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L’Italia è il secondo produttore mondiale di grano duro, la materia prima per produrre la pasta, di cui il Pese è leader mondiale. Compag, in quanto rappresentante anche della filiera del grano duro, ritiene opportuno favorire l’ulteriore sviluppo di questo fiore all’occhiello del made in Italy e quindi incrementare il livello di auto approvvigionamento per la produzione della pasta e degli altri prodotti trasformati, che per il 55% alimentano un ricco filone export.
Finora, gli aiuti del governo al grano duro italiano hanno avuto un impatto limitato. Purtroppo, l’aiuto accoppiato (specifico alla coltura del duro) di 100 euro/ha - un sostegno alle produzioni considerate in difficoltà, ma che hanno importanza dal punto di vista economico e che mira a mantenere dei livelli di produzione adeguati - è stato sfruttato solo dal 3% circa delle aziende italiane. Anche le politiche volte a promuovere contratti di compravendita nel contesto di un accordo di filiera hanno avuto un successo limitato.
Compag, la federazione nazionale delle rivendite agrarie, sostiene fortemente la necessità di adottare una politica congiunta tra Italia e Francia allo scopo di valorizzare maggiormente questa importante coltura stimolando le iniziative a livello comunitario. Da qui i recenti incontri tra i due Paesi, prima in occasione del convegno di Bologna organizzato dalla stessa federazione italiana e ora ad Aix-en-Provence grazie ad Arvalis, la controparte francese.
Ad Aix-en-Provence sono stati definiti dei punti di convergenza che si tradurranno presto in misure comuni: prima fra tutte l’estensione dell’esperienza italiana dell’aiuto accoppiato a valori superiori agli attuali 100 euro per ettaro, ma anche l’adozione di un sistema assicurativo per la riduzione del rischio climatico e del rischio legato alle fluttuazioni emotive del mercato internazionale. Si cercherà, inoltre, di continuare a valorizzare il prodotto finito, realizzando specifici accordi di filiera per arrivare a ottenere dei prodotti richiesti dai consumatori con un’offerta che non potrà più limitarsi ai prodotti tradizionali, ma dovrà essere diversificata per soddisfare le esigenze imposte dai recenti stili di vita (ad esempio, prodotti che consentano di essere consumati in modo rapido senza, tuttavia, rinunciare a una qualità elevata).

Redazione

Confagricoltura Pistoia chiede alle aziende socie informazioni precise da girare alle istituzioni. Ricadono in 3 categorie i tipi di problemi finora riscontrati nella circolazione e commercio dei prodotti agricoli pistoiesi, fra cui in primis le piante: reperimento di società di trasporto disponibili; disdette degli ordini; richieste di certificazioni inesistenti e immotivate. Il direttore Daniele Lombardi: la raccolta puntuale di segnalazioni dettagliate, inclusive di luoghi e tipologie di prodotti, servirà all’elaborazione di risposte adeguate alla risoluzione dei problemi.  


Confagricoltura Pistoia prende di petto gli ostacoli alla libera circolazione e commercializzazione di piante e altri prodotti agricoli emersi nei giorni scorsi a seguito dell’emergenza Coronavirus e avvia una ricognizione puntuale e dettagliata fra gli agricoltori soci, fra cui in particolare i numerosi vivaisti, per vederci più chiaro.
In prima approssimazione, come specifica la comunicazione inviata ieri dai tecnici ai soci, i problemi riscontrati sembrano articolarsi in «tre categorie distinte: 1) difficoltà nel reperire società di trasporto disponibili; 2) disdette e rifiuto unilaterale ad acquisire la merce contrattata in base agli ordinativi; 3) richieste di certificazioni specifiche che attestino la salubrità del prodotto rispetto ad un presunto rischio di contagio».
Come ribadito infatti anche nella «nota DGSAF 5086 del 2 marzo 2020», con la quale il Ministero della Salute ha indicato i provvedimenti da attuare per la gestione dell’emergenza da Coronavirus nell’ambito della sanità pubblica veterinaria e della sicurezza alimentare, «non vi sono al momento evidenze scientifiche della trasmissione del virus SARS-COV-2 dagli animali all’uomo e attraverso gli alimenti», come spiega la nota di Confagricoltura Pistoia, e quindi «la sicurezza alimentare viene garantita dalle attuali norme», mentre la richiesta di ulteriori certificazioni non è né prevista né appropriata.
«Le segnalazioni di difficoltà sinora pervenute - sottolinea il direttore di Confagricoltura Pistoia Daniele Lombardi - necessitano di riferimenti puntuali per essere poi a loro volta inoltrate alle istituzioni competenti per una risoluzione delle problematiche riscontrate. Per tale motivo, abbiamo deciso di avviare una ricognizione del fenomeno e chiedere alle azienda agricole nostre socie di indicarci casi concreti di problematiche che stanno caratterizzando i flussi commerciali; ovviamente solo per quanto concerne l’emergenza Coronavirus».
In particolare occorrerebbe conoscere per ogni caso:
a) il prodotto interessato, indicandone quantitativi e tipologia;
b) la problematica riscontrata che ostacola gli scambi;
c) il soggetto che frappone impedimenti, istituzione o impresa che sia;
d) la località, in Italia o all’estero, dove si è constatata la problematica.
Ogni comunicazione utile va inviata al seguente indirizzo email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure s.melani@confagricolturapistoia.it.

