Il Paesaggista

pietro porcinai

Nato a Firenze, fu pioniere del paesaggismo moderno in Italia e nel mondo. Fondò l’AIAP e firmò giardini iconici integrati nel paesaggio.

Il pluripremiato paesaggista senese unisce estetica e natura, trasformando gli spazi verdi in luoghi di armonia e contemplazione. Dalla Toscana a Maiorca, la sua ricerca è in continua evoluzione.
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Luciano Giubbilei non è un semplice progettista del verde, ma un autentico artista che plasma i giardini con la stessa sensibilità con cui un pittore stende i colori sulla tela. Nato a Siena, la sua vocazione affonda le radici nei paesaggi toscani e nella cultura dell’ospitalità, che da sempre anima la sua concezione del giardino come luogo di incontro e condivisione. Fin da giovane, il suo interesse per la natura si è manifestato attraverso la coltivazione di un piccolo orto e l’allestimento di eleganti tavole all’aperto, esperienza che ha rafforzato la sua visione di uno spazio verde capace di evocare emozioni e creare connessioni tra le persone.
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Nel 1994, Giubbilei si trasferisce a Londra per studiare progettazione del paesaggio all’Inchbald School of Design. Ben presto apre il suo studio, ma il vero nutrimento per la sua creatività arriva dalla campagna inglese, in particolare dal giardino di Great Dixter, nell’East Sussex. Qui, sotto la guida del capo giardiniere Fergus Garrett, il paesaggista scopre il valore della spontaneità nel giardino, abbandonando la rigidità compositiva per abbracciare un approccio più fluido e naturale.
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È proprio a Great Dixter che apprende la tecnica dell’auto-semina, un principio secondo cui le piante sono libere di diffondersi e svilupparsi in modo spontaneo, creando paesaggi dinamici e sempre diversi. Questo metodo diventa un elemento chiave nel suo stile progettuale, influenzando profondamente il suo modo di lavorare. La permanenza in questo luogo magico, durata quasi un decennio, segna una svolta nel suo percorso: Giubbilei inizia a privilegiare la pazienza e il rispetto per il tempo della natura, anziché l’imposizione di un’estetica predefinita.
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L’approccio sensibile e raffinato di Luciano Giubbilei lo porta a lavorare per una clientela internazionale, progettando giardini privati, spazi pubblici e installazioni per prestigiose istituzioni. Le sue creazioni si estendono dalla campagna toscana a New York, dal deserto marocchino alle residenze londinesi, con uno stile che unisce minimalismo e calore mediterraneo.
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Le sue realizzazioni gli valgono importanti riconoscimenti, tra cui le medaglie d’oro al Chelsea Flower Show e il premio per il miglior giardino residenziale assegnato dalla British Association of Landscape Industries. Il suo talento nel creare ambienti che ispirano calma e contemplazione è apprezzato dai colleghi paesaggisti di tutto il mondo, tanto da diventare una figura di riferimento nel settore.
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Oltre al talento nel design del paesaggio, Giubbilei ha sviluppato una forte presenza sui social media, dove condivide immagini e riflessioni sui suoi progetti. Il suo account Instagram, seguito da appassionati e professionisti del verde, è una finestra aperta sul suo mondo fatto di luce, texture e accostamenti cromatici delicati.
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Dopo aver viaggiato e lavorato in tutto il mondo, Giubbilei ha trovato un nuovo rifugio creativo a Maiorca, dove ha acquistato la Casa del Vasaio, l’antica dimora della ceramista Maria Antònia Carrió. Qui ha deciso di dare vita a una residenza d’artista, un luogo in cui arte e natura si intrecciano.
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Ma la sua visione non si ferma alla bellezza estetica: il paesaggista ha avviato un progetto chiamato The Field, un vasto spazio aperto a tutti, in cui la coltivazione delle piante diventa un’esperienza di condivisione. L’obiettivo è dimostrare che la terra non è solo produzione agricola, ma anche nutrimento per l’anima e la creatività.
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“La cosa più importante in un giardino non è solo la sua bellezza”, afferma Giubbilei, ma l’emozione che trasmette. Mi dicono spesso che i miei spazi verdi infondono calma, ma il segreto è che lascio parlare la natura, senza forzarla. Il giardino è un maestro di umiltà, ci insegna a rallentare e a vivere in sintonia con il tempo.”

