Filiera vite-vino
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In Toscana 17 mln di euro di contributi alle aziende per ristrutturazione e riconversione vigneti: ecco i criteri. Riserva di fondi per i problemi fitosanitari.
«Dopo esserci concentrati lo scorso anno sul rinnovamento delle attrezzature di cantina, che ha coinvolto oltre 400 aziende produttrici, quest’anno abbiamo deciso di investire sul potenziale viticolo, stanziando una cifra rilevante proprio perché vogliamo aumentare la competitività delle imprese agricole toscane».
È quanto dichiarato qualche giorno fa dalla vicepresidente e assessora all’agroalimentare della Regione Toscana Stefania Saccardi annunciando lo stanziamento della Giunta regionale, su sua proposta, di 17 milioni di euro per contributi alle aziende vitivinicole toscane a sostegno di interventi di ristrutturazione e riconversione dei vigneti.
Particolare attenzione anche al contrasto alla diffusione di fitopatie, tra cui la temibile “flavescenza dorata”, che tanti danni sta facendo nel nord-Italia. «Abbiamo voluto individuare una specifica riserva di fondi – ha spiegato Stefania Saccardi - destinandola agli interventi di reimpianto per motivi fitosanitari, a cui i produttori accedono a seguito di un provvedimento di estirpazione obbligatoria emanato dal Servizio Fitosanitario. Per contrastare la flavescenza, se è vero che prevenire è molto meglio che curare, è bene però anche sostenere coloro che si impegnano ad azzerare il rischio di diffusione».
Ma vediamo i criteri che la Regione Toscana applicherà alle domande delle aziende vitivinicole di contributi per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti:
- Si potranno fare interventi su tutto il territorio regionale e non solo in determinate zone delimitate dai disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine o ad indicazione geografica.
- I beneficiari sono le persone fisiche o giuridiche che conducono vigneti con varietà di uve da vino o che detengono autorizzazioni al reimpianto valide.
- Il sostegno riguarda tutte le varietà idonee alla coltivazione sul territorio della Toscana e i vigneti devono avere un minimo di 3.300 ceppi per ettaro (3.000 in caso di intervento di sovrainnesto) per garantire l’efficacia dell’intervento.
- La superficie minima oggetto dell'intervento è pari a 0,5 ettari, ridotti a 0,3 ettari per le aziende con superficie vitata pari o inferiore ad un ettaro e a 0,1 ettari per gli interventi realizzati nelle zone di produzione dei seguenti vini a denominazione di origine protetta: Candia dei Colli Apuani, Colli di Luni, Ansonica Costa dell’Argentario, limitatamente al comune di Monte Argentario, Elba, nonché nel territorio delle isole toscane; e per gli interventi realizzati su vigneti storici/eroici, per la forte frammentazione fondiaria che caratterizza le zone di produzione di questi vini.
- Le azioni ammissibili a finanziamento sono quelle consentite dalla normativa nazionale vigente, ma si esclude la modifica del profilo del vigneto e del modellamento.
- Le azioni di ristrutturazione e riconversione dei vigneti devono essere realizzate entro 3 anni dalla data di finanziabilità della domanda di aiuto.
- Il contributo viene concesso attraverso il pagamento anticipato del sostegno per un importo pari all'80% del contributo richiesto, con successivo pagamento del saldo per la rimanente quota del 20%.
- Il limite massimo di contributo ammesso è pari a 16.000 € a ettaro, ridotto a 14.000 € a ettaro nel caso in cui il contributo richiesto complessivamente superi del 20% le risorse destinate alla misura; il contributo sale a 22.000 € a ettaro per la viticoltura nelle zone svantaggiate e per gli interventi su vigneti eroici.
- Per rendere la misura più efficacie possibile e garantirne l'accesso al maggior numero possibile di imprese, la superficie massima ammissibile a contributo per ciascuna Unità Tecnico Economica (UTE) non può superare i 30 ettari (con riferimento al totale delle azioni).
Redazione
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Il 18 febbraio il battesimo di Menfi (Agrigento) quale “Città italiana del vino 2023”. Inizia un anno di eventi fra vino, cultura e turismo nelle Terre Sicane.
Dopo Barolo (Cuneo) nel 2021 e Duino Aurisina (Trieste) nel 2022, è la siciliana Menfi (Agrigento), nel cuore delle Terre Sicane, la capitale del vino 2023 scelta dall’Associazione Nazionale Città del Vino, che raggruppa 470 comuni vitivinicoli ed enoturistici.
Domani sabato 18 febbraio, presso la nuova cantina di Mandrarossa di Menfi, avverrà la cerimonia d’insediamento della neo “Città italiana del vino 2023” durante una convention dell’Associazione. Al via un’annata di eventi sul territorio dedicati a vino, cultura e turismo. Interverranno all’evento, oltre al presidente dell’Associazione Angelo Radica e il direttore Paolo Corbini, i sindaci delle “Città del Vino” siciliane, le cantine della Valle del Belìce, i ristoratori, i titolari delle strutture ricettive e tutti gli attori coinvolti in questo anno di attività che vedrà Menfi al centro del palcoscenico enoturistico.
«È un riconoscimento in grado di creare condivisione, ricadute economiche e sociali sul territorio, di avvicinare il grande pubblico ed i giovani in particolare, alla cultura del vino di qualità di questo grande territorio – ha dichiarato il presidente Angelo Radica -. E la Sicilia sarà protagonista anche con il Concorso enologico internazionale di Città del Vino che si svolgerà a maggio a Sambuca di Sicilia, a poca distanza da Menfi».
