CANAPA, LOLLOBRIGIDA DIFENDE IL DECRETO: “NESSUN PASSO INDIETRO”

da Andrea Vitali
canapa lollobrigida

Alla Camera il Ministro risponde a Magi e conferma: vietata la vendita di infiorescenze. In arrivo una circolare interpretativa, per impedire di colpire i settori a più alto valore aggiunto della filiera.

Roma, 9 luglio – È in quell’ora mesta del question time, quando il Parlamento si accende di interrogazioni e di repliche, che il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha scelto di chiarire, con tono fermo e parole dosate, la ratio dell’articolo 18 del Decreto Sicurezza. A sollevare il quesito, l’onorevole Riccardo Magi, segretario di +Europa, denunciando con fervore che il decreto in questione «distrugge un intero settore, senza alcuna reale motivazione sanitaria».

Il Ministro non ha esitato a rispondere: “Non è stato fatto alcun passo indietro. Ciò che era lecito resta lecito, ciò che era vietato continua ad esserlo”. Lollobrigida ha quindi rimarcato che l’intento governativo è quello di porre fine a una “deriva interpretativa”, con ogni evidenza riferendosi alla proliferazione degli hemp shop, ovvero quei punti vendita di canapa light a basso tenore di THC che, sotto la veste dell’uso tecnico o collezionistico, hanno saputo ritagliarsi un posto nel mercato.

Sotto i colpi dell’articolo 18, tuttavia, rischiano di cadere anche quei comparti che della canapa hanno saputo fare eccellenza: cosmetica, nutraceutica, oli essenziali, estratti. Settori in cui la pianta è coltivata e trasformata nel rispetto della legge e della buona scienza, dal valore aggiunto tra i più elevati dell’agroindustria italiana.

A motivare il provvedimento, Lollobrigida ha richiamato i pareri del Consiglio Superiore di Sanità e del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, che paventano rischi per la salute pubblica e la sicurezza stradale in caso di assunzione delle infiorescenze. Tuttavia, come è lecito osservare, resta da chiarire a livello europeo perché Paesi come Olanda, Svizzera e Spagna regolamentano il medesimo settore senza alcuna apocalisse legislativa né sanitaria, ma anzi ricavandone un vantaggio economico.

Per tranquillizzare un settore in fibrillazione, il Ministro ha annunciato l’imminente pubblicazione di una circolare interpretativa, che avrà l’ambizione di portare chiarezza laddove oggi domina l’ambiguità. Non un dettaglio, ma un passaggio cruciale per definire cosa si potrà ancora fare e cosa no, senza costringere le imprese a vivere nell’incertezza normativa del “forse”.

Del resto, la posta in gioco è alta: la filiera della canapa industriale italiana conta 23mila addetti e genera circa un miliardo di euro di fatturato. È un comparto che non fuma, ma crea valore: dalla cosmetica ai biodiluenti, dai tessuti tecnici agli alimenti innovativi. Bloccare la sola commercializzazione delle infiorescenze – materia prima centrale per numerosi impieghi – significa colpire non solo gli hemp shop, ma anche start-up rurali, laboratori di ricerca e imprese green che operano nel pieno rispetto della legge.

In un’epoca in cui l’Europa accelera sulle transizioni ecologiche e sulle colture multifunzionali, la canapa torna ad affermarsi come risorsa strategica per settori ad alto impatto: edilizia sostenibile, bioenergia, nutraceutica e applicazioni mediche. Emblematico, in tal senso, il caso della Toscana, unica regione italiana dove si coltiva legalmente cannabis a uso terapeutico, grazie allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, presidio di eccellenza della filiera pubblica nazionale.

Il dibattito – per chi abbia davvero intenzione di affrontarlo – è tutt’altro che chiuso. La questione della canapa non è una mera faccenda di stupefacenti, sebbene il confine con la strumentalizzazione politica resti sempre in agguato. È una questione ben più ampia, che riguarda l’agricoltura, l’innovazione, la libertà d’impresa e la civiltà giuridica. E come tale merita di essere trattata: con rigore, certo. Ma anche con visione, pragmatismo e rispetto per chi opera nella legalità.

In fondo, è la politica stessa ad aver reso questa materia tanto incerta quanto infiammabile. Con la legge 242 del 2016, il centrosinistra aveva aperto uno spiraglio, ma senza il coraggio – o l’unanimità interna – per normare in modo chiaro e definitivo. Ne è uscita una legge ambigua, che nel tempo ha generato più dubbi che certezze, finendo per trasformarsi in un autogol legislativo. Oggi, la destra – da sempre ostile alla liberalizzazione della canapa – coglie l’occasione per “rimettere i puntini sulle i”, riaffermando il divieto e chiudendo ogni spazio d’interpretazione. Ma a perdere, nel mezzo di questo scontro tutto ideologico, rischia di essere ancora una volta l’impresa agricola innovativa e sostenibile, quella che non cerca scorciatoie, ma una strada chiara da percorrere.

Andrea Vitali