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Chiuso l’accordo sul prezzo, tra produzione e trasformazione, invocato da tempo dalla Cia-Agricoltori Italiani: «Era importante fissare regole condivise per dare certezze ai produttori». Il prezzo di riferimento sarà di 87 euro a tonnellata per la tipologia tonda e 97 per quella lunga.

C’è soddisfazione per l’accordo raggiunto sul contratto del pomodoro da industria al centro sud Italia. «Un’intesa quella tra la parte agricola e l’industria che dovrebbe scongiurare il crollo del comparto. Infatti, lo scenario che si prospettava fino a qualche giorno fa era cupo: la mancanza di un quadro di riferimento per la contrattazione avrebbe rappresentato una sconfitta per tutti.» Così la Cia-Agricoltori Italiani annuncia la fumata bianca sul prezzo per gli scambi del pomodoro da trasformazione.
«Anche se in extremis nei tempi e su valori che non compensano pienamente gli agricoltori (prezzo di riferimento 87 euro/tonnellata per il tondo e 97 euro/tonnellata per il lungo)» -evidenzia la Cia-  «registriamo un successo, avendo ottenuto almeno le condizioni dell’anno scorso e salvaguardato il riconoscimento di differenziale sul pomodoro lungo, peculiarità indiscussa. Avevamo fin da subito dato l’allarme -puntualizza la Confederazione- denunciando enormi criticità nella contrattazione sia per il prolungarsi dei termini che per la proposta industriale, pressione che ha portato alla convocazione di un tavolo ministeriale ad hoc.» Senza dubbio il coordinamento del Ministero ha facilitato il dialogo tra le parti.
«Ora è prioritario -secondo la Cia- che la stesura dei contratti sia guidata da senso di responsabilità, tenendo conto dell’obiettivo di produzione. Faremo -avverte l’organizzazione agricola- il monitoraggio dell’andamento della campagna, chiedendo fin da ora di ragionare per una nuova programmazione in tempi congrui e per azioni strategiche di sistema. Come per esempio la valorizzazione del pelato, i cui consumi continuano a scendere rispetto ad altri segmenti (-10% in valore nel 2016, rispetto al 2015).»
Il progresso del settore, secondo la Cia, non potrà che passare attraverso l’organizzazione interprofessionale. «La complessità della filiera del pomodoro da industria e delle relazioni impone -conclude la Cia- la necessità di uno strumento di regolazione che sia nel contempo luogo di confronto e operatività, per la messa in campo di azioni condivise.»
 
Redazione

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«Facciamo proprio lo slogan del presidente francese Macron, 'Let's make this planet great again', rendiamo il pianeta grande di nuovo». Così Erik Solheim, direttore del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) dà il via con un video messaggio alla Giornata mondiale dell'Ambiente che si celebra oggi, 5 giugno, per un invito comune a riconnettersi con la natura.

Erik Solheim, pur senza citare direttamente Donald Trump, riprende la frase pronunciata da Emmanuel Macron dopo l'annuncio del presidente americano del ritiro degli Usa dall'accordo sul clima di Parigi, "scippando" all'inquilino della Casa Bianca la frase cult "Make America great again" per rilanciarla in chiave ambientalista.
La Giornata dell'Ambiente quest'anno accende i riflettori sulla necessità per l'uomo di recuperare un rapporto con l'ambiente più sano, consapevole, e con lo slogan «riconnettersi alla natura» invita tutti ad uscire all'aperto.
Le iniziative in tutto il mondo sono oltre un migliaio. Tra queste la maxi operazione di pulizia spiagge organizzata da volontari su entrambi i lati del confine Stati Uniti-Messico: azione simbolica visti i piani dell'amministrazione Trump sul muro tra i due Paesi, a testimoniare solidarietà davanti alla minaccia per l'ambiente che è comune a tutta l'umanità.
Tra gli altri annunci, l'Unep cita quelli di Bosnia Herzegovina e Finlandia che hanno istituito nuove aree protette per oltre 1600 chilometri quadrati. E per la prima volta, sottolineano le Nazioni Unite, nel mondo le aree marine protette sono più estese di quelle terrestri. Stasera le città di ogni parte del globo illumineranno di verde i luoghi e monumenti simbolo, dalle cascate del Niagara alle piramidi d'Egitto.
Il presidente italiano Sergio Mattarella ricorda l'importanza di implementare l'accordo di Parigi: «Il nostro Paese ospiterà a giorni il G7 dell'Ambiente e si adopererà per allargare la condivisione: l'impegno per avversare i mutamenti del clima è parte integrante degli obiettivi inseriti nell'agenda 2030 delle Nazioni Unite».
Anche il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, fa riferimento all'accordo di Parigi: «La scelta di Trump è non solo irresponsabile, ma inaccettabile. Negare il cambiamento climatico, uscire unilateralmente da un patto sottoscritto da 195 Paesi, significa mettere gli Stati Uniti in una posizione di isolamento che non ha precedenti nella storia recente. Si tratta di una visione miope legata a un modello economico e industriale che rifiuta l'innovazione, 'rifiuta il futuro' come ha detto lo stesso Obama.»
 
