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In un anno «segnato da siccità, alluvione e incendi con danni per oltre 400 milioni», secondo Coldiretti, l’agricoltura toscana si è fermata a 2,35 miliardi di plv (contro i 2,60 del 2016). Stabili, nonostante il lieve calo della floricoltura, le produzioni del settore florovivaismo, in cui si è visto però un +10% delle vendite. Cresce dell’8% l’agriturismo. A -30% la produzione d’olio. Sopra la media nazionale le aziende di giovani e donne.


Un anno drammatico per le campagne toscane, segnate da eventi calamitosi che hanno inciso pesantemente sulle produzioni: la siccità ha lasciato ferite profonde, stimate dalla Regione in 428 milioni di euro, colpendo un po’ tutti i settori e in particolare seminativi, ortofrutta, miele ma anche vino ed olio.
E’ quanto affermato da Coldiretti Toscana nel comunicato di ieri al termine dei suoi “stati generali” alla presenza dell’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi, durante i quali è stato tracciato un quadro di sintesi dell’agricoltura nel 2017. Secondo le stime dell’associazione di categoria agricola, la produzione lorda vendibile (plv) di quest’anno si fermerà a 2,35 miliardi di euro con un calo del 9,6% rispetto al 2016, che fu anch’esso un anno di crisi con una plv di 2,6 miliardi. Ma in questo contesto generale il settore del florovivaismo (vivaismo e floricoltura) ha registrato produzioni complessivamente stabili, nonostante il lieve passo indietro della floricoltura. Ed è andato bene anche l’agriturismo, cresciuto dell’8% in termini di imprese e di recettività e confermatosi leader nazionale con 4530 strutture, un quarto di quelle presenti a livello nazionale.
Sul versante occupazionale, a fronte di un leggero calo in termine di operai agricoli assunti, si è avuto un incremento delle aziende agricole iscritte all’Inps. Significativo resta l’apporto delle donne, che sono alla guida di circa il 40% delle imprese autonome, così come la presenza di titolari under 40, che sono saliti al 16.5% delle imprese agricole: dati che collocano l’agricoltura toscana sopra la media nazionale per aziende giovani e in rosa.
«Nonostante quest’annata drammatica possiamo segnare alcuni risultati raggiunti – dichiara Tulio Marcelli, presidente di Coldiretti Toscana -. Segnali di nuove opportunità vengono dalle norme introdotte sulla origine obbligatoria in etichetta per latte e derivati, per la pasta e presto per il pomodoro. Dal 19 Aprile 2017 è in vigore l’obbligo di indicare l’origine in etichetta per il latte UHT ed i prodotti lattiero-caseari. Il prossimo 17 Febbraio 2018 scatta l’obbligo dell’indicazione dell’origine in etichetta del grano utilizzato per la pasta, e siamo in attesa della pubblicazione del decreto sul pomodoro per l’indicazione obbligatoria su conserve, sughi e derivati, che vanno nella direzione di tutelare il vero Made in Italy».
«Diverse sono, comunque, le questioni aperte su cui Coldiretti sta lavorando, come l’insostenibile situazione dei danni arrecati dalla fauna selvatica e dai predatori. - sottolinea il direttore di Coldiretti Toscana Antonio De Concilio – Son problematiche che trovano ulteriore esasperazione anche perché le aspettative sulla ripresa dalla crisi che ha duramente colpito l’Europa e l’Italia negli ultimi anni, sono rimaste parzialmente disattese anche nel 2017. Così come le altre economie regionali, anche quella toscana continua a risentire degli effetti della recessione». La situazione congiunturale nel settore agricolo presenta una condizione di difficoltà, ma «nonostante ciò, l’agricoltura resta