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«Contratto subito o sarà guerra della passata e dei pelati»: così Cia - Agricoltori Italiani in merito all'accordo sul contratto che regola la commercializzazione del pomodoro italiano. Ancora lontano infatti l'accordo tra produttori nel centro sud e industria: si teme la deregulation del comparto con conseguenze gravi per export, import e qualità del prodotto destinato ai consumatori.

Pasta al burro e pizza bianca, il mercato detterà la dieta italiana del 2018. Perché i produttori di pomodoro sono sul piede di guerra ed è lontano l’accordo sul contratto che regola la sua commercializzazione. Distanti le parti, con una forbice di 30 euro per tonnellata, tra domanda e offerta. Un abisso che se non verrà colmato scatenerà una deregulation nel comparto, con tutti i rischi connessi.
La Cia-Agricoltori Italiani dal Macfrut di Rimini (la principale fiera specializzata del settore) denuncia una situazione che si sta facendo esplosiva sui campi. «Gli agricoltori -spiega l’organizzazione- si sono indebitati per impiantare le coltivazioni, e in assenza di un contratto non sanno se riusciranno a coprire i costi di produzione affrontati. A circa 2 mesi dall’avvio della raccolta del pomodoro, con le piante già a dimora tutte le aziende del centro sud del Paese non hanno alcun riferimento e si teme il caos nel comparto.»
Secondo quanto si apprende l’industria offrirebbe tra gli 82 e gli 87 euro per tonnellata, cifra irricevibile dai produttori che non possono scendere sotto i 95 euro per la varietà tonda (quella destinata alla passata) a 105 euro per quella lunga (idonea alla trasformazione in pelati). «Lo strumento del contratto -evidenzia la Cia- è l’elemento di garanzia, che va anche oltre gli aspetti commerciali, infatti le regole sono propedeutiche anche per tracciare la qualità del prodotto. Quindi, di quel pomodoro che finirà nelle scatole destinate alla vendita per i consumatori.  Non vorremmo dover dare indicazioni ai consumatori di prediligere la pasta o la pizza senza il suo condimento “principe”, perché quest’anno i barattoli conterrebbero solo prodotto turco, tunisino o cinese.»
La situazione è calda: è in ballo la tenuta di un comparto che muove oltre 3 miliardi di fatturato annui, per una superfice coltivata che supera i 30 mila ettari. Aziende che generano 2,4 milioni di tonnellate di pomodoro, creando lavoro, tra fissi e stagionali, per circa 20 mila persone solo al Sud, dove si concentra più del 53 per cento della produzione totale. Per tali motivi, per l’importanza che questa produzione assume nell’equilibro del tessuto socio economico del meridione d’Italia, la Cia-Agricoltori Italiani chiede «un’assunzione di responsabilità delle parti, l’immediata riapertura delle trattative in un tavolo di confronto basato sulla trasparenza. Non sarebbe tollerabile -conclude la Cia-  favorire comportamenti speculativi e lasciare gli agricoltori al loro destino fallimentare.»
 
Redazione

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Tutto pronto per l’edizione 34 di Macfrut, la Fiera internazionale dell’ortofrutta al via oggi nei padiglioni fieristici di Rimini fino a venerdì 12 maggio. A tagliare il nastro della kermesse, alle 11.30, il vice ministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero con numerose autorità: l’On. Sandro Gozi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il ministro dell’agricoltura del Libano, Ghazi Zaiter, l’europarlamentare, Paolo De Castro, e Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna.

Un’edizione con numeri record: 1100 espositori, uno su quattro dall’estero, 8 padiglioni su un’area di 50mila metri quadrati, 1200 buyer invitati, Cina Paese partner, Basilicata regione partner.
Macfrut 2017 sarà nel segno della fragola, frutto simbolo di questa edizione, frutto del riscatto di un’agricoltura che ha saputo investire nell’innovazione. Secondo i dati elaborati da Cso Italy, nel nostro Paese sono coltivati 3.640 ettari nel 2017, con un incremento del 3% rispetto al 2016. Bene anche l’export cresciuto del +6%, con l’86% del prodotto destinato nei mercarti dell’Unione Europea. Le fragole rappresentano circa il 2% degli acquisti annuali di frutta fresca delle famiglie italiane, ogni famiglia ne acquista poco più di 4 kg.
Saranno tante dunque le iniziative dedicate alla fragola. Ogni giornata di Macfrut si chiude nell’area Agorà alle 17.30 con Strawberry Cocktails, il cocktail ufficiale della rassegna.
Giovedì 11 va in scena da Strawberry Talks organizzato da Image Line e Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) in collaborazione con Cesena Fiera. Un focus in due sessioni sul frutto del riscatto: la prima “Innovazione Varietale” (ore 10.30), momento di approfondimento e confronto sul quadro europeo dedicato al breeding della fragola, analizzando ambienti meridionali e continentali. Chiuderà il momento una degustazione di nuove varietà di prodotto, per scoprire anche attraverso il gusto l’importanza dell’innovazione. La seconda, “Mercati & Consumi” (ore 14.00), dedicata invece all’analisi delle tendenze in corso a livello europeo e all’identificazione di fresche visioni di sviluppo per il commercio della fragola. Entrambe i momento vedono alternarsi speaker e opinion leader italiani e stranieri esperti nel settore ortofrutticolo.
Sempre alla fragola è dedicato il Fuorisalone di Macfrut che si concluderà sabato 13 maggio in piazza Cavour a Rimini con il raduno deibeatlesiani da tutta Italia omaggio ai cinquant’anni della celebre hit del gruppo di Liverpool Strawberry fields forever. Di scena anche degustazioni ed educational.
 
