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- Scritto da Andrea Vitali
Il mercato floricolo reagisce all'esito del referendum inglese di giovedì 23 giugno manifestando perplessità e incertezze: in Kenya e in Olanda in tanti, fra responsabili politici e imprenditori, rimpiangono la decisione inglese di lasciare l'Unione Europea. Forti preoccupazioni per la libera circolazione delle merci e la fluttuazione di sterlina e euro, ma anche qualche speranza per nuove relazioni commerciali inglesi con il Kenya e per un possibile snodo commerciale ad Amsterdam.
Harry Bockhoff, direttore di Flower Group, azienda di trasporti olandesi, teme soprattutto i lunghi tempi di attesa: «Abbiamo prodotti deperibili, quindi per noi ogni minuto conta. Intendiamo consegnare il prodotto più fresco possibile». Dunque ci si augura che la libera circolazione delle merci fra Olanda e Regno Unito possa rimanere intatta. Dennis Heijnen di EVO, che si occupa di logistica, esprime il suo timore per la diminuzione delle importazioni dal Regno Unito a causa del calo di valore della sterlina. Egli non ha infatti dubbi che le aziende che esportano molto soffriranno di questa Brexit. Il capo esecutivo del Kenya Flower Council, Jane Ngige, dice che il Consiglio sta valutando l'ampiezza dell'uscita inglese sul settore: «Dobbiamo riorganizzarci e, guardando al nostro protocollo di scambio con l'UE e il Regno Unito, dobbiamo venirne fuori con una posizione che possiamo condividere». Kenyan flower farms, che usa per lo più l'euro come moneta, si aspetta un aumento dei costi a causa della fluttuazione della moneta comune e della sterlina. Il governatore della Central Bank, Patrick Njoroge, è stato pronto nel provare a calmare i mercati, con una dichiarazione del primo mattino: «La Banca centrale del Kenya è pronta a intervenire sui mercati monetari e dei cambi esteri per garantire il loro corretto funzionamento. Altre principali banche centrali hanno annunciato la loro disponibilità a intervenire per ridurre al minimo le interruzioni nei loro mercati». Lucas Vos, CEO di Royal FloraHolland, ha già evidenziato la sua speranza che le buone relazioni commerciali con il Regno Unito possano continuare. Sebbene le conseguenze del referendum siano difficili da esprimere in cifre al momento, Royal FloraHolland non sembra essere influenzata troppo nelle sue relazioni commerciali inglesi e per la grande quantità di fiori e piante che il Regno Unito di solito importa. Non solo cattive notizie per Kenya e Olanda: secondo Quartz Africa i legami fra il Kenya e la Gran Bretagna sono profondi e di lunga data, dunque il commercio e gli investimenti da entrambe le parti dovrebbero continuare senza problemi. In un certo senso il Kenya potrebbe quasi beneficiare della situazione, secondo alcuni analisti. Il Regno Unito potrebbe, infatti, essere ansioso di stabilire legami bilaterali dopo aver lasciato l'Unione Europea, dando preferenza al Kenya. Anche per l'Olanda, secondo un membro del consiglio municipale di Amsterdam, Kajsa Ollongren, la Brexit può essere utile alla città nel suo ruolo di centro commerciale internazionale. «Nel periodo che precedeva il referendum, alcune aziende hanno deciso di attraversare il Mare del Nord in direzione della capitale olandese», riferisce Kasja ad un giornale olandese, “Volkskrant”.
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Fonte: FloralDaily.com
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Il voto della Gran Bretagna, riguardante una possibile uscita dall'Unione Europea si rivela determinante anche per il settore floricolo. Se i grossisti britannici vedono alcune opportunità nella Brexit, molti coltivatori sono incerti circa la stabilità del mercato internazionale di piante e fiori successivamente a un voto in questo senso. Per coltivatori e innovatori gli affari diventerebbero più complicati e costosi.
