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Il 16 dicembre alla festa per i primi 25 anni del mensile di Cia Toscana dibattiti su agricoltura, comunicazione e informazione con Remaschi, Scanavino e Brunelli, Bartoli, Toschi e Pascucci, moderati da Capitani e Benocci. Annunciati corsi di aggiornamento dell’Ordine dei giornalisti in collaborazione con Cia. Un saluto dal ministro Martina. Toccati temi caldi quali i pif, lo stato di attuazione del Psr toscano e la Pac.

Il 25° compleanno di Dimensione Agricoltura, il mensile edito da Cia Toscana, è stato l’occasione per celebrare alcune personalità importanti dell’universo Confederazione italiana agricoltori, ma anche per riflettere sull’informazione e la comunicazione agraria oggi e su alcuni temi di attualità del settore primario, fra i quali lo stato di attuazione del Programma di sviluppo rurale (Psrtoscano e la Pac (Politica agricola comunitaria).
Alla festa per il primo quarto di secolo di vita del periodico diretto da Valentino Vannelli e coordinato dal giornalista Lorenzo Benocci, tenutasi ieri a Firenze in Palazzo Ricasoli, è stato ricordato il primo direttore, Massimo Pacetti, già presidente di Cia regionale e Cia nazionale scomparso nei giorni scorsi, e sono stati proiettati i contributi in video di Ennio Niccolini, il più accreditato al titolo di fondatore di Dimensione Agricoltura secondo Vannelli, e Alessandro Del Carlo, coordinatore dal 2006 al 2015 del periodico. Una testata che è stata registrata da Cia Toscana nel 1991 e di cui sono usciti 310 numeri, che ha una tiratura mensile di 22 mila copie e che dal maggio 2000 può vantare in prima pagina le vignette di Sergio Staino, dalle quali è stato ricavato per questa circostanza celebrativa il libro Campi di satira.
Dopo l’introduzione di Vannelli è stato letto il messaggio di saluto del ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, che ha sottolineato che «raccontare e valorizzare il mondo agricolo e agroalimentare è un compito importante» e che Dimensione Agricoltura sa svolgerlo
Nella prima tavola rotonda, moderata dal giornalista Sandro Capitaniche dal 14 gennaio riprenderà su Radio 1 Rai la sua trasmissione “Coltivando il futuro”, dedicata a «comunicare l’agricoltura attraverso i suoi protagonisti e le sue storie» -, ha avuto luogo un confronto fra Marco Remaschi, assessore all’agricoltura della Regione Toscana, Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia, e Luca Brunelli, presidente di Cia Toscana. «Dimensione Agricoltura – ha detto Dino Scanavinoè, tra le pubblicazioni che ci arrivano dal territorio, una di quelle che si leggono tutte. E questo mi pare uno degli obiettivi del giornalismo». Il presidente nazionale di Cia chiede ai giornalisti e ai comunicatori che si occupano di agricoltura di «fare più fatica e non semplificare», e di non dimenticare «l’agricoltura di mezzo fra la zappa e gli agricoltori spaziali», cioè l’agricoltura normale, «quello che fanno davvero gli agricoltori». «Noi – ha conclusodobbiamo fornire informazioni pre-lavorate meglio, e voi dovreste andare un po’ più a fondo nella polpa vera dell’agricoltura». L’assessore all’agricoltura Marco Remaschi ha sottolineato il valore di «una informazione attenta, capillare e competente», una informazione, come quella di Dimensione Agricoltura, capace di arrivare anche «nei territori periferici» e spiegare agli agricoltori le leggi approvate per loro e al tempo stesso dare un feedback alle istituzioni centrali sulle esigenze e i bisogni del territorio. Remaschi ha evidenziato anche il ruolo dell’informazione sul fronte del «consumo consapevole» e dell’«educazione al gusto». Per Luca Brunelli «l’agricoltura non è così ben comunicata» e «si urlano i concetti, come certo ambientalismo che ha come esito l’opposto di quello che vorrebbero i suoi sostenitori». «Oggi quando si parla di agricoltura e agroalimentare – ha aggiunto Brunelli – o si parla di chef oppure in maniera plateale dei comportamenti anomali (truffe, contraffazioni ecc, ndr). Cerchiamo invece di dare lo stesso peso ai lati positivi, come succede per altri settori economici».
Durante i successivi giri di domande sono stati toccati temi dell’attualità politica del settore primario. Dino Scanavino ha parlato della nuova politica di Cia di valorizzazione anche delle filiere produttori-artigiani-commerciantioltre all'industria della trasformazione alimentare e ai canali di vendita della grande distribuzionenel segno di «network di valori» funzionanti come reti di impresa territoriali. «E’ lo sviluppo di una terza via – ha detto Scanavinotra vendita diretta e grande distribuzione», necessario in quanto la vendita diretta, che in Cia si identifica con il progetto «la spesa in campagna», vale solo il 3% delle vendite agroalimentari, e d’altra parte bisogna organizzare delle filiere in grado di remunerare decentemente anche i produttori. «Credo anch’io nelle reti di impresa – ha detto l’assessore Remaschi – e infatti la Regione Toscana ha lavorato molto con finanziamenti specifici dedicati ai Progetti integrati di filiera (Pif) che stanno dando risposte positive. Questa è una delle strade giuste». Remaschi ha anche parlato dello stato di attuazione del Psr dicendo: «abbiamo cominciato di gran lena la programmazione regionale. Ci bacchettano di essere in ritardo sulla programmazione 2014-2020. Ma ieri abbiamo fatto il conto: abbiamo già allocato i 2/3 delle risorse disponibili nell’intero periodo, cioè 620 milioni di euro su 960: sono quasi finiti. La preoccupazione è quindi per il fatto che le risorse sono poche. Ad esempio per il bando Giovani, da 20 milioni di euro, sono state fatte domande da 100 milioni», per cui molti non potranno essere accontentati. «A febbraio - ha infine annunciato Remaschiavremo un incontro con la Commissione europea per una riprogrammazione». Sui giovani Luca Brunelli ha sostenuto che «la scelta di avvicinarsi al mondo dell’agricoltura deve essere reale, perché l’agricoltura non fa sconti», ma i giovani capiscono bene, meglio dei più anziani certi concetti, come il fatto che l’attività dell’agricoltore deve comprendere anche la vendita: «c’è la produzione e c’è anche la vendita». «In Toscana – ha continuatofra primo e secondo bando Giovani ci sono 2 mila nuovi imprenditori, perché le aziende sono state avviate, al di che poi abbiano ricevuto o meno i finanziamenti». Brunelli ha parlato, fra l’altro, del calo di produzione dell’olio a causa della mosca olearia: «abbiamo una produzione molto più bassa di quella necessaria per stare sui mercati». Infine Scanavino ha accennato all’esigenza di eliminare dalla Pac, la cui nuova fase post 2020 incomincerà ad essere discussa dal Commissario Hogan entro il 2017, «i mostri burocratici che frenano gli agricoltori, quali il greening, le rotazioni e altre complicazioni inutili» (vedi anche nostra intervista).
Nella seconda tavola rotonda, moderata da Lorenzo Benocci, il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Toscana Carlo Bartoli ha ammesso che «l’agricoltura è storicamente sottodimensionata» nell’informazione generalista: «se ne parla poco, senza scavare, limitandosi agli incontri istituzionali» oppure, «come mi è capitato tante volte, in occasione di eventi negativi». L’Ordine dei giornalisti, ha spiegato Bartoli, ha già organizzato alcuni momenti di aggiornamento professionale dedicati all’agricoltura «in maniera episodica, ma faremo qualcosa di più organico anche in collaborazione con Cia». Il prof. Luca Toschi, direttore del Communication Strategies Lab, ha messo in evidenza fra l’altro che «oggi comunicare un’azienda comporta costruire una rete di relazioni intorno ad essa. Molte aziende che visito sono brave a comunicare i loro prodotti, ma sono carenti dal punto di vista delle relazioni di contesto». Per Toschi, in generale, l’agricoltura «dovrebbe lasciare da parte per un attimo i prodotti», perché «il vostro prodotto - ha sostenuto rivolgendosi idealmente agli agricoltoriè la voglia di vivere bene» e «il vero marketing è l’analisi di quei modi di vita e divertimento ed ambienti che sono contrari al vostro business». «Se vogliamo rilanciare l’agricoltura - ha concluso - bisogna lavorare sul modo di immaginare la vita delle persone». Infine il direttore di Cia Toscana Giordano Pascucci ha chiuso i lavori spiegando, fra le altre cose, la scelta della sua organizzazione di «non assecondare il filone della comunicazione facile» dell'agricoltura a costo di perdere qualche titolo sui giornali generalisti. La sfida è per lui cercare di far passare sempre di più nella stampa anche le informazioni serie e difficili riguardanti il mondo dell’agricoltura.
 
