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Comune Fiorito Agliè

Asproflor ha consegnato il 23 ottobre all’EIMA di Bologna il “Marchio di Qualità dell’Ambiente di Vita – Comune Fiorito” a 5 nuovi Comuni - Agliè (TO), Fenestrelle (TO), Morano sul Po (AL), Tropea (VV) e Varallo (VC) - e l’ha confermato ad altri 49, fra cui uno toscano: Fivizzano (MS). Riconoscimenti anche per scuole e altri soggetti virtuosi, fra cui noi di Floraviva. L’annuncio delle città italiane che parteciperanno al concorso mondiale “Communities in Bloom”. Le adesioni al progetto con Uncem “Vivere in un Comune fiorito”. [Nella foto la premiazione del Comune di Agliè]


Assegnati sabato scorso i premi legati al circuito italiano dei Comuni Fioriti nel corso del meeting nazionale dell’Associazione Asproflor in programma all’interno dell’EIMA 2021 a Bologna Fiere.
La Commissione di Asproflor, composta da professionisti del settore florovivaistico italiano, ha conferito il “Marchio di Qualità dell’Ambiente di Vita – Comune Fiorito 2021” a 54 Comuni, di cui 5 per la prima volta. Le new entry sono: Agliè e Fenestrelle (TO), Morano sul Po (AL), Tropea (VV) e Varallo (VC).
Gli altri Comuni premiati sono in ordine alfabetico (senza ripetere le new entry): Alba (CN), Arvier (AO), Avigliana (TO), Ayas (AO), Bellegra (RM), Bussolengo (VR), Cabella Ligure (AL), Cellamonte (AL), Cernobbio (CO), Cervia (RA), Collinas (SU), Etroubles (AO), Faedo (TN), Fai della Paganella (TN), Fivizzano (MS), Gangi (PA), Gattinara (VC), Geraci Siculo (PA), Grado (GO), Ingria (TO), Introd (AO), Lamporo (VC), La Thuile (AO), Lignano Sabbiadoro (UD), Limone sul Garda (BS), Molveno (TN), Monfalcone (GO), Nughedu Santa Vittoria (OR), Orsara di Puglia (FG), Pinasca (TO), Piobesi Torinese (TO), Pomaretto (TO), Ponzano Monferrato (AL), Prè Saint Didier (AO), Ronco Canavese (TO), Santo Stefano di Camastra (ME), Sinagra (ME), Soverzene (BL), Sorradile (OR), Spello (PG), Tavagnasco (TO), Terme Vigliatore (ME), Treville (AL), Trieste (TS), Tusa (ME), Unione di Bellano e Vendrogno (LC), Vigliano Biellese (BI), Villareggia (TO) e Usseaux (TO).
«Il Marchio certifica la qualità della vita, il rispetto della natura e la promozione di un’educazione “verde” nell’interesse della salute e del benessere di tutti i cittadini – ha dichiarato Sergio Ferraro, presidente nazionale di Asproflor Comuni Fioriti -. È una certificazione assegnata alle amministrazioni che si impegnano attivamente nel miglioramento del quadro di vita quotidiano, arricchendo la fioritura e l'aspetto degli spazi pubblici comunali, adottando pratiche di rispetto dell’ambiente urbano, risparmio e riutilizzo delle risorse, stimolando la popolazione a sviluppare e incrementare le fioriture dei giardini, delle case e degli esercizi commerciali».
Durante i lavori sono stati anche annunciati i premi ad alcune scuole e altri riconoscimenti speciali a soggetti virtuosi, fra cui quelli ad alcuni Comuni e imprenditori, al presidente dell’Associazione Florovivaisti Italiani Aldo Alberto e anche alla rivista online specializzata Floraviva di Andrea Vitali
Nell’occasione sono stati annunciati pure i Comuni italiani partecipanti al concorso mondiale “Communities in Bloom”: all’edizione 2022 prenderanno parte Ingria (TO) e Alba (CN), quest’ultima già vincitrice internazionale dell’edizione virtuale 2021, mentre i candidati per l’edizione 2023 saranno i Comuni di Sorradile (OR) e Trieste.
Lo scorso anno Asproflor ha compiuto i 40 anni di attività nell’ambito della promozione del florovivaismo e del miglioramento della qualità della vita e dell’accoglienza turistica nei centri urbani. Da alcuni mesi, in collaborazione con UNCEM, l’Unione delle Comunità montane, ha messo a disposizione la sua esperienza e i suoi professionisti anche per i piccoli Comuni con poche risorse ma desiderosi di migliorare il proprio territorio con la bellezza e i colori dei fiori. Questo progetto - denominato “Vivere in un Comune fiorito”- ha già visto l’adesione di 63 piccoli centri in tutta Italia, nelle Province di Alessandria, Asti, Aosta, Benevento, Bergamo, Biella, Catanzaro, Cuneo, Foggia, Genova, L’Aquila, Latina, Lecco, Messina, Novara, Oristano, Palermo, Perugia, Pescara, Roma, Sassari, Sondrio, Torino, Trento, Udine, Vercelli e Verona.


