Filiera vite-vino

filiera del vino comparto vitivinicolo
Il comparto vitivinicolo è sotto l’assedio di nuove iniziative politiche comunitarie che rischiano di metterlo in crisi: dal piano europeo della lotta ai tumori, che non distingue fra consumo moderato e abuso di alcol, a una paventata revisione delle politiche fiscali e di sostegno ai prodotti alcolici.
E’ il grido d’allarme lanciato oggi da Agrinsieme – il coordinamento di Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari – che ha scritto al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, esprimendo «viva preoccupazione per l’approvazione della Decisione della Commissione Europea relativa al programma di lavoro 2022 sulla promozione dei prodotti agricoli, facendo particolare riferimento al settore vitivinicolo».
«Nell’ambito dei criteri per la valutazione dei progetti di promozione – prosegue la missiva - è stato inserito l’allineamento con gli obiettivi di alcune recenti comunicazioni della Commissione, tra cui il Piano europeo della lotta ai tumori, che è una semplice comunicazione e non ancora declinata a livello legislativo. Il Parlamento europeo, nella sua relazione del Piano che dovrà essere votata dall’Assemblea Plenaria, non fa distinzione tra consumo moderato di alcool e abuso in merito alle conseguenze sulla salute, e specifica che non esiste una soglia minima al di sotto della quale il consumo sia sicuro». Questa tesi, a parere di Agrinsieme, è «poco equilibrata e potrebbe disorientare i consumatori, poichè metterebbe in discussione il consumo di vino, oltre che l’abuso». Senza considerare poi «il danno di immagine per un comparto determinante dell’economia italiana, quello vitivinicolo, che dà lavoro ad oltre un milione di addetti».
Agrinsieme segnala anche altre fonti di preoccupazione per il futuro del comparto: «sembra infatti che la Commissione europea – si legge nella nota odierna - abbia promosso uno studio per mappare le misure fiscali e le politiche dei prezzi applicate alle bevande alcoliche, vini inclusi, con l’obiettivo di una revisione sistematica delle politiche dei prezzi, delle misure fiscali e dei sostegni nazionali applicati all’alcool nei Paesi dell’Unione». Per Agrinsieme si tratta di un’iniziativa che potrebbe avere pesanti conseguenze sull’intero settore, pertanto ha chiesto un incontro urgente con il ministro Patuanelli per esporre alcune proposte per la difesa del comparto vitivinicolo, nel quadro di una complessiva tutela del made in Italy agroalimentare.
  

Redazione

CREA: viticoltura sostenibile -50% di fitofarmaci

Sintesi dei risultati del progetto triennale Life Green Grapes coordinato dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura per ridurre l’uso di fitofarmaci in viticoltura, alla cui filiera è da imputare circa 1/4 dei 120 milioni di kg di fitofarmaci usati ogni anno in Italia. Con i protocolli di difesa fitosanitaria Green Grapes, oltre alla riduzione dei residui chimici nelle produzioni finali di uva da tavola e da vino, minore impatto ambientale a parità di qualità (caratteristiche organolettiche e merceologiche) e quantità del prodotto (produttività delle piante) rispetto al metodo della lotta integrata. Fra le prospettive il progressivo «abbandono di sistemi basati sull’esclusivo impiego di fungicidi, come il rame in viticoltura biologica».


