi compiuti negli ultimi anni per sviluppare un settore sostenibile e innovativo.
La Commissione Europea è ora chiamata a rispondere all'interrogazione, chiarendo la posizione dell'UE rispetto al DL 48 e valutando eventuali misure da adottare per garantire il rispetto delle normative comunitarie e la tutela del mercato interno.
Redazione
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Il decreto sicurezza preoccupa il comparto: rischio paralisi per migliaia di aziende agricole. Confagricoltura invoca confronto immediato per salvare la filiera.
In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge Sicurezza, approvato il 4 aprile dal Consiglio dei ministri, cresce l’allarme tra gli operatori agricoli per le possibili conseguenze sulle attività legate alla coltivazione della canapa industriale. Secondo le prime anticipazioni, le nuove disposizioni confermerebbero in larga parte quanto già previsto nel discusso disegno di legge parlamentare: forti restrizioni sugli usi della canapa, fatta eccezione per la produzione agricola destinata ai soli semi. Una prospettiva che, secondo Confagricoltura, vanificherebbe il lavoro di confronto portato avanti con il legislatore, anche attraverso numerose audizioni, per correggere i contenuti dell’articolo 18 del ddl sicurezza.
L’organizzazione agricola lancia un forte allarme: la nuova formulazione rischia di bloccare il comparto proprio alle soglie della stagione colturale, con ricadute dirette su migliaia di imprese agricole, già alle prese con incertezze normative e con possibili sanzioni legate alla legge 309/90, nel caso di presenza in azienda di materiale vegetale della precedente campagna. Confagricoltura chiede dunque con urgenza l’apertura di un tavolo interministeriale che metta al centro la specificità e le potenzialità della filiera canapicola, per garantire una normativa chiara, coerente e rispettosa del principio di legalità.
Un comparto che, proprio negli ultimi anni, ha saputo differenziarsi puntando su sostenibilità ambientale, innovazione dei processi e diversificazione delle produzioni agricole, distanziandosi con decisione da ogni associazione con l’ambito stupefacente. Dalla bioedilizia alla cosmetica, dalla produzione tessile a quella alimentare, la canapa industriale rappresenta oggi un’opportunità concreta di rilancio per molte aree rurali italiane, a patto di poter contare su un quadro normativo stabile.
Per Confagricoltura è il momento di ascoltare le imprese, valorizzare il lavoro fin qui svolto, e restituire al settore quella fiducia necessaria a pianificare investimenti e attività, nel rispetto della legge e delle potenzialità economiche ed ecologiche che la canapa è in grado di offrire.
Andrea Vitali
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Le potenzialità della farina di semi di canapa nella zootecnia approvata negli Stati Uniti dal Minnesota che ha recentemente sdoganato l’uso della farina di semi di canapa come mangime per galline ovaiole. Questa decisione, sostenuta dall’Associazione Americana dei Controllori dei Mangimi (AAFCO), segna un passo avanti significativo nell’utilizzo commerciale della canapa nell’alimentazione animale. La farina, ricavata dalla macinazione dei semi privati della parte oleosa, è una risorsa ricca di proteine, acidi grassi essenziali omega-3 e omega-6, e fibre, con benefici comprovati per la qualità delle uova e la salute generale degli animali.
Confronto con la situazione italiana In Italia, la filiera della canapa è ancora fortemente limitata da normative restrittive. Nonostante il potenziale per sviluppare una produzione sostenibile ed economicamente vantaggiosa, la legislazione nazionale non consente un utilizzo paragonabile di questa coltura innovativa. Il comparto della canapa in Italia è ostacolato da incertezze normative, che limitano la possibilità di coltivazione e trasformazione industriale, relegando il paese in una posizione di svantaggio rispetto ai concorrenti internazionali.
Vantaggi economici e ambientali della canapa La farina di semi di canapa rappresenta un’opportunità per migliorare la sostenibilità economica e ambientale del settore zootecnico. In paesi come gli Stati Uniti e il Canada, l’integrazione della canapa nei sistemi produttivi ha contribuito a diversificare le economie agricole e a ridurre l’impronta ecologica. Il mercato europeo, in particolare in Francia e Germania, ha registrato un incremento nell’uso della canapa in applicazioni industriali e alimentari, favorendo la transizione verso modelli di economia circolare e sostenibile.
Conclusioni e prospettive L’Italia rischia di perdere terreno in un settore strategico che offre sia opportunità economiche sia vantaggi ambientali. La revisione delle normative italiane per l’uso della canapa potrebbe aprire nuovi mercati e migliorare la competitività del comparto agricolo nazionale. È necessario un intervento legislativo che consenta agli agricoltori e agli imprenditori italiani di sfruttare appieno le potenzialità di questa coltura, allineandosi agli standard internazionali e supportando la crescita del settore.
La farina di semi di canapa non è solo un ingrediente per mangimi, ma un simbolo delle opportunità che l’Italia potrebbe cogliere con un adeguato supporto normativo e una visione strategica di lungo periodo.
Redazione