Lorenzo Sandiford

Nell’incontro del 16 dicembre al mercato dei fiori di Pescia, Giurlani ha comunicato di aver firmato con il presidente della Regione l’accordo di programma definitivo e ha sollecitato gli operatori a esternare ora idee e richieste per il piano di sviluppo. I vertici del Mefit hanno anticipato un «riequilibrio» ma non un aumento complessivo delle tariffe, un servizio di vigilanza notturna contro i furti e che il mercato non sarà più solo piattaforma logistica grazie ad eventi per attirare gli acquirenti. Orlandini (Cia) ha chiesto una cabina di regia plurale per rappresentare le varie istanze e un supporto manageriale esterno. Nieri (Coldiretti) si è impegnata a coinvolgere i produttori della sua associazione. Per l’assessore Della Felice l’ex Comicent ha potenzialità enormi che, se sfruttate anche solo al 50%, soddisferebbero le esigenze economiche del settore e del territorio.

Un nuovo appello ai produttori e commercianti del Mercato dei fiori della Toscanacittà di Pescia (Mefit), presenti e assenti, a partecipare avanzando le loro richieste sia in relazione ai lavori di messa in sicurezza della struttura che inizieranno nei prossimi mesi, sia soprattutto in vista del piano di sviluppo delle attività di commercio all’ingrosso di piante e fiori che dovrà essere elaborato in circa 8 mesi per potenziare la filiera floricola. E a muoversi ora, perché ci sono tante cose da fare e velocemente.
Lo ha lanciato ieri il sindaco di Pescia Oreste Giurlani nel primo incontro con gli operatori iscritti al Mefit dopo il passaggio di proprietà dell’immobile ex Comicent dalla Regione Toscana al Comune di Pescia. Trasferimento che proprio due giorni fa, ha spiegato Giurlani, è giunto a compimento con la firma da parte sua e del presidente della Regione Enrico Rossi dell’accordo di programma che stabilisce tutti i passaggi per attuare gli impegni reciproci fra i due enti in merito all’erogazione dei finanziamenti, all’esecuzione dei lavori di adeguamento strutturale (3 milioni di euro della Regione, più 500 mila del Comune) e all’elaborazione del piano di sviluppo del mercato dei fiori, che dovrà mettere al centro la floricoltura ma in un contesto di multifunzionalità.
«Si costituirà una cabina di regia con firmatari Comune e Regione Toscana – ha detto Giurlaniche dovrà presentare il progetto di sviluppo e, come scritto nel protocollo, per la prima volta dopo tanto tempo c’è un impegno esplicito della Regione a sostenere e mettere azioni in campo per la floricoltura. Ma per fare un buon progetto abbiamo bisogno della partecipazione e delle idee degli operatori, che dovranno contribuire alle attività di marketing necessarie a rilanciare il mercato. Per investire nella floricoltura bisogna che diciate quali sono le cose che si vogliono fare. Abbiamo bisogno di indicazioni precise, altrimenti non si va da nessuna parte». «Adesso – ha aggiunto il sindaco di Pescia – non c’è più la precarietà e la provvisorietà, ora la struttura è nostra, per cui dal 1° gennaio 2017 gli operatori potranno fare contratti d’iscrizione al Mefit anche pluriennali. Questo consentirà un risparmio di costi burocratici relativi alle iscrizioni che prima si dovevano fare ogni anno, ma soprattutto darà quella certezza necessaria per investire, che so, in un frigo in più o una luce e via dicendo, perché è garantito che l’investimento ha una durata».
I vertici del Mefit, Antonio Grassotti, amministratore unico, e Fabrizio Salvadorini, direttore, hanno anticipato che le tariffe saranno modificate e riequilibrate, senza però un aumento complessivo. In particolare hanno per ora segnalato a Floraviva, a margine dell’incontro, l’abbassamento delle tariffe giornaliere per la consegna in magazzino da parte dei produttori agricoli (a parte quella più bassa) e la riduzione del numero di tariffe da 3 a 2 (con l’eliminazione della più alta) per quelle dei commercianti acquirenti. Come ha detto Antonio Grassotti durante l’incontro, «l’anno scorso c’è stato un leggero aumento delle tariffe, che non è stato accolto benissimo a fronte di un servizio che non poteva migliorare molto, per cui abbiamo ragionato per riequilibrare quest’anno le tariffe. Alcuni risparmieranno, altri spenderanno un pochino di più, ma in maniera più equilibrata e senza disparità di trattamento. L’obiettivo è migliorare il servizio e garantire