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La scorsa settimana la direzione generale Salute della Commissione europea ha confermato l'intenzione di procedere al rinnovo dell'autorizzazione all'uso del glifosato per altri dieci anni (dal 16 dicembre 2017 al 15 dicembre 2027), una volta che sarà scaduta l'attuale autorizzazione. Le associazioni ambientaliste, da Wwf a Greenpeace, sono sul piede di guerra.

La Commissione europea vuole prorogare l'autorizzazione all'uso dell'erbicida fino alla fine del 2027: sembra dunque vana la lotta condotta delle associazioni ambientaliste e della coalizione "Stopglifosato", che raccoglie oltre 40 sigle.
L'erbicida è stato oggetto di valutazione da parte degli Stati membri, dell'Efsa, nonché dell'Echa (l'Agenzia europea per le sostanze chimiche), per stabilire l'impatto del suo utilizzo sulla salute dell'uomo, degli animali e sull'ambiente. 
Alla luce della divergenza di opinioni sulla potenziale cancerogenicità del glifosato tra l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc, Organizzazione mondiale della sanità) e l'Efsa, era stata richiesta una valutazione del rischio all'Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa). 
Nel frattempo, però era stata votata un'estensione temporanea dell'autorizzazione all'uso del glifosato, valida per un periodo limitato di sei mesi dal momento della ricezione della valutazione da parte dell'Echa. Nel luglio 2016 gli Stati membri hanno poi votato a favore di una modifica nella modalità di valutazione ed approvazione della sostanza, aggiungendo ulteriori restrizioni per garantire maggiori standard di sicurezza. 
La Commissione europea ha stabilito così tre condizioni per l'utilizzo del glifosato negli Stati membri: il divieto della sostanza «Poe-tallowamine» nei prodotti a base di glifosato; la riduzione al minimo dell'utilizzo di prodotti contenenti glifosato negli spazi pubblici come parchi e giardini e, infine, la previsione di uno studio sull'utilizzo del glifosato nella fase precedente al raccolto.
Il 25 gennaio 2017 una coalizione di organizzazioni civili ha lanciato un'iniziativa dei cittadini europei che invita la Commissione a bandire il glifosato, promuovendo una riforma della procedura di approvazione dei pesticidi. L'8 giugno 2017, dopo la pubblicazione dei «Monsanto Papers», che mettevano in dubbio la trasparenza delle valutazioni dell'Efsa, l'Agenzia ha pubblicato una dichiarazione che smentisce condizionamenti.
Infine, il 15 giugno, l'Echa ha pubblicato le sue conclusioni: secondo le prove scientifiche disponibili al momento, il glifosato può essere classificato come sostanza che provoca gravi danni agli occhi, nonché tossica per la vita acquatica con effetti di lunga durata, ma non può invece essere classificato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione. 
La Commissione europea dovrà quindi adottare una decisione al più tardi entro il 15 dicembre 2017: l'obiettivo è ottenere il consenso degli Stati membri entro l'autunno prima di sottoporre la proposta al voto del Comitato.
 
Redazione

Segni + sia in valore che in volume per l’export di “fiori recisi”, di “fogliame e fronde” e di “piante, alberi e arbusti” rispetto al 1° trimestre 2016. Ismea sottolinea il balzo in avanti delle esportazioni extra-Ue dei fiori recisi: +32% in valore, +22% in volume. Rilevanti anche il +49% in quantità e + 24% in euro delle fronde.

Risultati positivi in tutte e tre le categorie principali di prodotti per l’export del florovivaismo made in Italy nel 1° trimestre del 2017: “fiori recisi”, “fogliame e fronde”, “piante, alberi e arbusti”. Anche se ci sono stati in alcuni sotto comparti dei dati col segno meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: il -0,7% in valore delle esportazioni di fiori recisi all’interno dell’Unione europea, la riduzione del volume di fronde e fogliame esportato fuori dall’Unione europea e i cali delle quantità esportate nelle sotto categorie “piante da interno” (-3,8%) e “piante da pien’aria” (-18,4%).
E’ quanto emerge dal rapporto (ricavato da dati Gta-Eurostat) sull’andamento del commercio di piante e fiori nel primo trimestre del 2017 che l’Ismea ha reso noto il 18 luglio scorso, mettendo in evidenza in particolare il salto in avanti delle esportazioni fuori dai confini dell’Unione europea dei fiori recisi: + 32% in valore e + 22% in volume di merci; mentre il risultato totale dell’export di fiori recisi italiani è stato di +3,3% in valore e +6,9% in volumi o quantità. In risalto anche il balzo di fogliame e fronde, saliti in quantità del 49% e in valore del 24%. La categoria “piante, alberi e arbusti”, che vale più del 70% dell’export florovivaistico italiano in euro, stando ai dati forniti da Ismea, ha registrato un rilevante +15,4% in valore e +2,8% in quantitativi.
Entrando più nel dettaglio, Ismea si sofferma fra l’altro sulla «crescita delle esportazioni dell’Italia di fogliame e fronde verso alcuni paesi importanti come i Paesi Bassi e la Germania, sia in valore sia in volume». Mentre «per i fiori recisi al contrario è aumentato l’import dai Paesi Bassi soprattutto in valore (+2,4%) ed anche da altri paesi come la Spagna, la Francia e l’Austria». 
Ecco infine i risultati, in volumi (numeri di pezzi), di alcuni fiori significativi. I gladioli esportati sono cresciuti del 5,4%, mentre quelli importati sono scesi del 10,5% attestandosi a meno della metà dei gladioli esportati. Sono aumentate dell’8% le esportazioni di rose, mentre sono diminuite le importazioni del 5,7%, anche se le prime sono ancora meno del 5% delle seconde. Le orchidee esportate sono cresciute dell’1,7%, mentre quelle importate si sono ridotte del 4,2%, pur rappresentando le prime nemmeno il 2% delle seconde. Riguardo ai garofani, si è registrata una diminuzione sia dell’export (-18,4%) che dell’import (-19%). Infine i crisantemi hanno segnato un -24,9% nelle esportazioni e un +17,2% nell’import.
 