Il Paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin 

Marco Bay Il Paesaggista

Due figure hanno segnato il suo ingresso nell’architettura del paesaggio: Sir Geoffrey Jellicoe e Nena Balsari. Formatosi al Politecnico di Milano, Marco Bay ha sviluppato un metodo personale, basato sulla fusione tra architettura, rispetto della storia e dell’ecosistema, con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio perfetto tra natura e costruzione.
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Dal 1997 guida il proprio studio, lavorando a progetti che spaziano dai giardini privati agli interventi di riqualificazione ambientale. Ogni suo lavoro è caratterizzato da un approccio rigoroso e contemporaneo, dando forma a spazi che non solo valorizzano il paesaggio, ma lo rendono visibile e fruibile.
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La sua continua ricerca di essenze vegetali nasce da una profonda sensibilità per la biodiversità e l’estetica naturale. "Di notte sogno palette cromatiche che si trasformano con le stagioni, interpenetrandosi nel tempo fino a fondersi in un insieme armonico" racconta. Si definisce un "artigiano del paesaggio", con un segno distintivo che emerge nell’umile e sincero rispetto per il sito su cui interviene. Per Bay, il primo gesto nella progettazione del paesaggio è quello della mano, seguito dalla digitalizzazione. Senza il contatto diretto con la materia, sostiene, non è possibile raggiungere la sensibilità necessaria per affrontare il design del paesaggio: un intreccio tra segno umano e storia.
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Tra i suoi progetti più emblematici spiccano il giardino contemporaneo per HangarBicocca, il giardino di Orticola a Palazzo Reale e le aiuole con palme e banani in Piazza Duomo. Questi interventi sono diventati segni distintivi di Milano, con un linguaggio progettuale comune che collega luoghi iconici e culturali. Il suo lavoro abbraccia sia il settore pubblico che quello privato, occupandosi di restauri di giardini storici e di riqualificazioni ambientali di aree commerciali e industriali.
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Oltre a progettare, Marco Bay tiene lezioni presso prestigiose università italiane e collabora con le più importanti riviste di architettura, design e arte. Nel maggio 2018 ha pubblicato “Disegnare con gli alberi. Storie di Giardini” con Mondadori, un libro che raccoglie il suo metodo progettuale e le sue radici artistiche. "Disegnare con gli alberi mi porta ad avere un profondo rispetto per la natura, rendendo ancora più difficile la volontà di lasciare un segno sulla terra, come se fosse sempre stato lì" spiega.
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Con uno sguardo proiettato verso il futuro, continua a portare avanti progetti innovativi in tutta Italia e all’estero: un giardino-vigneto in Franciacorta, un terrazzo urbano a Milano, un giardino immerso nel paesaggio di Varese, un’oasi tra ulivi secolari a Santa Margherita Ligure e un frammento di paesaggio sulle tracce di Leonardo a Vaprio d’Adda. Ogni progetto è una nuova sfida, un'opportunità per coniugare natura e architettura in una sintesi perfetta.
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 Il Paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin 

Un nuovo paradigma per il verde pubblico e privato: il lavoro del professor Nigel Dunnett ridefinisce il rapporto tra progettazione del paesaggio, ecologia e sostenibilità, portando innovazione nelle città di tutto il mondo.

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Nigel Dunnett, professore di Planting Design e Urban Horticulture presso l'Università di Sheffield, è una delle voci più autorevoli a livello internazionale nell'innovazione della progettazione del verde urbano. Il suo approccio pionieristico integra ecologia e orticoltura per creare paesaggi urbani a basso impatto manutentivo ma ad alto valore estetico e funzionale. Con un'attenzione particolare alla biodiversità e alla resilienza climatica, Dunnett ha ridefinito il concetto di verde pubblico, contribuendo a diffondere la "Sheffield School" di progettazione paesaggistica.
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Il lavoro di Dunnett è il frutto di decenni di sperimentazioni, che hanno portato alla creazione di spazi verdi capaci di trasformare l'ambiente urbano. Tra i suoi progetti più noti si annoverano il Tower of London Superbloom del 2022, il Barbican Podium a Londra e il Queen Elizabeth Olympic Park, tutti esempi emblematici di come la vegetazione possa essere utilizzata per migliorare la qualità della vita nelle città. La sua metodologia si basa sulla creazione di "praterie progettate" (Designed Meadows), in grado di offrire un impatto estetico e ambientale senza la necessità di una manutenzione intensiva.
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La visione di Dunnett mira a superare il tradizionale concetto di paesaggistica decorativa, puntando invece su soluzioni dinamiche e multifunzionali che rispondano alle sfide climatiche e sociali contemporanee. Il suo approccio include la progettazione di tetti verdi, sistemi di drenaggio urbano sostenibile (SuDS) e interventi di rinaturalizzazione degli spazi pubblici. Il tutto con l'obiettivo di garantire una gestione semplificata e a basso costo, senza rinunciare alla bellezza e alla biodiversità.
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Dunnett è anche autore di pubblicazioni fondamentali per il settore, tra cui "Naturalistic Planting Design: The Essential Guide" e "The Dynamic Landscape", scritta in collaborazione con James Hitchmough. Questi testi rappresentano punti di riferimento per paesaggisti e progettisti verdi che intendono adottare un approccio più sostenibile alla progettazione del verde urbano.
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Il suo contributo è stato riconosciuto con numerosi premi, tra cui la medaglia d'oro al Chelsea Flower Show e l'onorificenza di Honorary Fellow del Landscape Institute. La sua influenza si estende ben oltre il Regno Unito, con progetti realizzati in tutta Europa e un impatto significativo sulla comunità internazionale di progettisti e architetti del paesaggio.
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L'esperienza di Nigel Dunnett rappresenta un modello innovativo per il futuro delle città verdi, dimostrando come la progettazione paesaggistica possa essere non solo esteticamente affascinante, ma anche un potente strumento per affrontare le sfide ambientali del nostro tempo. Il suo lavoro continua a ispirare nuove generazioni di paesaggisti e urbanisti, offrendo un paradigma di progettazione che coniuga bellezza, sostenibilità e funzionalità in un equilibrio perfetto con la natura.
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Il Paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin 

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Robert L. Zion ha rivoluzionato il paesaggio urbano con il concetto di pocket parks e con il lavoro del suo studio, Zion & Breen Associates, oggi considerato un pilastro dell'architettura del paesaggio.

