Filiera vite-vino

degustazioni a Vinitaly

A Veronafiere dal 17 al 19 ottobre in esposizione 400 aziende in rappresentanza del vino d’Italia. Attesi, oltre a selezionati operatori di gdo, enoteche e horeca italiane, 200 buyer da 35 nazioni cruciali. Maurizio Danese: dalle fiere b2b le pmi «ricavano il 50% delle proprie esportazioni» e ciò «si riflette perfettamente nel comparto vino, autentico campione di made in Italy con una bilancia commerciale attiva per 6,5 miliardi l’anno, il cui tessuto connettivo è rappresentato da piccole e micro-imprese». Debutta l’area tematica “Mixology”. In contemporanea Enolitech, Sol&Agrifood e 18-19 ottobre Wine2Wine business forum. La fotografia di mercato del vino italiano: le vendite a valore nei top 13 mercati chiuse nei primi 7 mesi 2021 in crescita dell’11,1%, anche nei prezzi medi netta ripresa sull’ultimo anno (+8%) e riparte la domanda mondiale trainata dal +16% degli Usa.


«Una tre giorni di business e di servizio per accelerare la ripresa del settore sui principali mercati obiettivo e per fare il punto sul futuro del vino italiano anche alla luce dei nuovi trend di acquisto e consumo».
Viene presentata così dagli organizzatori la Special Edition di Vinitaly, il terzo evento in presenza di quest’anno di Veronafiere, in calendario dal 17 al 19 ottobre, che è stato illustrato alla stampa tre giorni fa a Palazzo Balbi, a Venezia, alla presenza del governatore Luca Zaia e sarà inaugurato domenica 17 ottobre alle 10,30 dal ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
Per la manifestazione sono attesi a Verona operatori da 35 nazioni, oltre ai professionisti italiani del fuori casa, del turismo e della grande distribuzione. Un’area espositiva con più di 400 aziende in rappresentanza di tutta produzione del Belpaese. Un dato in linea con il target prefissato per questo evento dal calendario straordinario, che segna l’ultima tappa italiana verso il 54° Vinitaly del 2022. Oltre agli operatori selezionati della domanda italiana – Gdo, enoteche e Horeca – la campagna di incoming altamente specializzata e profilata, realizzata sia da Veronafiere che da Ice Agenzia, registra a tre giorni fa la presenza alla Special Edition di 200 buyer provenienti da 35 nazioni, tra le piazze attualmente più strategiche per il vino tricolore: dai consolidati Stati Uniti alla Cina, dal Regno Unito al Canada, dai Paesi Balcanici alla Russia fino alla Polonia, al Kazakistan e ai Paesi del Nord Europa; mentre Germania, Francia e Svizzera guidano le principali delegazioni europee. A questi si aggiungono i professionisti a partecipazione diretta.
Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: «il ritorno al fare fiera rappresenta uno strumento fondamentale per l’internazionalizzazione delle Pmi italiane, che dalle manifestazioni business ricavano il 50% delle proprie esportazioni. Questa funzione ‘sociale’ per l’economia reale data dal sistema fieristico si riflette perfettamente nel comparto vino, autentico campione di made in Italy con una bilancia commerciale attiva per 6,5 miliardi l’anno, il cui tessuto connettivo è rappresentato da piccole e micro-imprese. Vinitaly riparte, lo fa con questa significativa anteprima, lo farà a dicembre in Cina con Wine to Asia e soprattutto nel 2022, quando Veronafiere ribadirà al mondo tutta la forza del vino italiano, che anche grazie alla sua fiera di riferimento ha visto un incremento delle vendite all’estero di circa il 150% negli ultimi vent’anni».
«Viviamo una fase di transizione in uscita dalla pandemia, forti della consapevolezza di un comparto che ha saputo reagire alla difficile congiuntura puntando sull’innovazione e sulla qualità – ha commentato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –. La congiuntura relativa agli scambi mondiali è tornata positiva, e le nostre ricognizioni ci segnalano un vino tricolore in forte ascesa nelle principali piazze mondiali. Per continuare a vincere la sfida sui mercati, ora è necessario cambiare la marcia in particolare sul posizionamento dei nostri vini. In questo contesto Vinitaly Special Edition vuole rappresentare non solo uno slancio per la ripartenza dopo un pit stop forzato ma anche un momento di svolta. Si tratta di un primo decisivo passo in direzione di una rinnovata 54^ edizione di Vinitaly, già oggi al completo, e che dal 10 al 13 aprile 2022 ospiterà tutto il settore a Verona».
Sul fronte del palinsesto business, oltre a un’agenda b2b già al completo, il calendario di Vinitaly Special Edition conta 12 appuntamenti tra convegni e focus di mercato, da quello domestico a quelli internazionali e 50 degustazioni per operatori e buyer che spaziano dal biologico agli Orange wine fino alla mixology, l’area tematica che debutta quest’anno e che punta l’attenzione su un mercato sempre più dinamico che trova nell’Horeca un canale privilegiato di consumo.
