Santalaia toglie il primato al Bosco Verticale del quartiere Isola di Milano: disegnato da Vertical Garden Developed, il grattacielo verde in Colombia è oggi il giardino verticale più grande del mondo. Un vero e proprio ecosistema di 115 mila piante che è già icona in città.
Il grattacielo milanese di Boeri Studio ha fatto scuola e ovunque si sta diffondendo l'idea di portare il verde in città. A Bogotà, in Colombia, è l'edificio Santalaia a portare tra il cemento cittadino un ecosistema in grado di produrre ossigeno per più di 3.100 persone ogni anno, elaborando circa 775 kg di metalli pesanti, filtrando oltre 2.000 tonnellate di gas nocivi e catturando più di 400 kg di polvere. Dato che Bogotà è uno dei luoghi con più alto tasso di affollamento, il grattacielo eco-sostenibile è già diventato un edificio iconico della città.
Attraverso l'uso di alternative ecologiche e biodiversità, Santalaia crea un autentico paesaggio naturale all'interno della città. Il giardino verticale più grande del mondo è formato da circa 115 mila piante di dieci specie diverse, distribuite su una superficie di 3.100 metri quadrati. L'edificio si sviluppa su nove piani di altezza dove la vegetazione cresce rigogliosa su lunghi pilastri fissi alla facciata.
Le piante che si trovano qui sono state scelte con cura da un campione di cinque diverse famiglie di endemiche: Hebe Mini, Asparagus Fern, Rosmarino, Vincas e Spathiphyllum, tra le altre.
Crollano i consumi di vino in Gran Bretagna con il prezzo medio di una bottiglia che ha raggiunto i 6,3 euro (5,56 sterline) per effetto di un aumento costante dal momento del referendum sull'uscita dall'Unione Europea. Così afferma la Coldiretti in occasione della diffusione dei dati sulla riduzione del commercio al dettaglio.
Sulla base dei dati della Wine and spirit trade association (Wsta) Coldiretti sottolinea che bere vino in Gran Bretagna non è mai stato così caro, per effetto dei tassi di cambio sfavorevoli, ma anche per l’aumento della tassazione sugli alcolici.
«Sulle tavole inglese il vino, che è in gran parte di importazione, è – sottolinea la Coldiretti - la prima vittima del caos provocato da Brexit ed elezioni per effetto della svalutazione record della sterlina che lo ha reso sempre più inaccessibile.» Questo comportamento pesa anche sulle esportazioni Made in Italy, che registrano infatti un calo del 7% delle vendite del vino italiano sulla base dei dati Istat, relativi al primo bimestre del 2017.
La Gran Bretagna, come sottolinea Coldiretti, è stata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano con il 30% delle bottiglie esportate, in pratica quasi 1 su 3. Ora, invece, si è invertita la tendenza e le esportazioni sono in calo anche per gli aumenti delle accise che riguardano tutti i vini e gli spumanti e che a febbraio sono stati di ben il 9% per il prosecco secondo la Wine and spirit trade association (Wsta).
Ma la Gran Bretagna è anche il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy con un valore di ben 3,2 miliardi nel 2016. «La voce più importante – conclude la Coldiretti - è rappresentata proprio dal vino e dagli spumanti seguiti dalla pasta, dall’ortofrutta, dai formaggi oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.»
Con il primo giugno 2017 è definitivamente entrato in vigore il sistema Clp: anche per le aziende agricole cambiano le modalità di gestione dei prodotti utilizzati per la difesa delle colture. I prodotti con la vecchia etichetta Dpd non sono possono più essere commercializzati, ma ancora utilizzati: di seguito le tre regole del Ministero della Salute.
È definitivamente cambiata la classificazione degli agrofarmaci e le vecchie etichette in Dpd sono andate definitivamente in pensione (non si troveranno più sul mercato prodotti etichettati con la vecchia classificazione).
Infatti dal primo giugno 2017 tutti i rivenditori non possono più commercializzare prodotti etichettati con la vecchia classificazione Dpd ma devono immettere sul mercato solo ed esclusivamente prodotti con la nuova classificazione Clp (quella con i pittogrammi a forma di rombo su sfondo bianco).
Ma per gli agricoltori c’è una buona notizia: grazie alla circolare dell’8 maggio il Ministero della Salute ha fatto chiarezza sul fatto che gli agricoltori possono comunque utilizzare i prodotti che hanno in azienda, con etichette in formato Dpd, semplicemente adottando tre regole per potere svolgere la propria attività senza incorrere nelle sanzioni previste dalla normativa e utilizzare i prodotti con la vecchia classificazione Dpd eventualmente ancora presenti in azienda.
Regola 1: Non acquistare più prodotti con la vecchia classificazione Dpd.
Regola 2: Controlla il tuo armadietto degli agrofarmaci e trova i documenti di acquisto.
Regola 3: Trova le etichette e le schede di sicurezza in formato Clp di questi prodotti ed utilizzali in base alle indicazioni riportate nelle etichette e nelle schede di sicurezza aggiornate.
Va individuata esattamente l’etichetta in formato Clp e la scheda di sicurezza in formato Clp di ogni prodotto Dpd, presente in armadietto. Questa ricerca va fatta in base al numero di registrazione. Ma attenzione: se non esiste nessuna documentazione in Clp di uno specifico prodotto fitosanitario (perché l’azienda produttrice non lo ha redatto) il prodotto fitosanitario non può più essere usato e deve essere smaltito come rifiuto pericoloso nel rispetto della normativa vigente in funzione del singolo prodotto (e con i relativi costi a carico dell’azienda agricola). Solo operando in questo modo le azienda agricole saranno sicure di essere completamente in regola con la normativa e di non incorrere in pesanti sanzioni amministrative e penali.