un settore di punta dell’economia regionale – continua De Concilio - svolgendo funzioni di ordine economico, ma anche ambientale e sociale, garantendo un presidio costante sul territorio e la salvaguardia ambientale, ostacolando la disgregazione delle comunità rurali e favorendo la coesione sociale. Anche sul piano strettamente economico, il valore aggiunto a valle della filiera diviene straordinario, se si pensa al solo valore di esportazioni come quella vinicola con cui si superano i 900 milioni di euro, e che l’export regionale presenta una significativa quota agro-alimentare di oltre 2000 milioni di euro pari al 23% del totale delle esportazioni regionali».
Il 2018 vedrà Coldiretti impegnata nell’espansione del progetto di Campagna Amica, una rete di vendita diretta che nella sola Toscana ha toccato il tetto dei 390.000 acquisti da parte dei cittadini, presso i 75 mercati presenti sul territorio regionale. In pratica un toscano su dieci ha fatto almeno una volta la spesa nei mercati targati Coldiretti, che sviluppano un giro di affari 11milioni e 700mila euro.
La composizione della plv agricola vede al vertice il florovivaismo con oltre il 30% e 760 milioni di euro, unico settore ad avere il segno positivo, seguito dagli allevamenti al 22% con 540 milioni di euro, poi i seminativi al 16% con 380 milioni di euro, che hanno subito un vero e proprio tracollo. Le aziende florovivaistiche censite nella nostra regione sono circa 3.600 e operano su una superficie di 7.500 ettari ripartiti tra vivaismo (6.500 ha) e floricoltura (1.000 ha). Benché contribuiscano per circa il 30% al valore della produzione agricola regionale, rappresentano solo il 3,4% delle aziende agricole e soltanto lo 0.9% della sau (superficie agricola utilizzata) della Toscana. Nel 2017 la produzione è stata stabile, con un leggero calo della floricoltura. Ma Coldiretti ha registrato un forte incremento delle vendite rispetto al 2016, con +10%.
Discorso a parte merita il settore vitivinicolo, che in Toscana può contare su oltre 58 mila ettari di superfici vitate: ha subito una perdita nelle uve raccolte del 36%, ma una riduzione della plv di soltanto il 12%, perché le quotazioni hanno registrato rialzi significativi per le diverse denominazioni, dal 20% fino anche al 40%. Grande è stata la richiesta di export, salita di 5 punti percentuali. La produzione di vino si è fermata a circa 1 milione e 700mila ettolitri e la Toscana rappresenta il 6.3% del vino italiano, attestandosi come sesta regione per produzione. Oltre il 70% dei vini è venduto sui mercati esteri (export 900 milioni di euro). In pratica una bottiglia su cinque di vino italiano bevuta oltre confine viene dalla Toscana.
Riguardo all’olivicoltura, Coldiretti ricorda che «l'oliveto toscano copre 91.500 ettari (l’11% della superficie agricola regionale), con 48mila aziende agricole che caratterizzano fortemente il paesaggio. Mediamente vengono prodotti circa 170mila quintali di olio. Quest’anno la produzione è molto diversificata, con un calo medio del 30%, attestandosi intorno a 120 mila quintali di olio. Le rese particolarmente elevate hanno compensato in parte il calo produttivo». Però, secondo Coldiretti, «le proiezioni per l’olio restano intorno al -4% con contributo in termini di plv di 100 milioni di euro».
Infine la superficie investita a grano è scesa a 80.000 ettari, dei quali 57.000 a grano duro e 23.000 a tenero, e sono circa 7.500 le imprese agricole interessate. Quest’anno la produzione è crollata del 40% fermandosi a 2,2 milioni di quintali. Gli ettari seminati a grano sono diminuiti del 26%.
 
