Filiera vite-vino
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A Veronafiere dal 17 al 19 ottobre in esposizione 400 aziende in rappresentanza del vino d’Italia. Attesi, oltre a selezionati operatori di gdo, enoteche e horeca italiane, 200 buyer da 35 nazioni cruciali. Maurizio Danese: dalle fiere b2b le pmi «ricavano il 50% delle proprie esportazioni» e ciò «si riflette perfettamente nel comparto vino, autentico campione di made in Italy con una bilancia commerciale attiva per 6,5 miliardi l’anno, il cui tessuto connettivo è rappresentato da piccole e micro-imprese». Debutta l’area tematica “Mixology”. In contemporanea Enolitech, Sol&Agrifood e 18-19 ottobre Wine2Wine business forum. La fotografia di mercato del vino italiano: le vendite a valore nei top 13 mercati chiuse nei primi 7 mesi 2021 in crescita dell’11,1%, anche nei prezzi medi netta ripresa sull’ultimo anno (+8%) e riparte la domanda mondiale trainata dal +16% degli Usa.
«Una tre giorni di business e di servizio per accelerare la ripresa del settore sui principali mercati obiettivo e per fare il punto sul futuro del vino italiano anche alla luce dei nuovi trend di acquisto e consumo».
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I rappresentanti del tavolo del settore vitivinicolo hanno incontrato il ministro delle Politiche Agricole Patuanelli e il sottosegretario Centinaio sulle principali criticità della filiera del vino, fra cui la campagna contro l’alcol tout court dell’OMS e il rischio esclusione del vino dai sostegni alla promozione. Patuanelli: non possiamo permettere «che vi siano elementi che vadano a incidere su un settore centrale della politica economica del Paese» e con riferimento al Prosek croato «non si può istituzionalizzare l'Italian Sounding».
Le problematiche legate al rischio di esclusione dei prodotti vitivinicoli dall'accesso ai fondi di promozione previsti dalla nuova riforma europea dei prodotti agricoli, la definizione del programma di promozione istituzionale del vino italiano nel mondo, lo standard value e la questione del Prošek croato.
Così una nota del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha riepilogato i temi al centro del tavolo della filiera vitivinicola convocato ieri l’altro in videoconferenza dal ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli e a cui hanno preso parte il sottosegretario con delega al vitivinicolo Gian Marco Centinaio, i presidenti di Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini, Unione Italiana Vini e il coordinatore gruppo vino di Alleanza delle Cooperative Italiane. Come sottolineato nel comunicato congiunto di ieri l’altro dei soggetti della filiera del vino, durante l’incontro è stato chiesto al Governo italiano «un intervento forte a difesa del settore vitivinicolo», messo a rischio su più fronti.
A cominciare dal «piano di lotta contro il cancro sviluppato in sede europea e il rapporto di implementazione della strategia alcol dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che contengono proposte in grado di arrecare seri pregiudizi al vino italiano». «Nel documento presentato – spiega la filiera del vino - la Commissione indica alcune azioni che intende mettere in campo per raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo dannoso di alcol. Il piano è anche supportato da un progetto di relazione parlamentare che inasprisce ulteriormente le indicazioni della Commissione e che rischia di dare legittimità politica alle stesse. L’OMS, inoltre, nel piano di azione dedicato, intende ridurre del 20% il consumo di alcol (e non il consumo ‘dannoso’ di alcol) entro il 2030». «Entrambi i documenti – continua il comunicato congiunto - sono in una fase piuttosto avanzata della discussione: è fondamentale che l’Italia porti avanti con atti ufficiali, in tutte le sedi opportune, istanze di equilibrio, buon senso e ragionevolezza, elementi che da sempre contraddistinguono la posizione italiana, evitando raccomandazioni fiscali e normative di tipo proibizionistico che, lungi dal colpire l’abuso, hanno il potenziale di infliggere un danno ingiustificato a un settore fiore all’occhiello dell’agroalimentare del nostro Paese e che penalizzano proprio il consumo moderato di vino, uno dei componenti principali della dieta mediterranea riconosciuta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità».
L’altro tema urgente è quello della promozione. «In Europa – afferma la filiera del vino - è stata avviata una riforma che rischia di escludere i prodotti vitivinicoli dalla possibilità di accedere al budget dedicato alle attività promozionali in Europa e nel mondo». Abbiamo chiesto «al ministro Patuanelli grande attenzione affinché il settore non sia escluso dai progetti che hanno permesso, negli anni, di raggiungere risultati importanti in termini di valore e di export». Le stesse organizzazioni della filiera vitivinicola hanno inoltre ribadito la «necessità di essere coinvolte nella definizione del piano nazionale di comunicazione istituzionale per il settore che il Mipaaf ha deciso di adottare».