Calendario eccezionale, e quindi in contemporanea con Vinitaly Special Edition, anche per Enolitech, dedicato alle tecnologie per la produzione di vino, olio e birra e Sol&Agrifood, con le aziende dell’agroalimentare di qualità. Formazione e networking saranno invece al centro del programma di Wine2Wine business forum (Veronafiere, 18 e 19 ottobre): cento relatori internazionali, 17 aree tematiche, più di 1500 operatori e manager, 70 speed meeting (da 30 minuti) sulle tematiche più attuali del momento per le aziende e la community del vino.
Vinitaly Special Edition: padiglioni: 4-5-6 dalle 9.30 alle 18.00. Accesso solo con Green pass.
Vino italiano: la fotografia di mercato di Vinitaly
Sono oltre 310mila le aziende agricole in Italia e 45.600 le aziende vinificatrici, di cui 518 coop che realizzano il 50% della produzione (Ismea, luglio 2020). Mentre sono 526 i riconoscimenti comunitari della produzione vinicola italiana (Dop, Doc e Igp. Fonte: ministero Politiche agricole).
Dopo un 2020 chiuso a 6,3 miliardi di euro, con una perdita a valore del 2,3% sul 2019, l’export di vino tricolore rialza la testa e da Est a Ovest gli ordini parlano italiano. È quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor sui dati doganali nei primi 7 mesi di quest’anno presso i 13 principali mercati della domanda di vino, che rappresentano i 3/4 delle vendite enologiche del belpaese nel mondo.
Scenario. Ripartono gli ordini di vino nel mondo, con gli scambi globali tra domanda e offerta che nei primi 7 mesi di quest’anno salgono del +10,3% sull’anno orribile del 2020 e si riportano in linea con i valori 2019. E con l’Italia che al confronto con il periodo pre-pandemico (2019) fa abbondantemente meglio del suo principale competitor, la Francia, comunque protagonista di una fortissima accelerazione.
Italia sugli scudi: segno positivo ovunque, eccetto in Giappone. Rispetto al pari periodo dello scorso anno, le vendite a valore nei top 13 mercati si sono chiuse nei primi 7 mesi 2021 in crescita dell’11,1%. A sorridere sono tutte le principali piazze per il vino tricolore, con Stati Uniti e Germania più vitali che mai e sempre più mercati di riferimento, con balzi rispettivamente del 9,5% (a 1,1 miliardi di euro) e del 9,9%. Ma anche con Svizzera, Canada e soprattutto Russia e Cina, che segnano incrementi in doppia cifra e fanno passare in secondo piano l’andamento lento degli ordini da Regno Unito (comunque stabile), e Giappone (-1,8%), su cui pesano i lunghi lockdown durati fino a 3 mesi fa. Anche nei prezzi medi il 2021 registra una netta ripresa rispetto all’ultimo anno (+8%). In generale, bene sia i vini fermi (+10,5%) che soprattutto gli sparkling (+18%).
Il ritorno francese dopo un 2020 da incubo. Con un +30,6% sul pari periodo dello scorso anno, è la Francia la regina del mercato, una super performance, anche rispetto all’eccellente risultato italiano, generato dalle pesantissime perdite accusate nel 2020. È indubbio, rileva l’analisi dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che i francesi stiano godendo di un ‘rimbalzo tecnico’ più forte rispetto ai competitor perché l’anno scorso sono quelli che hanno sofferto maggiormente (vedi dazi di Trump, chiusura horeca dove si beve Champagne e fine-wine francesi). Inoltre, con la messa alla porta dei vini australiani in Cina stanno usufruendo di un ritorno alla grande nel mercato asiatico. Un combinato disposto che pone il leader mondiale in cima alle crescite nell’ultimo anno (con lo Champagne a +35,6%). 
L’Italia fa meglio anche del 2019 (+8,5%. Francia a +3,7%). Se nell’ultimo anno è la Francia a registrare la crescita più significativa (+30,6%, con l’Italia a +11,1%), il confronto con i dati pre-pandemici (primi 7 mesi 2021 vs pari periodo 2019) è dominato dal Belpaese. La performance italiana si è infatti distinta nel biennio prima per una maggior tenuta dell’export anche sotto lockdown, poi grazie al boom di quest’anno che le ha permesso di crescere in valore dell’8,5% rispetto ai livelli 2019, con la Francia a +3,7%.
Scambi: riparte la domanda mondiale. Ripartono fortissimi gli ordini del primo mercato mondiale della domanda, gli Stati Uniti (+16%), complice soprattutto il ripristino delle scorte dei vini francesi (+45%). In generale cresce anche la domanda da Regno Unito e Germania. Fuori dal podio la Cina (-9,6%) - che evidentemente non ha ancora portato a termine l’’effetto sostituzione’ determinato dai super-dazi comminati ai fornitori australiani – superata anche dal Canada (+9,7%), sempre più mercato interessante anche per l’alto target qualitativo dei propri ordini. Molto bene anche la domanda proveniente da Svizzera e Russia entrambe con trend abbondantemente in doppia cifra.