Anche se la scelta “remain” sembra per ora avere la meglio, per i veri risultati del referendum dovremo attendere lo spoglio di questa notte. Intanto è interessante capire cosa significherebbe una “Brexit” per la floricoltura inglese e non solo. I grossisti sembrerebbero ad oggi i più ottimisti del settore sulla fuoriuscita dall'UE da parte della Gran Bretagna. Probabilmente, infatti, non ci sarebbero dirette conseguenze per i grossisti, questo ovviamente se il valore della sterlina non calerà. Molti fiori sono importati dal Sud America e se la sterlina dovesse scendere nei confronti del dollaro, questo rappresenterebbe un grande problema. Oggi i fioristi pagano il 20% di IVA sui fiori acquistati dai grossisti e solo il 6% per i fiori che importano dai Paesi Bassi. Se la Gran Bretagna lasciasse invece l'Unione Europea, l'IVA sui prodotti ornamentali olandesi potrebbe possibilmente aumentare e dunque questo mercato si configurerebbe meno attrattivo per i fioristi. Questi ultimi comprerebbero a questo punto con più facilità la stessa quantità di fiori, anche più fresca, direttamente dai grossisti inglesi ad un prezzo simile. Se i grossisti possono vedere una possibilità di vantaggio nella Brexit, gli importatori hanno di fronte tutta un'altra prospettiva. Se infatti la sterlina scendesse, i loro fiori sarebbero più cari per gli inglesi. Nonostante la sterlina sia già stata in caduta, nel 1993 e nel 2008, in quelle occasioni la gente ha continuato a comprare i fiori, anche se più costosi. Ma per evitare brutte sorprese e restare in una situazione di stabilità, la Brexit non si prospetta una buona “uscita” per gli importatori. I costi e le difficoltà di gestione interessano molto ai coltivatori di piante: “Plants for Europe”, agenzia indipendente per i diritti dei coltivatori di piante da giardino, ritiene importante ricordare i diritti sulle varietà delle piante. Fino ad oggi, infatti, si è utilizzato l'”European Union Plant Variety Rights”, anche se la Gran Bretagna possiede un suo sistema. Se il Regno Unito dovesse lasciare l'Unione Europea, il “PVR UE” non sarebbe più applicabile nel Regno Unito e per “Plants for Europe” questo risulterebbe negativo per la tutela . Brexit renderebbe dunque il business più difficile e più dispendioso per coltivatori e innovatori.
Redazione
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Il termine per le iscrizioni sta per scadere, è infatti fissato per il primo luglio, per partecipare al concorso, organizzato dal Cervim, che si terrà dal 14 al 16 luglio. Gaudio, presidente Cervim, ne ricorda l'importanza: «Valorizziamo autentiche “isole della biodiversità viticola” che corrono il rischio di scomparire a causa degli alti costi di produzione, basti pensare che la coltivazione di un vigneto in queste zone costa dieci volte di più di un vigneto in pianura».