«Una riduzione fino al 50% dell’uso di fitofarmaci lungo tutta la filiera produttiva – dai vivai ai vigneti – è possibile, sostenibile e in grado di fornire output qualitativi e quantitativi equivalenti rispetto a quelli ottenuti mediante la normale gestione integrata o biologica aziendale». 
Ad affermarlo è il Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA) in un comunicato del 13 dicembre in cui sono stati riassunti gli esiti del progetto triennale “LIFE Green Grapes”, ideato e guidato dal CREA Viticoltura ed Enologia con la partnership dei centri CREA Agricoltura e Ambiente e Difesa e Certificazione, dell’Università di Firenze, della Cyprus University of Technology, della Società Agricola F.lli Tagliente, del Consorzio VITITALIA, della Società Agricola Beringer Blass Italia e dell’Azienda Vivai F.lli Moroni. 
Un progetto finalizzato a mettere a punto una difesa fitosanitaria dei vigneti sostenibile in grado di ridurre l’impiego di fitofarmaci pur conservando i livelli qualitativi e quantitativi di produzione di uve. Questione prioritaria, spiega il CREA, visto che «in Italia vengono utilizzati annualmente oltre 120 milioni di chilogrammi di fitofarmaci, di cui circa un quarto nel comparto viticolo».
A fronte di tale esigenza il progetto LIFE Green Grapes è partito dal «presupposto che una buona protezione delle colture possa essere eseguita unicamente se associata a un’adeguata pratica agronomica, capace di mantenere in equilibrio il sistema agricolo e di valorizzare l’attività biologica del suolo, in particolare di quell’area che circonda la radice e che viene influenzata dalla pianta (la cosiddetta rizosfera)».
Pertanto alle aziende viticole sono state proposte come azioni dei «metodi di protezione attenti all’impatto ambientale, ponendo il “sistema vigneto” in condizioni di resistere agli attacchi dei patogeni». In particolare «è stata valutata l’efficacia di specifici protocolli di gestione della difesa delle piante, riducendo le quantità di fitofarmaci attraverso l’impiego combinato di modelli previsionali, induttori di resistenza e tecniche agronomiche di gestione del suolo. Gli obiettivi produttivi, qualitativi e ambientali sono stati perseguiti attraverso la messa a punto di apposite tecniche di gestione, ad iniziare dalla produzione vivaistica dove sono stati utilizzati vari microrganismi antagonisti dei patogeni. L’uso ragionato di tecnologie e prodotti ha giocato un ruolo di primo piano nel progetto per raggiungere e mantenere il giusto equilibrio tra aspetti ambientali ed economici, consentendo l’apporto di ridotti input chimici e l’incremento della biodiversità del vigneto, con l’obiettivo del miglioramento della qualità complessiva delle produzioni finali». E tali azioni «sono state condotte in diverse condizioni ambientali, in vivaio ed in vigneti a uva da vino e da tavola, sia in gestioni biologiche che integrate».
Come anticipato all’inizio, i protocolli di gestione Green Grapes nei vigneti pilota hanno dimostrato che una riduzione fino al 50% dell’uso di fitofarmaci lungo tutta la filiera produttiva è possibile e con risultati produttivi equivalenti rispetto a quelli della normale gestione aziendale integrata o bio. 
Ma non è tutto. Le soluzioni proposte hanno dimostrato di avere un impatto positivo su aspetti ambientali sempre più rilevanti quali l’aumento della biodiversità e la riduzione del consumo di acqua e delle emissioni di gas serra.
Quali esattamente le ricadute, oltre alla riduzione delle «quantità di residui chimici analizzati nelle produzioni finali di uva da tavola e da vino, così come la minore esposizione ai fitofarmaci dei lavoratori di tutta la filiera»?
Per i produttori, spiega il CREA, «la gestione del vigneto con i protocolli Green Grapes ha consentito di mantenere alti i livelli qualitativi delle produzioni, senza decrementi del loro valore commerciale. Infatti, relativamente a tutti i parametri analizzati (produttività delle piante, caratteristiche organolettiche e merceologiche, conservabilità dell’uva da tavola) non si sono registrate sostanziali differenze tra le produzioni ottenute con le comuni gestioni aziendali e quelle conseguite con i metodi Green Grapes».
Per l’ambiente si è verificato che nei vigneti pilota, dopo 3 anni, è diminuita la presenza di rame nei suoli ed è aumentata la biodiversità microbica e degli organismi viventi nel terreno, con un miglioramento complessivo della fertilità biologica.
Le prospettive che si aprono dopo questo studio, conclude il comunicato del CREA, sono le seguenti: i protocolli di difesa LIFE Green Grapes, che rispettano tutte le normative ambientali generali e di settore, «offrono soluzioni in linea con la Strategia Europea per l’agricoltura biologica e con quella per la Biodiversità, oltre che con la Strategia “Farm to Fork”, che prevede la riduzione del 50% dell’uso dei fitofarmaci entro il 2030». Inoltre, la diffusione di questi metodi, attraverso una specifica formazione del personale preposto alla gestione della difesa dei vigneti, «consentirà progressivamente l’abbandono di sistemi basati sull’esclusivo impiego di fungicidi, come il rame in viticoltura biologica, ottenendo una migliore qualità dell’uva destinata alla vinificazione ed al consumo fresco».
Per maggiori info: www.lifegreengrapes.eu.