Redazione

Creato il primo elenco ufficiale degli alberi monumentali d’Italia: sono 2407, di cui 2080 (sez. 1) già formalizzati e 327 (sez. 2) in via di iscrizione. Spicca la Sardegna con 285 fra alberi e sistemi omogenei d’alberi. La Toscana, che può vantare il celebre gruppo di cipressi di S. Quirico d’Orcia, è però solo terzultima, e presto sarà ultima perché Molise (51) e Umbria (54) ne hanno diversi nella sez. 2. Al vertice della nostra regione la Provincia di Prato (21, tutti a Montemurlo), seguita da quella di Firenze. Nemmeno uno in provincia di Pistoia, la patria del più importante distretto vivaistico ornamentale. La specie più rappresentata è il leccio (Quercus ilex), seguito dal Cupressus sempervirens.


«Questo primo elenco rappresenta uno strumento utile per diffondere la conoscenza di un patrimonio naturale e culturale collettivo di inestimabile valore. Gli alberi monumentali hanno un forte valore identitario per molte comunità e per questo vogliamo promuovere e valorizzare la loro conoscenza tra i cittadini».
Così il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina ha commentato l’approvazione ufficiale, avvenuta il 19 dicembre con un decreto del Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale del suo ministero, del primo elenco nazionale degli alberi monumentali del nostro Paese. L’elenco, diviso per Regioni (con l’eccezione delle due province autonome del Trentino-Alto Adige: Bolzano e Trento), si compone di 2407 alberi (o sistemi/insiemi omogenei di alberi) che si contraddistinguono per l’elevato valore biologico, ecologico, paesaggistico, storico-culturale o religioso che rivestono nei contesti territoriali in cui si trovano ed è il frutto di una intensa attività di catalogazione realizzata, in modo coordinato e sinergico, dal Mipaaf, dalle Regioni e dai Comuni, che la legge indica come diretti operatori del censimento. Ai soggetti istituzionali si sono aggiunti per il supporto scientifico il Centro di ricerca per l'agrobiologia e la pedologia del Crea, e per le preziose attività di segnalazione enti parco, istituti scolastici, professionisti agronomi e forestali, associazioni ambientaliste e cittadini.
L'elenco degli alberi monumentali, appartenenti a specie autoctone e alloctone, è costituito da individui singoli, filari, gruppi e alberature, radicati in contesti agro-silvo-pastorali o urbani. Esso è suddiviso in due sezioni: la Sezione 1, pari a 2080 unità, che accoglie gli alberi che hanno già completato l’iter burocratico e sono quindi già formalmente iscritti; la Sezione 2, che comprende 327 alberi o insiemi di alberi già censiti ma il cui iter non è ancora terminato (ma che fra 120 giorni entreranno automaticamente a far parte della Sezione 1, salvo osservazioni o ricorsi amministrativi). Le due sezioni dell’elenco possono essere consultate sul sito istituzionale del Mipaaf www.politicheagricole.it, in cui è stata creata un’apposita area dove sono indicate caratteristiche e geolocalizzazione dei monumenti verdi. L'approccio valutativo che ha portato all'attribuzione del carattere di monumentalità e quindi all'iscrizione in elenco degli alberi o insiemi di alberi non è stato attento solo al contesto ambientale e può essere riassunto nei seguenti criteri: età e/o dimensioni; forma e portamento; valore ecologico; rarità botanica; architettura vegetale; pregio paesaggistico; valore storico, culturale, religioso. Per alcuni degli alberi è in vigore o è stata presentata una proposta di “dichiarazione di notevole interesse pubblico” ai sensi dell’art. 138 e seguenti del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), a cui si lega una specifica disciplina di tutela e valorizzazione rispondente alle loro peculiarità.
Come si può vedere nel sito web del Mipaaf, tra le 20 regioni italiane (accorpando i dati delle due province autonome di Bolzano e Trento), quella che ha attualmente il numero più alto di alberi (e/o sistemi omogenei di alberi) monumentali nella Sezione 1 (iter amministrativo terminato) è la Sardegna, con ben 285 unità. Seguono il Piemonte (164), il Friuli-Venezia Giulia (139), il Trentino-Alto Adige (131: Bolzano 44 e Trento 87), le Marche (123), la Lombardia (121), la Valle d’Aosta (112), il Veneto (110), l’Emilia-Romagna (107), la Basilicata (104), la Liguria (93), la Sicilia (88), la Calabria (83), l’Abruzzo (73), la Campania (69), il Lazio (62), la Puglia (56), la Toscana (55), l’Umbria (54) e il Molise (51). Ma la Toscana sarà presto all’ultimo posto, se si considera che le regioni che la seguono hanno diversi alberi nella Sezione 2 in attesa del perfezionamento della procedura amministrativa (il Molise 66 e l’Umbria 12), mentre la Toscana nessuno.
Concentrandoci sulla nostra regione, le Province che annoverano più alberi monumentali nell’elenco ministeriale sono Prato con 21 unità (tutte nel Comune di Montemurlo), Firenze con 19 (di cui 7 a Reggello, 4 a Fiesole, 4 a Fucecchio e 3 a Vinci), Siena con 7 (a Castiglione d’Orcia 6 e 1 a San Quirico d’Orcia: il suo celeberrimo gruppo di cipressi immortalato in tante cartoline e fotografie), Lucca con 4 (di cui 3 a Capannori). Sorprendente, dal punto di vista del marketing territoriale, l’assenza di alberi monumentali censiti nella provincia di Pistoia, la patria del più importante distretto vivaistico ornamentale d’Italia. Passando alle specie, la più rappresentata in Toscana è il leccio (Quercus ilex) con 7 alberi monumentali, seguita dal cipresso comune (Cupressus sempervirens).
 