Chiuso l’accordo sul prezzo, tra produzione e trasformazione, invocato da tempo dalla Cia-Agricoltori Italiani: «Era importante fissare regole condivise per dare certezze ai produttori». Il prezzo di riferimento sarà di 87 euro a tonnellata per la tipologia tonda e 97 per quella lunga.
C’è soddisfazione per l’accordo raggiunto sul contratto del pomodoro da industria al centro sud Italia. «Un’intesa quella tra la parte agricola e l’industria che dovrebbe scongiurare il crollo del comparto. Infatti, lo scenario che si prospettava fino a qualche giorno fa era cupo: la mancanza di un quadro di riferimento per la contrattazione avrebbe rappresentato una sconfitta per tutti.» Così la Cia-Agricoltori Italiani annuncia la fumata bianca sul prezzo per gli scambi del pomodoro da trasformazione.
«Anche se in extremis nei tempi e su valori che non compensano pienamente gli agricoltori (prezzo di riferimento 87 euro/tonnellata per il tondo e 97 euro/tonnellata per il lungo)» -evidenzia la Cia- «registriamo un successo, avendo ottenuto almeno le condizioni dell’anno scorso e salvaguardato il riconoscimento di differenziale sul pomodoro lungo, peculiarità indiscussa. Avevamo fin da subito dato l’allarme -puntualizza la Confederazione- denunciando enormi criticità nella contrattazione sia per il prolungarsi dei termini che per la proposta industriale, pressione che ha portato alla convocazione di un tavolo ministeriale ad hoc.» Senza dubbio il coordinamento del Ministero ha facilitato il dialogo tra le parti.
«Ora è prioritario -secondo la Cia- che la stesura dei contratti sia guidata da senso di responsabilità, tenendo conto dell’obiettivo di produzione. Faremo -avverte l’organizzazione agricola- il monitoraggio dell’andamento della campagna, chiedendo fin da ora di ragionare per una nuova programmazione in tempi congrui e per azioni strategiche di sistema. Come per esempio la valorizzazione del pelato, i cui consumi continuano a scendere rispetto ad altri segmenti (-10% in valore nel 2016, rispetto al 2015).»
Il progresso del settore, secondo la Cia, non potrà che passare attraverso l’organizzazione interprofessionale. «La complessità della filiera del pomodoro da industria e delle relazioni impone -conclude la Cia- la necessità di uno strumento di regolazione che sia nel contempo luogo di confronto e operatività, per la messa in campo di azioni condivise.»
«Facciamo proprio lo slogan del presidente francese Macron, 'Let's make this planet great again', rendiamo il pianeta grande di nuovo». Così Erik Solheim, direttore del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) dà il via con un video messaggio alla Giornata mondiale dell'Ambiente che si celebra oggi, 5 giugno, per un invito comune a riconnettersi con la natura.
Erik Solheim, pur senza citare direttamente Donald Trump, riprende la frase pronunciata da Emmanuel Macron dopo l'annuncio del presidente americano del ritiro degli Usa dall'accordo sul clima di Parigi, "scippando" all'inquilino della Casa Bianca la frase cult "Make America great again" per rilanciarla in chiave ambientalista.
La Giornata dell'Ambiente quest'anno accende i riflettori sulla necessità per l'uomo di recuperare un rapporto con l'ambiente più sano, consapevole, e con lo slogan «riconnettersi alla natura» invita tutti ad uscire all'aperto.
Le iniziative in tutto il mondo sono oltre un migliaio. Tra queste la maxi operazione di pulizia spiagge organizzata da volontari su entrambi i lati del confine Stati Uniti-Messico: azione simbolica visti i piani dell'amministrazione Trump sul muro tra i due Paesi, a testimoniare solidarietà davanti alla minaccia per l'ambiente che è comune a tutta l'umanità.
Tra gli altri annunci, l'Unep cita quelli di Bosnia Herzegovina e Finlandia che hanno istituito nuove aree protette per oltre 1600 chilometri quadrati. E per la prima volta, sottolineano le Nazioni Unite, nel mondo le aree marine protette sono più estese di quelle terrestri. Stasera le città di ogni parte del globo illumineranno di verde i luoghi e monumenti simbolo, dalle cascate del Niagara alle piramidi d'Egitto.
Il presidente italiano Sergio Mattarella ricorda l'importanza di implementare l'accordo di Parigi: «Il nostro Paese ospiterà a giorni il G7 dell'Ambiente e si adopererà per allargare la condivisione: l'impegno per avversare i mutamenti del clima è parte integrante degli obiettivi inseriti nell'agenda 2030 delle Nazioni Unite».
Anche il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, fa riferimento all'accordo di Parigi: «La scelta di Trump è non solo irresponsabile, ma inaccettabile. Negare il cambiamento climatico, uscire unilateralmente da un patto sottoscritto da 195 Paesi, significa mettere gli Stati Uniti in una posizione di isolamento che non ha precedenti nella storia recente. Si tratta di una visione miope legata a un modello economico e industriale che rifiuta l'innovazione, 'rifiuta il futuro' come ha detto lo stesso Obama.»