Redazione

Regno Unito: caos nell'import di vini

La Wine and Spirit Trade Association ha chiesto nella seconda metà di novembre al Governo britannico misure urgenti per sbloccare i rallentamenti delle importazioni di vino nel Regno Unito (tempi aumentati anche di 5 volte) per mancanza di conducenti di mezzi pesanti. Ed Baker, amministratore delegato di Kingsland Drinks, che in questo periodo dell'anno commercia 2,5/3 milioni di litri di vino a settimana: «se i prodotti arrivano in ritardo, alcune bevande festive potrebbero non arrivare sugli scaffali dei supermercati per Natale». 


«Intraprendere un'azione urgente riguardo alla carenza di conducenti di mezzi pesanti e alle interruzioni del trasporto merci per evitare che alcune delle nostre bevande preferite scompaiano dagli scaffali dei supermercati del Regno Unito».
E’ quanto richiesto al Governo britannico nella seconda metà di novembre dai membri, preoccupatissimi per il caos importazioni, della Wine and Spirit Trade Association (WSTA), che rappresenta oltre 300 aziende che producono, importano, esportano, trasportano e vendono vini e liquori nel Regno Unito: dai principali rivenditori, proprietari di marchi e grossisti agli specialisti di vini e liquori pregiati, fino alle aziende di logistica e imbottigliamento.
Ben 49 aziende della filiera del vino e delle bevande alcoliche del Regno Unito, ha fatto sapere il 24 novembre la WSTA, hanno sottoscritto e inviato una lettera al segretario ai Trasporti, dopo che l'aumento dei costi e il caos della catena di approvvigionamento avevano bloccato le consegne di vino e alcolici. La WSTA ha ricevuto numerosi segnalazioni dai suoi membri che segnalano importazioni di prodotti in tempi quintuplicati rispetto a un anno fa. Aziende che in precedenza evadevano gli ordini in 2 o 3 giorni ora stanno sperimentando tempi complessivi delle spedizioni anche di 15 giorni. E i costi sono aumentati di circa il 7% presso gli spedizionieri per la voce fidelizzazione dei conducenti. Ciò è particolarmente preoccupante per le Pmi che non sono in grado di competere con le grandi imprese per attirare i camionisti.
Le aziende hanno scoperto che autisti e veicoli sono sempre più imprevedibili nei loro orari di arrivo, il che significa che le merci non sono pronte o vengono lasciate in attesa del ritiro. Ed essendo un settore particolarmente competitivo, l'impossibilità di evadere gli ordini in modo tempestivo può comportare la perdita di affari, poiché i prodotti possono essere facilmente sostituiti da prodotti comparabili provenienti da altre parti del mondo.
