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Il CCO di Royal FloraHolland Ruud Knorr: fatturato record di 170 milioni di euro nella settimana precedente la Festa della Mamma 2021 anche grazie alle aste dei fiori recisi. Osservazioni sugli aggiustamenti del sistema che ruota attorno all’orologio e sull’implementazione dell’asta nazionale.

«Nel periodo precedente alla Festa della Mamma, Royal FloraHolland non è soltanto riuscita a registrare un ottimo fatturato nel proprio marketplace, ma ha potuto riportare un vero e proprio fatturato settimanale record di oltre 170 milioni di euro. E ciò grazie in parte alle aste».
E’ quanto reso noto nei giorni scorsi dal CCO (Chief Communication Officer) della cooperativa olandese leader della filiera florovivaistica europea, Ruud Knorr, che in una approfondita nota pubblicata sul proprio sito web ha fornito ulteriori dettagli su questo risultato e considerazioni relative al ruolo delle aste nel commercio florovivaistico: «il prezzo medio dei fiori recisi è salito alle stelle. Negli ultimi anni la quota delle aste è diminuita a piccoli passi fino a raggiungere il 40% [del fatturato, ndr] l’anno scorso. Ma i fiori recisi sono tuttora per la maggior parte commercializzati all’asta. La quota imputabile all’orologio nei fiori recisi è del 60% in termini di fatturato e del 54% in termini di volumi quantitativi. Questo dimostra che i prezzi dei fiori recisi sono maggiori all’asta che nei flussi diretti».
«Un'asta per mezzo di un orologio d'asta è uno strumento unico che in inglese viene anche chiamato “asta olandese”. L'orologio dimostra il suo valore giorno dopo giorno», ha argomentato il CCO di Royal FloraHolland, aggiungendo che: «l'anno scorso 1,8 miliardi di euro di fatturato sono stati venduti all’orologio. Ciò è avvenuto tramite quasi 6.300 connessioni KOA [per gli acquisti in remoto, ndr] suddivise tra quasi 1.500 clienti. L'orologio come buon strumento di vendita è, subito dopo il buon regolamento finanziario, il motivo principale della soddisfazione dei coltivatori per i nostri servizi. Il fatto che il 93% dei coltivatori conferisca all’asta sottolinea la sua importanza. I compratori all’asta mettono l’orologio al primo posto. Di tutti i buyer, l'84% opera alle aste. Non esiste strumento migliore per ottenere prezzi ottimali. Il successo dell'orologio negli ultimi cento anni ne è la prova. Inoltre c’è un contesto di mercato trasparente in cui vengono riunite un'enorme varietà di domanda e offerta».
«È bello vedere che i principi di base dell'orologio sono rimasti invariati in cento anni – ha aggiunto Ruud Knorr - ma è necessario e importante mantenere l'orologio costantemente al passo con i tempi e adattarlo dove necessario. La forza e la vitalità dell'orologio si riflettono negli aggiustamenti che sono stati effettuati nel tempo, soprattutto negli ultimi anni. Ad esempio, KOA [il sistema di acquisto in remoto, ndr] non solo ha assicurato un aumento considerevole del pubblico acquirente, ma ha anche assicurato che le aste potessero continuare lo scorso anno quando la capacità nelle sale d'asta doveva essere drasticamente ridotta. È stata una benedizione in questi tempi così difficili!».
«Ovviamente l'orologio non sta da solo – ha precisato il CCO di FloraHolland -. Vi è una combinazione di negoziazioni, logistica e regolamento finanziario. L'orologio soddisfa in questo modo le esigenze degli utenti. Lo facciamo anche migliorando l'affidabilità delle informazioni sulla qualità dei prodotti e sviluppando una procedura di reclamo valida e priva di ambiguità. Questi sono i presupposti per un orologio ben funzionante. Un altro fattore di successo è come e in che misura possiamo connetterci ai processi aziendali degli acquirenti in futuro. La logistica degli adempimenti è la nostra risposta».
«Stiamo molto attenti con l'orologio – ha continuato Ruud Knorr -.  È troppo importante. Nel corso del tempo sono state fatte molte ricerche e molti piani. Prima di cambiare qualcosa, devi essere sicuro, ovviamente. Questo contraddistingue anche il nostro approccio all’asta nazionale. Ad esempio, abbiamo acquisito esperienza nel progetto pilota Cut-Anthurium e presso la sede di Eelde, e optiamo per un'implementazione graduale. Apporteremo il maggior numero di modifiche possibile in stretta consultazione con coltivatori e acquirenti. L'asta di livello nazionale è un balzo in avanti. Stiamo investendo tutto in un buono e morbido atterraggio».
«Dopo la festa della mamma – ha concluso Knorr -, non vediamo l'ora che arrivi il prossimo momento di punta, la Festa della Mamma francese di domenica 30 maggio. Sono curioso di vedere se riusciamo a mantenere il buon flusso».