Quindi è stata affrontata la questione del Prosek croato, sulla quale la Filiera ha apprezzato il sostegno del Governo e la costituzione di un gruppo di lavoro dedicato. «Ora – è stato detto - è necessario uniformare gli argomenti a difesa compatta del rigetto del riconoscimento della menzione tradizionale croata».
Infine sono state messe in evidenza «le imminenti scadenze riguardo l’OCM vino e lo standard unico sulla sostenibilità, nonché le difficoltà rispetto ai pagamenti sullo stoccaggio, riduzione delle rese e concessione delle nuove autorizzazioni».
«Il Mipaaf e tutto il Governo – è stata la risposta a tali istanze della filiera da parte del ministro Stefano Patuanelli nel suo intervento al tavolo - non possono permettere che vi siano elementi che vadano a incidere su un settore centrale della politica economica del Paese». Quanto alla promozione del vino all'estero, Patuanelli ha ribadito che «non si può mettere in discussione il valore della sana promozione del vino. Bisogna informare il consumatore e accrescere la sua consapevolezza al consumo. Il tema della promozione è centrale perché il consumatore va informato e non condizionato. E' la stessa battaglia che portiamo avanti contro il Nutriscore, un sistema che condiziona anziché informare». Infine, per quanto riguarda la questione della registrazione della menzione del Prošek croato, il Ministro ha sottolineato che «non si può istituzionalizzare l'Italian Sounding».
«E' necessario andare in Europa tutti con la stessa voce - ha aggiunto il sottosegretario Gian Marco Centinaio -. Abbiamo deciso di dare una impostazione giuridica a questa partita che riguarda tutte le denominazioni. Se si cede sul Prošek rischiamo di aprire una falla in tutte le denominazioni italiane ed europee».
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L’Associazione Le Donne del Vino ha reso nota la proposta del vino come materia di studio in occasione del G20 Agricoltura di Firenze e sperimenterà questo insegnamento in Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia nell’anno 2021-22, poi avverrà l’estensione in tutta Italia. Il 62% dei cataloghi dei tour operator contiene un’offerta enogastronomica, 10.000 cantine cercano personale per la wine hospitality e 20.000 imprese del vino aprono le porte al pubblico. Appello della presidente Cinelli Colombini ai sommelier: «preparate centinaia di docenti».
«Attualmente alcuni presidi di scuole alberghiere hanno già attivato i corsi sul vino mentre nessun istituto turistico ha insegnamenti di questo tipo. Nella realtà invece i futuri responsabili delle sale dei ristoranti così come i futuri manager di uffici turistici, agenzie di viaggio o alberghi hanno bisogno delle nozioni base sul vino e sui territori del vino».
A sostenerlo è l’Associazione nazionale Le Donne del Vino che nei giorni scorsi a Firenze, in occasione degli appuntamenti preparatori del G20 Agricoltura, ha lanciato la proposta di «introdurre il vino fra le materie di studio degli istituti turistici e alberghieri di tutta Italia». «Nella logica dei grandi progetti europei come il Farm to Fork e la Next Generation – ha dichiarato la presidente Donatella Cinelli Colombini - crediamo nel vino come acceleratore di cambiamento sostenibile e accorciatore della distanza fra città e campagna».
Le Donne del Vino si faranno carico della sperimentazione di questi insegnamenti in tre regioni pilota: Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia. Uno o due istituti per ogni regione, già in questo anno scolastico. La sperimentazione si allargherà in tutta Italia nell’annualità 2022-2023. Poi tutti auspicano che la necessità della formazione sul vino diventi largamente diffusa e centinaia di istituti alberghieri e turistici introducano tale insegnamento. Il Progetto D-Vino è coordinato da tre associate: Roberta Urso (Sicilia), Antonietta Mazzeo (Emilia Romagna) e Roberta Lanero (Piemonte).
«Facciamo un appello alle associazioni di sommelier, assaggiatori, diplomati WSET, dottori in scienze gastronomiche perché preparino i docenti necessari a insegnare a centinaia di classi in ogni regione italiana» ha aggiunto Cinelli Colombini.
Dopo i due anni della fase sperimentale, le 950 Donne del Vino intendono rimanere nel progetto formativo solo come destinatarie delle visite didattiche perché hanno al loro interno produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier, comunicatrici, esperte di marketing, e sono quindi in grado di proporre agli studenti un’esperienza diretta di tutta la filiera produttiva del vino. Nel sogno di tutti c’è una nuova generazione di manager che continui la sua formazione anche dopo il ciclo scolastico facendo della conoscenza del vino e dell’agroalimentare un punto di forza del proprio profilo professionale.
