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Brunelli presidente cia toscana

Brunelli, Presidente Cia Toscana dichiara: «Serve una strategia di valorizzazione della selvicoltura, per dare competitività al settore e reddito alle imprese». Vadalà, CFS: «Assicurare la legalità aiuta l’economia»

Sembrerebbe quindi un'economia del bosco a due velocità in Toscana. Da una parte gli investimenti, l'innovazione e le risorse; dall'altra una mancanza atavica di politiche di sviluppo in ambito forestale, sia a livello europeo che nazionale. Ad evidenziarlo sono Cia ed Arbo Toscana, in occasione del convegno “Economia del bosco e politiche forestali in Toscana” - organizzato dalla Cia Toscana e da Arbo (Associazione regionale boscaioli toscana) -, che si è tenuto quest’oggi a Firenze, alla sede del Comando Regionale del Corpo Forestale dello Stato.
Negli ultimi anni in Toscana – regione leader in Italia per superficie boscata con 1.150.000 ettari (oltre il 50% della superficie regionale) e con 1.329 imprese boschive – c’è stata una decisa crescita del settore, sottolinea la Cia Toscana: realizzati oltre 80 impianti legno–energia, anche grazie agli interventi incentivanti della Regione; produzioni di eccellenza come castagne e farina: tre produzioni di castagne certificate (due IGP e una DOP) e due Dop della farina di castagne; investimenti ed innovazione tecnologica nell'attività selvicolturale; ruolo crescente delle imprese agro-forestali nell'azione di manutenzione del territorio con una Regione Toscana all'avanguardia negli affidamenti nell'ambito della Legge di orientamento. E poi siamo di fronte ad una spinta imprenditoriale forte con una alta adesione alle misure forestali del PSR, partecipazione costante del settore ai PIF (10% dei progetti sull’ultimo bando: su 53 progetti presentati 4 sulla filiera legno energia, 1 sulla castanicoltura).
Ma non mancano le problematiche, come un eccesso di vincoli e di burocrazia, che sta spingendo il settore alla marginalità economica.
«Occorre un piano nazionale di sviluppo dell’impresa boschiva – ha sottolineato Luca Brunelli, presidente Cia Toscana -, una strategia di valorizzazione della selvicoltura e dell’impresa, fondata su incentivi, agevolazioni fiscali (a partire dall’IVA sui combustibili legnosi), incentivi all'occupazione come mezzo di contrasto al lavoro nero. E poi semplificazione e sburocratizzazione. Alla Regione chiediamo innanzitutto un impegno per determinare una nuova stagione di politiche europee e nazionali di sviluppo del comparto forestale. Per quanto riguarda la nostra Regione, da sempre molto attiva in questo ambito, - aggiunge Brunelli - è necessario intensificare l’impegno per risolvere alcuni problemi che tuttora affliggono il settore, come il lavoro nero: guerra senza tregua, immediata attuazione delle norme del Regolamento forestale sul riconoscimento di chi lavora in bosco e sull’elenco delle imprese boschive, intensificazione dei controlli incrociati INPS-INAIL-Corpo Forestale».
Giuseppe Vadalà, Comandante regionale Corpo Forestale dello Stato, pone l’accento sull’importanza dei controlli di legalità nel settore forestale: «Mediamente il Corpo Forestale dello Stato esegue in Toscana 4.000 controlli all’anno nel settore dei tagli boschivi, dove un intervento su quattro risulta irregolare e viene sanzionato. Assicurare il rispetto della legalità è fondamentale per lo sviluppo dell’economia forestale».
Appare poi urgente – secondo la Cia - una modifica della Legge 22/2015 sul riordino istituzionale: «Il modello basato sulle Unioni dei Comuni non può funzionare – ha aggiunto Brunelli -, la forestazione, come l’agricoltura, la caccia, la difesa del suolo, deve essere di competenza regionale». E poi servono investimenti: «Incremento delle risorse sulle misure del PSR destinate agli investimenti delle imprese boschive – ha proseguito il presidente Cia Toscana -; superamento del regime “De minimis”, già richiesto per alcune misure, estendendo la richiesta a tutte le misure forestali. Ampliamento della gamma di interventi ammissibili sulla castanicoltura».
Non mancano difficoltà per le imprese toscane, ha aggiunto Sandro Orlandini, della Cia Pistoia: «Facciamo i conti con uno scarso valore aggiunto del settore – ha detto -; con la frammentazione delle proprietà forestali; con fenomeni di concorrenza sleale (lavoro nero) non sufficientemente contrastati; con poche politiche di sviluppo, troppe politiche conservative, dettate da un ambientalismo miope»
«La concorrenza sleale ed il lavoro nero - ha proseguito Giordano Pascucci, direttore Cia Toscana – sono aspetti da contrastare con forza: le imprese boschive, invece di essere valorizzate e premiate per la loro correttezza, spesso sono “osservate speciali”, mentre non si vedono risultati apprezzabili nel contrasto al lavoro irregolare. E poi c’è il flagello ungulati: la fauna selvatica è ormai una minaccia grave per i nostri boschi. Apprezziamo lo sforzo della Regione per contenere gli ungulati – ha aggiunto Pascucci -, la Legge obiettivo va nella giusta direzione. Ma per attuarla ci vuole una “governance” efficace, uomini e risorse, mentre su questo fronte non ci siamo, si rischia un arretramento pesante che renderebbe inefficaci le misure in fase di adozione».
Marco Failoni, Cia Toscana, ha parlato di nuove strategie per una nuova politica di sviluppo del comparto forestale: «Non c’è attenzione in Europa – ha sottolinea Failoni -, la politica forestale viene gestita prevalentemente come politica ambientale; manca totalmente una base giuridica che consideri il bosco sotto il profilo produttivo. Anche a livello nazionale non va molto meglio: i boschi sono tutti sottoposti a vincolo paesaggistico; nelle aree Natura 2000 ogni operazione selvicolturale è soggetta a complicate procedure di valutazione di incidenza; Il sistema sanzionatorio fa ricadere molte violazioni nell’ambito dei reati penali. Manca inoltre una qualsiasi strategia finalizzata allo sviluppo del settore. Le stesse opportunità aperte nell’ambito delle politiche di sviluppo delle fonti rinnovabili, vengono continuamente “stressate” da scelte politiche incomprensibili: l’ultimo balletto sull’IVA sul pellet è un esempio illuminante».