Redazione

Battesimo ufficiale il 5 maggio in un incontro fra il sottosegretario per le Politiche agricole Centinaio e le maggiori organizzazioni italiane impegnate nel turismo enogastronomico: associazioni Città del Vino e Città dell’Olio, il Movimento Turismo del Vino e il Movimento Turismo dell’Olio, la Federazione Italiana delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori e l’Unione Italiana Vini, che hanno già avanzato istanze e progetti, fra cui un confronto permanente sul Pnrr.

Sei mesi fa il Patto di Spello, con al centro un piano condiviso per superare la terribile crisi causata nel turismo enogastronomico dalla pandemia e per preparare il rilancio post Covid. E ora, 5 giorni fa, a seguito dell’invio di un documento congiunto delle sei organizzazioni principali del comparto, un incontro con il sottosegretario per le Politiche agricole e forestali Gian Marco Centinaio nel corso del quale è stato costituito ufficialmente il “Tavolo del Turismo Enogastronomico” italiano.
La data del battesimo ufficiale è il 5 maggio e i soggetti coinvolti sono Associazione Città del Vino, Associazione Città dell’Olio, Movimento Turismo del Vino, Movimento Turismo dell’Olio, Federazione Italiana delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori e Unione Italiana Vini. Associazioni che rappresentano uno dei fiori all’occhiello del made in Italy: «un sistema variegato fatto di artigiani del gusto, di imprenditori, di agricoltori, di comuni, di ristoratori e albergatori» che costituisce un volano economico ma anche una componente identitaria fondamentale del nostro Paese, il suo plus di storia, cultura e tradizione che il mondo invidia e che ci rende una delle mete più ambite dai turisti di ogni latitudine.
Durante l’incontro con l’ex ministro alle Politiche agricole e al turismo Centinaio, che ha rappresentato «un primo seguito alle linee guida tracciate dal presidente del consiglio Mario Draghi che ha sottolineato l’importanza del turismo per l’Italia» e «la funzione strategica della Carta Verde» per una sua ripartenza, le associazioni hanno fatto il punto della situazione a oltre un anno dall’inizio della crisi e hanno chiesto un «coinvolgimento attivo nell’attuazione delle politiche relative al “Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)”».
«Siamo una realtà composita che ha superato gli interessi singoli a favore di un comune intento derivante dalla consapevolezza del complesso universo che rappresentiamo – hanno dichiarato le sei organizzazioni -. Il nostro settore è strategico e chiediamo di essere considerati un interlocutore privilegiato che possa contribuire alla maggiore sintonia tra privato e pubblico. Ci auguriamo di poter avviare una consultazione permanente con referenti istituzionale con cui poterci confrontare e ai quali fornire supporto ed esperienza».
Apprezzamento per l’iniziativa e per la rapidità della stessa, fanno sapere in una nota congiunta, da parte del sottosegretario Centinaio, che ha sottolineato l’assoluto bisogno di concretezza e la necessità di accelerare, anche in vista dell’imminente stagione turistica estiva. E ha dato il suo sì alla creazione del Tavolo permanente con partecipazione attiva delle istituzioni e ha rimarcato l’importanza di dare seguito alla richiesta di attuazione della legge sull’oleoturismo. Tra gli altri argomenti affrontati, la digitalizzazione, le infrastrutture, la formazione professionale, la tutela ambientale e la promozione e comunicazione, «passando per un portale nazionale dedicato e la creazione di un protocollo sulla cura e manutenzione del paesaggio, l’ideazione di una segnaletica puntuale, la rivalutazione dei nostri bellissimi borghi».

Redazione

 

 

L’associazione Canapa Sativa Italia, membro del nuovo tavolo tecnico di filiera, propone in primis di «chiarire la cornice normativa ed eliminare le zone di rischio per gli imprenditori, disciplinare il consumo umano del fiore e l’estrazione per fini non esclusivamente farmaceutici». Per CSI la commercializzazione del fiore di canapa non va inquadrata come quella del tabacco e bisogna «proteggere il mercato italiano della canapa alimentare e degli edibles in generale e da Big Pharma in particolare». 