lo sviluppo dell’azienda». In particolare, ha detto Grassotti, «per favorire l’arrivo di più commercianti, ci saranno delle giornate di ingresso gratis combinate con eventi attrattivi e ci vorrà un percorso di condivisione con gli operatori degli eventi che si faranno, in modo che il Mefit non sia più solo una piattaforma logistica ma qualcosa di più ambìto dal punto di vista del mercato». Il direttore Salvadorini si è soffermato sulla questione dei 5 furti avvenuti nell’ultimo mese e, dopo aver annunciato che verso la metà dell’anno prossimo ci sarà «un sistema di videosorveglianza almeno a livello perimetrale», ha informato che ha già fatto alcune verifiche sul territorio fra le ditte di vigilanza sui costi di una ronda notturna dalle 21 alle 3 del mattino (da 87 a 130 euro a notte) e che una decina di operatori sembrerebbe disponibile a farsene carico, almeno fino all’introduzione della videosorveglianza. Inoltre Salvadorini ha fatto sapere che il consorzio Cosea ha concesso un mezzo speciale per lo svuotamento dei bidoni dei rifiuti che consentirà di ridurre i costi della raccolta dei rifiuti del Mefit.
Sandro Orlandini, presidente della Confederazione italiana agricoltori di Pistoia, ha messo in evidenza che alla riunione del gie (gruppo di interesse economico) floricolo di Cia di due giorni prima ha registrato fra i florovivaisti di Cia iscritti al Mefit diverse differenze di vedute e «litigiosità» in relazione alla situazione del mercato dei fiori. Pertanto ha suggerito, per portare avanti nel miglior modo possibile i progetti di rilancio, che nella cabina di regia che dovrà dare regole ed eliminare l’attuale anarchia si prevedano almeno 2 o 3 membri per associazione di categoria, in modo da rappresentare le esigenze di tutti. Orlandini, dopo aver ribadito la necessità della multifunzionalità per il buon esito del rilancio del Mefit, ha detto che alla luce anche dell’andamento meno soddisfacente di questo Christmas Flower Trends rispetto alla prima edizione, «c’è bisogno forse del contributo di persone che sappiano affrontare gli sbocchi di mercato e non solo occuparsi di gestire l’amministrazione ordinaria» delle attività del Mefit. Orlandini ha comunque affermato che Cia continua coerentemente a portare avanti la linea del sindaco, perché anche se ciò comporterà molto impegno da parte degli associati, c’è una disponibilità dell’amministrazione comunale ad ascoltare le esigenze dei produttori e un rapporto sereno fra le associazioni di categoria agricole
«Un anno fa, il 30 dicembre 2015, - ha detto Michela Nieri, presidente di Coldiretti Pistoiaeravamo qua e c’era da scongiurare la chiusura immediata del mercato» (vedi nostro servizio "Dall'arena del Mefit un grido alla Regione: basta sottovalutare la filiera floricola!"). «Abbiamo fatto una bella battaglia – ha aggiunto la presidente di Coldiretti Pistoia –. Il nostro impegno come associazione sarà di coinvolgere gli operatori del settore, perché è un’occasione importante per poter far ripartire la floricoltura. Gli operatori devono darci e darsi una mano».
Infine, l’assessore all’agricoltura del Comune di Pescia Marco Della Felice, ha prima sostenuto di essere convinto che il settore pubblico debba svolgere il ruolo di punto di riferimento per le imprese, ma che poi spetta all’imprenditore fare l’imprenditore. «Questa struttura ha una prospettiva davanti ed è strategica per una comunità più ampia del Comune di Pescia – ha detto Della Felice -. E’ stata sottoutilizzata, ma può diventare una risorsa per il territorio, purché ci sia anche l’impegno delle imprese». Il mercato, ha proseguito l’assessore all’agricoltura, deve essere percepito anche dagli imprenditori iscritti al Mefit come la propria casa, o meglio il proprio «condominio», una sorta di condominio produttivo. Della Felice ha detto di non essere preoccupato dalle non moltissime presenze di operatori all’incontro di ieri: «l’importante è che chi non è qui ora dimostri la sua disponibilità sul campo quando andremo a fare le cose». «Siamo di fronte a un cambiamento – ha concluso Della Felice - e questo non piace a nessuno, ma se non si cambia, non si va da nessuna parte. Questo è un mercato con grandi potenzialità economiche e se lo sapremo sfruttare anche solo al 50%» ci saranno soddisfazioni per le imprese del settore e per tutto il territorio.
 