Redazione

I rappresentanti del tavolo del settore vitivinicolo hanno incontrato il ministro delle Politiche Agricole Patuanelli e il sottosegretario Centinaio sulle principali criticità della filiera del vino, fra cui la campagna contro l’alcol tout court dell’OMS e il rischio esclusione del vino dai sostegni alla promozione. Patuanelli: non possiamo permettere «che vi siano elementi che vadano a incidere su un settore centrale della politica economica del Paese» e con riferimento al Prosek croato «non si può istituzionalizzare l'Italian Sounding».

Le problematiche legate al rischio di esclusione dei prodotti vitivinicoli dall'accesso ai fondi di promozione previsti dalla nuova riforma europea dei prodotti agricoli, la definizione del programma di promozione istituzionale del vino italiano nel mondo, lo standard value e la questione del Prošek croato.
Così una nota del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha riepilogato i temi al centro del tavolo della filiera vitivinicola convocato ieri l’altro in videoconferenza dal ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli e a cui hanno preso parte il sottosegretario con delega al vitivinicolo Gian Marco Centinaio, i presidenti di Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini, Unione Italiana Vini e il coordinatore gruppo vino di Alleanza delle Cooperative Italiane. Come sottolineato nel comunicato congiunto di ieri l’altro dei soggetti della filiera del vino, durante l’incontro è stato chiesto al Governo italiano «un intervento forte a difesa del settore vitivinicolo», messo a rischio su più fronti.
A cominciare dal «piano di lotta contro il cancro sviluppato in sede europea e il rapporto di implementazione della strategia alcol dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che contengono proposte in grado di arrecare seri pregiudizi al vino italiano». «Nel documento presentato – spiega la filiera del vino - la Commissione indica alcune azioni che intende mettere in campo per raggiungere l’obiettivo di riduzione del consumo dannoso di alcol. Il piano è anche supportato da un progetto di relazione parlamentare che inasprisce ulteriormente le indicazioni della Commissione e che rischia di dare legittimità politica alle stesse. L’OMS, inoltre, nel piano di azione dedicato, intende ridurre del 20% il consumo di alcol (e non il consumo ‘dannoso’ di alcol) entro il 2030». «Entrambi i documenti – continua il comunicato congiunto - sono in una fase piuttosto avanzata della discussione: è fondamentale che l’Italia porti avanti con atti ufficiali, in tutte le sedi opportune, istanze di equilibrio, buon senso e ragionevolezza, elementi che da sempre contraddistinguono la posizione italiana, evitando raccomandazioni fiscali e normative di tipo proibizionistico che, lungi dal colpire l’abuso, hanno il potenziale di infliggere un danno ingiustificato a un settore fiore all’occhiello dell’agroalimentare del nostro Paese e che penalizzano proprio il consumo moderato di vino, uno dei componenti principali della dieta mediterranea riconosciuta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità».
L’altro tema urgente è quello della promozione. «In Europa – afferma la filiera del vino - è stata avviata una riforma che rischia di escludere i prodotti vitivinicoli dalla possibilità di accedere al budget dedicato alle attività promozionali in Europa e nel mondo». Abbiamo chiesto «al ministro Patuanelli grande attenzione affinché il settore non sia escluso dai progetti che hanno permesso, negli anni, di raggiungere risultati importanti in termini di valore e di export». Le stesse organizzazioni della filiera vitivinicola hanno inoltre ribadito la «necessità di essere coinvolte nella definizione del piano nazionale di comunicazione istituzionale per il settore che il Mipaaf ha deciso di adottare».
Quindi è stata affrontata la questione del Prosek croato, sulla quale la Filiera ha apprezzato il sostegno del Governo e la costituzione di un gruppo di lavoro dedicato. «Ora – è stato detto - è necessario uniformare gli argomenti a difesa compatta del rigetto del riconoscimento della menzione tradizionale croata».
Infine sono state messe in evidenza «le imminenti scadenze riguardo l’OCM vino e lo standard unico sulla sostenibilità, nonché le difficoltà rispetto ai pagamenti sullo stoccaggio, riduzione delle rese e concessione delle nuove autorizzazioni».
«Il Mipaaf e tutto il Governo – è stata la risposta a tali istanze della filiera da parte del ministro Stefano Patuanelli nel suo intervento al tavolo - non possono permettere che vi siano elementi che vadano a incidere su un settore centrale della politica economica del Paese». Quanto alla promozione del vino all'estero, Patuanelli ha ribadito che «non si può mettere in discussione il valore della sana promozione del vino. Bisogna informare il consumatore e accrescere la sua consapevolezza al consumo. Il tema della promozione è centrale perché il consumatore va informato e non condizionato. E' la stessa battaglia che portiamo avanti contro il Nutriscore, un sistema che condiziona anziché informare». Infine, per quanto riguarda la questione della registrazione della menzione del Prošek croato, il Ministro ha sottolineato che «non si può istituzionalizzare l'Italian Sounding».
«E' necessario andare in Europa tutti con la stessa voce - ha aggiunto il sottosegretario Gian Marco Centinaio -. Abbiamo deciso di dare una impostazione giuridica a questa partita che riguarda tutte le denominazioni. Se si cede sul Prošek rischiamo di aprire una falla in tutte le denominazioni italiane ed europee». 

