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Reportage fra le aziende in esposizione dal 24 al 26 febbraio 2016 alla Fiera di Milano in occasione del salone professionale della filiera del verde Myplant & Garden. Fra le imprese florovivaistiche della nostra regione, Bonini Piante Toscana di Pescia, specializzata in piante in vaso, soprattutto fiorite.
La fiera Myplant & Garden di Milano è stata l’occasione per entrare in contatto con molte aziende interessanti di tutta Italia e non solo, lungo l’intero arco della filiera florovivaistica e del verde. Le novità e i prodotti o servizi degni di nota non possono essere limitati ai sei premiati nella “Vetrina dell’eccellenza” ufficiale della manifestazione (vedi nostro articolo) e ai quattro “Giardini di Myplant” del concorso di progettazione verde (vedi articolo). Così Floraviva ha deciso di mettere a fuoco altre realtà incontrate tra il 25 e il 26 febbraio, seconda e terza giornata della fiera milanese. L’esposizione che segue rispetta l’ordine cronologico con cui sono avvenuti gli incontri fra gli stand di Myplant.
La prima visitata è Bonini Piante Toscana (Società agricola Bonini Giulio & figli), azienda di Pescia, frazione Veneri, nei pressi del Mercato dei fiori della Toscana – città di Pescia, nel cuore del Distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia. Un’impresa florovivaistica di 35 mila mq coltivati, di cui 20 mila coperti da serre di ultima generazione, che è specializzata nelle piante in vaso e produce circa 300 mila piante all’anno di 40 varietà, la maggior parte fiorite, se si esclude la linea di olivi (delle varietà leccino, moraiolo, frantoio, pendolino e maurino). «Abbiamo portato qui a Myplant & Garden – ha spiegato Leonardo Bonini, uno dei due fratelli titolari dell’azienda - una primula chiamata “Take away”, che è proposta in un piccolo sacchetto con dei manici lunghi, a borsetta, contenente una piantina dentro, molto comoda da prendere e portare via e adatta come omaggio per la festa delle donne. Sta avendo successo». «E poi – ha continuato - abbiamo portato una linea di Clematis di varietà Poulsen (azienda danese di ibridazione) che l’anno scorso hanno avuto un ottimo riscontro, per cui quest’anno ne abbiamo intensificato la produzione: ci sono varietà a fiore medio e varietà a fiore grande, che sono le più richieste; i colori vanno dal bianco, al rosa, blu, rosso e fucsia». Senza dimenticare gli olivi: «abbiamo un olivo toscano di innesto, varietà tradizionali toscane – precisa Bonini -. E abbiamo portato dei rincospermi di varie misure».
Poi è stata la volta della Fratelli Zagaria Sementi, che è una società agricola che si occupa di produzione di sementi per ortaggi con sede ad Andria, in provincia di BAT (Barletta, Andria, Trani) in Puglia. «Noi abbiamo due tipologie di prodotti – ha spiegato Pasquale Zagaria, uno dei soci dell’azienda di Andria -: una orientata al mercato professionale e l’altra orientata al mercato hobbistico. Siamo qui in fiera per presentare i nostri prodotti per il mercato hobbistico, e quindi nello specifico sementi in bustine hobby da vendersi in grande distribuzione organizzata oppure in garden, ma anche in rivendite che vendono prodotti agricoli». Quali novità o prodotti in evidenza a Myplant? «Ciò su cui puntiamo in questo momento – ha risposto Pasquale Zagaria - è la rivalutazione di quello che è il mercato gastronomico locale pugliese. Quindi stiamo presentando delle varietà di semi che sono tipiche della tradizione culinaria pugliese. Faccio un esempio: il carosello o la cicoria di Galatina, che sono degli ecotipi locali che riescono a dare un valore aggiunto oggi nelle difficoltà del mercato».