L.S.
 
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Presentato a Sanremo il progetto “Antea” per lo sviluppo della filiera dei fiori commestibili in collaborazione con la Francia. Previsto un finanziamento di 1,7 milioni di euro in tre anni, di cui 300 mila della Regione Liguria e il 60% per la parte italiana. Alcuni esempi della responsabile del Crea-of di Sanremo: insalate con begonie e violette, il nasturzio. 

I fiori non solo come elemento decorativo ma come cibi e ingredienti essenziali di piatti da mangiare al ristorante o a casa. E, in relazione a tale obiettivo, una riorganizzazione di una parte della filiera del fiore all’insegna di qualità, sostenibilità, igiene e buona conservazione dei fiori dalla fase produttiva sino al momento del consumo.
E’ il progetto “Antea – attività innovative per lo sviluppo della filiera transfrontaliera del fiore edule” presentato nei giorni scorsi alla stampa ligure presso il Centro di orticoltura e florovivaismo del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea-of) di Sanremo, che ne è il capofila. Un progetto che fa parte del programma comunitario di sviluppo territoriale Interreg Alcotra e a cui partecipano soggetti francesi e italiani, fra cui oltre al Crea-of il Cersaa di Albenga e l’Istituto regionale per la Floricoltura ligure. Il finanziamento è di 1 milione e 700 mila euro in tre anni, di cui 300 mila messi sul piatto dalla Regione Liguria. Il 60% della somma complessiva, come riportato in un articolo di Riviera24, è destinato alla parte italiana del progetto.
Secondo la responsabile del Crea-of di Sanremo Barbara Ruffoni, ormai si sta diffondendo anche in Italia la tendenza a considerare certi fiori non solo come elementi decorativi dei piatti, ma come sostanza degli stessi. Ad esempio, in Piemonte, come riportato in un articolo della Stampa, c’è un ristorante che serve tagliatelle alle primule. Ma gli esempi sono tantissimi. C’è un mercato dunque e può essere sfruttato al meglio con opportune scelte di fiori e innovazioni in grado di creare nuovi sapori. Ruffoni pensa ad esempio a insalate e macedonie con violette oppure begonie, che contengono gli stessi sali minerali delle lattughe e hanno un sapore piacevole, e al nasturzio, che è piccante e ricorda la rucola. Andranno messi a punto i semi e le tecniche di coltivazione più adatti e saranno studiati gli aspetti nutritivi e allergologici, nonché sistemi di tracciabilità e di distribuzione e imballaggio adeguati.
 
Redazione

Burocrazia e ritardi nel pagamento dei fondi provocano un calo stimato dei valori assicurati del 15%. Il sistema delle polizze assicurative è dunque in crisi, non tanto come modello di gestione del rischio in agricoltura (quello italiano è considerato all'avanguardia in Europa), quanto per i gravi ritardi nel pagamento dei contributi statali, per le incertezze normative e gli ostacoli burocratici.

