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La Confederazione Italiana degli Agricoltori Toscana lancia un allarme: in 10 anni persi 20.000 aziende agricole, un segnale inequivocabile, secondo CIA, della crisi che attanaglia il settore. Il presidente di CIA Toscana, Valentino Berni, chiede un'azione immediata: un piano strategico nazionale per salvare l'agricoltura. Cristiano Fini, presidente nazionale di CIA, sottolinea l'urgenza di valorizzare il prodotto agricolo italiano. Da parte sua, il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, evidenzia il ruolo cruciale dei fondi europei per il rilancio del settore, mentre Stefania Saccardi, vicepresidente e assessore all'agricoltura, punta sulla necessità di una strategia nazionale coordinata. In questo contesto, il sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra critica le politiche europee, ritenute insufficienti nel sostenere l'agricoltura.

 

FIRENZE, 15 gennaio 2024 – Durante l’assemblea regionale della Cia Toscana a Firenze, è stata messa in luce la crisi che colpisce l'agricoltura toscana. Valentino Berni, presidente della Cia Agricoltori Italiani della Toscana, ha evidenziato la perdita di oltre 20mila aziende agricole nell'ultimo decennio, una riduzione del 28,3% che ha comportato anche una significativa diminuzione della Superficie Agricola Utilizzata (SAU). La crisi, secondo Berni, è dovuta a molteplici fattori, tra cui i costi di produzione insostenibili, danni causati da selvatici e ungulati, crisi di mercato, aree interne abbandonate e emergenza idrica. Questa situazione richiede un piano strategico nazionale mirato, che possa indirizzare l'attenzione sul ruolo dell'agricoltore nella filiera, sulla necessità di risorse idriche e sulla promozione e accesso ai mercati.

Il presidente sottolinea inoltre le difficoltà causate dalle continue restrizioni imposte dall'Unione Europea sull'uso degli agrofarmaci, che mettono gli agricoltori italiani in svantaggio competitivo rispetto ai loro omologhi extra UE. Il sottosegretario al Ministero dell'agricoltura, foreste e sovranità alimentare, Patrizio Giacomo La Pietra ha sottolineato come molte delle problematiche siano derivanti dalle politiche europee che non incontrano le esigenze dell'agricoltura. Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha riconosciuto l'importanza dell'agricoltura per lo sviluppo regionale, assicurando sensibilità e interesse per le problematiche del settore. Ha inoltre enfatizzato l'importanza dei fondi europei nell'agricoltura, sottolineando l'opportunità di sviluppo e di supporto attraverso questi fondi. Mentre la vice presidente e assessore all'agricoltura della Toscana Stefania Saccardi ha messo in evidenza la necessità di una programmazione nazionale che tenga conto delle specificità regionali, in particolare per quanto riguarda la gestione dell'emergenza idrica e il reddito degli agricoltori. Infine Cristiano Fini, presidente nazionale di CIA, ha evidenziato l'urgenza di concretezza nelle azioni, sottolineando l'importanza dell'agricoltura per la sicurezza alimentare, la custodia del paesaggio e il presidio del territorio, specialmente nelle aree interne che rischiano lo spopolamento.

Redazione

Il Rapporto ISMEA - Qualivita 2023 disegna un panorama dettagliato dell'impatto della Dop economy sul territorio italiano, evidenziando una crescita sostanziale sia in termini di valore alla produzione sia per quanto riguarda l'occupazione. Con un incremento del valore alla produzione che supera i 20 miliardi di euro e un impegno occupazionale che raggiunge quasi i 900.000 posti di lavoro, il settore delle DOP, IGP e STG si conferma pilastro dell'economia agroalimentare nazionale. Quest'analisi approfondita esplora l'apporto delle singole regioni e province, i vini e i prodotti alimentari di spicco, e il valore generato dai diversi comparti del settore.

valori DOP Economy
I valori della Dop economy italiana: Il valore complessivo della Dop economy italiana raggiunge e supera importanti traguardi, con un valore alla produzione che tocca i 20,2 miliardi di euro e un impegno occupazionale che conta 890.000 posti di lavoro, evidenziando il ruolo cruciale dei prodotti di qualità nell'economia nazionale.

Nel contesto di un quadro macroeconomico sfidante, caratterizzato da crisi energetica e climatica, la Dop economy italiana si afferma con forza e resilienza. Il XXI Rapporto Ismea - Qualivita, presentato a Roma il 18 dicembre 2023, rivela risultati notevoli per il settore delle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane con marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta), IGP (Indicazione Geografica Protetta) e STG (Specialità Tradizionale Garantita).

cibo valore DOP
Cibo DOP IGP STG - Valore: Con un valore alla produzione di 8,85 miliardi di euro e un valore al consumo di 17,35 miliardi, il settore alimentare DOP, IGP e STG mostra un trend positivo, sostenuto da un'ampia base di operatori e posti di lavoro.

vino valore DOP
Vino DOP IGP - Valore: Il settore vinicolo evidenzia una crescita del 4,6% nel valore alla produzione del vino imbottigliato, nonostante una leggera contrazione nella produzione. La distribuzione regionale del valore conferma l'importanza delle DOP e IGP nel settore.