La terza tappa è stata alla “Flower Boutique” di L’École des fleurs, scuola di arte floreale con negozio di Alba Franzoni a Rovato, Brescia, in Lombardia. Dove, come ha spiegato la titolare, «i ragazzi vengono a scuola, fanno i corsi, e poi hanno la possibilità di far pratica: un tirocinio prima di aprire il loro esercizio». «Quest’anno – ha aggiunto Alba Franzoni - siamo presenti come evento in fiera, con questo spazio denominato “Flower Boutique”. Abbiamo dimostrato che dall’unione di tante forze (partner come Edelman, Green Flor, B&P Italia, Interflora e tante realtà messe insieme) poteva nascere qualcosa di originale, questa boutique. Abbiamo dimostrato al fiorista che non è soltanto andando a scuola, facendo i corsi, e imparando a fare il mazzo di fiori che si diventa un bravo fiorista. Il fiorista può spaziare in tanti ambiti, quali la vetrinistica, gli allestimenti, gli eventi e, perché no, può anche giocare, come stiamo facendo qui, con queste ragazze bellissime, realizzando acconciature floreali per eventi o sfilate».
Subito dopo abbiamo parlato con Davide Paiatto, uno dei due titolari di Li.Pa. Piantine – ortofloricoltura di Menà di Castagnaro (Verona) in Veneto: un’azienda di produzione ortofloricola che fa piantine professionali. «Siamo un’azienda – ha spiegato Paiatto - fondata venti anni fa da due giovani che hanno cominciato con la coltivazione di piantine professionali per l’agricoltura e che, nel corso dei vent’anni, hanno proseguito l’attività con lo studio e poi la messa in produzione di piantine floricole annuali e della stagionalità, e successivamente con l’orticoltura da hobbistica. Per il 2016 abbiamo avviato la produzione di una nuova linea biologica orticola, sia professionale per l’agricoltura sia per l’orto-hobbistica». «Pertanto a questa fiera – ha proseguito Paiatto - abbiamo deciso di presentare quest’ultima linea, il nostro prodotto bio, che sarà il nostro cavallo di battaglia di quest’anno, in cui noi stiamo credendo e puntando per il futuro della nostra azienda. In questa linea bio abbiamo inserito 27 varietà di piantine di orticoltura, che spaziano dalle lattughe ai peperoni, melanzane e pomodori, brassiche e quant’altro».
La quinta tappa è stata presso lo stand di Menin Antonio e C. Floricoltura di Carceri d’Este a Padova (Veneto): un’azienda specializzata nella produzione di Anthurium Andreanum e soprattutto Orchidee Phalaenopsis, con 55 mila mq di serre tecnologicamente avanzate. Ci ha risposto Mauro Menin, uno dei quattro fratelli titolari dell’azienda: «siamo partiti circa quarant’anni fa con mio padre, e oggi produciamo prevalentemente phalaenopsis: circa 3 milioni di piante all’anno. Anche un po’ di Anthurium, ma quello è in diminuzione: siamo intorno a 150 mila piante all’anno. Abbiamo vinto quattro volte il primo premio alla competizione Horti Fair in Olanda per la miglior qualità delle nostre piante». «Qui – ha aggiunto Mauro Menin - stiamo promuovendo la nostra spalliera vaso 9, che è una piccola orchidea phalaenopsis con numerosi steli, intrecciati su una spalliera di bambù e presentata sulla vetrina delle novità di Myplant». Menin, tra l’altro, ha anche spiegato alcune caratteristiche delle modalità produttive di phalaenopsis nella loro azienda: «preparando il materiale all’ultimo momento, rimane meno tempo imballato, soffre meno stress per il trasporto, quindi il prodotto dura di più; è meno spinto di quello olandese e la fioritura arriva fino in fondo allo stelo».
