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Ieri la Commissione Europea ha esteso l'autorizzazione fino alla fine del 2017, in attesa del parere dell'Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) sugli effetti della sostanza sulla salute umana e sull'ambiente. Utilizzato come principio attivo in molti erbicidi, il glifosato è da tempo oggetto di dibattito.
Nonostante due successive riunioni, gli stati membri dell'Unione Europea non sono riusciti ad esprimersi, né a favore, né contro l'utilizzo del glifosato. La questione è però molto importante in quanto il suddetto diserbante è accusato di essere probabilmente cancerogeno da parte dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), mentre l'EFSA, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, l'ha definito probabilmente non cancerogeno. Il glifosato è oggi l’erbicida più utilizzato al mondo, presente in ben 750 formulati e maggiormente collegato alle sementi OGM di mais, soia e cotone il cui DNA è stato manipolato da Monsanto per resistere allo stesso diserbante. Il glifosato è anche tra le sostanze che hanno superato i limiti di legge per presenza nelle acque, superficiali e sotterranee. Oltre che in agricoltura, il glifosato è ampiamente impiegato dagli Enti Pubblici per la pulizia dei margini stradali, delle massicciate ferroviarie e dei binari. Nonostante più di due milioni di cittadini europei abbiano sottoscritto la petizione su Avaaz per chiedere la messa al bando della sostanza, ancora non si arriva alla parola “fine” sulla questione. In Italia la notizia dell'estensione dell'autorizzazione all'utilizzo ha suscitato diverse reazioni: il presidente di Slow Food Italia, Gaetano Pascale, commenta: «La Commissione sta ignorando il parere della comunità scientifica, nonché la voce dei cittadini». Pascale lamenta inoltre: «serie lacune nel rispondere all’esigenza di trasparenza sulla valutazione scientifica del glifosato, necessaria per esprimersi sul rinnovo o meno dell’autorizzazione». Da Confagricoltura, invece, moderata soddisfazione nell'attesa che venga trovata una soluzione a lungo termine: «La proroga concessa dalla UE è un'opportunità per verificare le decisioni scientifiche e salvaguardare gli agricoltori italiani». Resta comunque la disponibilità dell'Organizzazione degli imprenditori agricoli italiani per un impiego del glifosato nel segno di una sempre maggiore sostenibilità, limitandone l'impiego in presenza di colture.
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L’e-commerce si diffonde molto più velocemente dell’insieme del commercio. In Italia dal 2009 al 2015 le imprese di commercio elettronico sono aumentate del 25% all’anno, contro lo 0,80% annuale generale. Dall’Olanda “Flora@Home”: un altro progetto per intercettare il trend con un servizio di vendita online di piante e fiori a cui collabora FloraHolland.
L’e-commerce si diffonde molto più velocemente che il resto del settore del commercio. Questo differenziale di crescita è un fenomeno che si estende oltre i confini nazionali. Ma in Italia le cifre sono impressionanti, se guardiano alle dinamiche del numero delle imprese che nascono e che muoiono registrate dalla camere di commercio. Secondo il rapporto di Unioncamere, dal 2009 al 2015, le società di commercio elettronico sono aumentate di 9.000 unità: una crescita complessiva del 151,6%, cioè in media il 25,3% all’anno. Nello stesso periodo, l’insieme del settore del commercio al dettaglio, poco più di 870.000 aziende, ha guadagnato solo 7.170 imprese, pari ad una crescita dello 0,83% nell’arco dei sei anni. Come può essere sfruttato questo trend nella filiera floricola italiana? Un nuovo spunto arriva dall’Olanda, leader del commercio florovivaistico internazionale e spesso battistrada dell’innovazione di questo settore.
Come riportato da Floral Daily, un’azienda olandese di vendita per corrispondenza, PstNL, ha fiutato l’affare e deciso di entrare nella filiera florovivaistica proponendo un servizio di ordinazione di piante e fiori online con invio diretto delle merci nelle case dei consumatori o nelle sedi delle imprese ordinanti. L’opportunità di business di questo progetto, denominato Flora@Home, è legata al fatto che i fiori e le piante sono categorie di prodotti ancora poco presenti nei negozi web. Un progetto come questo ha di fronte a sé la sfida di assicurare che tutti i segmenti della filiera funzionino adeguatamente senza che quei ritardi che farebbero deperire le merci. Questo ha richiesto la collaborazione di altri partner: Grower to Consumer, Chrysal (azienda di prodotti per la conservazione dei fiori recisi) e FloraHolland, la più grande cooperativa del settore florovivaistico internazionale. Ciò consente a Flora@Home di offrire un pacchetto completo ai propri clienti (sia consumatori finali che imprenditori): si è partiti dalla creazione di un software per la gestione degli ordini e delle spedizioni, per arrivare a una serie di servizi aggiuntivi per produttori, commercianti e consumatori. «Secondo gli ideatori e promotori del progetto – come riporta Flornews n. 232 - lo sviluppo dell’e-commerce coinvolgendo direttamente i consumatori finali è alla base di una nuova frontiera di vendita dei fiori, assolutamente necessaria per rispondere alle più attuali richieste del mercato, dei singoli consumatori ma anche della gdo (grande distribuzione organizzata)».