Redazione

Coronavirus - Anticipazione dei contributi PAC alle aziende agricole, decreto inviato alla Conferenza Stato-Regioni. Mipaaf, Bellanova: "Rispondiamo all'emergenza garantendo liquidità alle aziende"

"Vogliamo garantire liquidità alle imprese, rispondendo così all'emergenza e alle difficoltà manifestate, soprattutto in queste ultimissime ore, da aziende del settore e regioni".
Così la Ministra alle Politiche Agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova, che oggi ha inviato alla Conferenza Stato-Regioni, per la relativa intesa, il Decreto ministeriale con cui si autorizzano le imprese agricole a ricevere un'anticipazione sulle somme dovute nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla Politica Agricola Comunitaria (PAC) per l'anno 2020.
Obiettivo: fronteggiare la generalizzata situazione di crisi che sta colpendo le imprese agricole, aggravata dell'evolversi dell'epidemia da COVID-19 con le conseguenti sospensioni delle attività e dei servizi, che stanno ulteriormente inasprendo le difficoltà economiche degli agricoltori.
"Con l'avvio della procedura per l'anticipazione dei contributi PAC alle aziende agricole", afferma la Ministra Teresa Bellanova, "diamo una prima risposta immediata alle numerose richieste pervenute nel corso degli incontri di questi giorni alla Task Force istituita nell'ambito del Ministero. In questo modo, gli agricoltori potranno disporre di una liquidità immediata per assicurare la continuità aziendale".

 Redazione

Un’associazione temporanea di scopo, costituita nei giorni scorsi dai Comuni di Lucca e Pescia e dalla cooperativa Flora Toscana e l’Associazione dei vivaisti di Pescia, sarà il nuovo referente del distretto floricolo interprovinciale. Prima incombenza la crisi da Coronavirus che penalizzerà le vendite di mimose e altre piante e fiori in una festa della donna già debole perché di domenica.

Passo importante nel rilancio del Distretto floricolo interprovinciale Lucca Pistoia sotto l’ombrello della nuova normativa toscana dei distretti rurali. Nei giorni scorsi è nata ufficialmente l’associazione temporanea di scopo, denominata Associazione florovivaistica interprovinciale (Afi), che sarà il nuovo soggetto referente del distretto, meglio identificabile come distretto Lucca Pescia. A firmare l’atto di costituzione sono stati infatti i Comuni di Lucca e Pescia, la cooperativa pesciatina Flora Toscana e l’Associazione dei vivaisti di Pescia. Il comitato direttivo di Afi ha come presidente il sindaco di Pescia Oreste Giurlani e quale vicepresidente il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, mentre nei panni di segretario ci sarà il presidente di Flora Toscana Paolo Batoni e in quelli di tesoriere il presidente dell’Associazione dei vivaisti pesciatini Nicola Del Ministro. Il primo atto è stato l’indicazione di Stefano Gori come tecnico responsabile. 
«Abbiamo seguito con attenzione questo percorso di rivalutazione e rilancio del distretto floricolo – ha dichiarato Alessandro Tambellini, insieme all’assessore alle attività produttive del Comune di Lucca Valentina Mercanti, che ha lavorato intensamente a questo progetto - perché crediamo sia una grande opportunità di un territorio allargato che abbraccia diverse realtà di due province diverse. E’ nostro obiettivo riattivare un settore che in passato era molto importante per il sistema economico e produttivo lucchese e che ora, con questa sinergia, può tornare a offrire opportunità economiche e occupazionali». «Con questa alleanza con Lucca e due soggetti privati – ha affermato Oreste Giurlani - possiamo pianificare interventi di rilievo, assistere chi intende investire e produrre, lavorare per ampliare offerta e penetrazione nei mercati, anche nuovi. Abbiamo molto da fare, ma la struttura è certamente ben assortita e attrezzata per questo delicato compito».
Prima incombenza della nuova cabina di regia del distretto floricolo della Lucchesìa e della Valdinievole la valutazione della crisi, in primis ma non solo per via della contrazione dei mercati del Nord Italia, causata anche in questo settore dall’emergenza sanitaria del Coronavirus o Covid-19, soprattutto perché siamo nell’imminenza della festa della donna, momento top di vendita delle mimose, ma anche di altre piante e fiori. Come ha spiegato recentemente a Floral Daily il responsabile vendite estere di Flora Toscana Luca Quilici, le vendite di mimose quest’anno erano già attese inferiori perché la festa della donna cade di domenica, ma adesso con il Coronavirus potrebbero calare ulteriormente. Pertanto la cooperativa pesciatina ha ridotto gli ordini del 30% rispetto all’anno scorso.