Poi Floraviva si è fermata presso lo stand di Floricoltura Damonte (Azienda agricola Damonte Dott. Luigi) di Ceriale in pianura di Albenga, in provincia di Savona, in Liguria: un’impresa floricola a carattere artigianale con un’esperienza trentennale nel mondo della floricoltura che produce una ventina di generi di piante in vaso. Come ha spiegato Pier Paolo Damonte (figlio del proprietario Luigi Damonte), che stava collaborando alla presentazione dello stand alla fiera Myplant & Garden 2016: «i nostri prodotti principali sono piante fiorite tipiche della Riviera ligure. Tutte piante in vaso, soprattutto in vaso 14, vaso 18, ma anche grandi misure». «Un prodotto che già da diversi anni sta avendo successo e lo ha ancora – ha continuato Pier Paolo Damonte - è la linea Fuchsia, che stiamo seguendo in diverse misure e che, grazie sia a un buon packaging sia a una buona qualità del prodotto, abbiamo portato avanti e messo in evidenza». Quali colori preferiti? «Mettiamo diverse varietà in modo da fare un bel misto».
segue il 9 marzo
Redazione Floraviva
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Per Giampiero Maracchi, presidente dell’Accademia dei Georgofili, la risposta alle calamità naturali per i cambiamenti climatici e alle oscillazioni dei prezzi delle materie prime sono le assicurazioni. L’agricoltura, ora responsabile solo del 10% dell’effetto serra, può scendere al 2/3%. Marco Moriondo (Cnr-Ibimet) elenca le strategie che dovranno adottare gli agricoltori nei futuri scenari del clima.
«Andremo a vendemmiare a fine luglio, a 2 mila metri di altitudine». Questa battuta, semiseria, pronunciata verso la fine dell’incontro dalla presidente del Collegio interprovinciale dei Periti Agrari di Lucca, Pisa, Pistoia, Livorno e Massa Carrara, Giulia Parri, sintetizza bene il possibile impatto sull’agricoltura dei cambiamenti climatici prospettati dal presidente dell’Accademia dei Georgofili Giampiero Maracchi e dal ricercatore del Cnr – Ibimet di Firenze Marco Moriondo nei loro interventi al convegno del 3 marzo all’Istituto tecnico agrario Dionisio Anzilotti di Pescia. Incontro a cui hanno partecipato anche il sindaco Oreste Giurlani e l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi illustrando le prospettive del settore agricolo nei loro ambiti di competenza (vedi nostro articolo).
In realtà, la relazione del noto climatologo e agrometeorologo fiorentino che presiede i Georgofili, intitolata “Cambiamento climatico, globalizzazione e agricoltura”, non si è limitata a illustrare le tendenze del clima, ma ha messo in discussione l’intero modello attuale di sviluppo economico capitalistico, ormai quasi sfuggito di mano ai governi, e ha elogiato, quale esempio di documento politico di altissimo livello, capace di inquadrare tutti i temi centrali della questione ambientale, l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’.
Restando all’evoluzione climatica, Giampiero Maracchiha ricordato che, a causa dell’effetto serra, gli oceani si sono molto riscaldati e dal 1980 ad oggi il loro contenuto di calore è aumentato di circa 7 volte. Questa è una delle cause principali dei cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo, con piogge la cui intensità è aumentata negli ultimi 20 anni di 9 volte e il verificarsi anche in Toscana di bufere come quelle del marzo e dell’agosto 2015 con venti di 160 chilometri orari capaci di sradicare anche solidi pini di 100 anni. Inoltre le temperature alte in inverno hanno causato le fioriture anticipate delle mimose (due mesi prima della festa della donna) e di diversi alberi da frutto, con il rischio che una gelata comprometta il raccolto. Le emissioni di gas che causano l’aumento dell’effetto serra, ha spiegato Maracchi, dipendono dall’utilizzo di combustibili come petrolio, gas e carbone. Il 40% di tali emissioni a livello mondiale sono imputabili ai trasporti, che hanno avuto un forte incremento per effetto, soprattutto, della crescita del commercio (aumentato dal 2000 al 2010 quattro volte più velocemente del Pil).