Lorenzo Sandiford

Alla firma dell’intesa fra Regione Toscana, Comune di Pescia, Mefit e associazioni di categoria per il trasferimento dell’ex Comicent, Giurlani annuncia i prossimi passi del percorso di sviluppo concertato e apre le porte a nuovi soggetti sia sul fronte florovivaistico che su quello multifunzionale. Garantito dalla parte pubblica l’adeguamento strutturale, agli imprenditori sarà chiesta più collaborazione alle attività di rilancio, su cui Niccolai assicura il supporto della Regione tramite il Psr. Il 16 dicembre assemblea degli operatori del Mefit per parlare di ciò, a cominciare dall’assetto della cabina di regia e dalle tariffe 2017.

«Il valore politico di questo protocollo d’intesa è che con esso Comune, Regione, associazioni di categoria e Mefit siamo tutti sulla stessa barca, con le stesse responsabilità nel dire: lavoriamo per un progetto di valorizzazione. E che gli stessi operatori del Mefit si impegnano a collaborare e contribuire allo sviluppo di questo mercato. Nei primi incontri con la Regione quest’ultima diceva che gli operatori dovevano contribuire alla messa in sicurezza dell’immobile, ma noi abbiamo sempre sostenuto che quello non era il compito degli operatori, perché questo è un compito nostro. Però gli operatori a questo punto devono mettersi in condizione di contribuire, dove c’è bisogno, allo sviluppo del settore florovivaistico. Quindi non dovranno mettere a posto un vetro o l’impianto elettrico, però potranno contribuire se per esempio si farà un piano di marketing per il rilancio della piattaforma mercatale».
E’ quanto ribadito con chiarezza ieri dal sindaco Oreste Giurlani durante la firma in Comune, di fronte alla stampa, del protocollo d’intesa fra Regione Toscana, Comune di Pescia, Azienda speciale Mefit (Mercato dei fiori della Toscana), Cia, Coldiretti, Unione agricoltori, Coripro, Confcommercio e Confesercenti che definisce i termini del trasferimento della proprietà dell’immobile ex Comicent dalla Regione al Comune. Documento che contiene tutti gli impegni reciproci fra i firmatari sull’esecuzione e il finanziamento dei lavori di adeguamento della struttura (per i quali la Regione darà al Comune il primo dei 3 milioni previsti entro fine 2016 e gli altri due nei successivi due anni) e sul rilancio della floricoltura nel contesto di una valorizzazione multifunzionale del mercato. Un piano di sviluppo complessivo del mercato che, come ha sottolineato Giurlani, sarà aperto ai contributi di privati, anche esterni alla filiera florovivaistica ed agricola, purché compatibili con l’attività primaria di commercio all’ingrosso di fiori e piante. «Il nostro è un work in progress – ha detto Giurlani - per cui se domani vuol venire un soggetto privato interessato a investire nel mercato, con meccanismi da definire, e noi lo riteniamo valido, quel privato che investe logicamente potrà far parte della cabina di regia. Lo dico perché di soggetti sia di Pescia che di fuori, sia agricoli che non, che potrebbero essere interessati ad entrare ce ne sono. Anzi io mi auguro che succeda presto, perché significherebbe che la struttura è attraente».
Come ha spiegato Giurlani prima della firma di ieri, che costituiva il penultimo atto della procedura di trasferimento, il protocollo era già stato firmato da lui e dall’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi il 5 dicembre «perché il giorno dopo, il 6 dicembre, la Regione ha portato in Giunta l’accordo di programma, che è quello che andrà firmato dal sottoscritto e dal presidente Rossi e che conclude sostanzialmente il passaggio di proprietà determinando gli obblighi monetari e la tempistica. Io firmerò l’accordo di programma con Rossi nei prossimi giorni: penso che lo si firmerà in via telematica e poi verrà fatta una conferenza stampa con Rossi in Regione, ma ormai è stato deciso di farla ad anno nuovo, perché ci sono troppi impegni in questo periodo». «Però – ha aggiunto Giurlani - dal 6 dicembre possiamo dire di essere proprietari del Mefit, perché il 6 mattina, contestualmente all’approvazione da parte della Giunta del protocollo d’intesa, la mia ragioneria ha firmato il verbale di consegna. Quindi sostanzialmente da una settimana siamo proprietari del Mefit».
«Si attendeva questo appuntamento, che era slittato per motivi diciamo tecnici – ha detto il presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini, uno dei sostenitori del progetto di rilancio del mercato dei fiori di Pescia -, e mi sento di dire questo: eravamo già d’accordo alcuni mesi fa, però il fatto di portarlo in fondo è comunque positivo. Per quel che mi riguarda, dopo due mandati di presidenza della Cia, io sono ormai nell’ultima fase del secondo mandato, e annovero la firma di questo protocollo fra i miei risultati principali. Tant’è che oggi avevo la direzione nazionale della Cia e sono rimasto a Pescia, perché ritenevo questa un’occasione da non perdere. Se torno con la memoria a sette, otto anni fa, pareva una chimera risolvere il problema del mercato dei fiori. Invece mi sembra che ora si cominci a individuare una strada: mettere insieme più risorse, non solo quelle della floricoltura, e la proprietà del bene che passa al territorio. Speriamo che possa essere la strada vincente. Siamo in linea con quanto detto dal sindaco e firmiamo con convinzione».
A sua volta il consigliere regionale Marco Niccolai, ha prima ribadito che «per la prima volta c’è una presa di responsabilità collettiva che riguarda non solo il mondo agricolo ma anche il mondo del commercio, che è un aspetto ugualmente importante all’interno della struttura» e che «le risorse della Regione che ora inizieranno ad arrivare al Comune daranno la possibilità di poter intervenire da una parte sulla messa in sicurezza della struttura, dall’altra di fare la programmazione di lungo periodo, che è il senso di questo protocollo». E poi ha assicurato che «la Regione non finisce qui il suo lavoro (con il contributo di 3 milioni di euro)», ma «continuerà a seguire il lavoro del Comune e di questo tavolo per dare alla struttura un futuro nel lungo periodo e anche per fare in modo che questa struttura e le politiche che verranno scelte entrino all’interno della programmazione regionale del Piano di sviluppo rurale (Psr)».
«Penso che sia un’opportunità da non perdere per le aziende – ha affermato Michela Nieri, presidente di Coldiretti Pistoia -, perché se vogliamo rilanciare questo settore dobbiamo iniziare a collaborare veramente per il rilancio, per le iniziative, per le proposte e anche poi per fare un’attività polivalente, come è stato detto prima dal sindaco, che aiuti comunque a portare avanti questo bellissimo mercato, che non possiamo lasciare andare in malora».
Il sindaco Oreste Giurlani ha poi spiegato che i 3 milioni della Regione e il mezzo milione che ci metterà il Comune di Pescia nel 2018 «sono somme sufficienti per mettere la struttura in piena sicurezza per tutte le attività del mercato dei fiori con le garanzie necessarie» e che si tratta di una bella cifra, se si pensa che in una variazione di bilancio della Regione Toscana da 20 milioni di euro, ben 3 milioni sono stati assegnati al mercato di Pescia. Concetto confermato da Niccolai: «è stato l’investimento più importante della variazione di bilancio, e la stima dei 3 milioni è una stima tecnica, non una valutazione sul piano della discrezionalità politica». 
Inoltre Giurlani ha annunciato di aver incontrato le Ferrovie dello stato e di aver chiesto, in relazione al progetto di raddoppiamento della ferrovia, se possono prevedere un tronchetto ferroviario merci che, anche senza entrare nel mercato dei fiori, entri nella stazione, in modo da poter essere un domani collegato con sistemi di montacarichi al Mefit. Il sindaco ha anche detto che farà richiesta al demanio regionale di ottenere gratuitamente la proprietà della villa interna al Mefit per recuperarla con un archivio e un centro di documentazione sugli architetti del '900 e riaprire qui il Museo Archeologico di Pescia (vedi articolo su Valdinievole+ news). 
Infine Giurlani ha annunciato le prossime tappe. Da un lato, a livello locale, venerdì 16 dicembre, alle 18, un’assemblea presso il mercato con gli operatori iscritti al Mefit per discutere dei lavori che saranno avviati, della nuova cabina di regia, dei progetti futuri e delle tariffe del 2017. Dall’altro, sul fronte dei rapporti con la Regione, la chiusura davvero definitiva del passaggio con la firma dell’accordo di programma con il presidente Enrico Rossi, a cui seguirà la convocazione della cabina di regia, che dovrà dotarsi di un regolamento. 
 