Che cosa succede al mercato della pianta più antica e più curativa del mondo alle nostre latitudini? E soprattutto che cosa bisogna fare per rendere più competitiva la canapicoltura italiana?
Alcune risposte a tali domande sono contenute in un recente report di Canapa Sativa Italia (CSI), associazione che mette insieme alcuni fra i più rappresentativi esponenti del comparto canapicolo del nostro Paese e che siede al tavolo di filiera costituito all’inizio di quest’anno e insediatosi a febbraio. 
Sullo stato dell’arte, CSI ricorda «storiche evoluzioni normative come la sentenza del 19 novembre 2020 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) nella causa C-663/18, che tra le altre cose alza il velo (e la sanziona) sulla discriminazione del CBD come nutriente ancora presente nelle legislazioni di vari stati membri e rileva che siffatte legislazioni nazionali impediscono la libera circolazione di questa merce così come dei servizi, dei capitali e della forza lavoro ad essa sottesi». E poi anche la «storica dichiarazione dell’OMS (dicembre 2020) grazie alla quale l’ONU ha potuto stabilire che la cannabis è una sostanza terapeutica, rimuovendola hinc et nunc dalla Tabella 4 nella quale si trovano le sostanze a maggior rischio di abuso e senza alcun valore benefico», pronuncia di cui tutte le legislazioni e i tribunali nazionali «dovranno immediatamente tenere conto».
E, venendo allo specifico italiano, per CSI «la più antica, gustosa, terapeutica e nutriente pianta del pianeta - i cui scarti sono altrettanto preziosi quanto la parte nobile della pianta sia in bio-edilizia che nella produzione di carburanti green - trova nelle fertili terre e nei microclimi speciali delle regioni italiane l’habitat migliore». E, «nonostante un ostracismo che dura da oltre un secolo, la canapa industriale italiana continua ad avere appassionati e competenti alfieri in giovani agricoltori, sapienti trasformatori ed imprenditori, scienziati e ricercatori. In una parola i nuovi ‘pionieri’ di un settore antico, la canapicoltura, che ormai copre ogni spettro di una filiera di qualità: dall’agro-alimentare, alla nutraceutica, alla farmacopea».
Ma non sono tutte rose e fiori, soprattutto per le incertezze normative che ancora permangono da noi. Che cosa bisogna fare per superarle e stabilizzare il comparto in Italia rendendolo più competitivo?
CSI propone innanzi tutto di 1) «chiarire la cornice normativa ed eliminare le zone di rischio per gli imprenditori, disciplinare il consumo umano del fiore e l’estrazione per fini non esclusivamente farmaceutici». La legge c’è già, specifica la nota di CSI, è «la 242 del 2016 per la quale è possibile realizzare e mettere in commercio praticamente qualunque derivato della canapa. A non essere chiaramente disciplinata è la vendita dei derivati destinati al consumo umano e su questo c’è da colmare un vuoto legislativo».
Inoltre bisogna 2) «non inquadrare la commercializzazione del fiore di canapa alla stregua di quella del tabacco». Il fiore o il trinciato di canapa inquadrato come tabacco «perderebbe la maggior parte delle possibilità di valorizzazione del prodotto con identità artigianale – secondo CSI -, l'impianto normativo riferito a questo tipo di filiera tende ad avvilire e a spostare l'attenzione dalla maggior parte delle possibilità e utilizzi molto più sani della pianta. Per questo motivo immaginiamo un impianto autonomo, anche sostenuto da licenze e soprattutto procedure di controllo sulla qualità». «Come accade per le filiere del luppolo e del vino – argomenta CSI - il sistema consente di valorizzarne tutti i livelli. La filiera della canapa, a livello agro-alimentare, è più vicina al luppolo e alla vite anche secondo i marketing standard in definizione EU; queste ultime [filiere, ndr] - in quanto destinate alla produzione di un alcolico - sono molto burocratizzate e non sempre necessariamente capaci di garantire una competitività nel mercato europeo per gli operatori di filiera made in Italy». Dunque «gli usi più promettenti della canapa – sostiene CSI - sono quelli alimentari e devoti al wellness, non certo solo un prodotto destinato banalmente o esclusivamente al fumo che come tutti sanno rimane dannoso alla salute di per sé».