Redazione Floraviva


oreste giurlani, floraviva, floricoltura

del comitato del distretto floricolo LuccaPistoia al percorso del sindaco di Pescia, nel confronto con la Regione, per scongiurare la chiusura per inagibilità del mercato dei fiori: nel piano A si chiede 1 milione e mezzo per misure di sicurezza. Se la Regione dice no, si progetterà una tensostruttura transitoria (piano B). Ultimatum di Agrinsieme per un rinnovo del distretto floricolo entro gennaio 2016. Carmazzi annuncia che non si ricandiderà alla guida del distretto. Il distretto chiederà ai 20 comuni che lo hanno fondato di appoggiare il piano di Giurlani

 
In mattinata il via libera del comitato del distretto floricolo LuccaPistoia al percorso di negoziazione con la Regione proposto dal sindaco Giurlani per risolvere i problemi del mercato dei fiori di Pescia e nel pomeriggio la presentazione dello stesso piano - che ha avuto l’appoggio più o meno caldo, ma unito, delle principali associazioni di categoria agricole - ai produttori e commercianti iscritti al Mefit (l’azienda speciale comunale Mercato dei fiori della Toscana che gestisce il mercato pesciatino).
Può essere riassunto così il mercoledì della floricoltura toscana che ha visto oggi come palcoscenico e al tempo stesso oggetto di discussione la struttura mercatale di via Salvo d’Acquisto e come protagonista, appunto, il piano del sindaco di Pescia Oreste Giurlani. Un percorso, in realtà, a quanto è emerso, che prevede innanzi tutto una ipotesi o piano A, caldeggiato da tutti: fare pressioni in ogni modo e con forza sulla Regione affinché si renda conto dell’imprescindibilità - almeno in questa fase - della sopravvivenza del mercato dei fiori e delle piante di Pescia per il sistema floricolo toscano e nazionale, e prima ancora perché prenda pienamente coscienza dell’importanza che tuttora ha questo settore nell’economia dei territori delle province di Pistoia e di Lucca, e si decida conseguentemente a erogare almeno quei fondi necessari per mantenerlo agibile nel 2016 e, per usare le parole di Giurlani, «avere un periodo di transizione in attesa di capire gli scenari futuri del piano quinquennale». Cioè,  dare il tempo al Comune di Pescia, al Mefit e alle associazioni di categoria di elaborare una strategia con relativo business plan pluriennale. (O, in second’ordine, anche se oggi non l’ha detto esplicitamente nessuno, di elaborare, nel caso in cui il responso sul business plan riguardante la struttura fosse negativo, un piano di dismissione pluriennale che non distrugga il sistema floricolo toscano e nazionale). La cifra si aggirerebbe su 1 milione e mezzo di euro, cioè più o meno il finanziamento promesso a suo tempo dall’ex assessore regionale all’agricoltura Gianni Salvadori a fronte della consegna alla Regione di un progetto multifunzione sulla struttura. Finanziamento che poi è sparito, come ha spiegato Giurlani durante l’assemblea di questo pomeriggio al Mefit, per i tagli dell’anno scorso del Governo alle regioni, che hanno costretto la Regione Toscana a cancellarlo.
Alla ipotesi A si affianca il piano B, ancora da definire concordandolo insieme alle associazioni di categoria agricole e soprattutto agli operatori iscritti al Mefit, che coinciderebbe invece con quanto annunciato nell’ultimo consiglio comunale di Pescia da Giurlani: lo spostamento in una tensostruttura nel piazzale esterno del mercato di via Salvo d’Acquisto delle attività che adesso si svolgono in platea. Soluzione che comporterebbe uno stanziamento di 500 mila euro per la tensostruttura da parte del Comune e circa 300 mila euro da parte della Regione per misure di sicurezza al piano seminterrato dei magazzini e per la creazione di percorsi protetti verso il bar e gli uffici. «Il Comune di Pescia - ha precisato Giurlani durante l’assemblea al Mefit, rivolgendosi agli iscritti - assumendosi una