Il valore alla produzione del settore DOP e IGP ha raggiunto i 20 miliardi di euro nel 2022, segnando un aumento del 6,4% rispetto all'anno precedente. Questo contribuisce in modo significativo all'economia agroalimentare italiana, rappresentando il 20% del fatturato complessivo del settore. Il comparto cibo ha quasi raggiunto i 9 miliardi di euro, con un incremento del 9%, mentre quello vitivinicolo ha superato gli 11 miliardi di euro, con una crescita del 5%.

La Direttrice Generale di ISMEA, Maria Chiara Zaganelli, ha sottolineato l'importanza di questa crescita, distribuita capillarmente su tutto il territorio nazionale, con 18 regioni su 20 in crescita per il secondo anno consecutivo. Tutte le province italiane sono coinvolte nel circuito della Dop economy, simbolo del valore delle filiere non delocalizzabili e rappresentanti un patrimonio collettivo diffuso.

cibo categorie DOP
Cibo DOP IGP STG - Categorie: I formaggi si affermano come la categoria più preziosa nel settore alimentare DOP, IGP, e STG, con un incremento dell'11,6% nel valore. La crescita costante in diverse categorie sottolinea la forza e la stabilità del settore nel tempo.

Il rapporto mette in luce anche il significativo impatto sull'occupazione, con una stima di 890.000 contratti di lavoro legati al settore IG, suddivisi tra la fase agricola e quella di trasformazione. Questo dato, derivante da un'analisi approfondita di diverse banche dati, evidenzia non solo il valore economico, ma anche quello sociale della Dop economy, grazie al suo forte legame con il territorio.

Inoltre, il 32% delle 25.000 aziende agrituristiche italiane è inserito nel circuito delle IG, mostrando come la presenza di un marchio comunitario valorizzi economicamente il territorio, comprese le aree montane e collinari più fragili e a rischio di spopolamento.

primi 10 cibi DOP
Primi 10 prodotti cibo DOP e IGP: Il Grana Padano DOP e il Parmigiano Reggiano DOP si contendono il podio nel settore alimentare, con un impatto economico che supera il miliardo di euro. Questi numeri rivelano l'importanza e l'apprezzamento globale per i prodotti agroalimentari italiani di qualità.

primi 10 vini DOP
Primi 10 vini DOP e IGP: Il vino italiano continua a essere un ambasciatore di eccellenza nel mondo, con il Prosecco DOP che guida la classifica dei vini per valore economico, seguito da altri nomi prestigiosi che sottolineano la ricchezza e la diversità del patrimonio vitivinicolo nazionale.

In conclusione, il XXI Rapporto Ismea - Qualivita del 2023 testimonia la resilienza e la vitalità della Dop economy italiana, sottolineando il suo ruolo cruciale non solo nel panorama economico, ma anche in quello sociale e territoriale del paese.

Redazione

Lollobrigida ai vivaisti di Pistoia - La Pietra

Il 2 dicembre a Pistoia il presidente del Distretto vivaistico ornamentale Ferrini ha aggiornato il ministro dell’agricoltura sullo stato del Distretto (5 mila ettari per 900 mln di fatturato e 6 mila addetti; vari progetti avviati per la sostenibilità) ed evidenziato che i vivai colpiti dall’alluvione «hanno fatto da cassa di espansione subendo danni per milioni di euro» ma mitigando l’impatto sul territorio. Le istanze dei vertici delle associazioni agricole pistoiesi: Magazzini (Confagricoltura), Ciarrocchi (Coldiretti) e Orlandini (Cia-Agricoltori Italiani). Le risposte di Lollobrigida, che ha riconosciuto il peso del Distretto sul settore florovivaistico nazionale (quasi 1/3 in valore) e il suo importante ruolo ambientale, ha rivendicato il record di finanziamenti già reperiti dal Governo (grazie al raddoppio sul Pnrr) per l’agricoltura (8 miliardi di euro) e ha affidato al pistoiese Patrizio La Pietra, sottosegretario con delega al florovivaismo, l’onere di raccogliere le ulteriori esigenze dei vivaisti, anche in vista della stesura finale della legge quadro di settore, già approvata dal Governo e ora in discussione alla Camera.   