assicurazione, agricoltura, floravivaLa situazione porta dunque ad un conseguente ulteriore calo dei valori assicurati che, quest'anno, a fronte dei circa 6,7 miliardi del 2016, in base alle prime stime dei Consorzi di difesa dovrebbe attestarsi tra il 10 e il 15%.
Ad inizio anno il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, aveva annunciato delle polizze sperimentali sui ricavi del grano: un'innovazione sostenuta da un finanziamento di 10 milioni, che però ancora non decolla.
Intanto, da Nord a Sud Italia, la situazione è critica, in un anno già difficile per l'andamento meteo, ricordiamo infatti le gelate di aprile che hanno gravemente danneggiato molte colture.
La campagna assicurativa 2017 procede a rilento in quanto molti agricoltori si sono stancati di aspettare i contributi per sottoscrivere polizze agevolate e la burocrazia è aumentata. Tanti infatti sembrano aver rinunciato a stipulare le tradizionali «multirischio» con copertura fino al 65% del danno, rivolgendosi in alcuni casi alle compagnie per assicurarsi privatamente.
Una beffa per gli stessi Consorzi, che dopo avere anticipato negli ultimi due anni i fondi per gli agricoltori, ora devono fare i conti anche con un minor numero di agricoltori.
Ad esempio il Codipra Toscano, con tremila associati, 250 milioni di valori assicurati nel 2016 e premi erogati per 11 milioni, quest'anno prevede un calo del 10-15%. Si registrano problemi con frutta, ortaggi, in particolare pomodori, tabacco e uva da vino. Il settore vitivinicolo è proprio quello che sta soffrendo di più, anche perché per il calcolo dei danni sono state fissate rese medie di riferimento che non tengono conto di eventuali malattie che hanno colpito il vigneto.
Un forte calo è registrato anche dal Condifesa di Bologna e Ferrara, il più grande in Italia con valori assicurati nel 2016 per quasi 472 milioni.
 
Redazione

A quasi un anno dalla nuova legge sul caporalato, Cia ha organizzato ieri a Roma un convegno sui suoi effetti nella realtà agricola con i ministri Orlando e Poletti. Per gli agricoltori norme giuste che hanno margini di perfettibilità: nella loro applicazione serve un netto distinguo tra chi recluta e sfrutta i lavoratori e chi sbaglia una procedura amministrativa. Basta clima di caccia alle streghe.

Il fenomeno del caporalato e del lavoro nero è un’odiosa pratica ancora presente nel nostro Paese. C’è, però, intorno al tema, secondo Cia, un difetto di comunicazione, circa la sua proporzione reale negli ambiti in cui viene esercitato. Nell’immaginario collettivo, infatti, il caporalato viene collegato sempre all’agricoltura ma, dati alla mano, per Cia questo non risponde al vero.
A fronte di un numero ridotto di denunce per irregolarità, sono oltre un milione le aziende agricole che operano nella totale trasparenza e nel pieno rispetto delle regole e dei lavoratori. Comparti come l’edilizia e le costruzioni, l’industria e i trasporti appaiono più toccati rispetto al settore primario, con un numero di irregolarità accertate molto più allarmante. A sostenerlo è la Cia-Agricoltori Italiani, che ha promosso ieri a Roma un convegno per analizzare gli effetti della legge 199 del 2016 a quasi un anno dalla sua approvazione, confrontandosi con i ministri Andrea Orlando e Giuliano Poletti.
La Cia da sempre si è spesa per dare il proprio contributo al varo di una legge a tutela dei lavoratori in agricoltura e punitiva verso ogni comportamento di sfruttamento. Tra l’altro, l’organizzazione si è dotata da tempo al suo interno di un Codice etico, il cui mancato rispetto comporta l’espulsione dell’associato. «Anche perché -ha evidenziato la Confederazione- il caporalato, oltre ad essere una pratica disdicevole, crea anche concorrenza sleale nel settore: i costi previdenziali hanno inevitabilmente una ricaduta diretta sulla formazione dei prezzi dei prodotti che l’agricoltore immetterà sul mercato.»
Lo sguardo dal campo dell’iniziativa di ieri, martedì 18 luglio, a Roma è necessario per comprendere meglio come la nuova legge impatta realmente sulla realtà agricola. Il rischio che la Cia intende scongiurare è quello di innescare un clima da caccia alle streghe verso gli imprenditori, generato da eventuali precipitose disposizioni delle Procure, con ordinanze non commisurate al tipo di reato compiuto. Infatti, se c’è un margine di perfettibilità della legge non è sul testo, ma sulla sua interpretazione.
Nel documento normativo in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, per esempio, non si è operata la dovuta distinzione tra reati gravi/gravissimi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione sul lavoro e della contrattazione collettiva. Questo determina una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all’applicazione della legge, in primis gli Ispettori del lavoro e, a un secondo livello, la stessa Magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre. Secondo la Cia, piuttosto, gli aspetti penali dovrebbero concentrarsi sulla figura dell’intermediario, che opera sia come soggetto fittiziamente proprietario di terreni e titolare di imprese oppure come soggetto che gestisce illegalmente il mercato del lavoro. Non si può mettere sullo stesso piano penale chi recluta e sfrutta la manodopera e chi commette un’infrazione amministrativa.
«Abbiamo fortemente voluto questo convegno, per testimoniare come la quasi totalità degli agricoltori opera nella trasparenza, nella piena legalità -ha detto il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino- svolgendo un ruolo produttivo, sociale ed educativo centrale per il sistema Paese nel suo complesso. D’altra parte, siamo anche qui per dimostrare che la rappresentanza degli agricoltori non intende nascondersi dietro un dito, ma è pronta a fare responsabilmente la propria parte affinché siano significativamente ridotti i reati nel settore».
 
Redazione