Filiera vite-vino
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A Firenze l’11 febbraio i dati d’Ismea sul vino toscano: record in valore per l’export di DOP (690 mln, +7%) e 7 mila euro a ettaro di ricavo medio delle vigne.
Negli ultimi anni «è cresciuta anche la superficie vitata biologica». «L’ultimo dato disponibile, del 2021, - spiega il report - contava oltre 25 mila ettari in bio che rappresentano il 40% dell’intera superficie regionale e il 20% del totale della superficie a vite bio in Italia. La produzione stimata di vino biologico della regione è di circa 350mila ettolitri, il 15% dei 2,2 milioni di ettolitri a livello nazionale. Una produzione, quella bio, sempre più apprezzata dai consumatori più giovani».
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Dal 26 al 28 febbraio la 2^ Slow Wine Fair, organizzata da BolognaFiere e Sana con direzione artistica di Slow Food: 750 cantine da 21 Paesi dei 5 continenti.
L.S.
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A BuyWine, vetrina internazionale del vino toscano, 47 denominazioni, 1400 etichette di 230 aziende per 160 buyer da 39 Paesi. Apre la Settimana delle Anteprime
Redazione
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Dalla presidente di Federvini Pallini, in audizione alla Camera, 7 proposte per sostenere nel difficile scenario il comparto vino (12 mld) in primis all’estero.
«Aumento dei costi energetici e delle materie prime, scenario geopolitico incandescente, attacco al consumo moderato», da ultimo con la notifica da parte dell’Irlanda all’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization) della sua nuova normativa che prevede etichette con alert simili a quelli delle sigarette anche sui vini. È una «fase di difficoltà per le imprese italiane del vino e degli spiriti», per cui «diventa imprescindibile un intervento per agevolarne l’attività, soprattutto sui mercati esteri».
Lo ha sottolineato il 7 febbraio la presidente di Federvini Micaela Pallini durante un’audizione presso la Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, in cui ha esposto anche una serie di proposte operative.
Lo scenario attuale è così tratteggiato da Federvini, con riferimento ai settori da essa rappresentati. I comparti del vino (12,2 miliardi di euro), degli spiriti (4 miliardi di euro) e degli aceti (1 miliardo di euro) valgono complessivamente l’11% del fatturato totale dell’industria alimentare italiana. I vini, gli aperitivi, i liquori, i distillati e gli aceti, in particolare l’Aceto Balsamico di Modena IGP, rappresentano delle vere e proprie eccellenze nel panorama agroalimentare Made in Italy. Nel 2022 il vino ha toccato il record di 8 miliardi di euro di export (+12% rispetto all’anno precedente), così come gli spirits (1,7 miliardi di euro). Positivo anche il risultato per gli aceti, in particolare balsamici, che vedono chiudere l’anno con una crescita delle esportazioni (a valore) del 15%.
Però, spiega Federvini, «l’attuale scenario geopolitico, segnato dal conflitto russo-ucraino, sta mettendo a dura prova le aziende che sono costrette a diversificare strategie di mercato e destinazioni». «Le maggiori difficoltà – viene spiegato - risiedono nelle barriere di accesso ai mercati (certificati onerosi, parametri analitici diversi da quelli previsti dalla legislazione UE, procedure di registrazione - ad esempio in Cina - complesse) e nella necessaria tutela delle nostre indicazioni geografiche (basta ricordare il caso Prosek con la Croazia e l’uso improprio del termine balsamico per gli aceti in Slovenia e Cipro)».
A fronte di tutto ciò, questi sono i sette interventi auspicati dalla presidente di Federvini Micaela Pallini:
1) attivare forme di defiscalizzazione dei fatturati derivanti dall’export;
2) prevedere la facoltà di esporre in bilancio come spese pubblicitarie e promozionali i costi di ospitalità, tanto più se collegate a manifestazioni ed eventi in Italia e all’estero con la presenza di giornalisti e/o operatori professionali;
3) incentivare le aggregazioni e le fusioni per accrescere la forza dimensionale e finanziaria delle nostre aziende;
4) semplificare e sburocratizzare una serie di adempimenti di natura amministrativa e fiscale. Per esempio, le vendite a distanza, o intervenire sul collegamento dello schedario viticolo al registro vitivinicolo;
5) rafforzare le forti relazioni di collaborazione con Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e Istituto per il Commercio Estero (ICE) e organizzare specifiche missioni basate su una forte strategia di diplomazia economica;
6) avviare un progetto promozionale coordinato tra le diverse Camere di Commercio all’estero che rappresentano un utile strumento di valorizzazione delle nostre eccellenze;
7) contrastare la contraffazione di prodotti italiani all’estero e il fenomeno dell’Italian Sounding, non solo perseguendo nelle opportune sedi le realtà coinvolte, ma anche tramite specifiche iniziative di promozione del Made in Italy nei Paesi di destinazione, nonché attraverso il coinvolgimento delle comunità italiane residenti all’estero.