 
Perché anche in luoghi lontani come Samarcanda (Uzbekistan) «si sceglie di approvvigionarsi di piante a Pistoia? Perché qui c’è maggiore qualità». I vostri vivai «sono come tavolozze di colori da cui attingere» per rendere bello il paesaggio.
Non sono mancati omaggi alla qualità delle piante ornamentali pistoiesi nel discorso del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida in chiusura dell’incontro con i vivaisti organizzato sabato 2 dicembre mattina dal Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia, di concerto con le associazioni agricole provinciali, al Palazzo dei Vescovi, a margine del convegno dell’1 e 2 dicembre del gruppo dei Conservatori e riformisti europei sul tema “Primi ecologisti. Il ruolo di agricoltori, allevatori e pescatori nel rapporto tra natura e sviluppo”.
Un convegno, come sottolineato in apertura dell’incontro coi vivaisti dal sottosegretario all’agricoltura Patrizio La Pietra, che è stato pensato per «evidenziare il ruolo dell’agricoltore come custode dell’ambiente e collocare Pistoia al centro di un dibattito di livello non solo nazionale ma anche europeo» a proposito del modo corretto di intendere la transizione ecologica e la protezione dell’ambiente. Tematiche che riguardano anche la produzione di piante e danno centralità quindi al contributo del vivaismo. «Vogliamo conoscere le vostre esigenze – ha detto il sottosegretario La Pietra rivolgendosi agli esponenti di spicco del vivaismo pistoiese e ai vertici delle associazioni agricole presenti in sala – per definire al meglio la legge quadro sul florovivaismo. Nello scorso mandato eravamo già arrivati a un buon punto, in questo mandato pensiamo di portarla a casa velocemente grazie al disegno di legge delega al Governo che è già passato al Consiglio dei ministri e ora è in discussione alla Camera dei deputati».
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Nella sua relazione introduttiva al cospetto del ministro Lollobrigida e del sottosegretario La Pietra, il presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia, prof. Francesco Ferrini, ha illustrato la situazione del Distretto a partire dai dati economici: 1450 aziende che coltivano una vasta gamma di piante, oltre mille varietà «dalle specie arbustive mediterranee alle grandi conifere tipiche delle foreste boreali», su una superficie di 5 mila ettari, di cui 2 mila di produzioni in contenitore, per un fatturato di 900 milioni di euro, quasi la metà del quale legato alle esportazioni (in 60 paesi); 6 mila addetti, che salgono a 8 mila considerando l’indotto, con un’età media di 46 anni, nettamente inferiore ad altri comparti agricoli. 
Insomma «un motore economico per la regione», che genera buona occupazione e stimola lo sviluppo locale, ma che deve fare i conti con alcuni problemi. Ad esempio, «alcuni paesi europei ed extraeuropei spesso usano informazioni in modo non corretto per limitare o bloccare le importazioni causando non pochi problemi alle esportazioni delle nostre aziende ed esercitando una concorrenza non sempre leale. Ciò avviene soprattutto con paesi che non rispettano le rigide regole europee in fatto di occupazione, agrofarmaci, sicurezza sul lavoro ecc.». Inoltre «si riscontra una difficoltà di dialogo con le istituzioni» in quanto «nel settore del verde cosiddetto ornamentale non sempre esiste un coordinamento fra le diverse istituzioni». Infine, anche se «i consumi di piante, pubblici e privati, sono aumentali molto negli ultimi 3-4 anni, anche per i conclamati effetti benefici del verde sulla salute fisica e mentale» ed è necessario quindi «espandere le produzioni anche per fronteggiare una concorrenza internazionale sempre più aggressiva», si riscontrano «forti difficoltà» nell’espansione produttiva «in nome di un presunto impatto ambientale del vivaismo che, se mai c’è stato, appartiene al passato, ma che non ha base reale nel vivaismo attuale». Ecco, visto che «si parla continuamente di cifre bizzarre riguardo a milioni o addirittura miliardi di alberi da piantare», ha osservato Ferrini, «ricordiamo che le piante necessarie dovranno essere prodotte nei vivai, primi attori nella costruzione del paesaggio urbano futuro».
Passando alla questione dei danni causati dalla recente alluvione nella piana pistoiese, il presidente del Distretto ha affermato che «i vivai hanno fatto da cassa di espansione subendo danni di milioni di euro per le perdite produttive» ma contribuendo così a mitigare l’impatto sul resto del territorio. E, sempre a proposito del contributo ambientale del Distretto vivaistico, Ferrini ha rimarcato che il Distretto «sta mettendo negli ultimi anni un notevole impegno nel recupero, riciclo e riuso di tutti gli input produttivi. Questo approccio all'economia circolare non è solo una risposta agli attacchi o alle critiche, ma è dettato da una ferma volontà di migliorare e contribuire positivamente alla nostra società e all'ambiente. I vivaisti non solo si sforzano di limitare l'impatto ambientale, ma vanno oltre. La loro attività contribuisce al miglioramento dell'ambiente urbano attraverso produzioni che stoccano carbonio, intercettano polveri sottili e migliorano il clima locale grazie all’evapotraspirazione estiva». Al centro di questo approccio vi è il concetto di «strategie win-win-win», nel senso che il vantaggio deve essere triplice: «per i produttori vivaisti, per l'ambiente e per la comunità». 
Ferrini ha ricordato infine i principali progetti del Distretto, avviati o in rampa di lancio, per dare sostanza a tale approccio sostenibile: dal Laboratorio fitosanitario di autocontrollo al recupero della plastica dei vasi, dall’utilizzo delle acque reflue per l'irrigazione fino alla realizzazione di aree verdi insieme al comune di Pistoia, senza dimenticare l’impegno sul fronte educativo e della formazione delle future generazioni attraverso alcuni progetti didattici in collaborazione con gli istituti professionali.
Poi è stata la volta degli interventi dei vertici delle associazioni agricole pistoiesi, che hanno esposto al ministro Lollobrigida e al sottosegretario La Pietra le principali istanze dei vivaisti loro associati. 