Redazione

ortofrutta, floraviva, ismea

Nel 2016 il valore dell’ortofrutta italiana sfiora i 13 miliardi di euro grazie all’accelerazione dell’export (+4,7%) e alla ripresa dei consumi nazionali (+1%): il report di Ismea per il settore evidenzia questa crescita.

Si tratta di una tendenza che caratterizza il periodo 2012-16, nel quale la superficie nazionale dedicata alla coltivazione di ortaggi e frutta aumenta di 25 mila ettari – attestandosi a 1,13 milioni di ettari – e l’offerta cresce di un milione di tonnellate di ortaggi, 260mila tonnellate di agrumi e 220mila tonnellate di frutta, portando la produzione ortofrutticola a circa 26 milioni di tonnellate.
In particolare, sul mercato domestico nell’ultimo quinquennio l’acquisto di ortofrutta delle famiglie – rilevato attraverso il monitoraggio Ismea-Nielsen – evidenzia una crescita media in valore superiore all’1% annuo, con punte più alte per gli agrumi (+5%) e la frutta (+1,5%). L’attenzione crescente verso i prodotti salutistici e il contenuto di servizio sono i principali elementi trainanti della spesa, conseguenza dello spostamento della domanda verso tipologie “premium” e “convenience”, quali confezionati, ready to eat, bio (+28% nel 2016), vegan, ethnic e local.
In ambito internazionale, nel 2016 l’export dell’Italia – orientato soprattutto verso mele, uva, kiwi, nocciole, pomodori, pere, insalate e nettarine – raggiunge 4,7 miliardi di euro. Il nostro Paese diventa il 5° esportatore, migliorando di una posizione nel ranking mondiale, espandendosi nei mercati più ampi e tradizionali (Germania, Francia, Austria) e in quelli in forte crescita, quali: Usa (+13%), Cina (+10%), Canada (+7%), India (+17%).
Il buon andamento sui mercati esteri e interni si ripercuote positivamente sulla redditività media del settore; l’indice di redditività Ismea per l’ortofrutta – misurato dal rapporto tra l’indice dei prezzi e dei costi – migliora dell’8% tra il 2012 e il 2016.
 
Redazione

Il primo via libera ai voli diretti fra Usa e il Paese africano leader della produzione mondiale di fiori recisi apre alla floricoltura keniota un nuovo mercato di sbocco e la può rendere meno dipendente dall’Europa (destinazione del 70% dell’export). Secondo il Kenya Flower Council i costi scenderanno da 4 a 2 dollari al kg. Nel 2016 il Kenya ha esportato 133 mila tonnellate di fiori (3 mila in più del 2015). [foto di Jebulon da Wikipedia]   