responsabilità anche non dovuta rispetto alle competenze di questa struttura, è disponibile a studiare insieme a voi, dal 10 gennaio e con un apposito gruppo di lavoro, il piano B, cioè una soluzione che sia equilibrata per tutti, che non crei vincitori e vinti, né disagiati di un tipo o dell’altro, tutelando sia commercianti che produttori, e che possa essere lì pronta, sapendo che se succede qualcosa possa essere messa lì sul piatto, in un ottica di emergenza e sopravvivenza. E su questo non c’è niente di deciso, al di là delle ipotesi che sono state studiate per capire quanti soldi potrebbero servire».    
Ma il mercoledì della floricoltura non può essere ridotto a questo percorso condiviso, che, come annunciato a fine incontro da Giurlani, porterà a metà gennaio del 2016 tutte le associazioni di categorie, il Mefit, il Comune di Pescia e il distretto a un nuovo incontro con la Regione in cui si vedrà la risposta di quest’ultima alle istanze dei territori della floricoltura sul mercato di Pescia. Intanto perché nel corso dell’assemblea non sono mancati i mugugni e le critiche o proposte alternative da parte di alcuni degli operatori. E anche negli interventi dei rappresentanti delle associazioni di categoria agricole di Lucca e di Pistoia, pur nella condivisione dell’obiettivo A, sono emerse alcune differenze nel modo di interpretare la soluzione B. In particolare, il presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini si è distinto per aver sostenuto a margine dell’incontro che secondo lui «il piano da presentare alla Regione in questa fase è solo uno, il piano A». (Su questi aspetti seguirà un ulteriore servizio di Floraviva).
Inoltre, in mattinata sono venute fuori tre notizie importanti riguardanti il distretto. Il presidente Marco Carmazzi, il cui mandato naturale è scaduto a fine 2014 ma è ancora in sella - come da statuto - fino a che non verranno rinnovate le cariche, ha annunciato a margine della riunione del Comitato di distretto che non si ricandiderà alla presidenza, per coerenza con la sua filosofia «da sempre a favore del ricambio nelle cariche», come ha detto lui stesso. Inoltre Agrinsieme ha dato un ultimatum ai soggetti riuniti nel distretto floricolo chiedendo che si proceda al suo ripensamento e al rinnovo delle cariche entro fine gennaio (seguirà a breve articolo di Floraviva). Infine, il Comitato di distretto ha deciso che il coordinatore distrettuale, Fabrizio Salvadorini, direttore del Mefit, dovrà stimolare i venti Comuni che fondarono a suo tempo il distretto a sostenere le iniziative promosse dal sindaco Giurlani perché il mercato pesciatino non riguarda solo la sua amministrazione comunale, ma tutti i Comuni e le imprese del territorio distrettuale che se ne servono.
Carmazzi, sempre in margine al comitato di distretto, dopo aver commentato positivamente il piano del sindaco Giurlani approvato nella riunione del comitato, ha voluto ribadire alcuni concetti chiave della sua esperienza alla guida del distretto e della sua visione delle esigenze della floricoltura. Primo, a suo parere, se si fosse dato seguito allo studio della Lucense del 2012 sulla situazione dei due mercati floricoli del distretto di Pescia e di Viareggio con il progetto di fattibilità da lui proposto, ci si troverebbe ora in una soluzione molto migliore. Secondo, ad avviso di Carmazzi, l’emergenza ha reso necessario il parere favorevole al percorso prospettato da Giurlani che prevede dei finanziamenti per il mercato di Pescia, ma in prospettiva quello che servirebbe è «una piattaforma logistica snella» e che costi poco abbinata a «servizi telematici» per l’incontro della domanda e dell’offerta. Carmazzi ha infine ribadito l’importanza, quasi a mo’ di testamento spirituale (o meglio progettuale) del suo mandato, del documento con le strategie distrettuali per il 2015-2016 presentato lo scorso anno. 
   