La WSTA ha chiesto pertanto al Governo di agire con urgenza per salvare le imprese britanniche dal precipitare ulteriormente nel caos delle consegne. Nella lettera che l'associazione di categoria ha inviato al segretario ai trasporti Grant Shapps sono richieste le seguenti misure:
- Estendere il regime di visto temporaneo per i conducenti di mezzi pesanti oltre il 28 febbraio 2022 per un minimo di un anno, per alleviare l'onere per il comparto e per consentire un aumento sufficiente dei camionisti nazionali.
- Facilitare un migliore instradamento delle merci dai porti (ad es. trasporti ferroviari, fluviali, costieri) e reti di camionisti più piccole con sede nel Regno Unito per i viaggi a corto raggio, mettendo sul piatto investimenti governativi e lavorando in collaborazione con le aziende del comparto.
- Fornire aggiornamenti regolari sulla banca dati degli esami e delle patenti di guida per mezzi pesanti.
«Stiamo già assistendo a notevoli ritardi sui tempi di consegna di vino e liquori – ha dichiarato Miles Beale, amministratore delegato della WSTA - il che sta aumentando i costi e limitando la gamma di prodotti disponibili per i consumatori del Regno Unito. Il governo deve fare tutto il possibile per garantire che gli affari britannici non operino con una mano legata dietro la schiena durante le festività natalizie e oltre».
«Kingsland riempie circa 185 milioni di bottiglie di vino ogni anno, il che equivale a circa una bottiglia su otto di vino bevuto nel Regno Unito all'anno – ha detto Ed Baker, amministratore delegato di Kingsland Drinks -. In questo periodo dell'anno la nostra attività commercia 2,5/3 milioni di litri di vino a settimana, la maggior parte dei quali arriva in container sfusi nei porti del Regno Unito e viaggia su rotaia fino a un hub ferroviario vicino al nostro sito di Manchester o al porto di Liverpool. Gli autisti dei mezzi pesanti trasportano quindi i contenitori di vino liquido al nostro stabilimento e vengono utilizzati per portare i prodotti finiti ai nostri clienti, compresi i principali supermercati. Noi, insieme ad altri nell'industria del vino e degli alcolici, stiamo sperimentando rallentamenti lungo la strada. Ad esempio, l'arretrato delle consegne in ritardo ha fatto sì che gli spazi per container negli hub ferroviari fossero molto richiesti. Normalmente ci aspetteremmo di avere da 80 a 100 posti cisterna, ma al momento possiamo arrivare a 10 o 20. Questo limita la quantità di liquido che arriva al nostro impianto e si aggiunge alla carenza di autisti di mezzi pesanti che effettuano le consegne. I supplementi per i conducenti aumenteranno i costi e se i prodotti arrivano in ritardo, alcune bevande festive potrebbero non arrivare sugli scaffali dei supermercati per Natale».
 

