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La notizia è di quelle che non ci si aspetterebbero mai: la Toscana è la seconda regione italiana (preceduta dalla Campania) per numero di illeciti agroalimentari. Occupa addirittura il primo gradino del podio, se si considera il valore dei beni sequestrati, che hanno superato i 400.000€.

È questo l’allarme lanciato da Coldiretti sulla base del rapporto “Frodi alimentari” redatto dal Corpo Forestale dello Stato e relativo all’anno 2014. Dal rapporto si evince che la maggior parte dei controlli si è svolta per lo più sul settore vitivinicolo, che ha subito 241 ispezioni, mentre le verifiche su etichettature e tracciabilità ne hanno subite 240.

Coldiretti evidenzia come la toscana sia la prima regione italiana per export di olio, e proprio per questo “è diventata terra di conquista per multinazionali e grandi gruppi industriali che l’hanno trasformata in una piattaforma di passaggio e confezionamento di molti prodotti”. In particolare, è proprio l’olio il prodotto più “aggredito”, dal momento che in Toscana si ha una delle concentrazioni più significative dei produttori (17,3%) e trasformatori (16,9%).

Allarma poi il rischio di immissione sul mercato di prodotti provenienti da Paesi esterni all’Unione Europea, tipo la Tunisia, in cui è consentito l’uso di pesticidi dannosi per la salute. Per questo il presidente della Coldiretti Toscana, Tullio Marcelli, si congratula con la Magistratura e le forze dell’ordine per le attività di contrasto, confermando però “la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie troppo larghe della legislazione, a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle materie prime”, garantendo così la tracciabilità degli scambi commerciali

Redazione Floraviva

Ottimi gli aiuti della Regione Toscana all'avvio di aziende agricole di giovani, ma nel primo bando tagliati fuori i florovivaisti. Sono oltre 20 infatti le domande di sostegno all'avviamento di impresa nell'ambito del Pacchetto Giovani che sono transitati da Cia Pistoia riguardavano il settore florovivaistico (vivaismo ornamentale pistoiese e/o floricoltura pesciatina). Ma nessuna di queste domande è tra le 59 ammesse, su 159 che erano state presentate nella provincia di Pistoia, ai finanziamenti regionali. E questo è un bel problema per un settore fondamentale dell’agricoltura pistoiese come il florovivaismo. E anche un paradosso, visto che in media i vivai generano più reddito per ettaro e più occupazione di tanti altri settori agricoli.
Cia Pistoia lancia l’allarme su un aspetto forse imprevisto, e comunque da correggere, del pur apprezzatissimo bando della Regione Toscana “Aiuto all'avviamento di imprese per giovani agricoltori - Pacchetto Giovani – 2015”, di cui nei giorni scorsi sono stati presentati i risultati sia dalla Regione che sulla stampa locale, ad esempio nel Tirreno Pistoia di venerdì scorso.
La causa di questo esito, secondo il funzionario di Cia Pistoia Francesco Troiano, sta nei criteri adottati nel bando per assegnare i punteggi ai progetti di impresa allegati alle domande degli aspiranti giovani agricoltori. Ad esempio, spiega Troiano, «settori agricoli come l’olivicoltura o l’allevamento ricevevano molti punti. E lo stesso valeva per progetti ubicati in zone montane, che ovviamente non riguardano i vivai dei florovivaisti, ubicati in zone pianeggianti».
Il punto, per Cia Pistoia, non è di eliminare tali criteri, che in sé hanno una ragion d’essere, ma di prevederne di nuovi che consentano di accedere ai finanziamenti anche alle aziende del florovivaismo. Altrimenti si finisce per penalizzare il ricambio generazionale e la creazione di nuove imprese proprio nel settore di punta dell’agricoltura pistoiese, che fra l’altro è di solito caratterizzato da imprese che producono maggiori redditi e creano più occupazione.
A tal riguardo, Cia Pistoia suggerisce quindi, per i prossimi bandi destinati a sostenere l’apertura di nuove imprese di giovani agricoltori, di dare più punti al parametro “reddito lordo ad ettaro”, che, oltre a far risalire la china dei punteggi alle imprese florovivaistiche, dovrebbe favorire in generale la creazione di aziende capaci di dare un contributo maggiore allo sviluppo economico della regione.
 
Redazione Floraviva

La notizia è di quelle che rischiano di far tremare la terra sotto i piedi della Commissione Europea, se è vero che le modifiche del regolamento UE 607/2009 in materia di “denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli” risulteranno in un’ottica penalizzante per l’Italia.

L’allarme lanciato da Coldiretti riguarda la potenziale perdita di 3 miliardi di euro di ricavi, se l’Unione Europea deciderà di superare l’attuale normativa e procedere ad una liberalizzazione delle etichette, che consentirebbe ad aziende vinicole di qualunque angolo d’Europa di apporre sulla propria bottiglia indicazioni di vitigni tipicamente italiani, come possono essere il Lambrusco, il Primitivo, l’Aglianico o il Sangiovese.

Un danno non indifferente per la nostra economia, che ridurrebbe la storia produttiva e il suo legame con il territorio ad una mera categoria merceologica. Infatti, il nodo ruota tutto intorno ad un cavillo, ovvero alla definizione dell’identità del vino in base al vitigno, piuttosto che al luogo di produzione.