Lorenzo Sandiford

daniela pighetti e mara turra

Le risposte (variegate) di alcuni esponenti di spicco della filiera del fiore reciso italiana, dai fioristi ai produttori, alle questioni sollevate da un comunicato in cui Charles Lansdorp ha affermato che i fioristi d’Italia trascurano la qualità del fiore e non sono preparati a sufficienza nella sua cura e conservazione. Per la categoria dei fioristi, intervistate M. Turra (Mastrofioristi) e D. Pighetti (Federfiori). Sentiti anche A. Grassotti (Mefit) e V. Incerpi (Flora Toscana). Fra i produttori, G. Spadoni (Cia) e B. Giudicini (Coldiretti).

Un comunicato stampa degli inizi di novembre di Charles Lansdorp, nome della floricoltura europea conosciuto anche fra gli addetti ai lavori nostrani, ha fatto un certo effetto nella filiera del fiore reciso italiana. In tale comunicato infatti Lansdorp, nel lanciare un progetto della “Floweracademy.nl” in collaborazione con Chrysal intitolato “I fiori premium meritano un trattamento di qualità”, ha sostenuto, in sintesi, che i fioristi italiani non sono sufficientemente consapevoli e preparati sulla qualità dei fiori, ma se impareranno il «trattamento di qualità» dei fiori premium, questi ultimi potranno mantenere la loro posizione nel mercato italiano. Sottinteso: se non impareranno il trattamento di qualità, il mercato dei fiori premium potrebbe risentirne. Al di dell’esatta interpretazione complessiva del comunicato, esso contiene due tesi esplicite: a) i fioristi italiani non hanno chiara comprensione di molti fatti relativi alla qualità dei fiori recisi, b) i fioristi italiani danno molto peso nei loro corsi alle capacità creative, ma prestano poca attenzione alla cura e trattamento dei fiori
Floraviva ha preso spunto da queste affermazioni per una breve inchiesta fra alcuni esponenti di spicco della filiera del fiore reciso italiana dal punto di vista di Pescia, il cuore - insieme a Viareggio - del distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia, grazie anche alla presenza del principale mercato di fiori dell’Italia centrale, il Mercato dei fiori della Toscana (Mefit), e di Flora Toscana, cooperativa leader nella commercializzazione di fiori e accessori per il florovivaismo. A cominciare da due importanti floral designer che sono state protagoniste delle dimostrazioni floreali “Christmas Flower Trends”, curate da Diade adv per il Mefit negli ultimi anni. Con gli intervistati si è cercato di chiarire, senza imporre risposte /no a tutte le questioni, i seguenti punti: 1) se i fioristi italiani sono poco preparati (rispetto ad altri, ad esempio gli olandesi) su qualità, conservazione, cura e trattamento dei fiori; 2) se i fioristi italiani privilegiano la creatività della composizione e il design a scapito della qualità della materia prima, il fiore; 3) se queste due presunte tendenze penalizzano il mercato dei fiori premium o d’alta qualità; e, infine, domanda questa non direttamente collegata al comunicato di Lansdorp, ma assai rilevante per la filiera, 4) se i produttori (e i commercianti) italiani sono indietro sull'alta qualità rispetto agli olandesi nel senso che consegnano ai fioristi, ma anche alla grande distribuzione organizzata o specializzata, fiori che sono di livello qualitativo inferiore rispetto ai prodotti commercializzati dagli olandesi. Ecco le loro ricche e diversificate risposte.
mara turra«Ritengo che il fiorista professionista italiano consideri la qualità dei fiori come un fattore fondamentale per il buon svolgimento del proprio lavoro – esordisce Mara Turra, nota formatrice professionale di arte floreale, già vice presidente e direttore didattico della Scuola Internazionale Mastrofioristi -. La qualità dei fiori recisi è definita da fattori qualitativi interni ed esterni. I fattori interni interessano la coltivazione del fiore e di conseguenza la produzione, i fattori qualitativi esterni invece riguardano il grossista e/o fiorista, in quanto permettono di apprezzarne le caratteristiche visive: forme, colore, proporzioni e assenza di eventuali danni provocati da insetti o malattie. Queste qualità sono fondamentali non solo per la resa del lavoro da svolgere ma anche per stabilirne il valore economico di vendita. E’ impensabile che il fiorista italiano non ne sia a conoscenza». Riguardo poi al presunto privilegio assegnato dalla scuole italiane alla creatività compositiva a scapito della conoscenza del fiore, ecco cosa dice: «gestisco e dirigo da 30 anni una scuola d’arte floreale dove il programma del corso base inizia con 32 ore interamente dedicate alla conoscenza, alla cura, alla conservazione e al trattamento del fiore reciso. Il design viene in un secondo momento, quando abbiamo imparato a conoscere e utilizzare il materiale vegetale. I fioristi da noi formati sono indirizzati sicuramente all’acquisto di fiori d’alta gamma in quanto ogni lavoro eseguito è progettato e studiato in ogni suo particolare, a prescindere dal valore economico commerciale. Il problema è quando il fiorista si trova ad affrontare un buon prodotto ad un prezzo troppo alto, questo lo penalizza e a volte lo costringe a fare anche qualche scelta impropria». Infine, sulla qualità delle produzioni floricole, Mara Turra sostiene che «non possiamo negare che il prodotto olandese è tra i migliori, dato da una loro coltura e soprattutto “cultura”, ma non dobbiamo nemmeno pensare che il prodotto italiano sia di bassa qualità. In questi anni ho avuto modo di lavorare presso i nostri mercati nazionali e posso affermare che abbiamo di nostra produzione tanti  prodotti di altissimo livello per la loro qualità esterna e soprattutto per la loro durata». 