Redazione

L’Associazione Le Donne del Vino ha reso nota la proposta del vino come materia di studio in occasione del G20 Agricoltura di Firenze e sperimenterà questo insegnamento in Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia nell’anno 2021-22, poi avverrà l’estensione in tutta Italia. Il 62% dei cataloghi dei tour operator contiene un’offerta enogastronomica, 10.000 cantine cercano personale per la wine hospitality e 20.000 imprese del vino aprono le porte al pubblico. Appello della presidente Cinelli Colombini ai sommelier: «preparate centinaia di docenti».

«Attualmente alcuni presidi di scuole alberghiere hanno già attivato i corsi sul vino mentre nessun istituto turistico ha insegnamenti di questo tipo. Nella realtà invece i futuri responsabili delle sale dei ristoranti così come i futuri manager di uffici turistici, agenzie di viaggio o alberghi hanno bisogno delle nozioni base sul vino e sui territori del vino».
A sostenerlo è l’Associazione nazionale Le Donne del Vino che nei giorni scorsi a Firenze, in occasione degli appuntamenti preparatori del G20 Agricoltura, ha lanciato la proposta di «introdurre il vino fra le materie di studio degli istituti turistici e alberghieri di tutta Italia». «Nella logica dei grandi progetti europei come il Farm to Fork e la Next Generation – ha dichiarato la presidente Donatella Cinelli Colombini - crediamo nel vino come acceleratore di cambiamento sostenibile e accorciatore della distanza fra città e campagna».
Le Donne del Vino si faranno carico della sperimentazione di questi insegnamenti in tre regioni pilota: Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia. Uno o due istituti per ogni regione, già in questo anno scolastico. La sperimentazione si allargherà in tutta Italia nell’annualità 2022-2023. Poi tutti auspicano che la necessità della formazione sul vino diventi largamente diffusa e centinaia di istituti alberghieri e turistici introducano tale insegnamento. Il Progetto D-Vino è coordinato da tre associate: Roberta Urso (Sicilia), Antonietta Mazzeo (Emilia Romagna) e Roberta Lanero (Piemonte).
«Facciamo un appello alle associazioni di sommelier, assaggiatori, diplomati WSET, dottori in scienze gastronomiche perché preparino i docenti necessari a insegnare a centinaia di classi in ogni regione italiana» ha aggiunto Cinelli Colombini.
Dopo i due anni della fase sperimentale, le 950 Donne del Vino intendono rimanere nel progetto formativo solo come destinatarie delle visite didattiche perché hanno al loro interno produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier, comunicatrici, esperte di marketing, e sono quindi in grado di proporre agli studenti un’esperienza diretta di tutta la filiera produttiva del vino. Nel sogno di tutti c’è una nuova generazione di manager che continui la sua formazione anche dopo il ciclo scolastico facendo della conoscenza del vino e dell’agroalimentare un punto di forza del proprio profilo professionale.