Redazione

Un recente studio statunitense ha mostrato l'efficacia di trattamenti fogliari con nanoparticelle di ossido di rame per contrastare le fusariosi radicali, aprendo nuove prospettive di controllo di queste temibili avversità


Le fusariosi radicali sono infezioni crittogamiche dovute a funghi del genere Fusarium, in particolare Fusarium oxysporum, che attaccano le radici di molte piante ortive e alimentari - come il pomodoro, il basilico, le melanzane, o anche il banano e al caffè - oltre a varie piante ornamentali come i tulipani, i garofani e i crisantemi.
Si tratta di infezioni gravi, che possono portare alla morte della pianta o a importanti perdite di produzione. Infezioni che sono anche difficili da trattare, dal momento che quando si presentano i sintomi il danno colturale è già piuttosto grave e per tanto vengono solitamente controllate usando metodi preventivi, come i trattamenti al terreno, o l'uso di portainnesti specifici o la lotta biologica preventiva fatta con funghi antagonisti.
Recentemente l'uso di nanoparticelle di alcune sostanze - cioè di particelle di dimensioni di milionesimi di millimetro - come l'ossido di rame o l'ossido di magnesio, applicati come trattamenti fogliari hanno mostrato dei buoni risultati sul contenimento dei danni su diverse colture ortive.
Ora uno studio statunitense, condotto da ricercatori della Stazione di ricerca in agricoltura e dell'Università del Connecticut, ha mostrato risultati incoraggianti anche su i crisantemi, riportando per la prima volta l'efficacia di questi trattamenti anche su una specie ornamentale.
In questo studio, pubblicato quest'anno sulla rivista scientifica Environmental Science and Technology, i ricercatori hanno valutato l'efficacia di nanoparticelle di ossido di rame (CuO) applicate per via fogliare su piante di crisantemo allevate in substrati contaminati e in substrati non contaminati dal fungo, confrontandola con piante non trattate o trattate con funghicidi a base di Fludioxonil.
I risultati sono stati più che incoraggianti dal momento che un singolo trattamento di nanoparticelle di CuO è stato in grado di ridurre dal 27% al 55% la gravità dei danni sulle piante, rispetto a quelle non trattate. Inoltre la riduzione dei danni ottenute con le nanoparticelle di CuO è risultata anche più stabile rispetto a quelle ottenute con il funghicida che ha dato effetti più variabili.
Ma i risultati sono stati positivi anche andando a confrontare l'aumento della biomassa (quindi la crscita delle piante) dove i migliori risultati si sono ottenuti sia con le nanoparticelle di CuO che con il funghicida.
Buoni risultati sono stati osservati anche sulla qualità commerciale delle piante, dove le nanoparticelle di CuO hanno consentito di mantenere una produzione di fiori significativamente maggiore rispetto alla piante malate non trattate, e una qualità solo leggeremente più bassa rispetto alle piante non infettate da fungo.
Risultati positivi quindi, che promettono di aprire nuove strategie di utilizzo del rame, anche nell'ottica della sua riduzione in agricoltura. Le quantità utilizzate in questa prova infatti sono nell'ordine di 1mg a pianta, cioè di appena un millesimo di grammo a pianta.
E' bene ricordare però che il CuO usato in questa prova è un prodotto sperimentale e al momento non esistono formulati commerciali a base di nanoparticelle di rame autorizzati e usabili in campo. E' perciò da evitare l'uso di altri prodotti rameici in commercio per provare a fare trattamenti simili.