daniela pighetti«Essendo alla quarta generazione di fioristi mi posso permettere di dire che in Italia la qualità del fiore è sempre stata di alto livello, grazie a produzioni italiane che erano di elevata qualità, nonostante la grande quantità che veniva prodotta - dice Daniela Pighetti, affermata floral designer nonché docente nei corsi per fioristi di Federfiori -. Negli ultimi quindici anni circa, però, la qualità alla produzione è diminuita. Secondo me per più motivazioni: un minore smercio di fiori, dovuto alla sempre minore cultura del fiore del cliente finale, a causa della svendita del fiore da parte delle onlus, della grande distribuzione che tratta il fiore come qualsiasi altra scatoletta o pacchetto che vende nel suo centro commerciale e delle vendite abusive per le strade e nei ristoranti. Tutto ciò a prezzi molto bassi che rendono il prodotto fiore, all'occhio del consumatore finale, un elemento a cui dare poco valore. Pertanto anche le boutique del fiore si sono viste costrette a diminuire i prezzi alla vendita, dovendo rinunciare alle qualità migliori dei fiori. Questo si è ripercosso sulla produzione che, sempre di più, ha dovuto dirigersi verso qualità inferiori o, in alcuni casi, trovare accordi con gli olandesi a cui vendere e dare l’esclusiva di tutta la produzione della qualità superiore, che viene poi dagli olandesi stessi distribuita in altri stati o addirittura rivenduta in Italia attraverso gli importatori dall’Olanda. Per non parlare dell'aumento delle tasse e delle mancate agevolazioni nella produzione florovivaistica (che invece esistevano in passato)». Riguardo alla seconda domanda, ecco la sua risposta: «nei corsi base di Federfiori la prima cosa che noi docenti insegniamo ai nostri allievi è proprio la pulizia e la conservazione del fiore. E la insegniamo per prima proprio perché riteniamo che senza sapere questo non possiamo lavorare i fiori ed i verdi. Solo in un secondo momento si parla di tecnica di composizione e solo in terza battuta passiamo al design, di cui senza dubbio ne andiamo fieri, in quanto gli italiani sono un popolo di grandi creativi. Ma il design arriva solo al terzo posto». Infine, sulla qualità delle produzioni di fiori recisi italiane rispetto alle olandesi, per Daniela Pighetti «ci sono produzioni di alta gamma che ormai sono esclusive di olandesi, quindi non possono essere vendute direttamente in Italia e poi ci sono piccole produzioni di alta gamma che sopravvivono ancora. Ma non so per quanto, perché c’è un’eccessiva pressione fiscale e i costi di manodopera sono troppo alti. E questo è un settore dove, per quanto si voglia dire, si può meccanizzare fino ad un certo punto. Infatti, proprio gli olandesi stanno andando a produrre in Paesi in via di sviluppo, come l'America Centrale e del Sud, l’Africa ecc., non solo per il clima, ma soprattutto per i bassissimi costi di manodopera».
antonio grassottiAntonio Grassotti, amministratore unico del Mefit, premesso che il mondo dei fioristi lo conosce da interlocutore e non dall’interno, ha sostenuto che, a livello generale, gli pare «poco credibile l’affermazione che i fioristi italiani non siano preparati su qualità, cura e corretto trattamento dei fiori. Se non altro perché è nel loro interesse accontentare i clienti con prodotti di qualità. Un fiorista, se vuole mantenere il cliente, deve essere in grado di gestire la qualità. Sono certo che i fioristi italiani conoscano bene le caratteristiche dei fiori che vendono e che adottino i metodi necessari per mantenerli al meglio». Invece, «sul fatto che i fioristi italiani privilegino un po’ la qualità del design e l’estrosità della composizione rispetto alla valorizzazione delle proprietà dei fiori impiegati in sé stesse, può darsi – afferma Grassotti -. Se si parla di valorizzazione del fiore in sé (e non di conservazione o cura), può essere una tesi in parte vera. Ma questo solo perché i fioristi italiani puntano molto all’artisticità ed estrosità delle composizioni, non per mancanza di conoscenze; e nella convinzione che ciò aiuti le vendite con la clientela italiana». E con questo Grassotti risponde anche alla questione della possibile influenza negativa di tali caratteristiche sulle vendite dei prodotti premium in Italia. «Dopotutto – aggiunge – l’esigenza di esaltare la qualità della composizione è legata anche alla mentalità italiana, che riguarda sia i fioristi che i clienti». Come dire: se i fioristi nostrani lo fanno è anche perché gli appassionati di fiori italiani lo apprezzano. Infine, sulla qualità dei fiori che i produttori italiani, tramite i commercianti italiani, consegnano a fioristi e gdo ecco cosa asserisce Grassotti: «io credo che i fiori italiani non abbiano niente da invidiare ai fiori olandesi. Il fiorista, più o meno a seconda della stagione, ha bisogno di una quota di fiori che, attraverso l’Olanda, arrivano da Paesi con condizioni climatiche diverse dalle nostre, come Colombia, Israele o Cile. Tuttavia ci sono prodotti italiani che non hanno niente da invidiare, ma che anzi sono preferibili, se non sempre sul terreno dei prezzi, certamente dal punto di vista etico, per le condizioni di lavoro in cui sono prodotti da noi e spesso anche per il minore impatto ambientale». 