Redazione

versilia, mipaaf, floraviva, floricoltura

I due funzionari Mipaaf, Manzo e Gasparri, per la prima volta in visita alle aziende floricole della Versilia: Coldiretti chiede più risorse per promuovere queste eccellenze. «Necessario mettere a sistema il settore e commercializzarlo nel suo insieme con una immagine comune», così il presidente di Coldiretti Lucca e dell'Associazione Piante e Fiori d'Italia, Cristiano Genovali, ricorda l'importanza di un settore che, solo in Versilia, impiega quasi 10 mila addetti.

Prima volta per i due funzionari del Mipaaf nelle serre della Versilia, Alberto Manzo e Pietro Gasparri che hanno potuto apprezzare e conoscere in particolare la produzione di fiore reciso, l’altra grande eccellenza della filiera floricola locale insieme alle piante in vaso, legata alla stagionalità. «Ai due funzionari – spiega Cristiano Genovali, Presidente Coldiretti Lucca e Presidente dell’Associazione Nazionale Piante e Fiori d’Italia – abbiamo ricordato l’importanza di una promozione coordinata su scala nazionale per proporre le produzioni floricole Made in Italy. Stiamo parlando di un comparto che, nella sola Versilia, dà lavoro a quasi 10mila addetti tra diretti ed indiretti e che è molto spesso espressione di piccole aziende che non hanno nè i mezzi ne le competenze per aggredire i nuovi mercati. E’ necessario mettere a sistema il settore e commercializzarlo nel suo insieme con una immagine comune e con un brand comune che è quello dei fiori e piante tricolori. La visita ci ha permesso di portare a conoscenza il Mipaaf di un’areale produttivo importante come il nostro che però paga la sua frammentarietà».
I due funzionari, accompagnati dai vertici di Coldiretti rappresentati dal Direttore, Maurizio Fantini, hanno toccato con mano l’esperienza e la grande organizzazione di realtà produttive come la Cooperativa Flor Export, la cooperativa Coflora, la floricoltura Maffucci, la floricoltura Carmazzi e la floricoltura Biagiotti. «Stiamo parlando di aziende rappresentano il 90% della produzione locale di fiori e piante e che hanno strutture alle spalle organizzate e moderne. – conclude Fantini – Sono le eccellenze di questo comparto che contribuiscono al 30% del Pil agricolo della nostra regione. L’incontro ci ha permesso di presentare alcuni degli attori ma anche di ragionare sulla prospettiva di una promozione unitaria e centralizzata per la floricoltura nazionale nel mondo». 
 
Redazione

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Il commercio del fiore reciso in Gran Bretagna nella cornice di Brexit: vendite in aumento e trend dei fiori stagionali. FloraHolland: grandi opportunità per i fiori olandesi esclusivi. Ma i floricoltori e alcuni fioristi britannici chiedono etichette con la provenienza e promuovono l’acquisto di fiori locali non arrivati tramite anti-ecologici voli aerei.

