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unsaccogiusto

Un video-denuncia con Fortunato Cerlino, il boss della serie tv Gomorra, spiega cosa si nasconde dietro un semplice sacchetto della spesa, uno di quelli che in Italia per legge deve essere biodegradabile. Scopriamo così che dietro una busta può nascondersi la criminalità organizzata, che in Italia controlla gran parte del mercato dei sacchetti di plastica bio: 40mila tonnellate di plastica illegale per un valore di 160milioni di euro.

Per denunciare questo racket Legambiente ha lanciato la campagna #UnSaccoGiusto, con testimonial d’eccezione Fortunato Cerlino - alias Pietro Savastano, il superboss della serie Tv Gomorra - che ha prestato la sua immagine per un corto di denuncia su questo nuovo business della criminalità organizzata. Si considera che circa la metà dei sacchetti in circolazione siano illegali, un volume pari a circa 40 mila tonnellate di plastica, una perdita per la filiera legale dei veri shopper bio pari a 160 milioni di euro, 30 solo per evasione fiscale. Una filiera nera che danneggia chi produce correttamente bioplastiche compostabili e disincentiva gli investimenti nel settore. Il tutto senza considerare i gravi danni all’ambiente e al mare, oltre all’aggravio dei costi di smaltimento dei rifiuti quantificato in 50 milioni di euro. La campagna chiama all’azione anche i singoli cittadini che sul sito di Legambiente potranno segnalare le illegalità e gli esercizi dove vengono usati shopper taroccati. Il corto è anche dedicato alla storia della CoopVentuno, una piccola start up che produce prodotti compostabili e che promuove la legalità in questo settore proprio a Castel Volturno. Una bella realtà di riscatto nata dall’idea di Gennaro Del Prete e Massimo Noviello, due uomini accomunati dalla morte dei rispettivi padri uccisi dalla camorra perché volevano un’Italia libera dalle illegalità e perché avevano cercato di fermare il racket delle buste di plastica.

Per riconoscere un sacchetto conforme alla legge e segnalare quelli illegalihttp://www.legambiente.it/unsaccogiusto/#

Redazione

 


 

FoodexSaudi

Dal 21 al 24 novembre 2016 a Jeddah si terrà la quarta edizione della fiera internazionale con prodotti alimentari e bevande provenienti da oltre 35 paesi. Internazionalità, professionismo, qualità e marketing ne fanno oggi la manifestazione di riferimento del settore agroalimentare in Arabia Saudita, con un particolare interesse per l'Italia: nel 2015 il valore dell'export italiano ha raggiunto ben 278 milioni di euro (+40%).

Nella precedente edizione Foodex Saudi ha visto la presenza di 209 aziende in rappresentanza di oltre 500 marchi, provenienti da 32 paesi, con 5.000 visitatori. Per il settore agroalimentare infatti l'Arabia Saudita si configura come un mercato di particolare interesse, dato che dipende per il 90% da importazioni e possiede una popolazione di circa 30 milioni di abitanti. Basti pensare che nel 2014 il Paese ha importato prodotti alimentari e bevande dall'estero per un valore che rappresenta circa il 14% del totale dell'import saudita, con un aumento del 11,2% rispetto al 2013. Per il prossimo quinquennio è previsto un incremento medio annuo almeno del 5% dell'import. Nel 2015 il valore dell'export italiano di settore ha raggiunto ben 278 milioni di euro (+40%), risultando così in forte crescita: +36% per l'agroalimentare, +48% per i prodotti agricoli (ortofrutta), +107% per le bevande (fonte ICE, Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane). Proprio perché il mercato dell'Arabia Saudita si è dimostrato ricettivo in modo particolare al food italiano e sensibile alle azioni promozionali svolte sul territorio del Regno, l'Agenzia ICE ha organizzato per le aziende italiane una partecipazione collettiva alla fiera Foodex Saudi Arabia. Lo spazio previsto sarà di 81mq per tutti gli interessati con sette-nove stand di aziende italiane.

Redazione

EmyPetrini

L'artista toscana dimostra ancora una volta che la grande capacità di lavoro, accompagnata da perseveranza, vita a ottimi risultati: dalla sua presenza nello spazio “Arte verde” al Flormart di Padova 2015 all'intervista andata in onda sul TG1 lo scorso martedì, Emy Petrini si afferma sempre di più come floral designer di successo.

Diplomata in Interior Design all'Istituto per l'Arte e il Restauro a Firenze e successivamente formatasi in Floristry presso il Welsh College of Horticulture a Northop, Emy Petrini opera oggi al confine fra arte floreale, land art e moda. Come si legge nella sua presentazione, Emy ama «lavorare in armonia con la Natura, con le Stagioni. È come se la Natura conducesse le mie mani. Nel mio lavoro uso l'elemento naturale in accordo con il suo habitat, la sua crescita e l'ambienteEsattamente una settimana fa Emy era presente in un servizio sul TG1 delle 20.00 e un anno fa esponeva a Flormart le sue due sculture/installazioni vegetali “Il grande nido” e “Vulcano”. Alla fiera padovana, Emy è stata presente anche con una serie di fotografie che documentavano il suo lavoro ed erano state scattate da Beatrice Speranza, che collabora artisticamente da molti anni con lei. Scegliere con sapienza giovani artisti di successo come Emy Petrini porta un notevole valore aggiunto a manifestazioni come Flormart, la cui qualità passa anche dall'attenzione volta al connubio fra land art e arte vegetale

Redazione

scanavino

Per Scanavino, coordinatore nazionale di Agrinsieme, «non basta un semplice “lifting” dell’attuale quadro normativo, ma è necessario “riaprire” i regolamenti di base». Occorre inoltre favorire tutte le forme di aggregazione degli agricoltori, anche «le più leggere».