Per il presidente di Confagricoltura Pistoia Luca Magazzini, primo intervenuto, il vivaismo pistoiese «non è un settore agricolo che vive di Pac e ha sempre cercato di stare sul mercato, arrivando ad essere fino ad oggi leader europeo di comparto, ma adesso c’è necessità di innovare e di aumentare la dotazione tecnologica e a tal fine di un accompagnamento agli investimenti delle aziende». Magazzini ha evidenziato come particolarmente urgenti l’apertura dei bandi di distretto finanziati col Pnrr, a cui il Distretto era intenzionato a partecipare, e il possibile rilancio del “Credito di imposta 4.0” per gli investimenti in macchine agricole e tecnologie. Inoltre ha ricordato che l’Associazione Vivaisti Italiani, soggetto referente del Distretto, ha già costituito insieme alle associazioni agricole pistoiesi, una società che dovrà realizzare e gestire un Laboratorio di autocontrollo fitosanitario (in attuazione delle nuove normative in materia di protezione delle piante): gravoso investimento che dovrebbe però garantire il distretto dalla diffusione di patogeni in entrata e favorire l’esportazione delle proprie piante certificate.
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Il direttore di Coldiretti Pistoia Francesco Ciarrocchi, riagganciandosi a quanto esposto da Ferrini, ha ribadito l’importanza di un sostegno governativo di tipo diplomatico-commerciale contro le «false notizie» sui prodotti vivaistici pistoiesi esportati e le barriere commerciali di vario tipo a cui ricorrono di tanto in tanto alcuni Paesi concorrenti. Un sostegno che deve essere veloce ed efficiente perché le piante deperiscono e devono essere commercializzate con rapidità. Inoltre, a proposito della recente alluvione, ha confermato il fatto che i vivai hanno funzionato da casse di espansione limitandone i danni, ma ha aggiunto che «abbiamo bisogno di un cambio di mentalità generale sul cambiamento climatico, perché c’è già e le stagioni adesso alternano lunghi periodi di siccità a brevi periodi di intensa piovosità, per cui c’è bisogno di investimenti». E sull’importanza dell’aspetto investimenti in un settore così in crescita, ha riconosciuto che il Governo ha aggiunto altri 2 miliardi sui bandi dei contratti di filiera e 850 milioni sulla misura Parco agrisolare. Infine, dopo aver ricordato che Coldiretti Pistoia partecipa con alcune sue aziende a un progetto di filiera che prevede investimenti per la sostenibilità, ha chiesto a Lollobrigida e La Pietra «concertazione» sulla definizione della legge quadro sul florovivaismo.
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«Al convegno abbiamo parlato di tante problematiche essenziali – ha detto, ultimo intervenuto, il presidente di Cia – Agricoltori Italiani Toscana Centro Sandro Orlandini -. Qui siamo nella capitale del verde e sono felicissimo che il Ministro Lollobrigida abbia affidato al sottosegretario La Pietra le deleghe su questo settore, visto che siamo facilmente in contatto con lui». Il presidente di Cia Toscana Centro ha poi osservato che il settore forestale pistoiese è ormai strettamente integrato con il distretto vivaistico ornamentale, perché il materiale legnoso prodotto nella Montagna Pistoiese viene utilizzato in un’ottica di km 0 e di sostenibilità nei vivai, in particolare come pacciamante. Infine Orlandini, dopo aver ringraziato il ministro per la disponibilità al confronto, ha avanzato due richieste: 1) con riferimento alla normativa contro le pratiche commerciali sleali, ha asserito che «non si è ancora trovata un’applicazione adatta a questo settore» e che spera che il Ministero trovi una soluzione; 2) riguardo alle polizze catastrofali, è a suo parere necessaria una revisione della normativa e più in generale del «sistema assicurativo, che deve essere sempre più avanzato, accessibile ed efficiente».
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Il ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida ha chiuso l’incontro sottolineando innanzi tutto che «qui a Pistoia ci sono aziende, alcune delle quali ho avuto l'opportunità di visitare questa mattina, che, grazie a oltre un secolo di attività, hanno il radicamento, l'esperienza e la conoscenza di un settore, come quello florovivaistico, che ha permesso all'Italia di primeggiare nel comparto; generando un fatturato di circa 3 miliardi, di cui un terzo è attribuibile al sistema produttivo toscano». Il florovivaismo, ha aggiunto Lollobrigida, «genera 200 mila posti di lavoro in questa Nazione. Non sono pochi, e qui a Pistoia rappresenta l'ossatura portante di un'economia che oggi, fortunatamente, vede nell'amministrazione un punto di riferimento e che questo Governo vuole supportare in ogni modo. Un riferimento al ministero è il senatore e sottosegretario Patrizio La Pietra, pistoiese, che conosce queste tematiche e che si relaziona quotidianamente con gli operatori del comparto per comprendere e risolvere le varie criticità».
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Lollobrigida ha poi criticato una certa visione del Green Deal europeo nella quale si finisce per trattare come inquinatore «chi produce ambiente» e ha perorato la causa invece di una visione pragmatica della transizione ecologica, in cui la sostenibilità ambientale si deve coniugare con quella economica e sociale, in contrapposizione all’ambientalismo ideologico. «Vogliamo diminuire gli agrofarmaci – ha dichiarato - e lo potremo fare attraverso la ricerca e le tecnologie evolutive avanzate, per selezionare piante più forti, resistenti alle fitopatie e al cambio climatico. Dobbiamo raggiungere questo obiettivo, ma senza mettere a repentaglio la produzione».
Con riferimento ai finanziamenti alle aziende agricole, la posizione del ministro Lollobrigida è la seguente: «per troppo tempo agli imprenditori si diceva ti pago per non coltivare. Noi diciamo ti pago per tornare a produrre, perché investire sull'agricoltura significa investire risorse non in termini assistenzialistici ma guardando al futuro». Detto questo, il ministro ha riepilogato il lavoro già svolto dal Governo, e in particolare dal suo ministero, nel reperimento di fondi destinati al sistema agroalimentare, rivendicando che si tratta del più grande stanziamento economico mai registrato a favore del settore primario, pari a circa 8 miliardi di euro in tutto, grazie in particolare al raddoppio delle risorse del Pnrr destinate all’agricoltura (a 3,5 a 7 miliardi di euro) recentemente ottenuto. 
Lollobrigida si è poi soffermato su alcuni degli ambiti in cui è più necessario intervenire. Fra questi, il sistema logistico, perché «abbiamo un mercato frammentato e costi di trasferimento elevati», per cui «l’obiettivo è abbattere le spese e semplificare le procedure, affinché le imprese possano competere in modo più incisivo». Infine ha convenuto pure sul fatto che «dobbiamo immaginare un sistema nuovo per le polizze assicurative» del settore primario. D’altra parte, ha concluso il ministro, questo vale in generale per tutto il settore, che ha bisogno di «un continuo aggiornamento dinamico, così come fanno quotidianamente gli imprenditori».
 