E’ ancora troppo presto per valutare gli effetti di Brexit sull’agricoltura e in particolare sulla filiera florovivaistica europea. Come ha ricordato recentemente il Commissario per l’agricoltura Phil Hogan in un’intervista su Dimensione Agricoltura di maggio, le negoziazioni sulle modalità dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea (Ue) andranno avanti per un bel pezzo e conterà molto l’ammontare dei finanziamenti che saranno messi a disposizione con la nuova Politica agricola comunitaria (Pac), che a sua volta dipenderà dal quadro finanziario pluriennale dell’Ue. Le tensioni e divergenze che si sono manifestate anche al G7 di Taormina, in primis fra Europa e Stati Uniti, ma pure fra alcuni Paesi europei fanno aumentare le incertezze.
Alcuni segnali sulla filiera del florovivaismo britannico e in particolare sul fiore reciso inglese sono emersi tuttavia nelle ultime settimane, alla vigilia del RHS Chelsea Flower Show, che si è tenuto la settimana scorsa dal 23 al 27 maggio. Due trend si sono manifestati con una certa chiarezza: l’aumento delle vendite di fiori e la buona salute generale della filiera floricola nel Regno Unito (UK); l’avvio di una tendenza e crescita di interesse verso i fiori stagionali. Constatazioni che accomunano le recenti prese di posizione, per altri versi molto distanti e comunque inconfrontabili, di Royal FloraHolland in un comunicato stampa del 17 maggio, e di alcuni esponenti della filiera del fiore britannica, dalla consulente di comparto dell’Associazione nazionale degli agricoltori britannici (National Farmers’ Union) al fiorista dei palazzi della Regina d’Inghilterra, in un articolo del 21 maggio sul giornale The Guardian. L’effetto che fa la lettura in successione del comunicato della cooperativa olandese leader del commercio di fiori mondiale, prima, e dell’articolo sulle rivendicazioni e sullo scatto d’orgoglio dei floricoltori inglesi, poi, è quello di un botta e risposta in cui all’ottimismo orange sulla capacità di continuare a fare business as usual in Gran Bretagna viene contrapposta una volontà di reazione allo strapotere olandese del Made in Britain floricolo, intenzionato a riprendersi un po’ delle quote di mercato perse negli ultimi 35 anni. Visto che dal 1988 al 2015, secondo The Guardian, mentre le vendite di fiori recisi prodotti in Gran Bretagna sono passate da un valore totale di 79 milioni di sterline a 82 milioni di sterline annue, nello stesso periodo il valore delle importazioni di fiori dall’estero (in buona sostanza dall’Olanda) è salito da 120 a 666 milioni di sterline annue. Col risultato che adesso circa il 90% dei fiori acquistati in Gran Bretagna, presso i fioristi o i supermercati, non è made in Britain, ma in larga misura prodotto in serre olandesi oppure in vivai africani o sudamericani e importati via Olanda.
Nel comunicato di Royal FloraHolland del 17 maggio, scritto in seguito a una visita in Inghilterra e intitolato “Nonostante l’incertezza relativa a Brexit, nel Regno Unito aumentano le vendite di fiori”, vengono sottolineati innanzi tutto i buoni risultati del commercio di piante e fiori in Gran Bretagna nel primo quadrimestre, comprensivo delle significative festività di San Valentino e della Mamma (vedi nostro articolo). Inoltre si legge che «tradizionalmente la classifica dei fiori recisi top 10 nelle vendite in UK è stata guidata da rose, crisantemi, lilium e garofani, ma negli ultimi due anni i fiori stagionali quali tulipani e amaryllis e prodotti buoni tutto l’anno come gerbere e lisianthus sono diventati sempre più importanti» e che anche quest’anno l’incremento maggiore di vendite ha riguardato i fiori stagionali.
Da FloraHolland fanno sapere anche che diminuiscono i fioristi che si recano fisicamente al Cash & Carry a vantaggio del Cash & Carry online e che nella loro visita al «più ampio mercato all’ingrosso in Uk, il New Covent Garden», che ha inaugurato la nuova sede il 3 aprile 2017, hanno riscontrato fra i commercianti risultati positivi nel primo quadrimestre: migliori dell’anno scorso. Inoltre stanno migliorando le prospettive dei fioristi del segmento alto, quelli che dettano le tendenze e vengono imitati dai fioristi di livello inferiore. Nel loro caso il buon andamento del primo quadrimestre è dovuto in particolare al progresso del mercato commerciale e dei grandi eventi: molte aziende e hotel hanno ripreso infatti a spendere in prodotti florovivaistici. I supermercati, pur restando il principale canale di vendita di fiori in UK con il 47% del totale, dall’anno scorso hanno incominciato a cedere quote di mercato al canale online (salito negli ultimi 5 anni dal 3% al 13% del 2016) e ai fioristi d'alto livello.
FloraHolland intravede in questo contesto ottime opportunità per i fiori olandesi esclusivi. «Sono ancora possibili ampi margini di crescita nel mercato britannico nonostante l’avvicinarsi di Brexit – è scritto nella nota della cooperativa olandese -. I consumatori britannici amano i fiori e continueranno a comprarli». «I fioristi – conclude FloraHolland – sono alla ricerca di fiori di lusso ed esclusivi che non sono disponibili o meno probabili da trovare nei supermercati, in modo da potersi distinguere dalla massa».        
Ma a tali rosee prospettive per il fiore olandese si contrappone la campagna intrapresa dalla filiera floricola britannica di cui parla The Guardian in un articolo del 21 maggio. La National Farmers’ Union (Nfu), cioè l’associazione nazionale di rappresentanza degli agricoltori, con l’appoggio di floricoltori e fioristi, vuole introdurre presso i rivenditori e fioristi l’obbligo di etichette con l’indicazione del luogo di origine dei fiori recisi in vendita. Rendere i consumatori britannici consapevoli della provenienza dei fiori sarebbe il primo passo per promuovere l’acquisto di fiori locali e stagionali. Il piano di azione sarà presentato durante la British Flowers Week - coordinata dal New Convent Garden Flower Market - verso la metà del prossimo mese (13-19 giugno). Oltre alle etichette il piano dovrebbe includere altre due azioni: sviluppare una associazione dei coltivatori britannici di fiori recisi e dare più spazio ai fiori British nei corsi dei fioristi. Fra le argomentazioni a favore di questa campagna “compra fiori britannici” c’è la motivazione ecologica ben espressa dall’hashtag #grownnotflown (coltivati non arrivati in volo): acquistare fiori locali significa anche ridurre il consumo di energia legato ai trasporti aerei di fiori da Paesi lontani. A sostegno della campagna della Nfu è intervenuto anche Simon Lycett, il maestro fiorista dei cinque palazzi reali della Regina d’Inghilterra, che ha sottolineato, come riportato dal Guardian, la necessità di informare il pubblico sulle stagionalità dei vari tipi di fiori al pari di quanto avviene per i prodotti agroalimentari.
 