Redazione

Confagricoltura Toscana stima un calo della produzione di vino del 15%, causato da gelate di aprile e siccità estiva, e prevede rincaro dei prezzi di almeno il 10% per via dell’aumento dei costi produttivi; per Francesco Colpizzi la qualità è eccellente ma l’incremento dei costi delle materie prime continuerà a pesare ed è necessario un intervento a livello nazionale. Mentre Fedagripesca Toscana parla di calo del 30% delle uve conferite, fermatesi sotto i 300 mila quintali, e di aumenti in vista di 20/30 centesimi a bottiglia; per Ritano Baragli probabilmente la Regione Toscana potrà fare poco riguardo alle calamità di quest’anno, perché erano assicurabili.

Un’ampia rappresentazione dello stato della filiera del vino in Italia e nello specifico di alcune regioni, fra cui la Toscana, è stata fornita oggi dall’inserto Speciale Vino del Quotidiano Nazionale – La Nazione. Dei molti dati, stime e analisi fornite, citiamo solo le seguenti. A livello nazionale, produzione del 2021 in calo del 9% in quantità sul 2020; ripresa nella prima parte dell’anno delle vendite di vino, che stanno superando i livelli pre-pandemia; esportazioni cresciute in valore del 14% sul 2020 e del 10,7% sul 2019, con però un valore medio del vino ancora basso rispetto a competitor come la Francia. Mentre a livello regionale toscano le stime produttive sono di un calo attorno al 10%, con un totale di non più di 2 milioni di ettolitri.
Ma ancora più negative sono le stime avanzate nei giorni scorsi, in attesa dei dati definitivi, da Confagricoltura Toscana prima e qualche giorno dopo da Fedagripesca Confcooperative Toscana.
«La qualità del vino in Toscana per la vendemmia 2021 è veramente eccellente, probabilmente ancora migliore rispetto a quella delle ultime annate, da questo punto di vista possiamo stare tranquilli – ha dichiarato il presidente della Federazione Vitivinicola regionale di ConfagricolturaFrancesco Colpizzi -.  I problemi però ci sono: da un lato, pur ancora in attesa dei dati esatti, la produzione, per le gelate di aprile e la mancanza di pioggia nei mesi estivi è calata notevolmente, di circa il 15%, dall'altro lato i costi unitari sono aumentati e questo potrà incidere sul consumatore finale, con un incremento dei prezzi che difficilmente potrà essere inferiore al 10%». «L'incremento – ha aggiunto - è dovuto anche al fatto che il costo per le materie prime sono aumentate, come la cellulosa, il vetro e l'energia: un aspetto che, naturalmente, non riguarda solo il settore vitivinicolo ma anche altri comparti. A livello produttivo i cali maggiori si sono avuti nelle aree meridionali della regione, come in Maremma e a Montepulciano, ma anche le altre zone della collina interna vocate alla produzione del Brunello, del Chianti, della Vernaccia di San Gimignano e del Chianti Classico, registrano sensibili criticità». «La previsione – ha concluso Colpizzi - è che i prezzi possano aumentare ancora, visto che non sembra arrestarsi l'incremento dei costi delle materie prime. Oltre ad aver già rappresentato nei giorni scorsi questi problemi al vicepresidente della Regione Toscana, Stefania Saccardi, chiediamo un intervento a livello nazionale, per venire incontro ai tanti produttori di vino italiani, che fanno un prodotto di eccellenza, riconosciuto in tutti il mondo».
In una nota del 26 novembre Ritano Baragli, vicepresidente di Fedagripesca Confcooperative Toscana e presidente della Cantina sociale Colli Fiorentini, si è così espresso sull’annata 2021 del vino toscano: «a causa dei cambiamenti climatici, sono stati conferiti meno di 300mila quintali di uve, con una perdita media intorno al 30%: il problema è che pochi agricoltori erano assicurati per le gelate. Va fatta poi una distinzione: le cantine con un territorio ristretto e pochi ettari hanno perso anche il 50% della produzione, mentre la perdita è inferiore per coloro che hanno più ettari di vigneti e magari una posizione migliore a livello di altezza».
«Leggo di preoccupazioni da parte dei consumatori – ha continuato - ma vorrei precisare: gli agricoltori hanno già sostenuto aumenti, hanno prodotto molto meno rispetto al passato e quindi i ricavi saranno inferiori. Ci scuseranno se ci sarà un piccolo incremento, di 20-30 centesimi in più sulla bottiglia di vino».
«Le gelate hanno portato criticità - ha concluso Baragli -. A questo poi è seguita la siccità, logico che dunque c'è stata una perdita grave di produzione. Abbiamo più volte incontrato l'assessore regionale Stefania Saccardi ma va detto che in questo caso la Regione può fare poco perché tutte queste calamità naturali erano appunto assicurabili. Certo, se verrà dichiarato lo stato di calamità naturale potranno scattare degli interventi, certamente utili anche se non risolutivi al 100%».

L.S.

Il 2 dicembre incontro a Firenze e online organizzato da Accademia dei Georgofili e Collegio nazionale dei Periti Agrari sul tema dell’adattamento della viticoltura ai cambiamenti climatici, inclusi l’impatto sui patogeni e sulla gestione del rischio. Iscrizioni entro le ore 17 dell’1 dicembre. Valido come aggiornamento professionale per i periti agrari.