Redazione Floraviva

smog

Dodici esperienze virtuose per uscire dalla morsa dello smog: dalle zone 30 di Torino e Cagliari all’area C di Milano, dal tram di Firenze alla bicipolitana di Pesaro fino ai parcheggi di scambio di Bari e all’efficienza energetica di Bolzano. Legambiente: “Dopo gli inevitabili blocchi e targhe alterne, i sindaci replichino le buone pratiche già in atto per liberare le città dall’inquinamento e renderle sempre più vivibili. Al Premier ed ex sindaco Renzi chiediamo un piano straordinario per la mobilità in città”

 
L’area C di Milano, la zona 30 di Torino Mirafiori e Cagliari, la bicipolitana di Pesaro. Ed ancora il piano della mobilità pensato dalla città di Bolzano per incentivare i cittadini ad usare i mezzi pubblici, la linea tram di Firenze-Scandicci che in quattro anni ha registrato oltre 13 milioni di viaggiatori all’anno ben disposti a lasciare l’auto a casa, l’Hub delle merci di Parma, il park&ride (parcheggi di interscambio) di Bari, il pedibus e il bicibus scuola promosso a Reggio Emilia, il Pony Zero Emissioni che ha preso il via a Torino, il bosco sociale di Ferrara per ridurre le emissioni inquinanti e l’esperienza in Alto Adige dove, per ridurre i consumi per il riscaldamento degli edifici, da anni è obbligatoria la certificazione energetica per tutti gli interventi con standard obbligatori sia per le nuove case che per le ristrutturazioni che riducono inquinamento e bollette delle famiglie.
 
Sono queste per Legambiente dodici buone pratiche locali in tema di mobilità nuova, efficienza energetica e verde urbano in grado di ridurre l’inquinamento locale che tutti i sindaci potrebbero adottare in tempi brevi. Dodici esempi virtuosi di misure anti-smog, promosse da amministrazioni, cittadini e aziende, e messe in atto in questi anni dai sindaci di alcune città italiane, che da soli, hanno avuto il coraggio di scommettere sulla sostenibilità, su un nuovo tipo di mobilità urbana avviando, così, un processo di rigenerazione urbana non indifferente che dovrebbero essere replicate in tutto il Paese.
 
È la sfida che l’associazione ambientalista lancia oggi alle amministrazioni e ai sindaci, ma anche al Premier Renzi alla luce dell’incontro governativo che il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti terrà il 30 dicembre con i presidenti di Regione e i primi cittadini dei grandi centri urbani per discutere insieme dei possibili interventi da adottare nelle città italiane. In vista dell’incontro di mercoledì, Legambiente ricorda al Governo Renzi questi esempi virtuosi che meritano di essere sostenuti economicamente e replicati perché sono la dimostrazione che un cambio di rotta nelle politiche della mobilità è possibile, frutti, raccoglie consenso e produce economia sana. Un’operazione possibile solo se l’Esecutivo decide di mettersi finalmente in gioco e di sostenere quei comuni virtuosi, ad oggi rimasti soli, attraverso un piano nazionale che renda le auto un oggetto indesiderato in città e rimetta in discussione il concetto di mobilità sostenibile, potenziando il trasporto sul ferro e l’uso dei mezzi pubblici per rendere le città più vivibili e libere dallo smog.
 
“I blocchi e le targhe alterne sono provvedimenti inevitabili - dichiara Rossella Muroni, la presidente nazionale di Legambiente –  ma per risolvere il problema dello smog devono essere accompagnati da politiche di sistema. I sindaci devono replicare le buone pratiche già in atto nei diversi comuni, ma serve una svolta da parte del Governo con un piano straordinario sulla mobilità in città. Dov'è finito il Matteo Renzi sindaco di Firenze che aveva il coraggio di pedonalizzare parte del centro storico sfidando i commercianti e di portare avanti interventi ad hoc per la città? Nonostante i primi e tardivi segnali messi in campo su input del ministro Delrio nella legge di stabilità, ad oggi il Governo Renzi non ha preso misure drastiche in materia per rendere l’auto privata l’ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini. Serve un cambio di passo veloce e decisivo che sappia guardare anche a quelle buone pratiche già in atto nel Paese in termini di mobilità sostenibile, efficienza energetica e verde urbano. Non c’è più tempo da perdere, è ora di passare dalle parole ai fatti per il bene dell’ambiente e della salute dei cittadini”.
 