Mancano dunque pochi giorni al termine delle iscrizioni per il Concorso enologico internazionale dedicato ai vini eroici, organizzato dal Cervim. Il “Mondial des vins Extremes”, è organizzato dal Centro di Ricerca e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, in collaborazione con l’Assessorato Agricoltura della Regione Autonoma Valle d’Aosta, la Vival (Associazione Viticoltori Valle d’Aosta) e la sezione AIS -Valle d’Aosta, con il patrocinio dell’OIV (Organisation Internationale de la Vigne et du Vin) e la relativa autorizzazione del Ministero alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. I vini ammessi al Concorso sono quelli prodotti da uve di vigneti che presentano almeno una delle seguenti difficoltà strutturali permanenti: altitudine superiore ai 500 m s.l.m., ad esclusione dei sistemi viticoli in altopiano, pendenze del terreno superiori al 30%, sistemi viticoli su terrazze o gradoni e viticolture delle piccole isole. Si tratta dell’unica manifestazione enologica mondiale dedicata ai vini prodotti in zone caratterizzate da viticolture eroiche. Il Concorso, nelle precedenti edizioni ha visto crescere negli anni l’interesse da parte delle aziende, infatti la media dei vini iscritti è stata nelle ultime edizioni pari a circa 600 etichette, provenienti da una decina di Paesi, fra questi anche paesi enologici ‘particolari’, come Armenia, Kazakhstan e Turchia. La varietà dei vini in degustazione, principalmente prodotti da vitigni autoctoni e caratterizzati da terroir unici segnano indelebilmente i profumi e i sapori e che rendono questo Concorso unico nel panorama dei concorsi enologici mondiali, con le selezioni in Valle d’Aosta, dal 14 al 16 luglio 2016. Al termine delle degustazioni viene stilata la classifica finale, in base al punteggio acquisito, i premi vengono suddivisi in Gran Medaglia d’Oro, Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento, oltre a ulteriori premi speciali destinati al miglior vino e alla miglior cantina per Paese partecipante, il miglior vino in assoluto, il miglior vino biologico e biodinamico, il miglior Giovane produttore (al di sotto dei 35 anni), la miglior Donna produttrice e infine uno destinato alla Regione viticola partecipante con il maggior numero di vini. La cerimonia di premiazione, l’esposizione e la degustazione dei vini premiati (aperta al pubblico), avrà luogo a Palazzo Giureconsulti in piazza Duomo a Milano, sabato 12 novembre 2016.
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La floricoltura è il settore più sottostimato dell'agricoltura in Pakistan, ma le cose stanno cambiando: negli ultimi due decenni si è registrato un notevole incremento della domanda e dell'offerta. Grazie infatti al cambiamento degli stili di vita i fiori recisi diventano parte fondamentale di matrimoni e altre occasioni.
La produzione annuale di fiori recisi si aggira attorno alle 10.000-12.000 tonnellate (fonte: EPB.2000, Governo del Pakistan). Il Pakistan esporta così circa 15 tonnellate di prodotti freschi e circa 115 tonnellate di fiori secchi. Le esportazioni di prodotti freschi potrebbero essere ulteriormente potenziate sostenendo il sistema della catena del freddo attraverso il paese, che andrebbe così a ridurre del 40% la produzione rovinata da perdite post-raccolto. Purtroppo non esiste ancora un approfondimento in materia di economia e marketing della floricoltura in Pakistan. È comunque interessante constatare che il Pakistan non esporta fiori soltanto negli Stati del Golfo, ma anche in Europa. In Pakistan infatti la maggior parte dei fiori sono stati prodotti nel periodo invernale in cui in Europa imperversava la neve e si tenevano la maggior parte degli eventi tradizionali di settore.
Il Pakistan è del resto avvantaggiato da un clima variabile e da una grande biodiversità: rosa, garofano, statice, gypsophila, gerbera, anthumrium, snapdragon, tagete, gladiolo, narciso, fresia, tuberosa e lilium, che possono essere prodotti commercialmente. Grazie poi ai bassi costi di produzione, il Pakistan ha enormi opportunità di soddisfare la domanda locale, mantenendo un alto potenziale per le esportazioni. Rispetto alle altre provincie la floricoltura è meglio sviluppata nella regione del Punjab: a causa della mancanza di una corretta conservazione e della scarsità di infrastrutture di trasporto la coltivazione è concentrata nelle grandi città, circondate da mercati locali. Nella provincia del Balochistan poi il periodo di produzione dura circa otto mesi, mentre nelle altre provincie solo quattro, grazie al terreno fertile e alle condizioni climatiche ideali. Tutta questa situazione potrebbe allora essere sfruttata per risollevare l'economia del paese, incrementando le esportazioni. Il Pakistan potrebbe allora prendere esempio dalla vicina India, che presenta condizioni climatiche ed ecologiche simili, ma possiede una delle più grandi industrie della floricoltura nel mondo.
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