Il Paesaggista

Questa settimana AnneClaire Budin ci racconta, un incredibile viaggio tra innovazione e tradizione, attraverso la formazione fino alla celebrità di Daniel Urban Kiley, pioniere dell'architettura paesaggistica moderna, dalla sua formazione sotto Warren Manning alla collaborazione con icone come Louis Kahn e Eero Saarinen, fino alla creazione di capolavori paesaggistici che hanno ridefinito il concetto di spazio esterno.

 

Daniel Urban Kiley, nato a Boston nel 1912 e deceduto nel 2004, si è distinto come una delle figure più influenti nell'architettura paesaggistica del XX secolo. La sua formazione iniziò con un apprendistato presso Warren Manning, per poi approdare all'Università di Harvard, dove fu toccato dagli ideali del Modernismo. Nonostante non completasse il percorso accademico, l'impronta della sua educazione e delle sue esperienze lavorative preliminari si fece sentire nelle sue opere. L'incontro con figure chiave come Louis Kahn e la sua partecipazione a progetti significativi, come l'aula del tribunale per i processi di Norimberga, influenzarono profondamente la sua visione.

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La carriera di Kiley decollò nel dopoguerra, con progetti notevoli come il Jefferson National Expansion Memorial e i giardini per la famiglia Miller a Columbus, esempi emblematici dell'architettura paesaggistica moderna. I suoi lavori si caratterizzano per la fusione tra chiarezza formale, derivata dai giardini barocchi francesi, e un'attitudine al modernismo spaziale e costruttivista, aprendo nuove strade nel campo del design paesaggistico. Kiley sperimentò con spazi di chiarezza infinita, utilizzando elementi naturali per creare paesaggi che esprimessero potere e integrità strutturale.

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Tra gli anni '70 e '80, la collaborazione con colleghi portò alla realizzazione di progetti significativi a livello internazionale, come l'Esplanade du Général de Gaulle a Parigi. Nonostante la rarità delle sue pubblicazioni o della sua presenza accademica, Kiley ha lasciato un'eredità indiscutibile attraverso il suo lavoro pratico, educando generazioni di designer attraverso l'esempio. Molti dei suoi progetti sopravvivono, mantenuti da chi apprezza il valore e l'eredità del suo design.

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La storia di Daniel Urban Kiley ricorda l'importanza dell'innovazione unita alla tradizione, mostrando come il rispetto per il passato possa convivere con la spinta verso nuove possibilità espressive. Il suo approccio, che intreccia arte, architettura e paesaggio, continua a ispirare paesaggisti e architetti, sottolineando il potere del design nel modellare non solo il nostro ambiente ma anche la nostra esperienza dello spazio.

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Isamu Noguchi, scultore e giardiniere di rilievo del XX secolo, ha tracciato un solco indelebile nel campo del paesaggismo, fondendo la semplicità spirituale delle pietre giapponesi con la modernità occidentale.

 

Le rocce, per lui, erano l'essenza del tempo, elementi permanenti in un mondo effimero, simboli di perseveranza.
Nato a Los Angeles nel 1904 da una scrittrice americana e un poeta giapponese, Noguchi visse una giovinezza fraintesa, spartita tra Giappone e Stati Uniti, mai completamente radicato in una cultura. La sua formazione artistica prese avvio alla Columbia University e fu fortemente influenzata dall'assistenza prestata a Brancusi a Parigi. Questa esperienza plasmò il suo approccio alla scultura, che poi arricchì con studi di pittura a Pechino e un rinnovato legame con il Giappone.

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Il dopoguerra fu per Noguchi un periodo di riconoscimento in Giappone, dove approfondì la sua conoscenza dei giardini giapponesi, in particolare quelli di Muso Soseki. La sua opera più emblematica fu il giardino dell'UNESCO a Parigi, realizzato nel 1959 dopo un arduo processo di selezione e posizionamento di pietre, in collaborazione con Mirei Shigemori. La loro ricerca li portò in luoghi remoti, in una "pesca" di pietre che sottolinea l'importanza di questi elementi naturali nella composizione paesaggistica.

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Il risultato, sebbene inizialmente controverso, è stato un capolavoro che ha saputo fondere l'arte scultorea con il paesaggismo, anticipando di decenni le correnti di pensiero sulla sinergia tra natura e creazione umana. Il giardino dell'UNESCO, considerato non autentico in Giappone e austero in Europa, si è rivelato una pietra miliare nel design del paesaggio, prediligendo un'estetica che valorizza sia le tradizioni orientali che le innovazioni occidentali.