Perché insegnare il vino negli istituti turistici e alberghieri?
«Il vino costituisce circa un terzo dei ricavi dei ristoranti – argomentano le Donne del Vino -. Sul fronte turistico vediamo che l’enogastronomia è la prima attrattiva dei viaggiatori stranieri diretti in Italia e anzi un visitatore su quattro è mosso principalmente da quella. Il 62% dei cataloghi dei tour operator contiene un’offerta enogastronomica. Ci sono circa 10.000 cantine attrezzate per la wine hospitality in costante ricerca di personale e circa altre 20.000 imprese del vino aperte al pubblico. In un’Italia dove l’agroalimentare è sempre più importante per il turismo non è possibile continuare a insegnare solo arte, territori e geografia turistica (66 ore per 3 anni) ai futuri manager dell’incoming».
I vantaggi della formazione sul vino ai futuri manager della ristorazione e del turismo
Una formazione più aderente ai bisogni dei comparti produttivi in cui gli studenti si preparano a entrare avvantaggia tutti e principalmente loro aprendogli maggiori prospettive lavorative. In generale innalza il livello dell’offerta turistica e funziona come un acceleratore per i territori del vino che hanno bisogno di personale formato nell’intera filiera che produce, commercializza e somministra il nettare di Bacco: persone che siano in grado di accrescere la conoscenza e l’apprezzamento di vino di qualità soprattutto fra i visitatori stranieri e soprattutto relativamente alle denominazioni meno conosciute. Infine, la formazione a cui le Donne del Vino intendono dare l’avvio, ha lo scopo di favorire il consumo responsabile fra i giovani. Intende creare degli ambasciatori della cultura enologica in grado di influenzare i coetanei in una logica di peer education. Infatti, anche se l’assaggio del vino sarà riservato solo ai maggiorenni, una parte importante della formazione sarà finalizzata al contrasto dell’abuso e del binge drinking.
Chi sono le Donne del Vino
Le Donne del Vino sono l’associazione di enologia al femminile più grande del mondo. Nata nel 1988, conta oggi quasi 950 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste. Le Donne del Vino sono in tutte le regioni italiane coordinate in delegazioni.
L’associazione è senza scopi di lucro e promuove la cultura del vino e il ruolo delle donne nella filiera produttiva del vino. Due anni fa hanno costituito un network internazionale con 10 associazioni simili in altre parti del mondo. Attualmente promuovono indagini sul Gender Gap nelle cantine e sull’uso del vetro leggero. La collaborazione con università e strutture formative ha permesso un forte incremento dell’attività didattica in favore delle socie specialmente nei settori del marketing e della comunicazione. Maggiori notizie sono nel sito e nel blog ledonnedelvino.com oltre che nel mensile D-News inserto del Corriere Vinicolo.
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Il vice presidente di Confagricoltura Pistoia Andrea Bonacchi prevede che nel territorio provinciale pistoiese il calo di vino prodotto sarà tra il 15% e il 20%. Bonacchi: «l’andamento climatico si è fatto sentire e peserà sulle quantità prodotte, ma la qualità dei vini sarà ottima nelle aziende ben gestite; però non sarà una vendemmia facile e le tecniche di fermentazione faranno la differenza». Meglio i rossi dei bianchi. Ottimismo sulle prospettive di mercato fra prezzi in rialzo e vendite in crescita.
«Il quadro sintetico è questo: meno prodotto, qualità ottima in particolare dei rossi e prezzi tendenzialmente in aumento».
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Le previsioni di Ismea, Assoenologi e Unione Italiana Vini sulla vendemmia 2021 a livello nazionale (44,5 milioni di ettolitri, meglio di Francia e Spagna) e nelle varie regioni. Maglia nera la Toscana, la più colpita dalle avversità climatiche, che scende a 1,65 mln di ettolitri. Unici incrementi produttivi in Calabria (+10%), Sicilia (+9%) e Campania (+5%). Buoni segnali comunque dai mercati: sia per la domanda estera e quella interna che sul fronte dei prezzi, dopo la flessione dell’anno scorso.
«Poca ma buona, a tratti ottima, in un contesto di mercato in forte ripresa. Scende a 44,5 milioni di ettolitri la produzione nazionale di vino 2021, un dato in calo del 9% rispetto ai 49 milioni di ettolitri del 2020 (dato Agea) che, nonostante la contrazione determinata dalle anomalie di un meteo sempre più protagonista, non scalfisce il primato produttivo tricolore in un'annata che vede la Spagna ferma attorno ai 40 milioni di ettolitri e la Francia penalizzata da un andamento climatico particolarmente avverso».

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