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Per promuovere il latte fresco e il suo consumo, evitando gli sprechi, nasce la campagna istituzionale promossa dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali: #oradellatte. Testimonial di eccezione Carlo Cracco, Cristina Parodi, Demetrio Albertini e Giorgio Calabrese. Per testare le nostre conoscenze un test: “Quanto sai sul latte?”.
Pensata ad hoc per i consumatori, la campagna #oradellatte mette in gioco un messaggio chiaro: il latte è un alimento indispensabile per il nostro organismo, sia per quanto riguarda la fase dello sviluppo che nell’età adulta. Scegliere allora la qualità del latte fresco per i consumatori significa saper riconoscere e apprezzare la sua produzione. Si parte dalla lettura dell'etichetta, passaggio importante, ma non banale. Il latte è ricco di proteine dall'elevato valore biologico grazie alla presenza di tutti gli aminoacidi che devono essere assunti con la dieta. La presenza di lattosio migliora poi la capacità di assorbimento del calcio e dello zinco, che si trovano nel latte in quantità tali da renderne il consumo di estrema importanza per soddisfare il nostro fabbisogno giornaliero.La campagna di comunicazione integrata si inserisce fra le azioni strategiche,messe a punto dal Mipaaf, in collaborazione anche con organizzazioni agricole, cooperative, industria e Grande distribuzione organizzata. Tutti uniti a sostegno del comparto lattiero caseario in una fase delicata come quella determinata dalla fine del regime europeo delle quote latte. Per chi desidera saperne di più e verificare le sue conoscenze sul latte, il Mipaaf ha creato anche un efficace test.
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Gli allevatori danneggiati devono presentare le domande d’indennizzo entro il 9 luglio tramite Artea. L’assessore Remaschi ricorda che è necessario adottare contestualmente una misura di prevenzione: dalla recinzione ai cani da difesa. Le aree fin qui più colpite: province di Grosseto, Massa Carrara e Pistoia
La Regione Toscana ha stanziato 400.000 euro destinati agli indennizzi alle aziende zootecniche che hanno subito danni da predazione da parte dei lupi. I proprietari degli allevamenti di ovini, caprini, bovini, bufali, suini ed equini che hanno subito attacchi con danni diretti (uccisioni) o indiretti (perdita di produzione) hanno tempo fino al prossimo 9 luglio per presentare in via telematica ad Artea, l'Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura, o ai CAA, i Centri di assistenza in Agricoltura, le domande di indennizzo. "La loro presentazione – spiega l'assessore regionale all'agricoltura, Marco Remaschi - è subordinata all'adozione di almeno una misura di prevenzione, come le recinzioni volte ad impedire nuove aggressioni o l'impiego di cani da difesa. Possono richiedere gli indennizzi gli allevatori che hanno subito danni nel periodo compreso tra il 15 novembre 2014 e la fine del 2015. Non appena ricevute le domande la Regione garantisce, dal ricevimento della domanda, di completare l'istruttoria entro 30 giorni. I rimborsi, in base al regolamento comunitario, vengono erogati nel regime de minimis ovvero per un massimo di 15.000 euro in tre anni per azienda, privilegiando i giovani allevatori che hanno meno di 40 anni e quelli che svolgono la loro attività nelle zone montane e svantaggiate". Se i 400.000 euro a disposizione nel 2016 risulteranno insufficienti, le domande rimarranno in graduatoria e potranno essere liquidate a valere sulla prossima annualità. Con il precedente bando sono state presentate 281 domande per un importo totale di 525.000 euro. Le aree che hanno subito il maggior numero di attacchi sono la provincia di Grosseto (con 500 attacchi denunciati) e quelle di Massa Carrara e Pistoia. Il programma di prevenzione e riduzione delle predazioni parte dalla notevole presenza in Toscana di lupi e di ibridi, con una popolazione formata da circa 600 individui raggruppati in 109 branchi, così come risulta dagli studi condotti a livello scientifico ed universitario. Le tabelle dei valori rimborsabili a capo si trovano nel bando pubblicato il 25 maggio sul Bollettino unico della Regione Toscana. Per ciò che riguarda il danno diretto agli ovini si va dai 150 euro per un agnello, ai 350 per una pecora ai 1.200 per un montone. I giovani caprini sono valutati 150 euro, una capra 300, un maschio 500. Il valore del danno per uccisioni di bovini e bufali è stimato in 750 euro per i vitelli, fino ai 2.000 euro per le femmine e ai 3.000 per i maschi di chianina. Gli equini vanno dai 500 euro per i puledri, ai 1.000 per le femmine e i 2.000 per i maschi. I suini sono valutati 150 euro ma anche 400 o 650 per le femmine e i maschi adulti di cinta senese.