I trasporti diretti di fiori recisi dal Kenya agli Stati Uniti d’America non sono ancora realtà, ma si tratta ormai di una possibilità più che concreta. E si delineano già abbastanza precisamente anche gli effetti. A cominciare dal dimezzamento degli attuali costi dei trasporti, che avvengono facendo scalo in Olanda o in Sudafrica.
E’ quanto emerge dalle proiezioni del Kenya Flower Council (KFC) rese note nei giorni scorsi da alcuni giornali kenioti. Stando a Jane Ngigi, ceo (amministratore delegato) del KFC, che è l’associazione degli esportatori di fiori del Kenya, i trasporti di fiori con i voli cargo che fanno tappa ad Amsterdam o in Sudafrica attualmente costano 4 dollari al chilo, un prezzo piuttosto alto. I voli diretti significherebbero una riduzione del 50% e un forte incremento dei guadagni per i produttori di fiori keniani. 
Il via libera alla connessione diretta Kenya–Stati Uniti d’America è arrivato nell’ultima settimana dello scorso febbraio con l’assegnazione da parte della American Federal Aviation (FAA) dello status di “categoria 1” all’aeroporto internazionale di Nairobi Jomo Kenyatta. L'inizio dei voli non dovrebbe tardare. Tuttavia, prima che la linea diretta Kenya-Usa sia concretamente attivata, sarà necessario un ulteriore giro di ispezioni. Nello specifico, una delle compagnie aree in predicato di effettuare tali voli, Kenya Airways, sta portando a termine le valutazioni commerciali e della tempistica dell’operazione. 
Il KFC sta studiando le prospettive dell’apertura dei voli diretti verso gli Stati Uniti, con il conseguente dimezzamento dei costi di trasporto dei fiori, e quale potrebbe essere la destinazione migliore, se Miami in Florida o altri snodi logistici della filiera del fiore statunitense. La ceo Jane Ngigi si aspetta che le esportazioni di fiori keniane negli Stati Uniti cresceranno significativamente, come è successo a quelle dell’Etiopia, la quale, secondo alcune fonti, ha esportato negli Usa nel 2016 rose per 2,7 milioni di dollari. 
A parere di Jane Ngigi, che ha già fatto visita ad alcune importanti fiere di settore a Miami e Atlanta e sarà all’International Floriculture Expo di Chicago a giugno, le opportunità per i fiori keniani sono alte in quanto i fiori sudamericani che arrivano negli Usa, da Colombia ed Ecuador, sarebbero più pesanti e con steli lunghi, aprendo spazi per i fiori keniani di taglia media e piccola. Più che di concorrenza diretta, ad avviso della ceo del KFC, si tratterebbe di un completamento della gamma dei fiori in arrivo negli Stati Uniti.
Un altro importante vantaggio per la floricoltura keniota, che nel 2016 ha esportato 133 mila tonnellate di fiori (contro le 130 mila dell’anno precedente), sarebbe la possibilità di diversificare i mercati di sbocco riducendo la dipendenza dal mercato europeo, verso cui si dirigono il 70% dei fiori prodotti dal Kenya (fonte: Standardmedia.co.ke, 9 maggio).  
Stando a businessdailyafrica.com del 3 maggio, il Kenya ha una quota del 35 per cento del commercio globale di fiori recisi, nonostante la competizione di Ecuador, Etiopia e Colombia. Inoltre l’anno scorso il 70% degli utili della floricoltura keniana, che vale il 17% del Pil del Kenya, è dipeso dalle esportazioni.
 
Redazione

parchi, floraviva,

Svelata la top ten dei Parchi più Belli d'Italia del 2017: finalisti della XV edizione del Premio promosso dal network ilparcopiubello.it che, con i suoi oltre 1000 parchi e giardini affiliati, offre tutte le indicazioni sui miglioi itinerari, luoghi da visitare ed eventi da vivere questa primavera e la prossima estate. 

Il Comitato Scientifico ha infatti indicato i dieci parchi e giardini italiani più belli, per un inedito e spettacolare viaggio turistico e culturale, in attesa della proclamazione del vincitore nella categoria parco pubblico e parco privato. Il Comitato scientifico - che per la selezione ha tenuto conto dell’interesse botanico e storico-artistico, dello stato di conservazione, degli aspetti connessi con la gestione e la manutenzione, dell’accessibilità e dei servizi, delle relazioni con il pubblico e della promozione turistica - è composto da sei grandi esperti del settore: Vincenzo Cazzato (presidente, Università del Salento, per anni coordinatore del Comitato ministeriale per lo studio e la conservazione dei giardini storici), Alberta Campitelli (già Dirigente dell’Ufficio Ville e Parchi Storici del Comune di Roma), Marcello Fagiolo (già Presidente del Comitato nazionale per lo studio e la conservazione dei giardini storici), Ines Romitti (architetto paesaggista AIAPP - IFLA), Luigi Zangheri (già Presidente del Comitato scientifico internazionale per i paesaggi culturali ICOMOS-IFLA, presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze), Margherita Azzi Visentini (Politecnico di Milano).
I dieci parchi e giardini sono: Oasi Zegna a Biella (Piemonte), Villa Pallavicini a Pegli (Liguria), Villa Arconati a Castellazzo di Bollate (Lombardia), Giardini della Reggia di Colorno (Emilia Romagna), Villa La Foce a Chianciano Terme (Toscana), Giardino Portoghesi a Calcata (Lazio), Villa Imperiale a Pesaro (Marche), Villa Cimbrone a Ravello (Campania), Compendio Garibaldino dell’isola di Caprera (Sardegna), Giardino Comunale di Caltagirone (Catania).
 
Redazione