12 Misure anti-smog - Parlare di mobilità sostenibile significa anche parlare di un trasporto competitivo, moderno, sicuro e efficiente che sappia rispondere alla nuova e crescente domanda di mobilità delle aree urbane. L’esempio arriva dalla linea tram che collega Firenze a Scandicci. Una linea lunga 7,4 km con 14 fermate, che a quattro anni dalla sua attivazione ha registrato oltre 13 milioni di viaggiatori all’anno con almeno il 25% dell’utenza che in passato viaggiava su auto privata. A partire dal giugno 2013 è stato ammesso il trasporto di biciclette seppur con alcune limitazioni. Firenze ha così dimostrato che investire sul trasporto ferroviario significa anche migliorare e rendere più vivibile la città. 
Per Legambiente tra le misure anti-smog da replicare c’è senz’altro la zona 30 nelle aree residenziali come quella testata a Cagliari e a Torino Mirafiori. Nella città sarda la zona con limite a 30 km/h ha migliorato la circolazione ed ha consentito un dimezzamento dei costi sostenuti per incidenti stradali dal 2011 al 2015. Nel capoluogo piemontese, invece, la mobilità slow è stata accompagnata da pratiche per la sicurezza stradale. Un’esperienza positiva che, insieme a quella delle bici cargo, avrebbe dovuto evolversi ed estendersi ma che invece è rimasta circoscritta. L’associazione ambientalista si augura, invece, che possa essere presa come modello insieme a quella dell’area C di Milano, una misura quest’ultima pensata per disincentivare l’utilizzo dei veicoli privati a favore dell’utilizzo del trasporto pubblico. L’accesso all’area C (che coincide con la Ztl Cerchia dei Bastioni), nei giorni feriali e in orario diurno, è consentito solo a pagamento (5 euro) per la maggior parte delle auto, mentre è vietato per i veicoli inquinanti e gratuito per quelle ad emissioni zero. Nel primo semestre del 2015, con quasi 96mila ingressi al giorno, il traffico è calato del 28,6% rispetto alla media del 2011, quand’era in vigore l’Ecopass, presto dimostratosi inefficace. Al successo ha contribuito la crescente offerta di servizi di mobilità come il car sharing, dopo il primo avviato proprio da Legambiente nel 2001, e il potenziamento del trasporto pubblico grazie ai proventi del pedaggio.
 
Vale la pena ricordare anche la bicipolitana di Pesaro, una metropolitana in superficie, dove le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette. Lo schema utilizzato è quello delle metropolitane di tutto il mondo. Vi sono delle linee (gialla, rossa, verde, arancione….) che collegano diverse zone della città, permettendo all’utente uno spostamento rapido, con zero spesa, zero inquinamento, zero stress. La metropolitana delle bici, attualmente in costruzione, occuperà un’estensione di circa 70 km, con 14 itinerari ciclabili e ciclopedonali, e collegherà le zone periferiche al centro della città.
 
Il Pony Zero Emissioni, una realtà che ha preso il via a Torino grazie alla Pony Zero, società nata nel 2013 con l’obiettivo rivoluzionare, con una logica ecosostenibile, il settore delle spedizioni usando la bici e contribuendo a ridurre le emissioni inquinanti della logistica urbana. L’attività si afferma rapidamente e  crescono le consegne con più di 1000 recapiti giorno “All in time”. La bicicletta e la passione dei giovani corrieri (bikemessengers) contribuiscono a ridurre le emissioni di CO2 del settore spedizioni, in ambito urbano. C’è poi il servizio pedibus e bicibus scuola promosso dal comune di Reggio Emilia e che è diventato a tutti gli effetti uno servizio pubblico di trasporto per l’infanzia.
 
Perché poi non pensare ad un vero e proprio piano di mobilità, come ha fatto Bolzano? Bolzano è l’unica città italiana dove meno di un terzo degli abitanti usa l’auto e c’è riuscita non stendendo chilometri e chilometri di asfalto ciclabile, ma riducendo i parcheggi di superficie, aumentando la sicurezza di chi si muove a piedi, ampliando le aree pedonali e facendo ricorso alle corsie protette per le bici in quei tratti di strada dove era impossibile garantire una armonica convivenza tra i vari veicoli.
 