«Le Terre Sicane – ha sottolineato il direttore Paolo Corbini - hanno un rapporto con l'Associazione che viene da lontano: il marchio della Strada del Vino fu ideato proprio da Città del Vino molti anni fa. Sarà un anno intenso per Menfi e il suo territorio ricco di tradizioni culturali e vitivinicole; oltretutto, quando parliamo di vino e cultura, la Sicilia non delude mai e ci riserva grandi sorprese».
«Menfi è da sempre terra di vino – ha aggiunto il sindaco e presidente della Fondazione Inycon Marilena Mauceri - simbolo di un areale che ritrova nella DOC Menfi tutti gli elementi per un grande racconto del territorio. Questo riconoscimento non è punto di arrivo ma vuole generare un rilancio di questa straordinaria comunità che proprio nel vino ha trovato un punto di riferimento economico e sociale sul quale costruire il proprio futuro».
Tutti i dettagli e gli eventi in programma saranno svelati domani. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito della Fondazione Inycon o contattare la segreteria al seguente indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Redazione
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A Firenze l’11 febbraio i dati d’Ismea sul vino toscano: record in valore per l’export di DOP (690 mln, +7%) e 7 mila euro a ettaro di ricavo medio delle vigne.
Negli ultimi anni «è cresciuta anche la superficie vitata biologica». «L’ultimo dato disponibile, del 2021, - spiega il report - contava oltre 25 mila ettari in bio che rappresentano il 40% dell’intera superficie regionale e il 20% del totale della superficie a vite bio in Italia. La produzione stimata di vino biologico della regione è di circa 350mila ettolitri, il 15% dei 2,2 milioni di ettolitri a livello nazionale. Una produzione, quella bio, sempre più apprezzata dai consumatori più giovani».
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Dal 26 al 28 febbraio la 2^ Slow Wine Fair, organizzata da BolognaFiere e Sana con direzione artistica di Slow Food: 750 cantine da 21 Paesi dei 5 continenti.
L.S.
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A BuyWine, vetrina internazionale del vino toscano, 47 denominazioni, 1400 etichette di 230 aziende per 160 buyer da 39 Paesi. Apre la Settimana delle Anteprime
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Dalla presidente di Federvini Pallini, in audizione alla Camera, 7 proposte per sostenere nel difficile scenario il comparto vino (12 mld) in primis all’estero.
«Aumento dei costi energetici e delle materie prime, scenario geopolitico incandescente, attacco al consumo moderato», da ultimo con la notifica da parte dell’Irlanda all’Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization) della sua nuova normativa che prevede etichette con alert simili a quelli delle sigarette anche sui vini. È una «fase di difficoltà per le imprese italiane del vino e degli spiriti», per cui «diventa imprescindibile un intervento per agevolarne l’attività, soprattutto sui mercati esteri».
Lo ha sottolineato il 7 febbraio la presidente di Federvini Micaela Pallini durante un’audizione presso la Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati, in cui ha esposto anche una serie di proposte operative.
Lo scenario attuale è così tratteggiato da Federvini, con riferimento ai settori da essa rappresentati. I comparti del vino (12,2 miliardi di euro), degli spiriti (4 miliardi di euro) e degli aceti (1 miliardo di euro) valgono complessivamente l’11% del fatturato totale dell’industria alimentare italiana. I vini, gli aperitivi, i liquori, i distillati e gli aceti, in particolare l’Aceto Balsamico di Modena IGP, rappresentano delle vere e proprie eccellenze nel panorama agroalimentare Made in Italy. Nel 2022 il vino ha toccato il record di 8 miliardi di euro di export (+12% rispetto all’anno precedente), così come gli spirits (1,7 miliardi di euro). Positivo anche il risultato per gli aceti, in particolare balsamici, che vedono chiudere l’anno con una crescita delle esportazioni (a valore) del 15%.
Però, spiega Federvini, «l’attuale scenario geopolitico, segnato dal conflitto russo-ucraino, sta mettendo a dura prova le aziende che sono costrette a diversificare strategie di mercato e destinazioni». «Le maggiori difficoltà – viene spiegato - risiedono nelle barriere di accesso ai mercati (certificati onerosi, parametri analitici diversi da quelli previsti dalla legislazione UE, procedure di registrazione - ad esempio in Cina - complesse) e nella necessaria tutela delle nostre indicazioni geografiche (basta ricordare il caso Prosek con la Croazia e l’uso improprio del termine balsamico per gli aceti in Slovenia e Cipro)».
A fronte di tutto ciò, questi sono i sette interventi auspicati dalla presidente di Federvini Micaela Pallini:
1) attivare forme di defiscalizzazione dei fatturati derivanti dall’export;
2) prevedere la facoltà di esporre in bilancio come spese pubblicitarie e promozionali i costi di ospitalità, tanto più se collegate a manifestazioni ed eventi in Italia e all’estero con la presenza di giornalisti e/o operatori professionali;
3) incentivare le aggregazioni e le fusioni per accrescere la forza dimensionale e finanziaria delle nostre aziende;
4) semplificare e sburocratizzare una serie di adempimenti di natura amministrativa e fiscale. Per esempio, le vendite a distanza, o intervenire sul collegamento dello schedario viticolo al registro vitivinicolo;
5) rafforzare le forti relazioni di collaborazione con Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e Istituto per il Commercio Estero (ICE) e organizzare specifiche missioni basate su una forte strategia di diplomazia economica;
6) avviare un progetto promozionale coordinato tra le diverse Camere di Commercio all’estero che rappresentano un utile strumento di valorizzazione delle nostre eccellenze;
7) contrastare la contraffazione di prodotti italiani all’estero e il fenomeno dell’Italian Sounding, non solo perseguendo nelle opportune sedi le realtà coinvolte, ma anche tramite specifiche iniziative di promozione del Made in Italy nei Paesi di destinazione, nonché attraverso il coinvolgimento delle comunità italiane residenti all’estero.
Redazione