Per la Coldiretti si tratta di concorrenza sleale, che fa gola a competitor tradizionali come la Spagna, ma anche a paesi emergenti nel panorama viticolo comunitario, che vorrebbe equiparare l’uso di vitigni internazionali come Chardonnay e Merlot con gli autoctoni che caratterizzano il Vigneto Italia, che può contare su ben 500 varietà di uve da vino”.

Su questo punto il Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha chiesto chiarimenti in Commissione Europea, ma il Commissario Phil Hogan ha rassicurato l’Italia che non ci saranno ripercussioni che “penalizzino l’attuale modello del sistema vitivinicolo italiano di qualità”.

Il 2015 ha visto l’Italia rubare alla Francia il primato della produzione mondiale di vino. La produzione Made in Italy genera un fatturato di oltre 9,5 miliardi di euro solo in Italia e lavoro 1,25 milioni di persone.

 

Redazione Floraiva

risicoltura

Il quadro normativo di riferimento per l’utilizzo degli agrofarmaci, sempre più indirizzato verso un uso sostenibile a basso impatto sulla salute e sull'ambiente, ha ridotto di circa il 70% i principi attivi disponibili sul mercato, determinando tuttavia anche una forte limitazione dei meccanismi d’azione utili impiegabili per la difesa delle colture e favorendo nel tempo l’insorgenza di resistenze.

In questo scenario, il riso italiano rischia di perdere competitività nei confronti dei prodotti provenienti da Paesi extracomunitari che hanno meno limitazioni nella difesa delle piante, nonché di dover rinunciare al ruolo di market leader tra i Paesi UE sia in termini quantitativi, sia qualitativi.

L’Italia, con i suoi circa 250 mila ettari coltivati a riso rappresenta praticamente la metà della superficie investita (poco meno di 500 mila ettari) e della produzione raccolta (3,2 milioni di tonn) nell’Unione Europea.
 
agraria castellareConfagricoltura, con il convegno “Agrofarmaci in risicoltura: impiego sostenibile e competitività delle imprese”, che si terrà il 1° febbraio 2016 a Mortara (PV) - storico centro della risicoltura lombarda - ha l’obiettivo proprio di approfondire gli aspetti legati all’uso degli agrofarmaci nella coltivazione del riso dal punto di vista economico e ambientale, per migliorarne la sostenibilità.
 
Su tali temi, dopo l’introduzione di Fulco Gallarati Scotti, presidente della sala di contrattazione della Borsa Merci di Mortara e della Federazione nazionale risicoltori di Confagricoltura, porteranno il loro contributo il prof. Aldo Ferrero dell’Università di Torino, Giuseppe Sarasso agronomo esperto del settore, Beniamino Cavagna della Regione Lombardia e Elena Anselmetti della Regione Piemonte.
 
Il convegno terminerà con una tavola rotonda in cui interverranno  Giovanna Azimonti dell’ICPS (Centro Internazionale per gli Antiparassitari e la Prevenzione Sanitaria, Milano), esperta designata dal ministero dell’Ambiente nella Commissione consultiva per i prodotti fitosanitari; Bruno Caio Faraglia, dirigente del Servizio fitosanitario centrale, produzioni vegetali del Mipaaf; Michele Pisante commissario delegato CREA; i presidenti dell’Ente Risi, Paolo Carrà e dell’Associazione delle industrie risiere (AIRI), Mario Francese; Alberto Ancora, Responsabile Divisione Crop Protection Sud Europa, BASF. La tavola rotonda sarà moderata da Paolo Viana – Direttore RISOITALIANO.EU.
 
Concluderà il dibattito il presidente nazionale di Confagricoltura Mario Guidi.
 
Redazione Floraviva

Secondo i dati del Direttorio Generale dei Clienti (spagnoli) processati da FEPEX - la Federazione Spagnola delle Associazioni di Produttori di Frutta, Ortaggi, Fiori e Piante – i numeri delle esportazioni spagnole di fiori e piante tra gennaio e novembre del 2015 hanno visto un aumento del 3%, se comparati con quelli dello stesso periodo del 2014.

Un aumento delle esportazioni che ha interessato anche tutti i sotto settori, incluso quello delle piante vive, dei fiori recisi, del fogliame e dei bulbi. In particolare, il settore delle piante vive ha totalizzato 227 milioni di euro di ricavi, corrispondenti a circa l’1% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Di questi ricavi, circa 80 milioni di euro riguardano le piante da giardino, e 50,7 milioni quelle da appartamento. Un notevole incremento si segnala per quanto riguarda l’esportazione di fiori recisi (+10%).

Secondo FEPEX, questo successo nelle esportazioni di fiori e piante vive, così come la crescita del settore delle piante ornamentali, è dovuto principalmente alla partecipazione congiunta delle aziende alle più importanti fiere internazionali, tra cui quella di Essen, in Germania. Questa è senz’altro al fiera più importante in Europa e l’anno scorso ha visto la partecipazione di oltre 1600 espositori da più di 40 paesi europei. Le aziende spagnole erano 32, e hanno partecipato congiuntamente sotto le insegne della FEPEX.

Queste partecipazioni fieristiche sono frutto di un accordo tra la stessa FEPEX e il Ministero per l’Agricoltura spagnolo, con l’obiettivo di promuovere la qualità della produzione florovivaistica spagnola sui mercati internazionali.

Redazione Floraviva