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Isamu Noguchi ha lasciato un segno indelebile nel mondo dell'arte e del paesaggismo, dimostrando come la fusione di culture diverse possa dar vita a creazioni di inestimabile bellezza e significato. La sua eredità vive nei suoi giardini e sculture, ponti tra Oriente e Occidente, che continuano a ispirare artisti e paesaggisti di tutto il mondo.


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Kathryn Gustafson trasforma lo spazio pubblico, unendo arte e natura in opere che dialogano con il contesto urbano. Architetto paesaggista di fama mondiale, il suo lavoro spazia dalla fontana commemorativa della Principessa del Galles ai progetti globali, evidenziando l'importanza del verde urbano e dell'interazione umana. Premiata internazionalmente, Gustafson promuove un'architettura paesaggistica che esalta la bellezza naturale e la sostenibilità.


Kathryn Gustafson è un'icona nel campo dell'architettura paesaggistica, con una carriera che ha ridefinito il concetto stesso di paesaggio. Con oltre quattro decenni di esperienza, Gustafson ha lasciato un segno indelebile su scala internazionale, attraverso una pratica che fonde arte, architettura e design del paesaggio. La sua visione unica si concentra sulla creazione di spazi che non solo abbracciano la natura e la sua capacità di mutare con le stagioni, ma che invitano anche alla riflessione e all'interazione umana. La sua abilità nel modellare l'argilla per creare forme terrestri sensuali ed accoglienti parla della sua profonda connessione con il paesaggio e del suo desiderio di creare spazi che risuonano a livello emotivo con chi li vive. I progetti di Gustafson, da quelli che hanno riscosso fama mondiale come la fontana commemorativa della principessa del Galles e il Robert and Arlene Kogod Courtyard, a quelli meno conosciuti ma altrettanto significativi, dimostrano il suo talento nel trasformare spazi ordinari in luoghi di bellezza straordinaria e significato profondo. Attraverso il suo lavoro, Kathryn dimostra che l'architettura paesaggistica non è solo una questione di estetica, ma un mezzo potente per migliorare la qualità della vita pubblica, offrendo rifugi dal trambusto quotidiano e promuovendo un senso di comunità.

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La sua carriera, arricchita da numerosi riconoscimenti e premi, evidenzia l'importanza di un approccio olistico alla progettazione, che tiene conto degli aspetti visivi, sensoriali ed emotivi degli spazi esterni. Membro onorario di istituzioni prestigiose e vincitrice di premi internazionali, Gustafson è un faro di ispirazione per architetti paesaggisti e designer di tutto il mondo, mostrando come il rispetto profondo per la natura e la creatività possano andare di pari passo nella creazione di spazi che celebrano la vita e la cultura.

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In conclusione, l'eredità di Kathryn Gustafson come architetto paesaggista va oltre la mera creazione di spazi fisici; è una testimonianza del potere trasformativo del design, che invita alla riflessione e celebra l'interazione tra uomo e natura. Con ogni progetto, Kathryn continua a esplorare nuove frontiere nel paesaggio, arricchendo il mondo con la sua visione artistica e il suo impegno per la sostenibilità e la bellezza.

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Frederick Law Olmsted, nato nel 1822 e deceduto nel 1903, è considerato un pioniere dell'architettura paesaggistica americana. Dopo varie esperienze professionali, Olmsted trovò la sua vera passione nel paesaggismo, combinando amore per la natura e idealismo democratico. La sua opera ebbe un impatto significativo sullo sviluppo urbano negli Stati Uniti, trasformando lo spazio pubblico e preservando la natura in un'epoca di rapida urbanizzazione.

 

Frederick Law Olmsted, un uomo di vasta cultura e interessi, è riuscito a rivoluzionare l'architettura paesaggistica americana, pur avendo iniziato la sua carriera in campi completamente diversi. Le sue radici professionali affondano in vari settori: giornalismo, commento sociale e persino agricoltura. Questo background eterogeneo ha contribuito a formare la sua visione unica e innovativa nel paesaggismo, un campo che all'epoca era ancora inesplorato e pieno di potenzialità. Nato a Hartford, Connecticut, Olmsted ha trascorso gran parte della sua infanzia a Staten Island. Sebbene avesse iniziato gli studi a Yale, fu costretto ad abbandonarli a causa di un disturbo agli occhi. Il suo percorso lo portò poi ad acquisire una fattoria nel 1848, un esperimento agricolo che, nonostante il fallimento, aprì la strada a nuove avventure. La sua curiosità lo spinse a viaggiare in Europa e nel sud degli Stati Uniti, dove poté osservare diverse realtà e paesaggi.