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La manifestazione, organizzata da Cia e dalla sua associazione Anabio, si struttura attorno a un workshop sul presente e il futuro dell'agricoltura bio in Italia e attorno ad una mostra-mercato dei prodotti biologici piemontesi. “Torino Bio” si inserisce così nella rassegna “Green Weeks” promossa dalla Città di Torino e dalla Fondazione Torino Smart City per avvicinare i cittadini ai temi della sostenibilità. Al workshop parteciperanno anche il vicepresidente della commissione Agricoltura alla Camera, Massimo Fiorio, il sindaco, Piero Fassino, l’assessore all’Ambiente, Enzo Lavolta, il presidente della Cia, Dino Scanavino, e il presidente di Anabio, Federico Marchini.
I prodotti della terra piemontese e le parole di esperti del settore daranno vita a “Torino Bio” nelle giornate di sabato 28 e domenica 29 maggio. La manifestazione si inserisce nel cartellone torinese di “Green Weeks”, in programma dal 20 maggio al 5 giugno, per celebrare la Giornata Mondiale dell'Ambiente e avvicinare sempre di più i cittadini alle tematiche della sostenibilità e del biologico. Il 28 maggio, alle ore 10,00, alla Galleria San Federico, in via Roma, si terrà il workshop dedicato ad ogni declinazione dell'agricoltura biologica: dalla sostenibilità economica e sociale, alla sua funzione di rispetto e tutela delle biodiversità, fino alla valorizzazione delle produzioni locali con lo sviluppo del bio-turismo. Interverranno, tra gli altri, il vicepresidente della commissione Agricoltura alla Camera, Massimo Fiorio, il sindaco di Torino, Piero Fassino, l’assessore comunale all’Ambiente, Enzo Lavolta, il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, il presidente nazionale di Anabio, Federico Marchini, il presidente della Fondazione per la Biodiversità di Slow Food, Piero Sardo, il presidente di Città del Bio, Antonio Ferrentino, il vicepresidente di Federbio e presidente Associazione Biodinamica, Carlo Triarico. Sempre sabato, ma alle ore 18,00, Gigio Alberti, protagonista del film premio Oscar “Mediterraneo”, interpreterà i racconti di Raffaello Baldini nella Terrazza della Galleria San Federico. L’introduzione sarà a cura del Comitato Giovani della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco sul tema: “La biodiversità umana come testimonianza e monito per le generazioni future”. In entrambe le giornate, lungo i portici di via Roma, verrà allestita la mostra-mercato con l’esposizione e la vendita di prodotti biologici provenienti dal Piemonte.
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Sono due le delibere approvate nel corso dell'ultima giunta regionale: approvazione del piano di controllo e abbattimento delle specie storno, gazza e cornacchia grigia; e autorizzazione alla caccia in deroga dello storno durante la prossima stagione venatoria. Dopo il parere favorevole di Ispra, passa così il piano di controllo della diffusione delle suddette specie di volatili, a tutela delle attività agricole e zootecniche. Previsto l'abbattimento di circa duemila storni all'anno, da qui al 2018, 16.500 gazze e 10.000 cornacchie grigie.
Per tutte e tre le specie di volatili i sistemi di dissuasione, adottati per la prevenzione dei danni, quali mezzi ottici, cannoncini a gas, dissuasori acustici, non hanno permesso di risolvere il problema. Ecco allora che si sono rese necessarie le previsioni del piano di controllo, approvato poi in Giunta. Gli imprenditori agricoli avevano fatto richiesta in questo senso al fine di tutelare le colture agricole, in particolare quelle ortofrutticole, di vigneti, oliveti e di alcuni tipi di seminativi. Per il piano di controllo sullo storno, Sturnus vulgaris, l'Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha dato la sua approvazione: saranno così abbattuti in tutta la Toscana un numero di capi estremamente basso rispetto alla presenza della specie, valutata in centinaia di migliaia di capi stanziali. Nel Padule di Fucecchio, nell'area di Peretola Firenze nord e al lago di Chiusi, i tre dormitori invernali toscani di maggiori dimensioni, sono mediamente presenti un totale di 1,4 milioni di capi. Nel piano si trovano anche una serie di statistiche e dati a supporto delle decisioni adottate per far ben comprendere i fini puramente dissuasivi rispetto ai danni prodotti. Il numero di esemplari da abbattere derivano infatti dalla media degli abbattimenti degli ultimi tre anni, che fino a dicembre erano autorizzati dalle singole provincie e adesso sono di competenza regionale. Le azioni di controllo degli storni dovranno essere condotte nei campi con frutti pendenti ed effettuate sotto il controllo della polizia provinciale. L'attività sarà consentita dall'alba al tramonto e fino al 15 settembre. Dal 16 settembre al 30 novembre gli abbattimenti saranno autorizzati soltanto il martedì e il venerdì. Dal 18 settembre, data di inizio della stagione venatoria, si potrà effettuare il prelievo degli storni durante l'attività di caccia ordinaria grazie alla deroga autorizzata da Ispra. Il piano che riguarda le specie Cornacchia grigia, Corvus corone cornix, e Gazza, Pica pica, indica lo status di conservazione ed il trend delle due specie, entrambe in aumento sul territorio regionale secondo i dati del Centro Ornitologico Toscano. Questo piano prevede 16.500 gazze e 10.000 cornacchie grigie abbattibili su tutto il territorio toscano.