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Un nuovo studio di HortTechnology, pubblicazione dell'American Society for Horticultural Science, svela le migliori strategie di somministrazione dei fertilizzanti per fornire migliori capacità di resistenza alle piante: dopo gli esperimenti effettuati su petunie, i fertilizzanti a rilascio controllato e quelli con tecnologia del doppio avvolgimento DCT si rivelano migliori di quelli idrosolubili.
I produttori di piante coltivate in vaso spesso utilizzano fertilizzati per assicurarsi che l'utente finale possa ricevere una pianta in salute e vigorosa. Questo “fertilizzante residuo” rappresenta un valore aggiunto alla pianta, arrivando a portare benefici al di là della serra. Secondo Paul R. Fisher, autore dello studio su HortTechnology (numero di aprile 2016), molti consumatori provvedono a fertilizzare le piante, ma queste non sempre sono adeguatamente fertilizzate in seguito alla loro vendita. «Senza fertilizzante residuale, non importa quanto sia ben sviluppata la genetica delle piante o la loro qualità, le loro prestazioni diventeranno molto probabilmente scarse nel lungo termine», spiega Fisher. Egli, con i suoi colleghi, ha predisposto uno studio per confrontare le strategie di utilizzo di fertilizzanti idrosolubili (FSM) e fertilizzanti a rilascio controllato (CRF) al fine di fornire una nutrizione adeguata durante la produzione e le fasi di consumo di piante di petunia. Per simulare le fasi di produzione, le petunie 'Supertunia Vista Bubblegum' sono state coltivate in esperimenti in serra in un substrato di torba/perlite in contenitori per 42 giorni, con trattamenti di fertilizzante idrosolubili o a rilascio controllato.
Le analisi hanno dimostrato che tutti i trattamenti di fertilizzanti (idrosolubili soltanto; con un basso tasso di combinata idrosolubile e a rilascio controllato; idrosolubili con un secondo rivestimento a rilascio controllato o con DCT) hanno prodotto piante di alta qualità dopo 42 giorni. «I produttori hanno quindi molteplici strategie per la produzione di piante di qualità simili, e la scelta si riduce a fattori come il costo e la praticità» commentano gli autori dello studio. In una successiva "fase del consumatore", i ricercatori hanno valutato però anche la crescita delle petunie e il livello di nutrienti nelle piante che sono state mantenute in contenitori o trapiantate e irrigate con acqua pulita per 98 giorni. I risultati hanno mostrato che le petunie cresciute con solo fertilizzante idrosolubile (senza fertilizzante residuo) erano gravemente carenti di nutrienti (come misurato dagli indici di clorofilla e numero di fiori) dopo 42 giorni nella “fase del consumatore”. Mentre le piante di petunia, che erano state coltivate con fertilizzanti a rilascio controllato, erano ancora in crescita in modo vigoroso dopo 42 giorni nella “fase del consumatore”, soprattutto quando erano stati applicati a ritmo elevato fertilizzanti a rilascio controllato o quelli con tecnologia del doppio avvolgimento DCT.
Redazione
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Il mercato floricolo reagisce all'esito del referendum inglese di giovedì 23 giugno manifestando perplessità e incertezze: in Kenya e in Olanda in tanti, fra responsabili politici e imprenditori, rimpiangono la decisione inglese di lasciare l'Unione Europea. Forti preoccupazioni per la libera circolazione delle merci e la fluttuazione di sterlina e euro, ma anche qualche speranza per nuove relazioni commerciali inglesi con il Kenya e per un possibile snodo commerciale ad Amsterdam.
