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L'Indice di Organizzazione Criminale (IOC), elaborato dall’Eurispes nell’ambito del quarto Rapporto Agromafie con Coldiretti ed Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e sul sistema agroalimentare, parla chiaro: sono 170 gli immobili confiscati e 28 le aziende sequestrate in Toscana alla criminalità, in particolare a Pistoia e Grosseto. Il quarto rapporto Agromafie è stato presentato e discusso ieri nella Presidenza della Giunta della Regione Toscana con il presidente Rossi, il Dirigente Area Ambiente Coldiretti, Masini e Vadalà, Comandante regionale del Corpo forestale dello Stato per la Toscana, Marcelli, Presidente Coldiretti, Caselli, Presidente Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.
L'indice si basa su 29 indicatori specifici e rappresenta la diffusione e l'intensità, in una data provincia, del fenomeno dell'associazionismo criminale, in considerazione delle caratteristiche intrinseche alla provincia stessa e di conseguenza sia di eventi criminali denunciati, che di fattori economici e sociali. Così Pistoia e Grosseto, rispettivamente al 39° e 50° posto, sono in cima alla classifica dei territori toscani dove l’intensità dell’associazionismo criminale è più elevata seguite da Prato al 57°, Arezzo al 58°, Livorno al 64°, Firenze al 70°, Pisa al 73° e Lucca al 78°, che si trovano nella fascia “medio bassa”. Massa Carrara, 82°, e Siena, 83°, si trovano invece molto distaccate nella specialista dell’intensità della diffusione criminale. Il quarto rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia è stato presentato ieri, giovedì 30 Giugno, alla sede della Presidenza della Giunta della Regione Toscana a Firenze a Palazzo Strozzi-Sacrati, in Piazza Duomo. Ha introdotto i lavori Gian Maria Fara, Presidente di Eurispes. Sono intervenuti: Stefano Masini, Dirigente Area Ambiente Coldiretti, Giuseppe Vadalà, Comandante regionale del Corpo forestale dello Stato per la Toscana, Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti, Gian Carlo Caselli, Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Le conclusioni sono state di Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana: “Sostenibilità e sicurezza, i valori da coniugare nelle politiche di sviluppo del territorio rurale e montano della Toscana”. Il business delle agromafie supera, secondo le stime, i 16 miliardi di euro solo nel 2016. Per raggiungere il loro obiettivo i clan e le associazioni criminali organizzate ricorrono ad ogni forma possibile di reato, dall’usura al racket estorsivo, dall’abigeato alle macellazioni clandestine ai furti fino alla lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va da produttore al consumatore, passando anche dalle infiltrazioni nel settore del trasporti e della logistica. In cima alla black list dei settori più colpiti dalle frodi salgono la ristorazione, la carne e le farine, pane e pasta (il dato è riferito al valore dei sequestri effettuati dai Nas nel 2015). Dei 170 immobili confiscati al 30 settembre che proiettano la Toscana al dodicesimo posto (1%), 40 immobili destinati, 128 in gestione totale e 2 usciti dalla gestione. Per quanto riguarda le aziende si contano 40 beni destinati, 16 in gestione e 11 usciti dalla gestione. «La criminalità organizzata che opera nelle campagne – spiega Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana - incide più a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché a differenza della criminalità urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili. Si tratta dunque di lavorare per il superamento della situazione di solitudine invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche incentivando il ruolo delle associazioni di rappresentanza attraverso il confronto e la concertazione con la Pubblica amministrazione, perché la mancanza di dialogo costituisce un indubbio fattore critico nell'azione di repressione della criminalità». Nel suo intervento Gian Carlo Caselli, Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, ha sottolineato come il rispetto della legalità abbia un valore non solo giuridico, come rispetto della legge, ma anche un profondo valore economico perché pone le imprese nell’ambito di corretti rapporti economici, etici e di mercato. Nella giornata di ieri si è anche ricordato il prezioso contributo delle Forze dell'ordine nello smascherare i “prodotti tarocchi” che erodono quote di mercato al vero “Made in Italy” e “Tuscany” agroalimentare con gravi ripercussioni sulle imprese, ma anche sui cittadini e sui livelli di occupazione.
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Presso il laboratorio fitopatologico del Centro di Sperimentazione e assistenza agricola di Albenga (SV) durante il mese di maggio 2016 sono stati osservati attacchi da parte dell'afide radicale sull’apparato di margherite in coltivazione. Il parassita causa problemi nell'approvvigionamento di nutrienti da parte della pianta.