Perché insegnare il vino negli istituti turistici e alberghieri?
«Il vino costituisce circa un terzo dei ricavi dei ristoranti – argomentano le Donne del Vino -. Sul fronte turistico vediamo che l’enogastronomia è la prima attrattiva dei viaggiatori stranieri diretti in Italia e anzi un visitatore su quattro è mosso principalmente da quella. Il 62% dei cataloghi dei tour operator contiene un’offerta enogastronomica. Ci sono circa 10.000 cantine attrezzate per la wine hospitality in costante ricerca di personale e circa altre 20.000 imprese del vino aperte al pubblico. In un’Italia dove l’agroalimentare è sempre più importante per il turismo non è possibile continuare a insegnare solo arte, territori e geografia turistica (66 ore per 3 anni) ai futuri manager dell’incoming».

I vantaggi della formazione sul vino ai futuri manager della ristorazione e del turismo
Una formazione più aderente ai bisogni dei comparti produttivi in cui gli studenti si preparano a entrare avvantaggia tutti e principalmente loro aprendogli maggiori prospettive lavorative. In generale innalza il livello dell’offerta turistica e funziona come un acceleratore per i territori del vino che hanno bisogno di personale formato nell’intera filiera che produce, commercializza e somministra il nettare di Bacco: persone che siano in grado di accrescere la conoscenza e l’apprezzamento di vino di qualità soprattutto fra i visitatori stranieri e soprattutto relativamente alle denominazioni meno conosciute. Infine, la formazione a cui le Donne del Vino intendono dare l’avvio, ha lo scopo di favorire il consumo responsabile fra i giovani. Intende creare degli ambasciatori della cultura enologica in grado di influenzare i coetanei in una logica di peer education. Infatti, anche se l’assaggio del vino sarà riservato solo ai maggiorenni, una parte importante della formazione sarà finalizzata al contrasto dell’abuso e del binge drinking.

Chi sono le Donne del Vino
Le Donne del Vino sono l’associazione di enologia al femminile più grande del mondo. Nata nel 1988, conta oggi quasi 950 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste. Le Donne del Vino sono in tutte le regioni italiane coordinate in delegazioni.
L’associazione è senza scopi di lucro e promuove la cultura del vino e il ruolo delle donne nella filiera produttiva del vino. Due anni fa hanno costituito un network internazionale con 10 associazioni simili in altre parti del mondo. Attualmente promuovono indagini sul Gender Gap nelle cantine e sull’uso del vetro leggero. La collaborazione con università e strutture formative ha permesso un forte incremento dell’attività didattica in favore delle socie specialmente nei settori del marketing e della comunicazione. Maggiori notizie sono nel sito e nel blog ledonnedelvino.com oltre che nel mensile D-News inserto del Corriere Vinicolo.

Redazione

impianti di vigneti in Toscana
Si prospettano seicento ettari di nuove vigne in Toscana. Una nota della Regione Toscana ha annunciato oggi che è in dirittura d’arrivo il provvedimento regionale con cui viene approvato l'elenco delle aziende toscane beneficiarie delle autorizzazioni per nuovi impianti di vigneti per uva da vino, con validità di tre anni a decorrere dalla data di approvazione dell’atto. Le nuove autorizzazioni per impianti viticoli vengono concesse alle 895 aziende che ne hanno fatto richiesta e consentiranno di impiantare un totale di 600 ettari (la quota destinata alla Toscana dal Ministero dell’agricoltura, a fronte di una richiesta totale di oltre 4500 ettari), corrispondenti all’1% dell’intera superficie toscana investita a vigneti».
«Si tratta di un provvedimento molto atteso dai viticoltori toscani - ha dichiarato la vicepresidente ed assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi - per il quale avevamo più volte sollecitato il Ministero alla definizione delle procedure preliminari, affinché i nostri viticoltori non perdessero la stagione propizia per effettuare i lavori di preparazione del terreno, l’approvvigionamento delle barbatelle e di quant’altro necessario alla buona realizzazione delle nuove superfici vitate».
Le aziende a cui sono state concesse autorizzazioni per superfici inferiori al 50% di quanto richiesto potranno rinunciare all’autorizzazione tramite il sistema informatico di Agea entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto di concessione sul Bollettino regionale (Burt). A partire da quella data Artea provvederà a registrare sul registro telematico le autorizzazioni concesse a ciascuna impresa, al netto delle eventuali rinunce. Le autorizzazioni per nuovo impianto non usufruiscono del contributo nell'ambito della misura della ristrutturazione e riconversione dei vigneti come previsto dall'art. 46 del Regolamento (UE) n. 1308/2013.