Quale ruolo per l’agricoltura e la selvicoltura in questo contesto? Secondo Maracchi è probabilmente finito il tempo dell’agricoltura Cenerentola, «è iniziata un’epoca nuova». L’agricoltura, ha ricordato Maracchi, è meno inquinante di altri settori economici: «oggi è responsabile del 10% dell’effetto serra, ma si può modificare portandola, con tutta una serie di accorgimenti, a un’incidenza del 2/3%». Non solo, «può dare un contributo all’uso di energie rinnovabili». Ad esempio in Danimarca l’agricoltura è autosufficiente sul piano energetico grazie all’utilizzo dell’olio di colza, un prodotto dell’agricoltura. «In Italia – ha detto Maracchi – il 35% delle necessità energetiche potrebbe essere soddisfatto con l’agricoltura»: attraverso l’uso del fotovoltaico sui 5 milioni di fabbricati agricoli, grazie alle biomasse derivate dagli scarti del bosco e delle coltivazioni, e così via.
Però c’è un problema: l’agricoltura deve essere in grado di assicurare un reddito agli agricoltori, ma oggi su 100 euro spesi dal consumatore finale, l’utile del produttore è solo di 3 euro. La sfida è rendere più redditizia l’agricoltura. Una parte importante di essa, secondo Maracchi, si giocherà sul fronte assicurativo, cioè grazie ad assicurazioni in grado di proteggere l’agricoltore sia dalle calamità naturali sia da improvvisi cali dei prezzi. Maracchi ha infine elencato i punti deboli dell’agricoltura italiana (che vale il 14% del Pil, se si considera tutta la filiera agroalimentare, e dà lavoro a 3 milioni di persone): costo dei trasporti superiore alla media dell’Ue del 20%; costo dell’energia elettrica maggiore del 70% rispetto alla media europea; export cresciuto, ma ancora inferiore a quello di Francia e Germania.
Richiamate le evidenze scientifiche che provano che il cambiamento climatico a cui stiamo assistendo è causato dall’aumento di CO2, Marco Moriondo ha illustrato alcune tendenze del clima in Toscana: dal 1951 al 2006 si è verificato un incremento medio della temperatura annuale, ma ciò è l’effetto in gran parte dell’incremento di temperatura nei periodi estivi (circa 1 grado e mezzo in più); nello stesso cinquantennio la quantità annuale di pioggia è rimasta costante, ma sono diminuiti i giorni piovosi, il che implica quell’aumento di intensità delle piogge messo in evidenza da Maracchi. Le conseguenze in agricoltura sono state le modificazioni delle fasi fenologiche, in particolare anche dell’olivo e delle viti, per cui la fioritura di tali piante arriva con diversi giorni di anticipo rispetto a 50 anni fa.
Quali saranno in futuro gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura e il paesaggio? Naturalmente la risposta dipende da quali degli scenari evolutivi del clima, dai più ottimistici ai più pessimistici, si verificheranno a livello globale. Ma, in estrema sintesi, come ha spiegato Moriondo, dato che il clima sarà caratterizzato da temperature più alte, piogge più intense ma meno frequenti e maggiori ondate di calore, si assisterà a un’anticipazione delle fasi fenologiche delle piante, all’accorciamento dei cicli di crescita e alla riduzione delle produzioni, e anche il paesaggio cambierà significativamente. Per l’olivo, specialmente a basse latitudini, la resa potrà diminuire nei prossimi vent’anni anche del 10%. Idem per le viti del Chianti. Ma, in particolare per il vino, il problema più importante sarà legato alla qualità: per mantenere i livelli attuali con certi vitigni le produzioni si sposteranno in aree col clima più adatto. Quindi in zone altimetriche più elevate e più a nord. Gli stessi spostamenti dovrebbero avvenire per l’olivicoltura, con l’azzeramento delle produzioni in Nord Africa e l’incremento in Francia.
Le strategie con cui l’agricoltura potrà reagire a tali trend elencate da Moriondo sono le seguenti:
- miglioramento genetico delle piante
- perfezionamento delle tecniche di irrigazione
- lotta alle malattie
- cambiamento di gestione delle colture (ad esempio, posticipo potature)
- spostamento delle aree di coltivazione (verso aree collinari più alte per molte delle produzioni tipiche).