«Tabacco, luppolo e vite – aggiunge la nota di CSI - non hanno, tuttavia, neanche lontanamente le potenzialità della canapa, caratterizzata da una multifunzionalità senza precedenti. Per questo oltre che la vendita diretta con la predisposizione di un sistema di controllo e verifica della salubrità di tutti i derivati, attraverso protocolli accessibili e sicuri, sono necessari tanti interventi tesi a valorizzare la coltivazione della canapa di tutti i livelli trovando soluzioni moderne alle criticità e consentendo a questo settore di svilupparsi autonomamente». «Quello del fiore – si legge - è un segmento della filiera capace di portare milioni di fatturato e senza nessun supporto da parte di finanziamenti o di classiche misure tipiche delle produzioni agricole: questo incredibile slancio andrebbe protetto e sostenuto con interventi tesi a valorizzare e a favorire il consolidamento di queste realtà. Uno degli elementi più critici da inserire a livello normativo è il continuo rinnovarsi del pool geneticoi vecchi processi di registrazione varietale non sono più adatti al continuo e frenetico sviluppo di questo settore, la cui incredibile variabilità e la libertà di ricerca sviluppo e innovazione genetica è considerata uno degli aspetti più interessanti dal punto di vista scientifico, come evidenziano decine di illustri ricerche». «Un approccio di libero mercato, coerente con le possibilità tecniche già a disposizione – continua CSI - potrebbe garantire quindi la possibilità di lavorare liberamente per gli agricoltori, facendo nascere un ulteriore aspetto propulsivo del mercato che è quello degli incroci consentendo uno sviluppo creativo per queste piccole realtà d'eccellenza, una necessità per quella categoria che rappresenta di fatto l’ossatura della filiera italiana in questo secolo».
Altra proposta di CSI è 3) «incoraggiare e proteggere il mercato italiano della canapa alimentare e degli edibles in generale e da Big Pharma in particolare». Infatti, viene sostenuto, «per natura la canapa non può essere relegata a un banale, anonimo e standardizzato succedaneo del tabacco: le destinazioni d’uso reali sono ben più variegate e il consumo può avvenire in diversi modi, tutti decisamente più salutari rispetto al fumo, ma neanche rimanere di esclusivo appannaggio delle officine farmaceutiche». La realizzazione di estratti certificati, spiega CSI, «è possibile oggi solo tramite autorizzazione UCS riservata alle officine farmaceutiche che realizzano API (Active Pharmaceutical Ingredients) ai sensi della L. 309/90: si tratta di ingredienti specifici per farmaci, che non sono però utilizzabili dall’industria alimentare e cosmetica». «In relazione al mondo della canapa industriale – continua la nota - il gap legislativo italiano non ci consentirà di produrre per competere nel mercato europeo (dove sono già autorizzati impianti di estrazione per destinazione novel food / cosmesi / semilavorati) e in violazione del principio di mutuo riconoscimento oggi già subiamo l’importazione dall’estero a prezzi molto più competitivi di quanto da noi vietato».
«La legge, inoltre, - prosegue il testo - prevede un esclusivo rapporto tra l’industria farmaceutica e il produttore selezionato svilendo le possibilità che il libero mercato potrebbe offrire. Non c’è competizione sulla qualità del prodotto, il produttore deve avere già un contratto e conferire tutto il suo prodotto all’industria ancora prima di realizzarlo, quindi impedendo di fatto la possibilità di confrontarsi con gli altri players sul mercato, di valutare diverse offerte, di differenziare i propri prodotti, di avere diversi clienti, fornitori, di lavorare il proprio prodotto presso un laboratorio autorizzato e rivenderlo a proprio marchio, impedendo a queste aziende uno sviluppo di un'identità, caratteristica invece di tutte le aziende del Made in Italy presenti sul panorama internazionale, dovendo trovare le modalità di autorizzare degli impianti a questo specifico scopo ed evitando le logiche della L. 309/90, o quantomeno distinguendo i processi farmaceutici da quelli più economici del settore alimentare o cosmetico in larga scala».
Eppure, afferma CSI, «la destinazione alimentare del fiore, ma soprattutto dei diretti derivati detti edibles, rappresenterebbe un volano economico e culturale non indifferente e un aiuto alla filiera con un grado di evoluzione che integrerebbe tutti i suoi comparti a destinazione umana, quale probabile approdo di un consolidamento del novel food». «Nell’ottica di valorizzare la produzione artigianale – aggiunge la nota - purtroppo le procedure relative all'application di un novel food, a causa della dimensione produttiva di molte piccole realtà italiane, sono un ostacolo insuperabile per le stringenti e costose procedure necessarie alla registrazione». E «l’Italia ha un mercato alimentare troppo variegato per poter puntare su pochi prodotti standardizzati».