Redazione

vigneto pistoiese

Il vice presidente di Confagricoltura Pistoia Andrea Bonacchi prevede che nel territorio provinciale pistoiese il calo di vino prodotto sarà tra il 15% e il 20%. Bonacchi: «l’andamento climatico si è fatto sentire e peserà sulle quantità prodotte, ma la qualità dei vini sarà ottima nelle aziende ben gestite; però non sarà una vendemmia facile e le tecniche di fermentazione faranno la differenza». Meglio i rossi dei bianchi. Ottimismo sulle prospettive di mercato fra prezzi in rialzo e vendite in crescita.


«Il quadro sintetico è questo: meno prodotto, qualità ottima in particolare dei rossi e prezzi tendenzialmente in aumento».
Così Andrea Bonacchi, vice presidente di Confagricoltura Pistoia e titolare di un’azienda vitivinicola leader a livello provinciale con terreni anche in altre aree della regione, riassume le sue previsioni sulla vendemmia 2021 a livello provinciale, due giorni dopo la diffusione del tradizionale report con le stime dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), dell’Unione italiana vini (Uiv) e di Assoenologi, in cui si prevede un calo della produzione pari al -9% di vino a livello nazionale, con grandi differenze non solo fra macro aree (nord e centro al -12%, sud al -5%) ma anche fra specifiche zone, soprattutto a causa del diverso peso delle avversità climatiche (vedi). Ma a causa anche in certa misura, come spiega Bonacchi, del differente sistema di irrigazione, fra aree in cui c’è solo «irrigazione di soccorso», come da noi in Toscana, a vantaggio della qualità, e aree in cui si fa «irrigazione ordinaria», che ha consentito di difendersi meglio dalla siccità estiva. 
«Sarà una vendemmia abbastanza complessa per non dire complicata – afferma il vice presidente di Confagricoltura Pistoia Bonacchi -. Abbiamo avuto un inverno piovoso e questo ha creato riserve di acqua importanti. In primavera sono arrivate le temperature basse e le gelate, soprattutto nei fondivalle, e questo ha ridotto la produzione di uve. Poi, dopo una prima parte di estate buona, in agosto abbiamo avuto temperature altissime e in molte parti della Toscana grossi problemi di disidratazione degli acini». 
Risultato di questo andamento climatico: «vendemmia più scarsa come quantità, con forti concentrazioni dei mosti e quindi gradazioni importanti. Ciò significa difficoltà delle fermentazioni e pertanto che la tecnica di vinificazione sarà determinante: laddove ci saranno processi di fermentazione ben eseguiti, la qualità sarà ottima». E questo tipo di andamento climatico favorisce «la qualità delle uve rosse rispetto alle bianche e rosate, che saranno più penalizzate soprattutto per le temperature di agosto oltre i 40 gradi. Si può parlare di vendemmia più vocata per i rossi». 
E per quanto riguarda la stima del calo di produzione a livello provinciale, Bonacchi asserisce che: «la vendemmia sarà a macchia di leopardo, con zone dove la siccità avrà avuto più impatto e zone con rese ordinarie. A quanto ammonterà la riduzione è difficile prevederlo, ma direi nella nostra provincia fra il 15% e il 20%. E la qualità sarà invece ottima per le produzioni delle zone collinari del pistoiese e del Montalbano».
Ma Bonacchi conclude soffermandosi sulle ottime prospettive di mercato: «c’è ottimismo sui prezzi, sulla capacità di fare prezzo, perché la produzione inferiore già li sta facendo salire. E le vendite, soprattutto all’estero, sono in crescita. Mentre il canale gdo non ha mai smesso di andare bene, anche durante il lockdown, quando anzi è cresciuto».


Redazione

Vendemmia italiana 2021

Le previsioni di Ismea, Assoenologi e Unione Italiana Vini sulla vendemmia 2021 a livello nazionale (44,5 milioni di ettolitri, meglio di Francia e Spagna) e nelle varie regioni. Maglia nera la Toscana, la più colpita dalle avversità climatiche, che scende a 1,65 mln di ettolitri. Unici incrementi produttivi in Calabria (+10%), Sicilia (+9%) e Campania (+5%). Buoni segnali comunque dai mercati: sia per la domanda estera e quella interna che sul fronte dei prezzi, dopo la flessione dell’anno scorso.