Lorenzo Sandiford

Al convegno su clima e paesaggio di Flormart il Design Park di Vannucci Piante

Il 20 settembre a Flormart, durante il convegno sugli “Effetti del cambiamento climatico sul sistema paesaggio nelle città”, l’azienda vivaistica leader del Distretto di Pistoia ha parlato del suo impegno per l’eco-sostenibilità, ben esemplificato dal vivaio “Ferruccia 300”, e presentato il nuovo “Design Park”. Silvia Brini dell’Ispra ha spiegato alcune funzioni delle piante contro gli effetti del cambiamento climatico e/o dell’inquinamento: con +10% di superfici a verde in alcune città -2 gradi di temperatura e -10% di energia per l’aria condizionata. Il presidente di Anve Pagliani ha messo a fuoco le specie arboree di cui dovrebbe aumentare la domanda in Europa da qui al 2080 in relazione al climate change, segnalando anche alcune specie che diminuiranno drasticamente nelle nostre foreste. Il coordinatore del dipartimento estero di Assoimpredia Lapponi si è soffermato sull’emergenza acqua, parlando di “desert garden” e di macchine che producono acqua dall’umidità presente nell’aria.

 

«Fra i nostri vivai, che includono piante di tutte le specie e tipologie, compreso uno dedicato alle grandi alberature [da 35 mila alberi in contenitore all’anno], abbiamo deciso di dedicarne uno a piante di dimensioni minori per soddisfare la domanda del mercato: lo abbiamo chiamato Design Park e come da nostra tradizione è concepito con le piante esposte in modo da facilitare la visione ad architetti del paesaggio e garden designer in visita da noi per prendere ispirazione».
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A dare la notizia di questa nuova proposta di Vannucci Piante, il maggiore produttore del principale distretto vivaistico ornamentale europeo, quello di Pistoia, è stato mercoledì 20 settembre alla Fiera di Padova il sales manager dell’azienda pistoiese Giacomo Capecchi in occasione di uno dei primi convegni della prima giornata di Flormart – The Green Italy, lo storico salone internazionale del florovivaismo gestito da Fiere di Parma. Al convegno, organizzato in collaborazione con l’Associazione italiana di architettura del paesaggio (Aiapp) e intitolato “Gli effetti del cambiamento climatico sul sistema paesaggio nelle città: il necessario cambio di paradigma dalla pianificazione alla gestione”, erano invitati come relatori vari esponenti di spicco della filiera del verde italiana, fra cui appunto Vannucci Piante dalla «Pistoia Nursery Valley». Nel suo intervento Capecchi ha fra l’altro riassunto i principali dati aziendali: 590 ettari di vivai in cui vengono coltivate oltre 3000 varietà di piante vendute in 60 Paesi. Inoltre ha illustrato alcune linee evolutive di Vannucci Piante, fra cui appunto la creazione del Design Park e gli sforzi compiuti sul fronte dell’eco-sostenibilità. Questi ultimi ben sintetizzati nel vivaio “Ferruccia 300” a zero glifosate, con cassa di espansione e concepito all’insegna della circolarità.
Prima relatrice dell’incontro è stata Silvia Brini [vedi foto principale], responsabile del settore Valutazione del verde urbano dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale) e membro del Comitato nazionale del verde urbano, che ha parlato sul tema “La crisi climatica: caratterizzazione delle funzioni del verde in città”. Con riferimento ai rapporti fra clima e verde, ha innanzi tutto ricordato quanto stia cambiando il clima, a volte «in modo devastante», con l’aumento di eventi estremi e della loro intensità e durata, come nel caso delle «ondate di calore, passate da pochi giorni a settimane intere». In sintesi, ha spiegato Brini, la risposta consiste nel lavorare sui servizi ecosistemici del verde urbano. Ad esempio, secondo una stima da lei fornita, «un aumento del 10% della superficie a verde determinerebbe in alcune città italiane l’abbassamento di 2 gradi della temperatura dell’aria con un risparmio energetico per raffreddamento durante l’estate pari all’8-11%». Silvia Brini si è soffermata anche sulla relazione fra cambiamento climatico e inquinamento atmosferico e sull’importante funzione di filtrazione dell’aria delle piante, cioè il loro contributo al filtraggio degli inquinanti trasportati dall’aria attraverso la deposizione, l’assorbimento, la fissazione e lo stoccaggio degli inquinanti sulle foglie. E ha annunciato linee guida europee sui servizi ecosistemici delle piante, fra cui appunto la filtrazione dell’aria. Infine ha ricordato anche il contributo di erba, cespugli e alberi ad assorbire l’acqua piovana.