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La svolta avvenne nel 1857 quando Olmsted fu nominato sovrintendente del progetto per Central Park a New York City. La sua collaborazione con l'architetto britannico Calvert Vaux portò alla realizzazione di un piano vincente per il parco. Il loro lavoro pionieristico su Central Park pose le basi per una serie di progetti influenti, che includevano Prospect Park a Brooklyn, Fairmont Park a Filadelfia, e molti altri. Oltre a questi, Olmsted fu coinvolto nella pianificazione del Mount Royal Park a Montreal e nel progetto di miglioramento paesaggistico per il porto di Boston.

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Uno degli aspetti più significativi del suo lavoro fu la presidenza della prima commissione dello Yosemite dal 1864 al 1890, dove riuscì a preservare l'area come parco pubblico permanente. Inoltre, i suoi sforzi nel progetto del parco delle Cascate del Niagara furono cruciali per la sua conservazione. Nel tardo periodo della sua carriera, Olmsted fu impegnato nel realizzare un sistema di parchi e strade panoramiche per Boston e Brookline, Massachusetts. Uno dei suoi ultimi grandi progetti fu il disegno del terreno per Biltmore, la tenuta di George W. Vanderbilt in Carolina del Nord. Il suo lavoro culminò con la direzione del progetto paesaggistico per l'Esposizione colombiana mondiale di Chicago nel 1893, che ridisegnò come Jackson Park. La storia di Frederick Law Olmsted è quella di un uomo che, attraverso un percorso non convenzionale, ha trovato la sua vera passione e ha contribuito significativamente a modellare il paesaggio urbano americano. Il suo lavoro ha avuto un impatto duraturo sul modo in cui pensiamo e interagiamo con gli spazi urbani, unendo funzionalità e bellezza in un'epoca di grande trasformazione.

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In questo articolo esploriamo la vita e la carriera di Alain Baraton, il rinomato giardiniere francese conosciuto per il suo lavoro a Versailles. Scopriamo come il suo approccio umile e rispettoso verso la natura abbia trasformato i giardini di Versailles in un esempio di giardinaggio sostenibile e creativo.


Alain Baraton è una figura emblematica nel mondo del giardinaggio francese. Conosciuto come il "Capo Giardiniere del Domaine National du Trianon e del Grand Parc de Versailles", Baraton rappresenta molto di più che un semplice titolo; è il custode di una tradizione, un promotore della sostenibilità e un innovatore nel campo.

Nel luglio 1976, la carriera di Baraton iniziò inaspettatamente come cassiere stagionale a Versailles. Fu lì che si innamorò del parco e dei suoi antichi alberi, decidendo di diventare un apprendista giardiniere. La sua dedizione e passione lo portarono a scalare rapidamente le gerarchie, diventando capo giardiniere nel 1982, a soli 24 anni.

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Una delle prime e più significative azioni di Baraton fu il divieto dell'uso di insetticidi nei giardini di Versailles nel 1999. Questa decisione segnò l'inizio di una nuova era di giardinaggio sostenibile nel dominio. La sua filosofia di lavoro si basa sul rispetto per la natura e sulla volontà di preservarla, come dimostrato dalla sua gestione dei danni causati dalla tempesta del 1999, che distrusse migliaia di alberi a Versailles. In soli otto anni, Baraton e le sue squadre ripiantarono 300.000 alberi, un'iniziativa che sottolinea il suo impegno verso il recupero e la conservazione.

Baraton non è solo un giardiniere, ma anche un influente comunicatore e educatore. Autore di diversi libri sul giardinaggio, è anche una voce nota in televisione e radio, dove condivide il suo sapere e la sua passione per la natura. Il suo approccio si distacca dallo stereotipo del giardiniere come "contadino di città", elevando la professione a un'arte e una scienza.

I giardini di Versailles sotto la sua gestione sono un esempio di come la perfezione non sia sempre desiderabile. Introducendo elementi come faggi viola tra filari omogenei, Baraton rompe deliberatamente la simmetria, aggiungendo un tocco personale che riflette la sua visione del giardinaggio come espressione artistica.

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Nonostante le sue numerose responsabilità, Baraton rimane umile, preferendo identificarsi come giardiniere piuttosto che come paesaggista. Questa umiltà si riflette nella sua filosofia di vita: tutto ciò che facciamo per la Natura, essa ce lo restituirà. Il suo lavoro e la sua dedizione hanno reso i parchi di Versailles e Trianon luoghi di bellezza straordinaria e di insegnamento ecologico, ispirando generazioni di giardinieri e amanti della natura.

Alain Baraton non è solo il custode di uno dei più bei giardini del mondo; è un ambasciatore della sostenibilità, un educatore e un vero innovatore nel campo del giardinaggio. Attraverso il suo lavoro, i 950 ettari dei parchi di Versailles e Trianon continuano a fiorire, dimostrando che è possibile unire la bellezza del paesaggio con il rispetto e la cura per l'ambiente.
 

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