C’è poi l’esperienza avviata a Bari con il park&ride, i cosiddetti parcheggi di interscambio con relativa tariffazione concentrica, attivato dall’amministrazione comunale che consente agli automobilisti diretti verso il centro città di parcheggiare il veicolo nelle aree di sosta periferiche d’interscambio e di raggiungere il centro con bus navetta. L’obiettivo è quello di decongestionare il traffico cittadino attraverso l’integrazione fra mezzi privati e mezzi pubblici. Oppure c’è l’esempio dell’Hub delle merci di Parma, che è riuscito  a spostare, grazie ad accordi con operatori ferroviari ed enti territoriali, parte del trasporto delle merci da gomma a rotaie.  
 
Sul fronte dell’efficienza energetica, Legambiente ricorda che a far scuola sono anche le provincie di Trento e Bolzano, dove la certificazione energetica è oggi una pratica conosciuta e diffusa e dove si è stabilito che per tutte le nuove costruzioni la classe B deve essere, per tutti i nuovi interventi, quella minima obbligatoria. Infine non meno importante la questione del verde urbano in città: piantare migliaia di alberi nelle strade e nei parchi, perché assorbono emissioni inquinanti e CO2. Tra i tanti esempi Legambiente rilancia quello del bosco sociale di Ferrara, un progetto che ha come obiettivo quello di realizzare e gestire un bosco di comunità, rilanciando tra le persone un maggiore senso civico e la rete dei CEAS (Centri di Educazione alla sostenibilità).
 
Redazione Floraviva


Nel consiglio comunale di Pescia del 21 dicembre approvati il bilancio 2014 (-132 mila euro) e la «continuazione» fino al 31 maggio 2016 dell’azienda speciale Mefit, i cui vertici hanno presentato conti del 2015 migliori del previsto. Il sindaco Giurlani ha però annunciato un bando per eventuali candidature alternative alla carica gratuita di amministratore del Mefit per i prossimi 5 mesi. Si attende l’ok ufficiale della Regione alla proroga di 1 anno dell’affidamento della struttura mercatale e al progetto da 800 mila euro di gestione transitoria del mercato dei fiori: contrattazioni spostate in una tensostruttura esterna e misure di sicurezza negli uffici e nel seminterrato.      