Pemphigus bursarius (afide galligeno del pioppo o afide radicale) determina problemi di approvvigionamento di nutrienti da parte della pianta, compromettendone l‘apparato radicale e causando crescita stentata, giallumi diffusi fino ad avvizzimenti veri e propri. Pemphigus bursarius compie un ciclo dioico tra pioppo (Populus nigra) e alcune piante erbacee spontanee, fra cui le composite, e si può riconoscere facilmente per le secrezioni cerose biancastre che produce e che finiscono per ricoprire porzioni più o meno estese delle radici delle piante interessate. Nelle fasi iniziali dell’attacco, tali secrezioni cerose possono essere confuse con grumuli di cornunghia in fase di disfacimento. Ma un'attenta osservazione con una lente contafili può facilmente togliere ogni dubbio. Per il suo contenimento è possibile utilizzare insetticidi sistemici registrati per applicazione radicale su specie floricole/ornamentali, nonché scegliere con attenzione i siti di produzione evitando quelli in cui sono presenti pioppi nelle immediate vicinanze della coltivazione.
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Ieri la Commissione Europea ha esteso l'autorizzazione fino alla fine del 2017, in attesa del parere dell'Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) sugli effetti della sostanza sulla salute umana e sull'ambiente. Utilizzato come principio attivo in molti erbicidi, il glifosato è da tempo oggetto di dibattito.
Nonostante due successive riunioni, gli stati membri dell'Unione Europea non sono riusciti ad esprimersi, né a favore, né contro l'utilizzo del glifosato. La questione è però molto importante in quanto il suddetto diserbante è accusato di essere probabilmente cancerogeno da parte dell'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), mentre l'EFSA, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, l'ha definito probabilmente non cancerogeno. Il glifosato è oggi l’erbicida più utilizzato al mondo, presente in ben 750 formulati e maggiormente collegato alle sementi OGM di mais, soia e cotone il cui DNA è stato manipolato da Monsanto per resistere allo stesso diserbante. Il glifosato è anche tra le sostanze che hanno superato i limiti di legge per presenza nelle acque, superficiali e sotterranee. Oltre che in agricoltura, il glifosato è ampiamente impiegato dagli Enti Pubblici per la pulizia dei margini stradali, delle massicciate ferroviarie e dei binari. Nonostante più di due milioni di cittadini europei abbiano sottoscritto la petizione su Avaaz per chiedere la messa al bando della sostanza, ancora non si arriva alla parola “fine” sulla questione. In Italia la notizia dell'estensione dell'autorizzazione all'utilizzo ha suscitato diverse reazioni: il presidente di Slow Food Italia, Gaetano Pascale, commenta: «La Commissione sta ignorando il parere della comunità scientifica, nonché la voce dei cittadini». Pascale lamenta inoltre: «serie lacune nel rispondere all’esigenza di trasparenza sulla valutazione scientifica del glifosato, necessaria per esprimersi sul rinnovo o meno dell’autorizzazione». Da Confagricoltura, invece, moderata soddisfazione nell'attesa che venga trovata una soluzione a lungo termine: «La proroga concessa dalla UE è un'opportunità per verificare le decisioni scientifiche e salvaguardare gli agricoltori italiani». Resta comunque la disponibilità dell'Organizzazione degli imprenditori agricoli italiani per un impiego del glifosato nel segno di una sempre maggiore sostenibilità, limitandone l'impiego in presenza di colture.
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L’e-commerce si diffonde molto più velocemente dell’insieme del commercio. In Italia dal 2009 al 2015 le imprese di commercio elettronico sono aumentate del 25% all’anno, contro lo 0,80% annuale generale. Dall’Olanda “Flora@Home”: un altro progetto per intercettare il trend con un servizio di vendita online di piante e fiori a cui collabora FloraHolland.