Lorenzo Sandiford
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- Scritto da Andrea Vitali
Assegnate ieri da Silvano Frigo le 6 targhe della “vetrina dell’eccellenza” di Myplant & Garden. Nella categoria “piante” segnalati un gelso di origine giapponese di Vivai Ziliani e due varietà di Delosperma di Bonini brevettate da Koichiro Nishikawa. Nelle altre due categorie la targa è andata ai vasi di ceramica effetto legno di Bulzaga, al portavasi che non ostruisce le persiane di Gardenstuff, al tosa-erba radiocomandato di Bruni e ai rivestimenti interni per piscine prefabbricate di Carnini Irrigazione.
«Premiare le novità in assoluto è possibile in una fiera come Ipm Essen, dove ci sono 1500 espositori di cinquanta nazioni. Allora 15 o 20 novità all’anno si tirano fuori. In una fiera in Italia con 350 espositori, il 90% italiani, e tre o quattro novità, è assurdo fare una classifica. Allora abbiamo ritenuto opportuno fare un discorso di eccellenza nella qualità, per cui andasse bene anche una varietà già esistente ma presentata sotto una forma un po’ diversa. Insomma abbiamo voluto premiare l’ingegno e la fantasia».
Così l’esperto Silvano Frigo, padrino della premiazione degli articoli per il florovivaismo selezionati nella “Vetrina dell’eccellenza” di Myplant & Garden, ha spiegato ieri, a margine della cerimonia di consegna delle targhe, le finalità dell’iniziativa. «Erano stati proposti più di 60 articoli – ha aggiunto Frigo -. Ne abbiamo selezionati 36 e poi stamattina, d’accordo con la giuria, abbiamo deciso di dividerli in tre categorie: 1) piante, 2) macchinari e articoli tecnici, 3) vasi e contenitori. E così è nata la graduatoria, con le targhe assegnate ai primi due di ciascuna categoria. In tutto sei targhe. E ripeto sono targhe di riconoscimento dell’eccellenza qualitativa, non frutto di una vera e propria classifica».
Nella categoria “piante” entrambi gli articoli vincitori della targa portavano curiosamente il segno botanico del Giappone. Il gelso Morus Tortuosa di Vivai Piante Andrea Ziliani, si legge nella descrizione della pianta fornita dagli organizzatori, è infatti originario del Giappone. Tra le sue proprietà segnalate, la rapida crescita e il fatto che non richiede particolari attenzioni. «Ha foglie di color verde chiaro, lucide e a forma di cuore, che in autunno diventano gialle. Fa frutti commestibili viola, come more». Una caratteristica di questo albero sono «i rami contorti che vengono spesso utilizzati in composizioni floreali e da cui deriva il soprannome alla pianta di “gelso cavatappi”».
L’altro vincitore della targa alla voce “piante” è stato Bonini Paolo per due cultivar di Delosperma brevettate dal botanico giapponese Koichiro Nishikawa sulle montagne dell’Ecuador. Una si chiama Jewel Of Desert (JOD) (Gioiello del deserto) ed è una varietà con crescita molto compatta, colori brillanti, disponibili in 8 tonalità, capaci di illuminare un giardino o un balcone. Fiorisce da fine febbraio a novembre. E’ resistente al freddo e alla siccità. I Delosperma JOD si prestano per essere piantati in pieno sole e su terreni ben drenati per tappezzare giardini oppure su piccole fioriere per decorare i balconi. Per i loro colori sono anche chiamate “piante di ghiaccio”. La seconda linea di Delosperma proposta da Bonini è denominata Wheels Of Wonder (WOW) (Ruote di meraviglia). E’ una varietà con crescita più vigorosa della prima, con colori molto brillanti e fiori grandi, disponibili in 6 tonalità. Fiorisce da marzo a ottobre. Sono tolleranti alla siccità. Si prestano per essere piantati in pieno sole e su terreni ben drenati per tappezzare giardini oppure su fioriere per decorare balconi e su basket o cesti.