L.S.

“Negli ultimi tre anni la popolazione di cinghiali in Toscana si è fortemente ridotta e le stime dei danni registrati si sono più che dimezzate. Questi sono i risultati ufficiali conseguiti con gli interventi messi in atto negli ultimi 4 anni. Mi dispiace che le cifre fornite da presidente e direttore di Coldiretti Toscana e le conseguenti analisi siano di segno ben diverso: ma questi sono i dati che ci arrivano direttamente dagli Atc”.
Si apre così la dichiarazione dell’assessore regionale all'agricoltura Marco Remaschi a commento di un intervento del presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi, e del direttore Angelo Corsetti, sulla presenza di cinghiali nelle nostre campagne.
“La popolazione di cinghiali in Toscana – continua l’assessore - ammonta oggi a circa 160.000 unità (e non 450.000 come evidenzia Coldiretti) su un totale di circa 400.000 ungulati; un dato che evidenzia come la popolazione di questi animali stia iniziando a calare, e questo anche grazie agli abbattimenti attuati a seguito degli interventi di controllo regionale oltre che a quelli dovuti alla caccia ordinaria (332.000 cinghiali abbattuti in un triennio). Un segnale evidente di questo ridimensionamento arriva dalla stima dei danni provocati da ungulati (quindi non solo dai cinghiali): nel 2017, quando ancora gli effetti della legge non si erano fatti sentire si era arrivati a 3,2 milioni di euro, una cifra che poi è scesa fortemente sia nel 2018 (1 milione e 67mila) che nel 2019 (1 milione e 80.000 euro). Si tratta di numeri ben diversi da quelli indicati da Coldiretti (4,5 milioni annui solo per i cinghiali) e che, ripeto, provengono diretta mente dagli Atc”.
“Impreciso, mi si permetta – prosegue l’assessore - è anche il riferimento al caso della chiusura della A11 nel novembre scorso per la presenza di cinghiali: quella chiusura fu disposta per consentire la cattura di alcuni caprioli che si trovavano nei terreni vicini all’autostrada. L’intervento servì a evitare il rischio di incidenti. E a proposito di questo vorrei segnalare come anche in questo ambito le azioni messe in campo da Regione, Atc e cacciatori abbiano prodotto una inversione di tendenza: le denunce di incidenti stradali legati alla presenza di fauna selvatica, che erano arrivate a 430 nel 2016, sono scese a 100 nel 2019”.
“La mia conclusione – sottolinea Remaschi - è che, come evidenziato anche dalla conferenza regionale sulla caccia dello scorso anno a cui hanno partecipato tutte le categorie, compresa Coldiretti, ancora oggi siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante e su cui tenere alta la guardia: gli agricoltori, infatti, continuano a sentire fortemente questa minaccia al loro lavoro e alla loro fatica quotidiana. Ma oggi, non trovandoci più nella stessa situazione del 2015, dobbiamo superare la fase emergenziale, che per sua natura si adatta solo a periodi brevi, mettendo a regime un nuovo sistema che consenta di poter mantenere in modo permanente dei livelli di intervento sempre più efficaci e veloci.
Ad esempio, proprio come richiesto dalle organizzazioni agricole, tra cui anche Coldiretti, grazie alla legge 70 del dicembre 2019, gli agricoltori, nel momento in cui sui loro terreni registrino la presenza di fauna selvatica, possono chiedere, con una semplice telefonata, l'intervento della polizia provincial. Avranno così la certezza di avere una risposta entro un termine che, a regime, sarà di 36 ore. Questa normativa dà agli agricoltori, ma anche ai sindaci per le problematiche di fauna in ambito urbano, due elementi decisivi per fronteggiare il problema: un metodo chiaro e semplice per far intervenire la polizia e tempi rapidi per il suo intervento. Anche questo mi sembra un risultato non da poco e che conferma la presenza della Regione a fianco del comparto agricolo e la consapevolezza di un problema grave, ma che può, con la necessaria costanza e nel tempo, essere fronteggiato”.

Redazione