L’aumento medio delle temperature, gli improvvisi ritorni di freddo in primavera e le frequenti ondate di caldo estivo con alte temperature per più giorni, la diversa distribuzione delle piogge e l’incremento di CO2 nell’atmosfera si fanno sentire sulla viticoltura. Sono fenomeni che possono portare a cali produttivi -l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del vino nel 2021 ha registrato per il 3° anno consecutivo una produzione mondiale ampiamente sotto la media pluriennale -, ma anche all’alterazione dei tempi di maturazione dell’uva e squilibri qualitativi. Di fronte a tali mutamenti ambientali le scelte di gestione e coltivazione, così come le tecniche enologiche, si devono adattare e aggiornare.
Così l’accademico dei Georgofili Paolo Storchi (Crea – Centro di ricerca Viticoltura ed Enologia) introduce, in un articolo sul Notiziario dei Georgofili, i temi principali affrontati nell’incontro organizzato da Accademia dei Georgofili e Collegio Nazionale Periti Agrari e Periti Agrari Laureati (CNPAPAL) giovedì 2 dicembre pomeriggio a partire dalle ore 15. Un convegno, sia in presenza sia online, intitolato “Viticoltura e ambiente: criticità e prospettive. Strumenti per la gestione e pianificazione” e valido come aggiornamento professionale per i periti agrari e i periti agrari laureati (3 CFP), nel corso del quale verranno approfondite tematiche specifiche della coltivazione viticola dal punto di vista scientifico e tecnico. (Per partecipare è necessario compilare entro le ore 17,00 di mercoledì 1 dicembre 2021 questo form. I partecipanti riceveranno le credenziali di accesso alla piattaforma web. Mentre le iscrizioni per la partecipazione in presenza saranno accolte fino a esaurimento dei posti disponibili).

Programma

15.00 - Saluti istituzionali

Coordina: Gilberto Santucci, CNPAPAL – Giornalista - Istituto Agrario "Ciuffelli" Todi

Relazioni:

“Adattamento all’aumento delle temperature: tecniche colturali, scelte varietali e portinnesti, areali di coltivazione”
✓ Paolo Storchi, CREA - Centro ricerca Viticoltura ed Enologia e Accademico dei Georgofili
✓ Alessandro Spatafora, CNPAPAL

“Adattamento alle carenze ed eccessi pluviometrici: gestione della risorsa idrica, gestione del suolo, sistemazioni idraulico agrarie e drenaggi
✓ Simone Orlandini, Università degli Studi di Firenze e Accademico dei Georgofili
✓ Francesco Bello, CNPAPAL

“Nuove emergenze nella difesa da patogeni e insetti”
✓ Laura Mugnai, Università degli Studi di Firenze
✓ Matteo Gnocato, CNPAPAL

“Gestione del rischio, condizioni assicurative e stime dei danni nei vigneti”
✓ Marco Orsini, CNPAPAL

18.00 - Conclusione dei lavori   

Redazione

Al convegno del 15 novembre a Pavia sulla viticoltura e le sfide della nuova PAC orientata all’ecosostenibilità il punto sulle tante linee di ricerca del Crea: tecnologie per l’adattamento della vite ai cambiamenti climatici, prodotti biotech-green e caratterizzazione viti per resistenza a patogeni, stress idrico e qualità, miglioramento genetico e recupero degli scarti di vigneto e cantina. Il vino vale il 14% dell’export agroalimentare italiano. Gian Marco Centinaio: «grazie alla ricerca la nostra viticoltura può produrre oltre alla quantità una sempre maggiore qualità ed essere così una opportunità di lavoro». 