Foto articolo: ©diade adv
Foto facebook:
Fiori di crisantemi Hannah, la varietà usata nello studio dei ricercatori statunitensi (foto: David J. Stang - Wikipedia)
Articolo scientifico: 
pubs.acs.org

Matteo Giusti

Brexit e agroalimentare

Per Confagricoltura «con meno controlli tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord a rischio sicurezza alimentare e sostenibilità». Giansanti: «potrebbero arrivare sui nostri mercati prodotti agroalimentari non conformi alle regole della UE», visti anche gli accordi commerciali preferenziali che il Regno Unito sta negoziando con i Paesi terzi dopo l’addio all’Unione. Ma va evitato «un contenzioso commerciale con il Regno Unito, che è uno dei principali mercati di sbocco per i nostri prodotti agroalimentari»: 3,5 miliardi di euro di export all’anno, che però è calato di oltre il -10% nel primo semestre 2021.


«Va assolutamente scongiurato un contenzioso commerciale con il Regno Unito, che è uno dei principali mercati di sbocco per i nostri prodotti agroalimentari. Sono di fondamentale importanza anche l’integrità del mercato unico dell’Unione e il rispetto delle regole europee in materia di sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale».
E’ la presa di posizione del 15 ottobre del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, sulle proposte licenziate dalla Commissione europea nei giorni precedenti al fine di semplificare l’applicazione del Protocollo sulla Repubblica d’Irlanda e sull’Irlanda del Nord sottoscritto nel quadro dell’accordo sul recesso del Regno Unito dalla Unione Europea.
Le proposte della Commissione prevedono una drastica riduzione (fino all’80%) dei controlli sanitari e fitosanitari sui prodotti agroalimentari in partenza dalla Gran Bretagna e destinati all’Irlanda del Nord che, in linea con l’accordo di recesso, è di fatto rimasta nel mercato unico e nell’accordo doganale della UE. In questo modo è stato evitato il ripristino di un confine fisico tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord.
«Le proposte della Commissione – ha aggiunto Giansanti – prevedono una serie di impegni delle autorità britanniche (costruzione di posti di controllo permanenti, varo di uno specifico sistema di etichettatura, monitoraggio rafforzato sulle catene di approvvigionamento), per assicurare la vendita dei prodotti interessati solo all’interno del Regno Unito, senza possibilità di accesso agli Stati membri dell’Unione». «Di fatto – sottolinea il presidente di Confagricoltura – affida ad un Paese terzo i controlli sull’integrità e sul funzionamento del mercato unico».
«In caso di mancato o inadeguato funzionamento del sistema proposto, potrebbero arrivare sui nostri mercati prodotti agroalimentari non conformi alle regole della Ue, tenendo anche conto degli accordi commerciali preferenziali che il Regno Unito sta negoziando con i Paesi terzi dopo il recesso dall’Unione. Rischieremmo inoltre di importare anche le imitazioni dei nostri prodotti a indicazione geografica e di qualità». Il Regno Unito ha già siglato un’intesa commerciale con l’Australia e sono in corso le trattative per raggiungere un accordo con Stati Uniti, Nuova Zelanda e Paesi asiatici.
Le esportazioni agroalimentari dell’Italia verso il Regno Unito, ricorda Confagricoltura, ammontano a circa 3,5 miliardi di euro l’anno. Vini, in prima fila il Prosecco, e i derivati del pomodoro sono i prodotti più apprezzati dai consumatori britannici. A seguito della Brexit, nel primo semestre 2021 si è registrata una contrazione dell’export di oltre il 10%.