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Tra i relatori anche il presidente di Anve (Associazione nazionale vivaisti esportatori) Luigi Pagliani, che è nel board dell’ENA (European Nurserystock Association). Pagliani ha illustrato i risultati di recenti studi su come il cambiamento climatico stia incidendo e inciderà sul patrimonio forestale europeo e in particolare sulla diffusione di 67 specie di alberi significative. La previsione è che da ora al 2080 per alcune specie arboree che diminuiranno nel continente europeo, come Fagus sylvatica (il faggio), Acer pseudoplatanus (l’acero di monte), Tilia spp (i tigli), Ulmus spp (gli olmi) e Abies spp (gli abeti), ce ne saranno altre che incrementeranno la loro diffusione, quali Quercus ilex (il leccio), Quercus suber (la quercia da sughero), Ostrya carpinifolia (il carpino nero), e altre che la incrementeranno moderatamente, come Quercus petraea (il rovere), Quercus pubescens (la roverella) e Pinus sylvestris (il pino silvestre). In particolare, ha sottolineato Pagliani, l’abete rosso (Picea abies) nel 2050/80 resterà solo in Scandinavia e scomparirà da noi, mentre qua diminuirà nettamente la diffusione dell’Acer campestre (acero campestre). Pagliani ha sottolineato che quando piantiamo una pianta oggi lo facciamo per i nostri nipoti e dobbiamo quindi pensare a come sarà il clima fra 50 anni e tenere conto dei processi naturali collegati al cambiamento climatico. Che cosa significherà questo per i vivaisti? Che la produzione vivaistica dovrà rispondere a una sempre maggiore domanda di piante mediterranee dalle zone a clima continentale e di piante xerofite (atte a tollerare siccità prolungate). Inoltre aumenterà la richiesta di piante per la mitigazione climatica, per la «forestazione urbana» e il «rinverdimento pubblico e privato». Ma, come ha concluso Pagliani, ancora per molto tempo sarà difficile soddisfare la domanda di piante europea. Infatti in Italia, maggiore produttore europeo, abbiamo una superficie destinata al vivaismo di circa 21.000 ettari per una stima produttiva di 4 milioni di alberi ornamentali in coltivazione, che forse possono essere portati a 5 milioni. E già i numeri per la forestazione urbana previsti nel Pnrr solo per l’Italia sono altissimi: 6,6 milioni di alberi da piantare entro il 2024 nelle prime 14 città metropolitane e 6.600 ettari di foreste urbane, con un finanziamento totale di 330 milioni di euro, cioè 50 euro a pianta. Figuriamoci a livello europeo, dove sono stati proposti numeri target impressionanti come 3 miliardi di alberi entro il 2030.
All’incontro è intervenuto anche Maurizio Lapponi, coordinatore del dipartimento estero di Assoimpredia (Associazione nazionale Imprese di Difesa e Tutela Ambientale, con riferimento alla gestione del verde, la difesa del suolo, l’ingegneria naturalistica e le infrastrutture verdi) nonché project manager di ELCA (European Landscape Contractors Association). Lapponi ha esordito sottolineando la nuova fase iniziata nel settore del verde anche in relazione al cambiamento climatico: il focus non è più sull’aspetto ornamentale, ma sulle funzioni di piante e giardini. Nei centri urbani ci vorrà più natura e progettare aree a verde comporterà «utilizzare al meglio le molteplici funzioni della vegetazione»: dai benefici estetico-sociali a quelli economico-sociali, a quelli di mitigazione delle variazioni climatiche, di diminuzione dell’inquinamento, riduzione dell’erosione del suolo, aumento della biodiversità e regimazione e depurazione di acqua. Fra i temi toccati da Lapponi, quello della gestione dell’acqua, a cui Assoimpredia dedica particolare attenzione visto che, come ribadito da una serie di dati da lui presentati, «consumiamo troppa acqua». E questo vale anche per gli spazi verdi, poiché, come illustrato da Lapponi, «per un giardino medio sono necessari dai 4 ai 7 litri di acqua al giorno per metro quadro», che corrisponde all’incirca all’attivazione degli irrigatori per un massimo di 10 minuti al giorno in primavera e 30 minuti al giorno in estate. A questo proposito Lapponi ha parlato dei «desert garden», capaci di ridurre dell’80% il consumo di acqua, e si è soffermato anche sulle nuove macchine in grado di estrarre acqua dall’umidità dell’aria (con modelli anche da 10 mila litri di acqua al giorno), che possono essere alimentate da energia elettrica generata da pannelli solari. 
 