L.S.

Si è svolto questa mattina al Roma Eventi Fontana di Trevi il confronto su “Forum Pac Post 2020. Le tre A italiane: Agricoltura, Ambiente, Alimentazione”. Si è trattato di un momento di approfondimento del Mipaaf sul futuro di alimentazione e agricoltura, partendo dal dibattito aperto sulla dotazione di una nuova Politica agricola comune europea post 2020.

 
Semplificazione, tutela del reddito degli agricoltori, valorizzazione della diversità agroalimentare, recupero degli sprechi alimentari, sostenibilità dei modelli produttivi: sono queste alcune delle priorità affrontate nei panel di lavoro ai quali sono intervenuti i rappresentanti delle organizzazioni agricole, della filiera agroalimentare, del terzo settore oltre a Regioni e Parlamento italiano ed europeo.
«Un piano strategico nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico - afferma il ministro Maurizio Martina - può essere la grande occasione che avremo con la nuova Pac. Gli strumenti che possiamo mettere in campo sono infrastrutture irrigue, assicurazioni per gli agricoltori, attenzione al benessere animale a cui aggiungere rafforzamento del lavoro sui big data, innovazione tecnologica, agricoltura di precisione e riduzione dell’impatto ambientale delle colture. È un’occasione storica per semplificare davvero, non andrà sprecata con la creazione di nuova burocrazia».
«Vogliamo una Pac più flessibile e focalizzata - aggiunge Martina - per affrontare le sfide chiave che abbiamo di fronte. È prioritario dare garanzia concreta di un equo tenore di vita per gli agricoltori, della protezione dell'ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici. La discussione di oggi ci richiama ad impegni precisi, a cominciare dalla conferma dei finanziamenti, necessari per consentire alla nuova Pac di giocare un ruolo strategico nell'agenda di sviluppo sostenibile dell'intera Unione. È evidente il grande lavoro che c’è da fare per una programmazione che abbia una dimensione sempre più globale e sia in grado allo stesso tempo di valorizzare al meglio la diversità dell'agricoltura europea. La Pac del futuro deve infatti salvaguardare un modello di sviluppo unico al mondo, in grado di fornire garanzie al consumatore in termini di sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale. Per questo è giunto il momento di armonizzare le regole in materia di origine dei prodotti agroalimentari. I consumatori devono essere messi nelle condizioni di conoscere sempre da dove viene e chi ha prodotto il cibo che consumano. Armonizzare a livello europeo le norme sull’origine dei prodotti agroalimentari non significa alterare le regole del mercato interno, che invece trarrebbe grande beneficio da questo processo, ma rispondere a una precisa domanda dei cittadini, sempre più consapevoli e informati. È in questa direzione che dobbiamo andare e su questo punto non siamo disposti a fare passi indietro.»
Nel corso dell’iniziativa sono intervenuti Ferdinando Ferrara (Capo di Gabinetto Mipaaf), Giuseppe Blasi (Capo Dipartimento Mipaaf), i rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri e Alleanza Cooperative Italiane su “Agricoltura: competizione e tutela del reddito degli agricoltori”, gli esponenti di WWF Italia, Legambiente, UNCEM e Banco Alimentare su “Ambiente: la sfida della sostenibilità e della cura del territorio”, quelli di Federalimentare, GDO, Associazione consumatori e Italmercati su “Alimentazione: dare valore alla filiera”, Paolo De Castro (Vice Presidente Commissione Agricoltura Parlamento europeo) sul tema “Dall’Omnibus alla Pac post 2020” e infine Carlo Hausmann (Commissione politiche agricole Conferenza Stato-Regioni) per fare il punto sulla posizione delle Regioni sulla nuova Pac.
 