walter incerpiQueste le risposte puntuali del direttore di Flora Toscana Valter Incerpi. Primo, «i fioristi italiani sono preparatissimi in fatto di qualità e cura dei fiori. Lo verifichiamo quotidianamente presso i nostri cash and carry». Sul 2° punto, il privilegio della composizione rispetto alla qualità del fiore, Incerpi dice che «è un aspetto legato al tipo di clientela finale. Negli ultimi anni il mercato degli “eventi” per i nostri fioristi si è sviluppato maggiormente rispetto al mercato del consumo personale. Per questo sono attentissimi a comprare materiale di grande qualità e molto ricercato nelle varietà e nei colori per poter fare realizzazioni di grande effetto. Realizzazioni che debbono avere il loro massimo splendore per la durata dell’evento che va da poche ore ad un giorno». Ne consegue che sulla possibile penalizzazione dei fiori premium per Incerpi «il rischio è molto limitato. In genere i fioristi quando vendono i fiori o le piante per consumo personale sono anche in grado di dare i giusti consigli al loro cliente». Infine, rispetto alla qualità dei fiori consegnati dai produttori italiani (tramite i commercianti) a chi li vende al cliente finale, per il direttore di Flora Toscana «in questo caso il discorso è un po’ più articolato e complesso e diciamo che in tutto il processo che va dalla produzione al consumo in Italia abbiamo ampi margini di miglioramento sia per quanto concerne i trattamenti post-raccolta che le tecniche di imballaggio, stoccaggio e movimentazione. In molti casi si hanno shock dovuti alla interruzione della catena del freddo dovuti alla esposizione del prodotto in ambienti non condizionati sia durante le fasi commerciali che durante i trasporti. Inoltre spesso non viene posta sufficiente attenzione nella pulizia dei contenitori e si può implementare il corretto utilizzo di sostanze igienizzanti e nutritive per il materiale reciso».
Gabriele SpadoniPassando ai floricoltori, Gabriele Spadoni, produttore di fiori recisi di Pescia e responsabile del gie (gruppo di interesse economico) regionale “Floricoltura” di Cia (Confederazione italiana agricoltori) afferma che in base alle sue esperienze di contatti con i fioristi a livello personale, «la qualità viene ricercata dai fioristi italiani. La qualità, varietà e buona conservazione sono aspetti che vengono richiesti a chi fornisce loro i fiori. Il mercato è infatti sempre più impostato verso prodotti d’alta qualità e il fiorista italiano sta attento alla durata e conservazione dei fiori: non è più il tempo che compravano uno stock di rose e via, adesso stanno molto attenti. Poi, come in tutti i settori, ci sono quelli che lavorano meglio e quelli che lavorano peggio. Infine, sicuramente anche la qualità estetica delle composizioni è di alto livello professionale, in particolare nella nostra zona». Ma per Spadoni quest’ultimo aspetto, l’attenzione all’estetica delle composizioni, non avviene a scapito della qualità del fiore. «Il fiore d’alta qualità – spiega - viene lavorato in modo compatibile con altri fiori, sia in composizioni tutte d’alta qualità sia in quelle che integrano i prodotti d’alta qualità con altri di livello leggermente inferiore. Ho avuto modo di acquistare composizioni per le recenti festività dei santi e dei morti: ottima qualità dei fiori e composizioni ben concepite stilisticamente, con tutti gli accorgimenti possibili per garantire la durata». Infine, riguardo ai fiori recisi prodotti dai floricoltori italiani, Spadoni asserisce che «la ricerca delle nostre aziende è per un prodotto qualitativamente sempre migliore. Su alcune tipologie di fiori, fuori stagione gli olandesi, importando da tutto il mondo e dai Paesi esteri giusti, in alcuni periodi dell’anno hanno prodotti migliori». Perché, spiega con una battuta, «è difficile fare un matrimonio con ortensie italiane a gennaio, oppure la peonia, che ha un’ottima produzione da noi a primavera, in gennaio non c’è, mentre in Olanda si trova, perché le importano da Paesi con condizioni climatiche favorevoli. Ma sulle produzioni di primavera-estate abbiamo aziende che fanno fiori recisi di altissima qualità nel distretto sia a Pescia che a Viareggio. Ottime anche le nostre produzioni per le festività dei morti, sia come varietà che come qualità, e siamo molto competitivi in particolare nei crisantemi».
bruno giudiciniInfine, ecco le risposte ai quattro punti di Bruno Giudicini, presidente di Coldiretti Pescia e produttore di fiori recisi. Per lui è vero che «in Olanda c’è un po’ più ricerca sulla cura, conservazione e trattamento dei fiori, sono più avanti, tant’è che anche noi usiamo i loro prodotti. Però non sulla qualità del fiore in generale, ma solo sulla cura e conservazione». Sul secondo punto, Giudicini dice che «non tutti i fioristi guardano meno alla qualità del fiore e più alla composizione o design floreale. Conosco fioristi che cercano la qualità della materia prima. Però nella grande maggioranza, anche per motivazioni di contenimento dei costi, non sempre i fioristi italiani finiscono per apprezzare a fondo la qualità del fiore. Ad esempio la qualità dei nostri fiori pesciatini». In terzo luogo, sulla eventualità che questi elementi di arretratezza possano penalizzare in qualche modo il mercato dei fiori premium in Italia, Giudicini risponde di non conoscere alla perfezione le dinamiche di vendita, perché «mi confronto più che con i fioristi con i grossisti. Però, a livello di impressione generale, forse un po’ sì». Riguardo poi all’ultima domanda sulla qualità dei fiori recisi made in Italy, per Giudicini «qualitativamente i fiori italiani non hanno niente da invidiare a quelli di importazione. Certo, ci sono categorie di fiori, ad esempio le rose, in cui non si può competere con quelli di importazione per il prezzo e qualche volta anche per la qualità. E un altro vantaggio che hanno spesso i fiori olandesi è dal punto di vista della standardizzazione di confezionamento, con fioriture tutte uguali, lunghezze di gambi, diametri di fiori tutti precisi. Però i fiori di importazione a volte sono carenti dal punto di vista della freschezza, per gli spostamenti dai luoghi di produzione fino a qua. Inoltre i nostri prodotti sono ottimi come durata e bellezza. Ad esempio le nostre calle sono migliori e di una bianchezza ineguagliabile». 
 