Lorenzo Sandiford

Il punto sulle politiche agricole di Lollobrigida, ieri a Firenze a confronto con gli agricoltori toscani

Il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida, intervenuto ieri a Firenze alla Conferenza dello sviluppo rurale della Toscana, si è confrontato sulle politiche agricole con l’assessora Stefania Saccardi e una folta rappresentanza delle categorie agricole regionali. Ampia condivisione di vedute, ma divergenze sul peso da attribuire al livello nazionale rispetto al regionale.

«La priorità assoluta per il Governo Meloni è quella di rilanciare un sistema che riesca a mostrare le nostre potenzialità e a garantire eccellenza nelle produzioni, nelle trasformazioni, nella presentazione di quella filiera che assicura all'Italia di essere la nazione simbolo della qualità».
Così il ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida intervenendo ieri alla “Quarta conferenza regionale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale della Toscana” presso la Camera di commercio di Firenze. Un momento di confronto organizzato dal dipartimento regionale all’agricoltura e aperto a tutte le maggiori associazioni di rappresentanza del mondo agricolo toscano, che hanno potuto illustrare, insieme all’assessora all’agroalimentare e vice presidente della Regione Stefania Saccardi, le loro istanze al ministro Lollobrigida.



Nell’occasione, per ammissione dello stesso ministro durante il suo discorso finale («condivido le cose sentite»), si è manifestata un’ampia condivisione di intenti e obiettivi in materia di politiche agricole e Stefania Saccardi ha elencato diverse scelte del ministero dell’agricoltura da lei apprezzate. Ma sono emersi anche due punti di sottile divergenza fra l’assessore e il ministro. Saccardi ha espresso qualche riserva su «alcuni segnali di accentramento» del Governo con riferimento al ruolo dei cosiddetti «Organismi Pagatori» (ad esempio Artea in Toscana) e alla promozione fuori Europa dell’OCM vino. Riserve a cui il ministro Lollobrigida ha replicato dicendo che se l’Europa decide di assegnare i fondi direttamente agli OP deresponsabilizzando il Governo lui è disposto a firmare in bianco e che «sull’OCM vino a causa di bandi di regioni ci abbiamo rimesso il 10% dei fondi europei». Divergenze che paiono segnalare una visione un po’ diversa del peso della strategia nazionale in agricoltura, più marcato nell’approccio del ministro, che pure ha detto di credere nel principio di sussidiarietà, rispetto a quello della Saccardi, favorevole a una maggiore autonomia regionale.  
Il ministro dell’agricoltura, sentito dai giornalisti a margine della Conferenza regionale, ha presentato gli aspetti principali della sua politica agricola e fornito aggiornamenti sulle ultime iniziative del suo ministero. «Abbiamo fatto forti investimenti dal punto di visto economico – ha detto Lollobrigida - che vanno dalla messa a terra del Pnrr ad altre misure come quella sull’innovazione: 250 milioni ulteriori che permetteranno l’acquisto di dotazioni tecnologiche e potranno incrementare l’elemento della produttività, che va sempre affiancato a quello della sostenibilità ambientale. E ancora il fondo per la sovranità alimentare per sostenere le filiere deboli e poi la promozione a livello internazionale per aumentare il nostro export».