La nuova Pac offre diverse opportunità alla viticoltura italiana per accrescere la sostenibilità di tutta la filiera, dalla vigna al calice, senza rinunciare alla qualità ed alla tipicità che hanno premiato il nostro vino nel mercato globale. Una conferma la si è avuta lunedì 15 novembre scorso a Montù Beccaria (Pavia) in occasione del convegno “La viticoltura e le sfide della nuova PAC tra sostenibilità e mercato”, un momento di confronto promosso dal CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) con i suoi Centri di Viticoltura ed Enologia e Politiche e Bioeconomia, alla presenza del Sottosegretario delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Gian Marco Centinaio, con esperti e studiosi del settore.
E’ quanto reso noto da un comunicato del Crea in cui si sottolinea innanzi tutto il ruolo cruciale del settore vitivinicolo dati alla mano: «oltre 652 mila ettari di superficie per vite da vino in produzione, un peso complessivo di circa il 5% della superficie agricola nazionale, un peso di oltre il 10% sul valore della produzione agricola (vino prodotto dalle aziende agricole e uve vendute ai trasformatori) e il 14% del totale delle esportazioni agroalimentari italiane», che «rendono il vino uno dei prodotti più importanti del sistema agroalimentare italiano e simbolo del Made in Italy nel mondo».
Ma quali sono le prospettive delle politiche agricole europee? In che contesto europeo e nazionale si muovono agricoltura e nello specifico vitivinicoltura?
«Nei prossimi mesi – viene ricordato - l’Europa metterà a disposizione un ampio pacchetto di interventi per lo sviluppo di un'economia sempre più verde, attenta alla biodiversità e alla riduzione dell'inquinamento ambientale, nella direzione di una transizione equa e inclusiva, in grado di trasformare le sfide ambientali in opportunità di crescita e sviluppo. La sostenibilità, di fatto, diventa parte integrante anche delle politiche europee riguardanti il cibo, di cui la strategia Farm to Fork, è un esempio per rafforzare la sostenibilità dei sistemi alimentari, sia riducendo la loro impronta ambientale e migliorando l'efficienza energetica, sia aumentando la disponibilità e l'accessibilità economica di opzioni alimentari sane e sostenibili». «La filiera vitivinicola – afferma la nota del Crea - si inserisce in questo quadro, sia grazie ai sistemi di certificazione tradizionali (DOP/IGP, Biologico), sia alle recenti certificazioni di sostenibilità pubbliche e private già operanti (V.I.V.A. ed Equalitas), che escono rafforzate dalla recente introduzione di uno standard unico di sostenibilità nazionale, voluto dal MiPAAF».
Alla luce di tale contesto, la ricerca del CREA è orientata «da un lato verso la caratterizzazione delle nostre uve e dei nostri vini in termini di qualità e tipicità, dall’altro, invece, verso la sostenibilità e la digitalizzazione della filiera e della produzione».
Ad esempio, «la tecnologia svolge un ruolo significativo nel favorire l’adattamento della vite agli effetti dei cambiamenti climatici, grazie alle innovazioni sempre più avanzate, messe a disposizione dall’agricoltura digitale, dalla sensoristica, dai sistemi di supporto decisionale e dalla robotica. E il CREA è molto attivo in questi ambiti, tramite il progetto AGRIDIGIT, finanziato dal MiPAAF e altri progetti europei e PSR regionali».
Inoltre «con il progetto BIOTECH (anch’esso finanziato dal MiPAAF), è impegnato nella realizzazione di prodotti biotech-green e nella caratterizzazione delle viti relativamente alla resistenza ai maggiori patogeni (peronospora ed oidio), allo stress idrico nei portainnesti e agli aspetti qualitativi (aroma moscato, assenza di semi in uva da tavola, maturazione anticipata o posticipata per affrontare i cambiamenti climatici)».
Riguardo poi al  miglioramento genetico classico, «l’ente sta implementando il miglioramento genetico con l'ottenimento di piante multiresistenti di decine di migliaia di piante figlie di varietà italiane (Glera, Sangiovese, Primitivo, Malvasie), la caratterizzazione dei vitigni tipici ed il recupero dell'intera biodiversità mediterranea». Infine, «in un’ottica di economia circolare, si sta lavorando sul recupero e la valorizzazione degli scarti di vigneto e cantina per la produzione di prodotti alternativi (cosmesi, farmaceutica, nutraceutica, medicina)». 
«Nel corso dell'appuntamento di oggi sono stati affrontati argomenti di notevole interesse per la nostra viticoltura, spunti di riflessione tanto più importanti per una realtà complessa come l'Oltrepò pavese - ha sottolineato il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio -. L'obiettivo è produrre vino di qualità sempre più alta e dare così risposte adeguate al mercato. Grazie al CREA e alla ricerca la nostra viticoltura, e in particolare questo territorio, possono produrre oltre alla quantità una sempre maggiore qualità ed essere così una opportunità di lavoro, soprattutto per i giovani».

Redazione