Redazione

CREAgritrend agroalimentare

Dal CREA la fotografia dell’agroalimentare nel secondo trimestre 2021 con CREAgritrend, l’aggiornamento periodico del Centro di ricerca Politiche e Bioeconomia.


«Un aumento del PIL nei confronti sia del trimestre precedente (+2,7%) sia del medesimo periodo dell’anno precedente (+17,3%) che favorisce anche un incremento del valore aggiunto»: buona la performance economica del settore agroalimentare nel II trimestre 2021. «Ciò è legato ad una crescita generale della domanda interna: consumi finali nazionali (+3,4%), investimenti fissi lordi (+2,4%) e importazioni ed esportazioni». 
A farlo sapere è stato ieri il CREA che ha riportato la fotografia dell’agroalimentare scattata nel secondo trimestre del 2021 da CREAgritrend, il bollettino trimestrale messo a punto dal suo Centro di Ricerca ‘Politiche e Bioeconomia’.  
«Rispetto allo stesso periodo del 2020 – si legge - fra aprile e giugno 2021, si è verificato un aumento sia dell’indice della produzione che di quello del fatturato: per l’industria alimentare rispettivamente +5,7% (con picco a giugno) e +8% nel complesso (e +14% sui mercati esteri); per l’industria delle bevande rispettivamente +27,6% (con un picco a maggio) e +31% nel complesso (e +36% sui mercati esteri)».
«Le esportazioni agroalimentari – continua la nota del Crea - nel II trimestre 2021 hanno superato i 12,6 miliardi di euro e, rispetto allo stesso periodo del 2020, crescono del +23%, con USA e Germania come principali clienti. In aumento anche le importazioni (+20%) con Brasile e Grecia come principali fornitori. I prodotti maggiormente esportati sono stati vini, carni preparate e prodotti lattiero-caseari. Sul fronte delle importazioni i prodotti maggiormente interessati sono stati semi di soia e derivati e olio di oliva».
Infine, riguardo alla sentiment analysis 2021, «sulla base dei dati raccolti su Twitter dal 6 giugno 2021 al 12 settembre 2021, emerge un ampio clima di fiducia nei confronti del settore primario e delle sue politiche, seppur si registra una diminuzione (-2%) del sentimento di fiducia rispetto al periodo precedente, con prevalenza dei giudizi positivi e molto positivi (67%) rispetto ai negativi e molto negativi (31%), che aumentano del 2% appunto».


Redazione

Presentato ieri l’ultimo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio (INFC) realizzato dai Carabinieri Forestali con il supporto di CREA. Tra INFC del 2005 e del 2015 la superficie boschiva nazionale è aumentata di circa 587.000 ettari superando gli 11 milioni di ettari. La biomassa forestale è cresciuta del 18,4%, mentre l’anidride carbonica assorbita ha avuto un incremento di 290 milioni di tonnellate. Allarme però di Coldiretti: 1/4 dei nuovi ettari boscati sono andati in fiamme nel 2021.