Nella categoria 2 dei macchinari hanno ricevuto una targa il tosa-erba radiocomandato Spider IId02 di Bruni Stefano per la manutenzione di terreni accidentati e inaccessibili con pendenze fino a 55 gradi. Questo tosa-erba è utile soprattutto per trattare fossi e pendii ai lati delle banchine stradali, ma anche per i campi da golf e in ambito agricolo, ad esempio nei frutteti. Invece il Mosaic-X di Carnini Irrigazione consiste in un sistema di rivestimenti che permette di realizzare piscine prefabbricate in pannelli di acciaio, rivestite in guaina di Pvc e vero mosaico vetroso. Con esso si possono realizzare piscine di qualsiasi forma e dimensione.
Infine nella categoria 3 “vasi e contenitori” sono stati premiati i vasi di ceramica da design con effetto legno di Bulzaga, realizzati a mano da artigiani di Faenza; e il portavasi Silvano di Gardenstuff, che si fissa facilmente senza forare i davanzali e che non ostruisce l’apertura delle persiane.
Lorenzo Sandiford
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L’appello del sindaco di Pescia alla Regione per il piano A sul mercato dei fiori durante la presentazione del neo amministratore unico del Mefit, Grassotti, che conferma il direttore Salvadorini. Ai primi di marzo incontro con le associazioni degli agricoltori. Ufficializzato che “Flormart in tour” non sarà più a Pescia per i problemi dell’immobile.
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La ricetta lanciata dal ministro delle politiche agricole Martina all’incontro dell’Irpet a Follonica il 18 gennaio, giorno dell’annuncio dei 33,7 miliardi di export agroalimentare italiano nei primi 11 mesi del 2015: più giovani, più aggregazioni, più legami produzione-trasformazione, più infrastrutture, più export. Il presidente della Toscana Rossi punta a «un’alleanza tra industria, turismo e agricoltura» e ipotizza un polo della trasformazione dei prodotti agricoli nell’area grossetana.
La parola d’ordine per il rilancio dell’agricoltura, sia in sistemi territoriali fortemente vocati come il sud e la costa della Toscana che a livello nazionale, è «apertura», «una sfida ad aprirsi il più possibile che significa tante cose»: nuovi e più stretti legami di filiera fra produzione agricola e trasformazione agroalimentare, più infrastrutture per essere connessi alle principali vie di comunicazione e reti logistiche, un rinnovamento generazionale che chiuda il gap di 3 punti percentuali nella presenza di giovani nel settore primario italiano rispetto alla media europea, e più organizzazione attraverso nuovi strumenti di aggregazione della produzione come le reti di impresa o i consorzi ripensati. Forme di apertura necessarie per raggiungere l’apertura obiettivo che le riassume tutte, quella verso i mercati esteri e l’internazionalizzazione.
Questa, in sintesi, la ricetta per l’agricoltura e l’intera filiera agroalimentare delineata dal ministro delle politiche agricole Maurizio Martina ieri a Follonica durante il convegno “Circolo virtuoso. Opportunità e sviluppo possibile nel sud della Toscana”, organizzato dall'Irpet e dalla Regione con il patrocinio del Comune di Follonica. Un messaggio lanciato dal ministro dopo aver ricordato che dall’inizio della crisi nel 2008 ad oggi, un periodo durante il quale la produzione industriale italiana «si è ridotta del 25%», tutto è cambiato e ormai «ci troviamo in un nuovo scenario economico», che implica risposte innovative, a cominciare da una riconfigurazione delle «relazioni fra chi produce e chi trasforma», nel senso che il «settore primario deve essere tutt’uno con la trasformazione». Tutto ciò per far sì che l’agroalimentare made in Italy possa appunto aggredire meglio i mercati esteri. Processo in effetti già avviato quest’anno, grazie anche al trampolino di lancio dell’Expo di Milano con i suoi 50 mila incontri b2b, come confermato dai dati Istat annunciati ieri dal Mipaaf: nei primi 11 mesi del 2015 l’export agroalimentare italiano è cresciuto di oltre il 6% sul 2014 raggiungendo la cifra di 33,7 miliardi di euro.