L’e-commerce si diffonde molto più velocemente che il resto del settore del commercio. Questo differenziale di crescita è un fenomeno che si estende oltre i confini nazionali. Ma in Italia le cifre sono impressionanti, se guardiano alle dinamiche del numero delle imprese che nascono e che muoiono registrate dalla camere di commercio. Secondo il rapporto di Unioncamere, dal 2009 al 2015, le società di commercio elettronico sono aumentate di 9.000 unità: una crescita complessiva del 151,6%, cioè in media il 25,3% all’anno. Nello stesso periodo, l’insieme del settore del commercio al dettaglio, poco più di 870.000 aziende, ha guadagnato solo 7.170 imprese, pari ad una crescita dello 0,83% nell’arco dei sei anni. Come può essere sfruttato questo trend nella filiera floricola italiana? Un nuovo spunto arriva dall’Olanda, leader del commercio florovivaistico internazionale e spesso battistrada dell’innovazione di questo settore. Come riportato da Floral Daily, un’azienda olandese di vendita per corrispondenza, PstNL, ha fiutato l’affare e deciso di entrare nella filiera florovivaistica proponendo un servizio di ordinazione di piante e fiori online con invio diretto delle merci nelle case dei consumatori o nelle sedi delle imprese ordinanti. L’opportunità di business di questo progetto, denominato Flora@Home, è legata al fatto che i fiori e le piante sono categorie di prodotti ancora poco presenti nei negozi web. Un progetto come questo ha di fronte a sé la sfida di assicurare che tutti i segmenti della filiera funzionino adeguatamente senza che quei ritardi che farebbero deperire le merci. Questo ha richiesto la collaborazione di altri partner: Grower to Consumer, Chrysal (azienda di prodotti per la conservazione dei fiori recisi) e FloraHolland, la più grande cooperativa del settore florovivaistico internazionale. Ciò consente a Flora@Home di offrire un pacchetto completo ai propri clienti (sia consumatori finali che imprenditori): si è partiti dalla creazione di un software per la gestione degli ordini e delle spedizioni, per arrivare a una serie di servizi aggiuntivi per produttori, commercianti e consumatori. «Secondo gli ideatori e promotori del progetto – come riporta Flornews n. 232 - lo sviluppo dell’e-commerce coinvolgendo direttamente i consumatori finali è alla base di una nuova frontiera di vendita dei fiori, assolutamente necessaria per rispondere alle più attuali richieste del mercato, dei singoli consumatori ma anche della gdo (grande distribuzione organizzata)».
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Un nuovo studio di HortTechnology, pubblicazione dell'American Society for Horticultural Science, svela le migliori strategie di somministrazione dei fertilizzanti per fornire migliori capacità di resistenza alle piante: dopo gli esperimenti effettuati su petunie, i fertilizzanti a rilascio controllato e quelli con tecnologia del doppio avvolgimento DCT si rivelano migliori di quelli idrosolubili.
I produttori di piante coltivate in vaso spesso utilizzano fertilizzati per assicurarsi che l'utente finale possa ricevere una pianta in salute e vigorosa. Questo “fertilizzante residuo” rappresenta un valore aggiunto alla pianta, arrivando a portare benefici al di là della serra. Secondo Paul R. Fisher, autore dello studio su HortTechnology (numero di aprile 2016), molti consumatori provvedono a fertilizzare le piante, ma queste non sempre sono adeguatamente fertilizzate in seguito alla loro vendita. «Senza fertilizzante residuale, non importa quanto sia ben sviluppata la genetica delle piante o la loro qualità, le loro prestazioni diventeranno molto probabilmente scarse nel lungo termine», spiega Fisher. Egli, con i suoi colleghi, ha predisposto uno studio per confrontare le strategie di utilizzo di fertilizzanti idrosolubili (FSM) e fertilizzanti a rilascio controllato (CRF) al fine di fornire una nutrizione adeguata durante la produzione e le fasi di consumo di piante di petunia. Per simulare le fasi di produzione, le petunie 'Supertunia Vista Bubblegum' sono state coltivate in esperimenti in serra in un substrato di torba/perlite in contenitori per 42 giorni, con trattamenti di fertilizzante idrosolubili o a rilascio controllato. Le analisi hanno dimostrato che tutti i trattamenti di fertilizzanti (idrosolubili soltanto; con un basso tasso di combinata idrosolubile e a rilascio controllato; idrosolubili con un secondo rivestimento a rilascio controllato o con DCT) hanno prodotto piante di alta qualità dopo 42 giorni. «I produttori hanno quindi molteplici strategie per la produzione di piante di qualità simili, e la scelta si riduce a fattori come il costo e la praticità» commentano gli autori dello studio. In una successiva "fase del consumatore", i ricercatori hanno valutato però anche la crescita delle petunie e il livello di nutrienti nelle piante che sono state mantenute in contenitori o trapiantate e irrigate con acqua pulita per 98 giorni. I risultati hanno mostrato che le petunie cresciute con solo fertilizzante idrosolubile (senza fertilizzante residuo) erano gravemente carenti di nutrienti (come misurato dagli indici di clorofilla e numero di fiori) dopo 42 giorni nella “fase del consumatore”. Mentre le piante di petunia, che erano state coltivate con fertilizzanti a rilascio controllato, erano ancora in crescita in modo vigoroso dopo 42 giorni nella “fase del consumatore”, soprattutto quando erano stati applicati a ritmo elevato fertilizzanti a rilascio controllato o quelli con tecnologia del doppio avvolgimento DCT.
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