«Poca ma buona, a tratti ottima, in un contesto di mercato in forte ripresa. Scende a 44,5 milioni di ettolitri la produzione nazionale di vino 2021, un dato in calo del 9% rispetto ai 49 milioni di ettolitri del 2020 (dato Agea) che, nonostante la contrazione determinata dalle anomalie di un meteo sempre più protagonista, non scalfisce il primato produttivo tricolore in un'annata che vede la Spagna ferma attorno ai 40 milioni di ettolitri e la Francia penalizzata da un andamento climatico particolarmente avverso». 
Viene presentata così nel comunicato di Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini la stima produttiva relativa alla vendemmia 2021 che è stata illustrata ieri nel corso della conferenza stampa online sulle previsioni vendemmiali, tenutasi alla presenza anche del sottosegretario alle Politiche agricole, alimentari e forestali, Gianmarco Centinaio. Il vigneto Italia dunque resiste, o almeno cede poco, alle avversità climatiche e «si presenta in buone condizioni non solo all'appuntamento con la vendemmia, ma anche sul fronte cruciale della ripartenza, con segnali incoraggianti sia dalla domanda estera (2,7 miliardi di euro e +11% il risultato dell'export nei primi 5 mesi dell'anno) che sul mercato interno, trainato dalla riapertura dell'Horeca e dalla ripresa del turismo». E «dopo una campagna 2020/21 con i prezzi in flessione del 3% (indice Ismea rispetto alla campagna precedente), la prospettiva di una minor produzione per la vendemmia in corso, assieme alla ritrovata dinamicità della domanda, genera ottimismo anche sull'andamento futuro dei listini».
Decisamente più negativa della media nazionale, sul piano dei livelli produttivi, la stima relativa alla Toscana, che è stata particolarmente colpita dalle avverse condizioni climatiche, e registra il maggior calo di tutta Italia: -25%, unica regione insieme alla Lombardia superare la soglia del -20% (questo è esattamente il calo della regione lombarda). In termini assoluti la produzione di vino e mosto in Toscana, secondo le stime di Assoenologi, Ismea e Uiv, calerà da 2.209.000 ettolitri del 2020 a 1.650.000 ettolitri del 2021.
 
  
Andamento climatico e vegetativo
«I mutamenti climatici - come ben sintetizzato nel sito di UIV - assieme ad un andamento meteorologico molto incerto dopo un inverno piovoso e con temperature nella norma, sono stati protagonisti anche nel Belpaese, dove le gelate primaverili, le grandinate di luglio, la siccità e le ondate di caldo estivo hanno colpito molti areali, con importanti differenze qualitative e quantitative anche in territori limitrofi». «Complessivamente, la situazione del vigneto italiano – continua il testo - appare comunque buona, mentre si attende con attenzione l’evoluzione nei mesi di settembre e ottobre. Dalle prime analisi, si evidenziano delle gradazioni medio alte, con qualche criticità sul rapporto zuccheri/acidità su cui peserà il sempre ottimo lavoro degli enologi e delle imprese in cantina». Riguardo al calendario, «la fase di fioritura è iniziata nella norma rispetto alla media 2001-2020 al Sud, mentre si evidenziano ritardi di 4-6 giorni al centro e di 6-10 giorni al Nord. Ad oggi, è stato raccolto circa il 25% dell’uva, con la Sicilia al taglio del nastro già a fine luglio. Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre si sono svolte le operazioni di vendemmia per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon) nella maggior parte delle regioni italiane, mentre si stima che su tutto il territorio il pieno della raccolta sarà quest’anno posticipato all’ultima decade di settembre, per concludersi verso la fine di ottobre se non agli inizi di novembre».
 
Geografia del Vigneto Italia 2021
Ecco come viene riassunto l’andamento regionale su World Wide Wine News. Il Veneto si conferma capofila con quasi 11 milioni di ettolitri, seguito da Puglia (8,5), Emilia Romagna (6,7) e Sicilia (3,9), per una produzione complessiva delle quattro regioni di circa 26 milioni di ettolitri, pari al 60% di tutto il vino italiano. Come anticipato, spicca la contrazione della Toscana, «vessata dalle gelate di aprile che hanno determinato una perdita del 25% del raccolto regionale», ma non è andata bene neanche nel resto del Centro Italia (Umbria -18%, Marche -13% e Lazio -10%). Al Nord è la Lombardia a registrare il decremento maggiore (-20%), mentre sul versante Est si segnala il -15% dell’Emilia Romagna, con il resto delle regioni che oscillano tra il -10% e -7%. E se l’Abruzzo segna il primato in negativo al Sud (-18%) seguito da Molise (-15%) e Sardegna (-15%), si distinguono con incrementi produttivi Sicilia, Calabria e Campania.
 