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Robert L. Zion (1921-2000), insieme al suo compagno di studi ad Harvard Harold Breen, ha segnato profondamente la storia dell'architettura del paesaggio. Dopo aver studiato sotto maestri come Lester Collins, Walter Gropius, Joseph Hudnut e Norman Newton, Zion e Breen fondarono nel 1957 a New York la Zion & Breen Associates. Lo studio si sarebbe poi trasferito a Imlaystown, New Jersey, nel 1973, diventando successivamente Zion Breen Richardson Associates con l’ingresso di Donald Richardson, un collaboratore di lunga data. La loro attività, durata oltre quarant’anni, si è distinta per progetti che spaziano da musei e università a parchi pubblici e proprietà private, facendo dello studio un'icona del design civico.
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Lo studio Zion & Breen Associates è noto soprattutto per le sue creazioni di parchi pubblici, veri e propri punti di riferimento nel design civico. Il loro progetto più celebre è Paley Park, realizzato nel 1967, il primo esempio di “vest-pocket park” a New York. Questo spazio verde ha dimostrato come un piccolo lotto urbano potesse essere trasformato in un’oasi di serenità. Paley Park ha guadagnato ampi consensi e rimane un’icona del design urbano.
La collaborazione con architetti di fama mondiale, come Philip Johnson, ha permesso allo studio di distinguersi anche nel design di spazi culturali di rilievo. Tra i progetti più significativi si annoverano il giardino delle sculture del Museum of Modern Art (MoMA), per il quale Zion & Breen hanno curato non solo il design originale ma anche la ristrutturazione per il 50° anniversario del museo nel 1989 e un’importante espansione nel 2005. Lo studio ha inoltre lavorato come architetto paesaggista per prestigiose università come Yale e Princeton, oltre a sviluppare piani generali per campus universitari in tutto il paese.
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Il concetto di pocket parks, introdotto e perfezionato da Zion, è nato dall’idea di utilizzare piccoli lotti urbani abbandonati per creare spazi verdi accessibili e funzionali. Questi parchi, spesso situati in lotti irregolari o degradati, rispondono a bisogni specifici delle comunità circostanti. Paley Park, con la sua cascata, sedute confortevoli e alberi accuratamente selezionati, è un esempio perfetto di come un pocket park possa rigenerare lo spazio urbano e migliorare la qualità della vita.
Questi spazi non sono solo rifugi estetici, ma luoghi progettati per soddisfare esigenze pratiche. In un contesto commerciale, un pocket park può fornire un’area per le pause pranzo, mentre in una zona residenziale può includere strutture per il gioco o per il relax. Inoltre, la creazione di questi parchi spesso coinvolge la comunità locale, promuovendo un approccio dal basso alla pianificazione urbana e rafforzando i legami tra residenti e istituzioni.
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Oltre ai pocket parks, lo studio ha progettato opere iconiche come il Bamboo Garden nell’IBM World Headquarters Atrium, il master plan per Liberty State Park nel New Jersey e le aree paesaggistiche intorno alla Statua della Libertà. Tra i numerosi riconoscimenti, lo studio ha ricevuto oltre 50 premi nazionali e regionali per l’eccellenza del design, e i suoi fondatori sono stati accolti nella National Academy of Arts e nella American Society of Landscape Architects.
Il lavoro di Robert Zion e del suo studio continua a influenzare la progettazione urbana e paesaggistica, dimostrando che anche i più piccoli spazi possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita urbana. I pocket parks rimangono una testimonianza vivente della sua visione innovativa e della capacità di unire bellezza, funzionalità e inclusività in un unico design.
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Il contributo di Trees, il libro di Robert Zion
Nel suo libro Trees, Robert Zion esplora il ruolo fondamentale degli alberi nei paesaggi urbani, presentandoli non solo come elementi decorativi, ma come componenti essenziali per spazi sostenibili e funzionali. Zion analizza il loro valore estetico, ecologico e simbolico, evidenziando come gli alberi possano mitigare il calore urbano, migliorare la qualità dell'aria e promuovere la biodiversità. Il libro fornisce anche indicazioni pratiche sulla selezione e manutenzione delle specie arboree per garantire longevità e integrazione armoniosa nello spazio.
Trees è un’estensione della filosofia progettuale di Zion, già applicata nei suoi celebri progetti come Paley Park, e rimane una risorsa fondamentale per architetti e urbanisti. Con questo libro, Zion lascia un’eredità intellettuale che continua a ispirare l’integrazione della natura nelle città moderne.

Il Paesaggista è una rubrica curata da Anne Claire Budin