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Oss. UIV-Vinitaly: vendite -9% in quantità e -5% in euro per il vino italiano nel circuito retail e gdo dei 3 maggiori mercati esteri. Vinitaly: +40% top buyer.
È stato un 2022 negativo, soprattutto in termini di quantità vendute, per il vino italiano nel circuito retail e grande distribuzione organizzata (gdo) di Stati Uniti, Germania e Regno Unito, che da soli valgono circa la metà delle esportazioni italiane.
Nei tre maggiori mercati di sbocco esteri, secondo i dati elaborati dall’Osservatorio del Vino UIV-Vinitaly su base Nielsen-IQ, lo scorso anno sono stati venduti 4,85 milioni di ettolitri di vino, equivalenti a un calo del 9% rispetto al 2021, per valori in riduzione del 5%, a 4,7 miliardi di euro. Rispetto alle vendite del 2021, manca all’appello l’equivalente di 63 milioni di bottiglie e un controvalore di 253 milioni di euro. Fra i tre mercati, le performance generali peggiori si registrano in UK (-11% volume e -8% valore), mentre gli Usa smorzano a -2% l’erosione in valore (2,1 miliardi di euro), limitando il calo in quantità a -5%. La Germania al -7% valoriale affianca una perdita del 10% di volume (1,66 milioni di ettolitri).
«Il bicchiere è però mezzo pieno – ha affermato nei giorni scorsi l’Osservatorio del vino - se si considera che alla dinamica discendente sul canale della grande distribuzione corrisponde la riapertura del “fuori casa”, con un mercato della ristorazione dato in crescita consistente. In sintesi, un ritorno alle normalità del pre-Covid, crisi economica permettendo. In tutti e tre i mercati, per diverse denominazioni si riscontra infatti un ritorno più o meno soft ai livelli del 2019, con il Prosecco che gioca una partita a parte, con incrementi in doppia cifra sul periodo».
Per il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, «queste contrazioni ci riportano ai numeri pre-Covid del comparto retail; in un certo senso stiamo tornando a una condizione di normalità, a patto che la domanda del “fuori casa” (ristoranti e locali) regga di fronte a una congiuntura difficile». «Ciò che non è normale – aggiunge Frescobaldi - è invece il surplus di costi (a partire da energia e materie prime secche) che il settore sta scontando e che pesa ancora di più in un contesto di riduzione della domanda in un canale importante come quello della grande distribuzione. Quest’anno sarà fondamentale riuscire a non deprimere l’offerta sul fronte del valore e, oltre a presidiare i mercati di sbocco, aprire alle piazze emergenti contando sull’appoggio delle istituzioni».
«Siamo convinti, ancor più in questo particolare momento storico - dichiara l’amministratore delegato di Veronafiere Maurizio Danese - che il settore non possa permettersi di allentare la presa sui suoi principali mercati di sbocco. Per questo da 20 giorni siamo impegnati con Vinitaly in un Road Show di promozione del vino italiano e di selezione dei migliori buyer da invitare a Verona; una campagna senza precedenti in 9 Paesi di 3 Continenti che prevede un’ampia presenza sulle tre piazze principali ma anche sui target emergenti. L’azione riflette un potenziamento del 30-40% degli investimenti sull’estero che, grazie anche al supporto di Ice-Agenzia, garantirà per il prossimo Vinitaly una crescita dei top buyer nell’ordine del 40%, per arrivare al raddoppio nel 2024».
Quanto all’andamento dei vari vini italiani, nell’ultimo anno forti erosioni dei volumi venduti negli Usa per Chianti (-9%), Lambrusco (-13%), Montepulciano d’Abruzzo (-12%), e Rossi piemontesi (escluso Barolo, -10%), mentre prosegue in scia positiva la corsa del Prosecco, a +4% (+41% sul 2019) e sul versante Rossi cresce del 5% il Brunello di Montalcino. In Germania, situazione complicata per il Primitivo (-8%) e contrazioni volumiche in doppia cifra per Pinot Grigio e Nero d’Avola, oltre a Lambrusco e Prosecco (-14,5%) anche nella sua versione frizzante (-26%). Prosecco giù anche nella storica piazza britannica (-15%), assieme a gran parte dei vini fermi (-10%), con l’eccezione dei Rosati, che aumentano le vendite del 40%.
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Presentato il progetto di Monitoraggio dei Vini Toscani a denominazione d’origine con partner i 7 maggiori consorzi. Saccardi: risposta a volatilità dei prezzi.
Redazione