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Altro tratti caratterizzanti dell’azione del ministero dell’agricoltura sono quelli «difensivi rispetto a una standardizzazione dei prodotti che cancellerebbe le grandi differenze che invece risultano essere il nostro punto di forza, in una nazione fatta di campanili ma anche di definizioni geografiche importanti che danno a chi vuole comprare prodotti italiani la capacità di collegarli anche ai monumenti, ai beni culturali e all’ambiente e biodiversità che la nostra nazione rappresenta come unicuum sul pianeta».
Che cosa si aspetta il ministro Lollobrigida in termini di sostegno all’agricoltura dall’Unione Europea? «Che si riappropri del ruolo che i padri fondatori le avevano assegnato: quella capacità di garantire produzioni che permettano di fronteggiare eventi contingenti, come le pandemie e le guerre, che pensavamo non avrebbero colpito più i nostri territori. Per questo bisogna riflettere anche su errori di carattere strategico, compiuti negli anni scorsi, come quello di allungare le filiere, non solo in termini chilometrici ma anche in termini valoriali». Vale a dire scegliendo di affidarsi a «nazioni instabili oppure dove un solo uomo può decidere con un interruttore di spegnere la tua filiera produttiva». Ora invece, per il ministro Lollobrigida, bisogna che «l’Europa si concentri sugli investimenti, metta al centro l’attenzione per l’agricoltura, per l’allevamento, per la pesca con meno ideologie e più pragmatismo, perché gli obiettivi sono certamente sani, come ad esempio quello di raggiungere una sostenibilità ambientale che permetta di rispettare la natura appieno, ma va fatto garantendo anche una sostenibilità produttiva. Altrimenti sortiremmo l’effetto inverso, cioè diminuire le nostre produzioni ed essere costretti a comprare da nazioni che non rispettano né i diritti dei lavoratori, né i diritti dell’ambiente, con effetto esattamente inverso a quello che ci si pone».
Sollecitato sulle questioni di attualità, a cominciare dal caldo estivo e il rischio in futuro di fasi di siccità, Lollobrigida ha risposto che «la siccità non è un’emergenza ma un epifenomeno di una condizione ciclica che stiamo affrontando da almeno 20 anni in territori italiani che spesso non avevano questo problema e quindi non sono nemmeno predisposti all’utilizzo pieno dell’acqua. In Italia abbiamo delle criticità oggettive: abbiamo una captazione dell’acqua bassissima, l’11%, abbiamo una dispersione idrica che arriva al 40% di media nazionale ma raggiunge il 50% in alcune regioni e su questo siamo intervenuti con un decreto ad hoc che permette per esempio la realizzazione per gli agricoltori di invasi senza troppa burocrazia. Ma va fatta una strategia più ampia: abbiamo affidato al Commissario Nicola Dell’Acqua una pianificazione che permetta di utilizzare appieno gli invasi, di fare ordine in un quadro che vede purtroppo la sovrapposizione di troppi livelli istituzionali e grande confusione». Senza dimenticare l’altra faccia della medaglia, gli eventi alluvionali. Su cui il ministro ha detto: «l’alluvione è un fenomeno non prevedibile con un preavviso ampio, ma si può lavorare di più e meglio per cercare di manutenere il territorio in modo tale da poter affrontare i danni collaterali abbattendo la loro incidenza sul territorio. Come? Seguendo anche normative come la legge Serpieri, di cui ricorrono oggi i 100 anni, che prevedeva l’integrazione fra il sistema agricolo e forestale e la manutenzione del territorio. Ecco rimettere al centro anche l’agricoltura nella manutenzione del territorio rompendo quello schema dicotomico che ha visto immaginare gli agricoltori nemici dell’ambiente. Invece dove manca l’agricoltura i fenomeni di criticità idrogeologica aumentano e quindi stiamo lavorando da questo punto di vista su più piani per ovviare alle criticità di oggi e predisporci anche a un rischio di aggravamento nel futuro di questa problematiche».
Riguardo all’impatto della crisi energetica causata dalla guerra, Lollobrigida ha ricordato, fra le risposte del suo ministero al problema del caro energia, l’intervento di modifica del secondo decreto della misura Parco Agrisolare (vedi): «siamo riusciti ad aggirare, se vogliamo usare un termine forte, il vincolo dell’autoconsumo che metteva in condizione gli agricoltori di investire o ricevere contributi per l’energia solare, quindi per creare energia pulita, ma che potevano consumarla solo in esclusiva creando una serie di difficoltà a rendere efficienti questi impianti. Siamo riusciti a superare questo blocco, ad aumentare la possibilità di investire arrivando fino all’80% a fondo perduto in favore degli agricoltori per impianti fotovoltaici che non vanno a consumare suolo ma vengono installati sui tetti dei capannoni e delle strutture produttive. Quindi un bel risultato che va incontro a un abbattimento di costi». Però per il ministro va anche ripensato «il quadro di carattere più generale e bisogna tener conto della crescita dei prezzi anche di quei prodotti che noi abbiamo scelto di acquistare tramite filiere lunghe, per esempio i fertilizzanti, che hanno fatto aumentare i costi di produzione. Anche su quello stiamo non solo prevedendo ma erogando sostegni e finanziamenti alle colture che hanno subito maggiori danni e agli agricoltori che hanno avuto più problemi derivanti dall’aumento dei costi energetici».
Infine, riguardo agli aiuti alle aziende agricole danneggiate dall’alluvione, alcune delle quali anche in Toscana, ha risposto: «ci stiamo lavorando. Anche con il fondo Agricat, cioè il fondo assicurativo che abbiamo per la prima volta quest’anno, che serve proprio a sostenere le aziende colpite da alcuni eventi. Quest’anno è nella fase sperimentale, in accordo con le regioni, stiamo verificando come aiutare il mondo agricolo anche rispetto a questi eventi che danneggiano le colture. Perché il grande rischio non è solo quello del raccolto: è che gli imprenditori agricoli colpiti da alcuni eventi siano costretti a cambiare mestiere. E questo sarebbe un rischio per il nostro territorio e per il nostro modello di sviluppo».

Lorenzo Sandiford