Non si è arrestata la marcia dei boschi italiani negli ultimi 10 anni. E’ aumentata la loro superficie e la biomassa, e con loro la capacità di assorbire anidride carbonica. 
E’ quanto emerso dall’ultimo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio (INFC), presentato ieri in occasione dell’All4Climate di Milano, che è stato realizzato dall’Arma dei Carabinieri tramite il Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari in collaborazione con il partner scientifico CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi per l’Economia Agraria) e il contributo dei corpi forestali delle regioni e province autonome.
La lettura dei dati evidenzia un aumento della superficie forestale di 586.925 ettari per un valore complessivo di 11.054.458 ettari di foresta, pari al 36,7% del territorio nazionale. La consistenza dei boschi italiani, espressa come metri cubi di biomassa è aumentata del 18,4%, i valori a ettaro sono passati da 144,9 a 165,4 metri cubi; lo stock di carbonio, nella biomassa epigea e nel legno morto, è passato da 490 milioni di tonnellate rispetto alla rilevazione precedente a 569 milioni di tonnellate di carbonio organico, equivalente a un valore della CO2 che passa da 1.798 milioni di tonnellate a 2.088 milioni di tonnellate, con un incremento di 290 milioni di tonnellate di CO2 stoccata e, quindi, sottratta all’atmosfera. L’anidride carbonica è il gas serra maggiormente responsabile dell’innalzamento globale delle temperature.
«La sottrazione dall’atmosfera e l’immagazzinamento dei gas ad effetto serra, in particolare del diossido di carbonio o anidride carbonicae – ricorda il comunicato di Carabinieri Forestali e Crea - è una delle funzioni più importanti di recente riconosciute alle foreste che, così, contribuiscono a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e a regolare il clima. Infatti le foreste, come tutto il regno vegetale, rappresentano un ponte insostituibile tra il mondo inorganico e quello degli esseri viventi e una formidabile macchina biologica che cattura carbonio dall’atmosfera, lo immagazzina nelle sue fibre e lo tiene bloccato per tempi anche molto lunghi: un metro cubo di legno secco contiene circa 260 kg di carbonio, pari a circa la metà del suo peso. In questo contesto, l’attività di monitoraggio degli ecosistemi forestali si inserisce coerentemente ed efficacemente nella realizzazione degli obiettivi strategici individuati dall’Unione europea nell’ambito del Green Deal, che mira al raggiungimento della neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050».
L’INFC è un’indagine campionaria periodica finalizzata alla conoscenza della qualità e quantità delle risorse forestali del Paese, fonte di statistiche forestali a livello nazionale e regionale. Esso rappresenta già adesso, ma sempre più lo sarà in futuro, una sorta di “termometro verde” in grado di misurare la consistenza e lo stato di vitalità delle foreste, ma che soprattutto permetterà di valutare il loro contributo per mitigare la “febbre planetaria”.
Il precedente INFC risaliva al 2005, mentre quest’ultimo è stato fissato convenzionalmente al 2015, ma le indagini si sono estese per molti anni, dal 2013 al 2020. Infatti, «al fine di ottenere statistiche aggiornate e rispondere ad una pluralità di esigenze informative connesse alla gestione delle foreste e del territorio», i rilievi in campo dell’INFC 2015, terzo inventario forestale nazionale italiano, sono stati avviati nel novembre del 2017. Ma tali rilievi, conclusi nei primi mesi del 2020, hanno completato un’indagine avviata nel 2013 con la fotointerpretazione dell’uso e copertura del suolo, prima fase dell’inventario. Le definizioni e i protocolli di rilievo di INFC2015, oltre che il disegno di campionamento, sono gli stessi adottati per la precedente indagine INFC2005, allo scopo di facilitare la comparazione dei risultati ottenuti.
I risultati dell’ultimo INFC fanno anche emergere numerosi aspetti ambientali di grande rilievo, rendendo ancora più palese «l’importanza strategica delle nostre foreste nel contribuire al rispetto degli impegni internazionali assunti dall’Italia, al benessere dell’ambiente e della società e ponendoci, di conseguenza, di fronte alla responsabilità di proseguire, nell’interesse della collettività, nelle attività di monitoraggio quantitativo e qualitativo degli ecosistemi forestali, con continuità e con sempre maggiore professionalità».

Allarme di Coldiretti
Sempre ieri però è arrivata una nota di Coldiretti in cui si afferma che «sono quasi 159mila gli ettari di bosco andati a fuoco in Italia dall’inizio dell’anno per effetto dei cambiamenti climatici, con il caldo e la siccità che hanno favorito l’azione dei piromani bruciando oltre 1/4 delle nuove foreste», cioè dei 587 mila ettari in più di superfici boscate registrate dall’Arma dei Carabinieri nell’INFC 2015. Valutazione frutto di un’analisi di Coldiretti su dati dell’European Forest Fire Information System (Effis) della Commissione Europea. «L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto – sottolinea Coldiretti –, che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi, con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità, che mette a rischio soprattutto i boschi creando le condizioni per il divampare di roghi».

Redazione