L’azienda speciale “Mercato dei fiori della Toscanacittà di Pescia” è stata per adesso salvata dal Consiglio comunale pesciatino, che nella seduta del 21 dicembre scorso ha preso atto del netto miglioramento, oltre le previsioni, dei conti nel 2015 - dopo un 2014 in rosso di 132 mila euro, soprattutto per l’accantonamento legato al contenzioso con gli ex dipendenti Comicent e al raddoppio della tassa sui rifiuti - e ha deliberato la sua «continuazione» fino al 31 maggio 2016. Data entro la quale dovrà essere approvato il bilancio consuntivo 2015 del Mefit, in relazione al quale e soprattutto al modo in cui si evolveranno gli elementi critici riguardanti il rapporto con la Regione e l’adeguamento della struttura, si valuterà la validità del Piano di riequilibrio e sviluppo pluriennale dell’azienda speciale e si deciderà del suo «mantenimento o della messa in liquidazione».
Però, nonostante l’esplicito apprezzamento sia del sindaco Oreste Giurlani che dell’assessore al bilancio Roberto Peria del «buon lavoro» fatto sui conti a fianco a fianco con l’amministrazione comunale dallo scorso maggio ad oggi, non è ancora detto che "salvino" l’incarico per i prossimi 5 mesi anche gli attuali vertici del Mefit: l’amministratore unico Franco Baldaccini e il direttore Fabrizio Salvadorini. E’ soprattutto il primo a correre qualche rischio. Infatti, durante il Consiglio comunale di lunedì 21 dicembre, dopo che alcune ore prima era uscito un comunicato di Adesso Pescia che bollava come inopportuna «la rappresentanza istituzionale» del Mefit affidata a «un rappresentante di Forza Italia che ha avuto negli ultimi anni varie responsabilità di governo cittadino», il sindaco Giurlani ha annunciato un bando aperto ad eventuali candidature alternative a Baldaccini per la carica, svolta «a gratis e con tutte le responsabilità del caso» come fa lui, di amministratore unico fino al 31 maggio. La manifestazione di interesse, ha anticipato Giurlani, si dovrà chiudere entro il 15 gennaio, perché non c’è tempo da perdere e le cose da fare nei prossimi cinque mesi, per arrivare a un business plan credibile sul mercato dei fiori e a un Progetto integrato di filiera (Pif) possibilmente esteso a tutto il distretto floricolo Lucca-Pistoia, sono tantissime e non si può che ricorrere a persone di grande esperienza e che conoscono bene la situazione. Più tranquilla sulla carta la posizione di Salvadorini, visto fra l’altro che le procedure di selezione di un nuovo direttore richiedono tempi che sembrano incompatibili con la necessità di lavorare speditamente evidenziata dal sindaco
Ma la principale novità del consiglio comunale del 21 dicembre è stata la notizia, data dallo stesso Giurlani, di «un progetto per un uso transitorio parziale della struttura» del Mefit, in primo luogo per ragioni di sicurezza, che il sindaco di Pescia ha presentato venerdì scorso in Regione alle associazioni di categoria interessate, sia di livello regionale che locale, e ai dirigenti regionali. In sintesi, tutte le attività di contrattazione che si svolgono attualmente nella platea del mercato dei fiori di Pescia, «la parte più pericolosa della struttura», saranno trasferite dall’anno prossimo in una tensostruttura collocata nel piazzale all’esterno del Mefit. Continueranno invece ad essere utilizzati bar e uffici, per i quali ci saranno da fare dei lavori di messa in sicurezza dei corridoi di accesso. E nel frattempo verrà eseguita una prima sistemazione e messa in sicurezza anche dell’area seminterrata, «dove ci sono i magazzini e i frigoriferi»: «un investimento minimo per garantirne l’agibilità», come ha detto Giurlani. Tutto questo progetto dovrebbe costare circa 800 mila euro e almeno la metà della somma, ha spiegato il sindaco, dovrebbe essere garantita dalla Regione Toscana, anche in quanto proprietaria dell’immobile
«Venerdì scorso – ha affermato il sindaco Giurlani – le associazioni di categoria hanno condiviso questo percorso e dall’anno prossimo ci metteremo a lavorare insieme […] in modo che gli operatori del mercato non subiscano disagi». Giurlani ha già inviato alla Regione Toscana la richiesta di proroga nel 2016 dell’affidamento dell’immobile del mercato dei fiori di Pescia, insieme a questo progetto di gestione transitoria del servizio di commercio all’ingrosso di fiori con le contrattazioni spostate nella tensostruttura e la sistemazione del seminterrato, e ha detto di aver già ricevuto un primo ok informale. Si attende ora l’autorizzazione ufficiale della Regione e che la promessa del sindaco che «il mercato dei fiori di Pescia non chiuderà dal primo gennaio dell’anno prossimo e i floricoltori potranno continuare a fare il mercato » si possa avverare.
Ma vediamo che cosa è piaciuto al sindaco Giurlani e all’assessore Peria dei conti fino al 30 novembre 2015 presentati dai vertici del Mefit nelle ultime settimane. Al termine, va sottolineato, di un crescendo di richieste di documentazioni e dati integrativi da parte dell’amministrazione comunale - a cui il Mefit ha sempre prontamente e diligentemente risposto - che era culminato nella domanda di un monitoraggio puntuale dell’andamento finanziario. Ebbene dal reporting trimestrale al 30 settembre 2015 e dai successivi monitoraggi mensili al 31 ottobre e 30 novembre 2015, è venuto fuori che i conti sono stati assai migliori delle previsioni. Tanto che al 30 novembre 2015 i ricavi realizzati sono stati pari a 853 mila euro (contro una previsione di 777 mila euro), mentre i costi hanno superato le aspettative in misura assai inferiore: 897 mila euro (contro 883 mila euro). E il risultato di esercizio, sempre al 30 novembre, è stato di -57 mila euro (contro una previsione di -113 mila euro), vale a dire con una perdita di circa la metà di quella attesa. E anche in questo caso condizionata dall’accantonamento prudenziale per il contenzioso, come pure dalla scelta, per volontà politica, di non ritoccare all’insù le tariffe dei servizi offerti dal Mefit.
Questi dati contabili, insieme all’aumento degli iscritti di circa il 12% dal 2014 al 2015 (da 636 a 723) al 30 novembre, hanno convinto Giurlani e Peria a non dare ancora per morto lo strumento azienda speciale. Il quale, anzi, come ha spiegato Giurlani nel suo intervento di lunedì scorso, se i prossimi cinque mesi di test fino al 31 maggio 2016 daranno esiti positivi, potrebbe diventare il braccio operativo di tutte le politiche agricole, in primis florovivaistiche, del Comune di Pescia.
   
Redazione


brunelli, pascucci, floraviva

Secondo le stime di Cia Pistoia domanda interna in lieve calo nel 2015 e una riduzione delle esportazioni entro l’Ue tra il 5% e il 10%, anche se alcune aziende hanno mantenuto i livelli del 2014 nell’export verso Germania, Francia e Turchia. In Toscana Nord male il fiore reciso nel I semestre, ma è andata meglio nel secondo. Il presidente di Cia Toscana Brunelli su un eventuale piano unico regionale del florovivaismo: «tutti i progetti che mirano a un piano di insieme ci interessano, ma la convivenza deve consentire a tutti di fare un passo in più». 