Harry Bockhoff, direttore di Flower Group, azienda di trasporti olandesi, teme soprattutto i lunghi tempi di attesa: «Abbiamo prodotti deperibili, quindi per noi ogni minuto conta. Intendiamo consegnare il prodotto più fresco possibile». Dunque ci si augura che la libera circolazione delle merci fra Olanda e Regno Unito possa rimanere intatta. Dennis Heijnen di EVO, che si occupa di logistica, esprime il suo timore per la diminuzione delle importazioni dal Regno Unito a causa del calo di valore della sterlina. Egli non ha infatti dubbi che le aziende che esportano molto soffriranno di questa Brexit. Il capo esecutivo del Kenya Flower Council, Jane Ngige, dice che il Consiglio sta valutando l'ampiezza dell'uscita inglese sul settore: «Dobbiamo riorganizzarci e, guardando al nostro protocollo di scambio con l'UE e il Regno Unito, dobbiamo venirne fuori con una posizione che possiamo condividere». Kenyan flower farms, che usa per lo più l'euro come moneta, si aspetta un aumento dei costi a causa della fluttuazione della moneta comune e della sterlina. Il governatore della Central Bank, Patrick Njoroge, è stato pronto nel provare a calmare i mercati, con una dichiarazione del primo mattino: «La Banca centrale del Kenya è pronta a intervenire sui mercati monetari e dei cambi esteri per garantire il loro corretto funzionamento. Altre principali banche centrali hanno annunciato la loro disponibilità a intervenire per ridurre al minimo le interruzioni nei loro mercati». Lucas Vos, CEO di Royal FloraHolland, ha già evidenziato la sua speranza che le buone relazioni commerciali con il Regno Unito possano continuare. Sebbene le conseguenze del referendum siano difficili da esprimere in cifre al momento, Royal FloraHolland non sembra essere influenzata troppo nelle sue relazioni commerciali inglesi e per la grande quantità di fiori e piante che il Regno Unito di solito importa. Non solo cattive notizie per Kenya e Olanda: secondo Quartz Africa i legami fra il Kenya e la Gran Bretagna sono profondi e di lunga data, dunque il commercio e gli investimenti da entrambe le parti dovrebbero continuare senza problemi. In un certo senso il Kenya potrebbe quasi beneficiare della situazione, secondo alcuni analisti. Il Regno Unito potrebbe, infatti, essere ansioso di stabilire legami bilaterali dopo aver lasciato l'Unione Europea, dando preferenza al Kenya. Anche per l'Olanda, secondo un membro del consiglio municipale di Amsterdam, Kajsa Ollongren, la Brexit può essere utile alla città nel suo ruolo di centro commerciale internazionale. «Nel periodo che precedeva il referendum, alcune aziende hanno deciso di attraversare il Mare del Nord in direzione della capitale olandese», riferisce Kasja ad un giornale olandese, “Volkskrant”.
Redazione
Fonte: FloralDaily.com
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- Scritto da Andrea Vitali
Il voto della Gran Bretagna, riguardante una possibile uscita dall'Unione Europea si rivela determinante anche per il settore floricolo. Se i grossisti britannici vedono alcune opportunità nella Brexit, molti coltivatori sono incerti circa la stabilità del mercato internazionale di piante e fiori successivamente a un voto in questo senso. Per coltivatori e innovatori gli affari diventerebbero più complicati e costosi.
Anche se la scelta “remain” sembra per ora avere la meglio, per i veri risultati del referendum dovremo attendere lo spoglio di questa notte. Intanto è interessante capire cosa significherebbe una “Brexit” per la floricoltura inglese e non solo. I grossisti sembrerebbero ad oggi i più ottimisti del settore sulla fuoriuscita dall'UE da parte della Gran Bretagna. Probabilmente, infatti, non ci sarebbero dirette conseguenze per i grossisti, questo ovviamente se il valore della sterlina non calerà. Molti fiori sono importati dal Sud America e se la sterlina dovesse scendere nei confronti del dollaro, questo rappresenterebbe un grande problema. Oggi i fioristi pagano il 20% di IVA sui fiori acquistati dai grossisti e solo il 6% per i fiori che importano dai Paesi Bassi. Se la Gran Bretagna lasciasse invece l'Unione Europea, l'IVA sui prodotti ornamentali olandesi potrebbe possibilmente aumentare e dunque questo mercato si configurerebbe meno attrattivo per i fioristi. Questi ultimi comprerebbero a questo punto con più facilità la stessa quantità di fiori, anche più fresca, direttamente dai grossisti inglesi ad un prezzo simile. Se i grossisti possono vedere una possibilità di vantaggio nella Brexit, gli importatori hanno di fronte tutta un'altra prospettiva. Se infatti la sterlina scendesse, i loro fiori sarebbero più cari per gli inglesi. Nonostante la sterlina sia già stata in caduta, nel 1993 e nel 2008, in quelle occasioni la gente ha continuato a comprare i fiori, anche se più costosi. Ma per evitare brutte sorprese e restare in una situazione di stabilità, la Brexit non si prospetta una buona “uscita” per gli importatori. I costi e le difficoltà di gestione interessano molto ai coltivatori di piante: “Plants for Europe”, agenzia indipendente per i diritti dei coltivatori di piante da giardino, ritiene importante ricordare i diritti sulle varietà delle piante. Fino ad oggi, infatti, si è utilizzato l'”European Union Plant Variety Rights”, anche se la Gran Bretagna possiede un suo sistema. Se il Regno Unito dovesse lasciare l'Unione Europea, il “PVR UE” non sarebbe più applicabile nel Regno Unito e per “Plants for Europe” questo risulterebbe negativo per la tutela . Brexit renderebbe dunque il business più difficile e più dispendioso per coltivatori e innovatori.
Redazione