Redazione

L’Associazione internazionale dei produttori del florovivaismo (Aiph) ha riconosciuto ufficialmente Flormart quale fiera internazionale di settore. Aiph promuoverà la partecipazione delle aziende associate di tutto il mondo all’edizione 2018 del salone padovano, in cui sarà lanciato un premio su piante e alberi, piante giovani, sostenibilità e innovazione. Andrea Olivi: «un pilastro fondamentale per lo sviluppo futuro della mostra e opportunità di networking su scala internazionale». 
 

L’organizzazione mondiale dei produttori del settore florovivaistico (International Association of Horticultural Producers, in sigla Aiph) ha dato il suo via libera ufficiale a riconoscere Flormart “fiera internazionale del florovivaismo di classe D”, secondo quanto previsto dal regolamento di Aiph. La prossima edizione di Flormart, il salone del florovivaismo, architettura del paesaggio e infrastrutture verdi di Padova, che si terrà dal 19 al 21 settembre 2018, si preannuncia così sempre più internazionale e dovrebbe ospitare quindi, accanto agli espositori del settore vivaistico ornamentale italiani, un numero maggiore di produttori provenienti dall’estero, un po’ come accadeva ai tempi d’oro della manifestazione.
A comunicare la notizia nei giorni scorsi alla stampa è stata Aiph stessa, che ha precisato che il via libera al ruolo internazionale di Flormart è stato deciso dall’assemblea generale del 26 settembre (tenutasi a Taichung nell’ambito del 69° congresso annuale dell’organizzazione) e che Aiph promuoverà attivamente la partecipazione dei suoi membri di tutto il mondo all’evento fieristico padovano. Il segretario generale di Aiph Tim Briercliffe e il presidente di Geo Spa (la società che organizza Flormart) Andrea Olivi, come è riportato nel comunicato, hanno poi siglato il 18 ottobre a Padova un accordo che prevede l’affiliazione di Flormart ad Aiph.
«Aiph è lieta di aver dato l’approvazione a Flormart, che è adesso la seconda fiera ad aver ottenuto tale riconoscimento - ha dichiarato Tim Briercliffe -. Non vediamo l’ora di sostenere la fiera nel 2018 e di aiutare così questo evento in rapida crescita a crescere ulteriormente e a diventare ancor più internazionale».
Flormart prevede di realizzare nella prossima edizione un padiglione dell’innovazione in cui le aziende potranno mostrare nuovi sistemi e tecnologie di produzione per l’agricoltura smart, la rigenerazione urbana e progetti di città verdi e sostenibili. Inoltre verrà lanciato un nuovo premio incentrato su piante e alberi, piante giovani, sostenibilità e innovazione, organizzato in collaborazione con Aiph.
«La nostra missione – ha commentato Andrea Olivi - è sostenere l'industria orticola migliorando la qualità, la sostenibilità e l'innovazione nelle aziende. Lavoriamo su un progetto continuativo di promozione del settore per tutto l'anno. Organizzeremo diversi eventi incentrati sulla riqualificazione urbana in Italia insieme al Ministero dell'Ambiente italiano per migliorare la comunicazione sulle infrastrutture verdi nelle città. Durante l'anno verranno organizzati incontri di lavoro per aziende italiane e straniere in paesi esteri selezionati per sviluppare opportunità di mercato. Credo che la partnership con Aiph rappresenti un pilastro fondamentale per lo sviluppo futuro della mostra e opportunità di networking su scala internazionale». 