«Gli strumenti finanziari promossi dalla Ue nell’ambito della nuova programmazione dello Sviluppo rurale possono essere un’opportunità di sostegno per le imprese agricole, ma necessitano di un’attuazione urgente e, soprattutto, devono essere affiancati da un rilancio più generalizzato delle politiche orientate ad agevolare l’accesso al credito». Lo ha affermato il coordinatore nazionale di Agrinsieme, Dino Scanavino, che oggi è intervenuto al seminario sugli “Strumenti finanziari FEASR per l’agricoltura e lo sviluppo rurale 2014-2020” organizzato a Roma da FiCompass EAFRD e BEI-Banca Europea degli Investimenti. «Finora le possibilità di finanziamento introdotte nella nuova programmazione sono rimaste sulla carta - ha detto Scanavino-. Colpa dei ritardi accumulati nella riforma della Pac e, nello specifico, nei Psr, che soltanto in questi mesi hanno preso il via. Per questo ora serve un’accelerazione. Accanto a un progetto organico d’interventi che possa mettere gli imprenditori agricoli nella condizione di sfruttare realmente le nuove opportunità finanziarie». In questo senso, per il responsabile del coordinamento tra Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari, ciò impone prima di tutto il superamento dei vincoli strutturali e organizzativi che caratterizzano la struttura produttiva agricola e che ne ostacolano l’accesso al credito. Si deve far fronte, quindi, alla necessità di favorire tutte le forme di aggregazione ivi comprese quelle più “leggere” e funzionali. «D’altra parte - ha ricordato Scanavino - nelle zone svantaggiate e rurali del Paese gli agricoltori non hanno spesso quella forza e quella dinamicità per sfruttare le potenzialità delle misure del secondo pilastro della Pac. Paradossalmente, in questi territori, la sopravvivenza delle imprese è funzionale all’utilizzo delle risorse del primo pilastro. Il pagamento unico; gli interventi per i piccoli agricoltori; il sostegno accoppiato: sono spesso gli unici strumenti che assicurano il mantenimento e lo sviluppo delle attività produttive». È necessario rilanciare, dunque, il ruolo e le finalità della politica di sviluppo rurale, in un’ottica di modernità e semplificazione, al fine di valorizzare la funzione di “gestione della terra” svolta dagli agricoltori. Una priorità che diventa fondamentale nelle aree geografiche più marginali, dove il Psr può e deve rappresentare l’argine rispetto ai fenomeni di spopolamento e assicurare il mantenimento di un’agricoltura capace di offrire sostegno economico e servizi ambientali. Altrettanto fondamentale è la necessità di affiancare agli interventi di rilancio delle politiche di accesso al credito la definizione di strumenti moderni ed efficaci per gestire la tensione dei mercati agricoliInsomma, «serve uno sforzo aggiuntivo per introdurre gli adeguati aggiustamenti al sistema e, in quest’ottica, la revisione di medio termine della riforma della Pac rappresenta la chance da cogliere senza indugi». «Non basta un semplice “lifting” dell’attuale quadro normativo - ha concluso Scanavino - ma è necessario “riaprire” i regolamenti di base. È questa la strada da seguire se si vogliono mettere le imprese nella condizione di accedere più agevolmente agli strumenti finanziari e, più in generale, per assicurare agli agricoltori, italiani ed europei, un futuro più stabile e certo».

Redazione

worldfreemeatday

In tutto il pianeta si promuove oggi una giornata intera senza consumo di carne. Enpa coglie l'occasione per ribadire la richiesta, fatta al Governo e al Parlamento italiano in occasione del vertice di Parigi, di istituire tre giorni a settimana di “sciopero” della carne nelle mense pubbliche. L'Ente Nazionale Protezione Animali chiede anche maggiori responsabilità da parte dei Ministri dell'Ambiente e della Salute per l'emergenza ambientale e un sistema alimentare più giusto.

«Una iniziativa intelligente, civile e di ottimo gusto, nel vero senso della parola»: così dichiara Annamaria Procacci, responsabile Enpa per ambiente e biodiversità, commentando il World Free Meat Day che cade oggi. «E' ormai sempre più conosciuto l'effetto devastante che questo consumo comporta per il pianeta e per gli animali generalmente reclusi negli allevamenti intensivi, vera negazioneprosegue Procacci - di ogni esigenza etologica. Ben 27 miliardi di esseri viventi ridotti allo stato di pure macchine da polpetta». Uno studio voluto dal Ministero dell'Agricoltura italiano attesta che per ogni chilo di carne bovina portata in tavola vengono prodotti più di 18,7 chili di anidride carbonica. Inoltre, la filiera della carne comporta l'emissione di enormi quantità di gas serra, deforestazione, desertificazione, enormi consumi di acqua, uno spreco di creali sottratti all'uomo e destinati all'ingrasso dei disgraziati “animali da piatto”, come li definisce Enpa. In previsione del vertice di Parigi, Enpa chiese al Parlamento e al Governo italiani, una campagna per ridurre il consumo di carne, e propose tre giorni alla settimana di “sciopero” della carne nelle mense pubbliche. Per Enpa è giunto il momento per i Ministri dell'Ambiente e della Salute di uscire dal silenzio, «sia per l'emergenza ambientale dovuta alle emissioni serra legate alla carne sia, per il pesante impatto sulla salute che questo consumo comporta (più di 78 chili pro-capite in Italia nel 2015). Ma anche per smettere di nutrire un sistema alimentare ingiusto, crudele e sbagliato

Redazione