Redazione

 

 

Il 9 maggio nel «borgo della felicità» irpino si apre il concorso “Cairano fiorito 2021” sotto la direzione artistica del celebre regista Franco Dragone. La premiazione delle composizioni floreali più meritevoli in calendario il 18 luglio 2021.

«Promuovere i valori ambientali e la cultura del verde, come elemento di decoro e bellezza, fra i cittadini del borgo» e diventare «il paese più fiorito d’Italia».
Questi gli ambiziosi intenti del team del Cairano Resort che organizza a partire da domenica 9 maggio nel borgo biologico di Cairano, il «borgo della felicità» situato in provincia di Avellino nel cuore verde dell’Irpinia, il concorso di composizioni floreali “Cairano fiorito 2021”.
Una manifestazione che avrà una direzione artistica di livello internazionale a cura del celebre regista teatrale italiano naturalizzato belga Franco Dragone, che è nato proprio a Cairano prima di trasferirsi a soli sette anni in Belgio. Un regista noto anche per la cura di grandi eventi, come ad esempio le cerimonie di apertura e chiusura dei Mondiali di calcio in Brasile nel 2014, tanto per citarne uno che più o meno tutti abbiamo visto.
Il concorso, che si concluderà il 18 luglio con le votazioni di una giuria tecnica di esperti della filiera floreale e la premiazione dei vincitori, prevede che i cittadini di Cairano partecipanti realizzino delle composizioni vegetali di piante e fiori con cui abbellire i propri balconi, i vicoli del borgo, i muri delle case e gli spazi pubblici messi a disposizione. Per farlo potranno recarsi in una piazza di Cairano e scegliere fra i fiori e le piante lì esposti da un importante vivaista. Da quel momento potranno dare spazio alla propria creatività e realizzare le decorazioni floreali che hanno immaginato. 

Redazione

 

 

La misura della Regione Toscana fissa un tetto di 200 mila euro e va ad aziende con meno di 500 dipendenti che abbiano subito riduzioni di fatturato nel 2020. La scadenza è il 30 giugno. L’assessore all’agroalimentare Saccardi: «un'opportunità gratuita per gli imprenditori in sofferenza a causa dell’emergenza sanitaria».

Hanno tempo fino al 30 giugno le imprese agricole e agroalimentari per ottenere prestiti in liquidità fino a 200mila euro con garanzia gratuita. E’ la misura messa a punto dalla Regione Toscana rivolta alle aziende colpite dall’emergenza pandemica, che hanno bisogno di sopperire a necessità di risorse liquide: deriva dalle misure 4.1.6, rivolta alle imprese agricole, e dalla misura 4.2.2, rivolta alle imprese agroalimentari, del Programma di sviluppo rurale Feasr 2014-2020.
«E’ un’opportunità – spiega la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi - che abbiamo voluto creare per rendere possibile ottenere garanzie gratuite previste nella programmazione dello sviluppo rurale anche per l’erogazione di liquidità a favore degli agricoltori in sofferenza a causa del periodo che stiamo attraversando. Sappiamo che adesso l’urgenza è rappresentata in molti casi dalla mancanza di disponibilità e cerchiamo quindi di venire incontro a questa necessità».
Le Pmi e le Smal Mid Cap (imprese che indipendentemente dal fatturato hanno un numero di dipendenti inferiori a 500 unità) che sono state colpite dalla crisi potranno dunque chiedere liquidità non superiori a 200 mila euro, alle banche convenzionate e i prestiti dovranno essere erogati entro il 30 giugno 2021.
Tra i requisiti: occorre avere avuto nel 2020 una riduzione di fatturato rispetto al 2019. Viene meno quindi, rispetto a prima, l'obbligo di presentare giustificativi basati su piani aziendali o documenti equivalenti e prove che dimostrino che il sostegno fornito tramite lo strumento finanziario sia stato utilizzato per gli investimenti.
Le banche abilitate sono la Banca di Cambiano, il Monte dei Paschi di Siena, Credem, Creval e Iccrea Banca impresa.

Redazione