Redazione

L’Associazione di florovivaisti Asproflor, nel ricordare che il 12 dicembre è il “Giorno della Poinsettia”, comunica che in Italia sono più di 18 milioni le stelle di Natale vendute nelle feste del 2017, in lieve aumento rispetto al 2016. I prezzi variano da 2 a 25 euro, ma alcune piante speciali arrivano a 100/140 euro. Vanno anche i colori alternativi al tipico rosso. Alcuni consigli per il mantenimento delle poinsettie.

«Nel calendario non convenzionale delle festività il 12 dicembre è indicato come il “Giorno della Poinsettia”. In particolare negli Stati Uniti, il cosiddetto “Poinsettia Day” viene celebrato già dal 1852. Anche in Italia e in altri Paesi europei, la giornata dedicata al noto fiore invernale sta guadagnando seguaci». E questo crescente interesse è un bene per il nostro florovivaismo, visto «il ruolo importante di questa pianta nelle produzioni» italiane.
A sostenerlo è l’associazione di florovivaisti Asproflor con una nota in cui comunica alcuni dati sulle vendite in Italia di poinsettie o stelle di Natale, le piante protagoniste nelle nostre case nel periodo natalizio accanto agli alberi. Durante queste festività, fa sapere Asproflor, le piante di Poinsettia prodotte e vendute sono stimate in oltre 18 milioni e «i prezzi, considerate le moltissime pezzature, che vanno dal vasetto micro di 6 cm al 14/18 cm e più, partono dai 2/2,50 a 10/25 €. Per arrivare fino ai 100/140 € per forme particolari ad alberetto o a piramide».
I produttori di Asproflor «rilevano che le vendite sono in leggero aumento rispetto allo scorso anno e che al tipico colore rosso si sono aggiunti il bianco, il salmone, l’arancione, il burgundy, il rosa, il bianco e rosa, il rosso puntinato ecc.». Inoltre invitano ad acquistare poinsettie prodotte in Italia, per avere una buona e lunga fioritura, dal momento che «la stella di Natale è una pianta molto sensibile al freddo e mal sopporta i lunghi viaggi».
Un modo anche per sostenere un settore quale il florovivaismo che «in Italia conta 25.000 aziende attive nella produzione di fiori e piante che generano un fatturato di 1 miliardo e 800 milioni di euro», produzione che «avviene su una superficie di circa 30mila ettari, impiegando circa 120mila unità produttive»; mentre «l’intero indotto […], che è di 47.400 aziende, sviluppa un fatturato di circa 4 miliardi di euro rappresentando oltre il 6% della Plv agricola». Un settore che, sottolinea Asproflor, non solo è in grado nello specifico di soddisfare pienamente la domanda interna di stelle di Natale, ma che in generale, grazie a un export di piante che vale 690 milioni di euro, genera un saldo attivo fra import ed export di 180 milioni, nonostante la crisi e nonostante che importiamo 320 milioni di euro di piante solo dall’Olanda e 190 milioni da altri Paesi.
Le origini del nome Poinsettia

Il “Giorno della Poinsettia” coincide con la commemorazione della morte del primo ambasciatore americano in Messico e grande appassionato di piante, Joel Roberts Poinsett. Nel 1828 Poinsett scoprì la poinsettia selvatica in Messico e fu talmente affascinato dalla sua bellezza che la importò negli Stati Uniti e la battezzò con il suo nome. Il nome Poinsettia venne utilizzato anche in lingua tedesca e in breve tempo la pianta dalle prominenti brattee rosse si diffuse in tutto il continente.
Consigli di Asproflor per il mantenimento delle stelle di Natale
Tenere la pianta al caldo e in ambiente luminoso, concimarla con prodotti a base di potassio e fosforo ogni 15 giorni per tutto il periodo delle vegetazione, innaffiarla con moderazione. In primavera, quando ha posato le foglie, va potata e rinvasata con terriccio soffice e drenante, tenuta all’esterno per tutta l’estate e ritirata a fine settembre in un locale caldo e con luminosità naturale, condizione questa fondamentale per riottenere una stupenda fioritura.

Redazione