Lorenzo Sandiford


Su possibili sinergie fra florovivaismo e ministero della salute per incentivare il consumo di piante, il ministro delle politiche agricole Martina, a Montecatini per il festival della salute, si è detto aperto a «progetti innovativi» concreti. Per Martina è fondamentale investire nella buona alimentazione. Sull’agricoltura bio dice: «siamo leader in Europa, ma possiamo fare di più coniugando sostenibilità e competitività».

L’Italia può insistere, alzando ulteriormente l’asticella, nella direzione di un settore agroalimentare sempre più biologico? «Beh, . Devo dire che i fatti hanno superato le attese, nel senso che noi abbiamo un’agricoltura ormai da anni fortemente orientata al biologico. Siamo leader in Europa, possiamo fare ancora molto di più».
Lo ha dichiarato il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina oggi a Montecatini Terme, dove è intervenuto al Festival della salute. Ad accoglierlo il sindaco di Montecatini Giuseppe Bellandi e il deputato Edoardo Fanucci. Sollecitato dalle domande dei giornalisti sulle relazioni fra salute e prodotti alimentari, uno dei tanti argomenti affrontati nella nona edizione del festival, Martina ha detto che è essenziale investire nella prevenzione attraverso una corretta alimentazione
«Ed è fondamentale – ha proseguito il ministro - che quello che abbiamo seminato in particolare l’anno scorso con l’esperienza dell’Esposizione universale di Milano prosegua nei territori, prosegua con queste iniziative. Io credo che la leva educativa sia cruciale, in particolare nel rapporto tra cittadini, nuovi cittadini e alimentazione. Quindi tutto quello che aiuta e spinge a fare in modo che si allarghi questa consapevolezza va incoraggiato e sostenuto».
Riguardo alle prospettive del biologico, una delle strade percorribili verso un’alimentazione più sana, Martina ha aggiunto che, anche se siamo leader europei, «la vera sfida del modello agricolo italiano è proprio quella di coniugare sempre meglio sostenibilità con competitività. E più noi riusciremo ad essere in tutto e per tutto leader mondiali in un’agricoltura sostenibile, biologica, più faremo anche un grande lavoro sulla redditività di questa esperienza, quindi delle nostre imprese. Questa è la nostra leva distintiva nel mondo e dobbiamo continuare a insistere su questo».
Riguardo alle possibili sinergie fra ministero della salute - come anche altri ministeri - e il suo ministero delle politiche agricole per incentivare il consumo di piante e la diffusione di aree verdi, una delle istanze sollevate dagli esponenti del settore florovivaistico a Flormart, il salone professionale di Padova, il 21 settembre scorso, questa è stata la sua risposta: «tutto quello che può rafforzare la logica di squadra, delle istituzioni attorno a progetti innovativi anche da questo punto di vista va studiato e visto volentieri insieme. Credo che non dobbiamo farci mancare il coraggio di percorrere vie e frontiere più innovative, per cui territori come questi che sanno esprimere una leadership innovativa su questo fronte, se ci danno delle idee, degli input e delle indicazioni, è giusto che si vedano e si studino fino in fondo». 
 
Lorenzo Sandiford