L.S.

agricoltura, floraviva, coldiretti

Differentemente da quanto dichiarato da Cia, Coldiretti si schiera a favore del finanziamento ai consorzi agrari: il presidente Roberto Moncalvo sottolinea infatti il loro ruolo decisivo nello sviluppo dell’agricoltura italiana e nella lotta allo strapotere delle multinazionali.

«Oggi il sistema dei Consorzi agrari è il riferimento di 300 mila aziende diffuse capillarmente su quasi tutto il territorio con circa 1.300 recapiti, comprese le aree più difficili, a sostegno dello sviluppo e della competitività dell’agricoltura italiana, di fronte al crescente strapotere delle multinazionali nel mercato dei mezzi tecnici.» E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti, , in merito alla misura prevista nella manovra dal Governo a sostegno degli investimenti nell’agroalimentare. 
«Dare ai Consorzi agrari gli stessi strumenti già adottati per le imprese di altri settori» - sottolinea Moncalvo - «è un atto di giustizia, responsabilità e lungimiranza per un Paese che ha scelto di scommettere sull’agroalimentare Made in Italy.»
Per Moncalvo è grazie ai Consorzi agrari se negli ultimi 20 anni l’agricoltura ha conquistato il primato europeo nella qualità e nella sostenibilità ambientale e può vincere in futuro con i nuovi investimenti la sfida dell’agricoltura di precisione e dell’utilizzo dei big data. 
«I Consorzi Agrari hanno esteso la propria operatività, dall’innovazione tecnologica ai contratti di filiera, dalle agroenergie al giardinaggio, dalla fornitura dei mezzi tecnici alla salvaguardia delle sementi a rischio di estinzione. Sono l’unica struttura degli agricoltori italiani - continua Moncalvo - in grado di sostenere il potere contrattuale delle imprese e per non essere prigionieri in un mercato in cui, con le ultime operazioni finanziarie, il 75% degli agrofarmaci e il 63% delle sementi sono nelle mani di sole tre multinazionali, dopo la fusioni tra Bayer e Monsanto, tra DuPont e Dow Chemical e l’acquisizione di Syngenta da parte di ChemChina.» 
Questo per Coldiretti non significa però dimenticare la solidarietà a sostegno degli agricoltori e degli allevatori delle zone terremotate. Infine, Coldiretti riporta i seguenti dati: sono 20 i Consorzi agrari attivi in Italia che sviluppano complessivamente un fatturato di 3 miliardi di euro e danno lavoro direttamente e indirettamente a 10mila persone.
 
Redazione