La ricetta del ministro Martina pare offrire diverse opportunità di sviluppo all’economia del sud e della costa meridionale della Toscana (comprendente Piombino, Follonica, Grosseto, M. Argentario, Orbetello, Chiusi, Montalcino, Montepulciano, Piancastagnaio, Castel del Piano, Manciano, Pitigliano), su cui si concentrata l’analisi economica di Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’Irpet. Se infatti la Toscana nel complesso è stata il sistema economico regionale che ha risentito meno della crisi dal 2008 al 2014 – con l’eccezione del Trentino Alto Adige che ha ottenuto risultati ancora migliori – la ragione è da ricercarsi nell’ottimo andamento delle esportazioni (con un incremento superiore al 25%), imputabile in larga parte a una fascia di circa 3.500 imprese toscane più dinamiche e competitive. Ma tali potenzialità sul fronte dell’export non sono ancora pienamente sfruttate dalla Toscana meridionale e costiera, che infatti nel periodo 2008-2014 ha registrato una riduzione del Pil del 12%, contro la media regionale di -5,8%. La Toscana del sud può contare solo sul 3,5% (pari a 3,1% addetti e 2,5% di fatturato) di tale fascia dinamica di imprese, e le sue esportazioni estere pro capite sono un terzo di quelle della Toscana del nord, con un saldo commerciale pro capite negativo al netto del turismo.
Pertanto, visto che la Toscana meridionale ha una forte vocazione agricola, con un peso di tale settore del 13,9% in termini di unità di lavoro, contro il 4,2% del nord toscano, le aperture proposte dal ministro Martina verso un’agricoltura più integrata con la trasformazione alimentare, in vista di un incremento dell’export agroalimentare, sembrano davvero promettenti. Soprattutto se, come osservato durante una delle tavole rotonde del convegno da Federico Vecchioni, amministratore delegato di Bonifiche Ferraresi, unica azienda agroalimentare italiana quotata in borsa, il settore, consapevole che «l’agricoltura delle commodities è finita», non solo punterà «al prodotto sullo scaffale in una logica di integrazione con l’industria e il commercio agroalimentari», ma si aprirà anche al «mondo finanziario». E se, come sottolineato da Casini Benvenuti e da altri relatori del convegno, si realizzeranno quelle infrastrutture capaci di collegare quest’area geografica al resto d’Italia; anche se, per far crescere l’occupazione nella misura auspicata, da un minimo di 4 mila a un incremento ottimale di 18 mila posti di lavoro, non può bastare il settore agroalimentare.
Come ha detto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi concludendo il convegno, «dobbiamo riuscire a tenere insieme i tre poli dello sviluppo. Serve un'alleanza tra industria, turismo e agricoltura per dare un futuro alla Toscana del sud». Per raggiungere questo obiettivo il presidente ritiene necessario un progetto condiviso da istituzioni e forze sociali dell'area «che definisca quali sono le priorità su cui puntare» su cui «far convergere i fondi europei di cui la Toscana può disporre, ma rispetto ai quali si possono chiedere anche ulteriori finanziamenti comunitari». Enrico Rossi considera indispensabili infrastrutture quali la bretella di Piombino, la Siena-Grosseto, una dotazione ferroviaria adeguata e l'autostrada tirrenica. Rispetto a tali opere ha affermato di voler aprire una “vertenzialità” con il Governo, perché se ha apprezzato l'impegno del sottosegretario Lotti e del ministro Del Rio, tuttavia «adesso vogliamo arrivare a concretizzare gli impegni che sono stati presi».
Tra le proposte emerse dal convegno per quanto riguarda il settore primario, Rossi si è detto convinto che trasformare qui i prodotti agricoli di questa zona, creando una sorta di polo della trasformazione agroalimentare nell’area di Grosseto, utilizzando poi il porto di Piombino (e in futuro le nuove infrastrutture) per la loro commercializzazione, sia un’opportunità da non perdere. Per questo ha chiesto alle istituzioni locali, alle associazioni di categoria e agli imprenditori dei settori interessati di farsi avanti e pronunciarsi in proposito.
Redazione Floraviva