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Il 24 maggio, all’Accademia dei Georgofili di Firenze, giornata di studio sulla certificazione genetico-sanitaria dei materiali di propagazione: strumento essenziale per prevenire e contrastare le malattie delle piante a diffusione epidemica. Piero Cravedi: «partire da materiale vivaistico certificato e sano è la base di una filiera in linea con la qualità, con la sostenibilità ambientale ed etica. Ma è fondamentale che ci siano norme stringenti ed uniformi su tutto il territorio».
«La certificazione genetico-sanitaria dei materiali di propagazione vegetale rappresenta il mezzo di qualificazione delle produzioni vivaistiche che offre maggiori garanzie, permettendo di allargare gli orizzonti commerciali oltre i confini nazionali. Ciò è la diretta conseguenza di programmi che sviluppano principi tecnici, organizzativi e procedurali basati su convenzioni internazionali. Inoltre essa rappresenta uno degli strumenti per la prevenzione ed il contrasto di malattie delle piante a diffusione epidemica, aspetto che negli ultimi decenni ha assunto grande importanza per la movimentazione delle piante su scala globale».
E’ quanto si legge nel comunicato di ieri dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, dove si è svolta una giornata di studio intitolata “Quale certificazione per la qualificazione dei materiali di propagazione delle piante da frutto?”, che è stata organizzata su proposta del “Comitato consultivo sui problemi della difesa delle piante” dei Georgofili. Incontro nel corso del quale sono state esaminate le emergenze fitosanitarie, la quarantena, gli aspetti pomologici, il ruolo delle Regioni e del Servizio nazionale di certificazione volontaria, il sistema di certificazione e il ruolo dell'interprofessionale.
«In Italia – spiega l’Accademia dei Georgofili - i programmi di certificazione partirono su base regionale negli anni ‘80 per affrontare e dare un concreta risposta a problemi sanitari e di corrispondenza varietale delle specie fruttifere prodotte nelle diverse aree. Successivamente il Ministero dell’Agricoltura istituì la certificazione volontaria su scala nazionale, che prevedeva la stipula di apposite convenzioni da parte delle Regioni che intendevano aderirvi, mentre l’operatività era centralizzata, a carico degli istituti sperimentali coinvolti».
Tuttavia «l’evoluzione normativa comunitaria con l’istituzione del Passaporto delle piante CE e le norme di qualità - C.A.C. (Conformitas Agraria Communitatis), il mutato assetto organizzativo della struttura statale a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, oltre all’evoluzione tecnica dei metodi diagnostici, resero necessaria una riorganizzazione del Servizio nazionale di certificazione volontaria. Su tali argomenti e sulle nuove prospettive che si aprivano, l’Accademia dei Georgofili organizzò un’apposita giornata che ebbe luogo l’8 ottobre 2002. A distanza di quasi 15 anni, c’è purtroppo da prendere atto delle difficoltà ad attuare i principi del vigente schema di certificazione volontaria sia per un’interpretazione ed applicazione non omogenea da parte delle Regioni, che per la presenza di emergenze fitosanitarie che interessano tutto il territorio nazionale. Difficoltà che sembrano accrescere ed alimentare un clima di incertezza in previsione delle ulteriori modifiche che sarà necessario apportare, a seguito dell’imminente entrata in vigore delle nuove norme comunitarie».
Secondo Piero Cravedi, presidente del Comitato consultivo che ha organizzato l’evento: «il vivaismo è un settore molto complesso. La normativa sulla certificazione per la qualificazione dei materiali di propagazione ha un ruolo determinante per l'attività vivaistica, sia per il mercato interno sia per gli scambi internazionali. Partire da materiale vivaistico sano e certificato permette di poter creare le basi di una filiera produttiva in linea con la qualità, con la sicurezza alimentare e con la sostenibilità ambientale ed etica. L'Italia sotto questo profilo è un Paese sicuramente all'avanguardia. La diffusione epidemica di molte malattie ed infestanti ha richiamato l'attenzione sul ruolo di prevenzione che l'attività vivaistica deve svolgere. Ma è fondamentale che ci siano norme stringenti ed uniformi su tutto il territorio nonché coesione in tutti i settori della filiera vivaistica».
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