                                                                                                 
«Non è un settore in crisi. Nel senso che non si deve scivolare nell’atteggiamento negativo, però sicuramente i dati che arrivano sono abbastanza complessi. E sicuramente incidono alcuni fenomeni: la chiusura della Russia, la Xylella fastidiosa che ha bloccato alcuni tipi di mercati e che soprattutto ha reso l’Italia psicologicamente più debole».
Sono parole del presidente di Cia Pistoia Luca Brunelli, durante la presentazione di oggi del “Report 2015 – Annata agraria in Toscana” (vedi articolo), a proposito del florovivaismo e più nello specifico del vivaismo pistoiese, da molti anni una delle bandiere dell’agricoltura toscana.
La diagnosi sul vivaismo comunicata alla Cia regionale da Cia Pistoia, presieduta da Sandro Orlandini, dice infatti che «per il vivaismo pistoiese le aspettative di inizio mese marzo, in merito a una possibile ripresa delle contrattazioni sul mercato interno, sono state deluse dalla generale stazionarietà, se non addirittura flessione, della domanda, già sperimentata nei primi due mesi, che per alcune aziende monitorate è risultata anche in lieve calo rispetto allo stesso periodo del 2014. Alcuni operatori hanno inoltre assistito ad un calo generale delle esportazioni all’estero, soprattutto verso i paesi Ue di Olanda, Belgio, Spagna, Germania e Francia, con diminuzioni di fatturato quantificate tra il -5% ed il -10%, mentre altri riferiscono un livello di vendite stabile sui mercati di Francia, Germania e Turchia».
«Tra i prodotti vivaisticiviene precisato nel Report - si cita in leggero aumento la vendita di conifere, arbusti, piante da siepe e piante a forma, mentre sono in diminuzione le rose e le palme per problemi legati alla loro coltivazione e resistenza alle patologie. La speranza viene ora riposta nel periodo che comincia adesso e che dovrebbe concentrare buona parte degli ordinativi da ora fino a marzo inoltrato a cui seguiranno le vendite vere e proprie delle piante».
Questi dati sul vivaismo vengono confermati da Arezzo, che ha vissuto un po’ di crisi nel comparto degli alberi di Natale, e da Pisa, che ha registrato una variazione negativa del settore vivaistico in generale, nonostante l’eccezione positiva (+5%) delle barbatelle.
Riguardo invece alla floricoltura, si parla di «produzione floricola invariata rispetto ad un anno fa a Grosseto» e di prezzi stabili. Mentre «nell’area Toscana Nord (Lucca e Massa Carrara) il fiore reciso è stato penalizzato nella prima parte dell'anno, ma si è ripreso nella seconda parte dell’anno».
A fronte anche di questi dati contenuti nel report di Cia Toscana sul 2015, Brunelli afferma che «il settore del florovivaismo va riportato al centro dell’attenzione e gli va ridato lo smalto di una volta. Probabilmente la competizione di oggi non è quella di ieri. Occorre sempre di più investire in ricerca e in innovazione, perché anche se questo vale per tutti i settori, questo è uno dei settori che ne risente di più, anche perché è un settore che più degli altri si confronta con un mercato aperto, con un mercato competitivo e duro da affrontare. E poi il vivaismo è un nostro fiore all’occhiello, che ha un peso economico molto rilevante e valore aggiunto, quindi dobbiamo sostenerlo in maniera ancora più forte di quanto abbiamo fatto sino ad oggi».
E, sollecitato sulla questione di una programmazione unica regionale del florovivaismo (inteso come comprensivo di vivaismo e floricoltura) richiesta da alcuni soggetti interessati al settore, fra cui il sindaco di Pescia Oreste Giurlani, questa è la sua risposta: «noi di Cia abbiamo due gruppi separati che parlano di vivaismo e di floricoltura ma che convergono, sicuramente abbiamo bisogno di confrontarci ancora su queste tematiche, però l’indirizzo generale, l’interesse primario della confederazione è quello di avere una convergenza di azioni e una univocità di intenti massima possibile. Quindi tutti i progetti che mirano a un piano di insieme ci coinvolgono, ci interessano e vogliamo esserci tra i protagonisti. Questo è sicuro. E’ chiaro che ognuno all’interno di questo percorso deve fare la propria parte. Visto che ci sono realtà che hanno in mano i mercati e ci sono realtà che fanno più parte della produzione e su questo ci deve essere una convivenza che consenta a tutti di fare quel passo in più di cui abbiamo bisogno». 
 
Redazione Floraviva