Le valutazioni di Ismea, Assoenologi e UIV
Per Fabio Del Bravo, responsabile Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di Ismea: «quello che all'indomani dello scoppio della crisi pandemica si preannunciava come uno dei comparti più colpiti, per via della sua forte esposizione verso il circuito dell'Horeca e i mercati esteri, ha invece dimostrato una straordinaria capacità di adattamento. Senza voler sottostimare le difficoltà finanziarie affrontate da tante aziende, va evidenziato come la crisi abbia fornito alle cantine italiane uno stimolo straordinario all'innovazione digitale e alla diversificazione dei canali commerciali. I segnali che Ismea ha colto delineano delle buone prospettive per la campagna che sta per aprirsi, grazie al significativo rimbalzo dell'export, al rialzo dei listini, e alla ripresa dell'ontrade. Allo stesso tempo, il buon andamento registrato delle vendite domestiche favorisce l'ottimismo fornendo un chiaro segnale del maggiore orientamento dei consumatori verso la qualità. La campagna in corso, su livelli più bassi in termini quantitativi ma verosimilmente con uve di ottima qualità, sembra quindi poter ben accompagnare il percorso verso la Premiumisation che sta negli ultimi tempi interessando la domanda nazionale e internazionale di vino».
«I cambiamenti climatici, con una tropicalizzazione del clima, stanno condizionando sempre più il mondo dell'agricoltura e quindi del vino - ha dichiarato Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi -. È compito di noi enologi mitigare gli effetti negativi ed esaltare quelli positivi, con particolare attenzione alla custodia e alla sostenibilità ambientale, elementi ormai necessari anche per un adeguato riconoscimento da parte dei consumatori. La qualità dipende anzitutto dall'andamento climatico, ma molto anche dal modo di condurre la vigna attraverso la scienza e la conoscenza che sono alla base dell'attività di noi enologi: laddove viene applicata con la massima meticolosità avremo una vendemmia molto buona, in alcuni casi ottima ed eccellente. Questo, unito alle caratteristiche eterogenee del nostro territorio, porta a una situazione di previsioni vendemmiali molto differenti, anche in zone limitrofe. Ma per l'eccezionale capacità della vite di adattarsi e al lavoro incessante di vignaioli ed enologi, come detto, la qualità delle uve appare buona, con punte di eccellenza, in tutto il vigneto Italia». 
Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, ha commentato: «questa, che potremmo chiamare la vendemmia del rilancio, si presenta in un quadro positivo che ci aiuta a proseguire il nostro entusiasmante sviluppo sui mercati internazionali. Segnali di forte crescita si registrano, nel primo semestre 2021, su tutte le principali piazze, come Usa (+18% valore), Canada (+13%), Svizzera (+19%) e Giappone (+2%), ma assistiamo a forti rimbalzi anche in Russia e Cina. Sono dati positivi che devono spronarci a fare ancora di più e meglio anche per aiutarci a verificare sul mercato la possibilità di trasferire, almeno in parte, il fisiologico rialzo dei prezzi che subirà il vino a causa di una quantità di uva minore rispetto allo scorso anno e di ottima qualità. È necessario quindi proseguire con determinazione, spirito di squadra e "logica di sistema" nella promozione del "sistema Italia" che, lo diciamo da tempo, è quanto mai necessaria e complementare alla promozione di brand, con effetti positivi sull'immagine del nostro Paese e dell'enoturismo. Il Mipaaf - ha aggiunto - su questo tema deve giocare un ruolo da protagonista coinvolgendo le imprese nella definizione di azioni, mercati target e strumenti di comunicazione, affinché si lavori a progetti collettivi ed efficaci. Per quanto concerne la sostenibilità, in attesa dell'approvazione entro fine settembre del decreto che definirà lo standard unico e il logo sulla sostenibilità nel vino, cogliamo l'opportunità per sollecitare nuovamente il ministro Patuanelli a definire una chiara roadmap verso l'attuazione della normativa fortemente attesa dal settore».

Redazione