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foodex

La Fiera Foodex di Tokyo (7-10 marzo 2017) è la più importante manifestazione fieristica agroalimentare del Giappone, nonché evento di grande richiamo commerciale e la principale iniziativa di diffusione e promozione dell’agroalimentare per tutta l’Area Asia Pacifico, con oltre 76.000 visitatori professionali e 3.200 espositori registrati nella scorsa edizione.

Il Giappone è il decimo Paese per destinazione dell’export eno-agroalimentare italiano e secondo Paese extra europeo dopo gli USA. Secondo i dati ISTAT, elaborati da ICE-Agenzia, nel periodo gennaio-novembre 2016, il Giappone ha importato dall'Italia prodotti agroalimentari (compreso bevande) in valori oltre 646 milioni di Euro, registrando un incremento dell'1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (gennaio-novembre 2015) quando si è registrato lo 0,1% rispetto al periodo precedente (2014). 
Secondo i dati GTI (elaborati da ICE-Agenzia), sempre per i prodotti agroalimentari, nel settembre 2016 l'Italia ha raggiunto una quota di mercato del 2,1%, che la pone al 3^ posto tra i paesi europei, dopo la Francia (3,5) e la Spagna (2,2).
Nell'edizione 2017, la Collettiva Italiana alla FOODEX sarà organizzata su un’area di 1.540 mq. ed ospiterà oltre 90 aziende nazionali, configurandosi come la più grande collettiva  straniera dell’intera manifestazione. All’interno del Padiglione italiano sarà inoltre attivo un Centro Servizi, in un’area di circa 40 mq., per accogliere ed orientare i visitatori stranieri, fornire assistenza agli espositori italiani e realizzare attività promozionali collaterali che consisteranno in attività di "show cooking" dei principali prodotti Made in Italy delle aziende italiane presenti in fiera.
Inoltre, nell'ambito di una convenzione ICE - Agenzia ed il Ministero dello Sviluppo Economico, finalizzata alla promozione del biologico italiano all'estero, l'8 marzo sarà organizzato, in collaborazione con Federbio (la Federazione di organizzazioni operanti in tutta la filiera dell'agricoltura biologica e biodinamica di rilevanza nazionale) all'interno della FOODEX, presso la Sala 303 presso la Convention Hall, un evento di promozione dei prodotti biologici delle aziende italiane presenti.
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Redazione

Secondo Cia-Agricoltori italiani le rivelazioni Istat evidenziano tutte le difficoltà delle aziende, alle prese con problemi noti e irrisolti. Il 2016 è l'anno "nero" per il settore che ha perso in un anno lo 0,7% del suo valore aggiunto, facendo registrare, dopo finanza e assicurazioni, la peggiore performance tra le attività economiche nazionali. 

Il dato certifica la fase di difficoltà che sta vivendo il settore: questo è quanto rileva la Cia-Agricoltori Italiani analizzando i dati sul Prodotto interno lordo resi noti dall’Istat.
«Si è chiuso -spiega la Cia- un anno particolarmente difficile per le imprese agricole, così come emerge chiaramente dalla lettura di alcuni tra i principali indicatori economici, che certificano l’anno “nero” per il primario.»
«In primo luogo -prosegue la Cia-  la dinamica delle quotazioni dei prezzi all’origine che, rispetto al 2015, hanno ceduto di oltre 5 punti percentuali, con flessioni particolarmente marcate nelle produzioni cerealicole (-12%) e negli olii vegetali (-18%). Accanto a ciò, il peggioramento della sostenibilità economica aziendale, è stato evidenziato dall’Eurostat e, in particolare, dall’indicatore che esprime il reddito reale per unità di lavoro.»
«Secondo l’Istituto statistico europeo -riferisce l’organizzazione degli agricoltori- l’Italia, nel 2016, ha registrato una flessione dell’8 per cento, mentre, nell’Unione Europea, la contrazione media si è attestata sul 2 per cento.
Il Bel Paese ha occupato la ventiduesima posizione nella classifica UE, davanti soltanto a sei Stati membri e neanche il calo dei costi produttivi del 2,1 per cento rilevato dall’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) è stato sufficiente a risollevare la redditività degli agricoltori.
E proprio su questi temi, la Cia-Agricoltori italiani concentrerà i lavori dell’VIII Conferenza economica, in programma a fine mese a Bologna, dove verranno avanzate le proposte da sottoporre a Governo e Istituzioni per imprimere una svolta decisiva al settore.»
 
Redazione

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A Myplant & Garden Roberto Magni, vicepresidente dell’Associazione di tutela del marchio VivaiFiori, ha annunciato i controlli per i certificati di processo aziendale destinati a organizzazioni e/o imprese del florovivaismo italiano. Per ora tra gli 8 soci nessuna singola azienda ed è stato accreditato un solo ente terzo: Certiquality. Si lavora al riconoscimento reciproco con certificazioni internazionali come GlobalGap.  

L’Associazione nazionale Piante e Fiori d’Italia, l’Associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve), il consorzio FloraSì, l’Associazione Milazzo Flora, il Consorzio “Fiori Tipici del Lago Maggiore”, il Distretto florovivaistico Alto Lombardo, la Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” e l’associazione Florveneto.
boniniSono questi al momento gli otto soci, fra cui tre organizzazioni florovivaistiche di livello nazionale e nessuna singola azienda, dell’Associazione nazionale di tutela del marchio VivaiFiori su cui la settimana scorsa, durante la conferenza stampa di Anve a Myplant & Garden, è stato fatto il punto della situazione. A parlarne è intervenuto uno dei due vicepresidenti, Roberto Magni (l’altro è il presidente di Anve Marco Cappellini), che ha annunciato il completamento delle fasi di sperimentazione e di definizione legale del marchio, e l’inizio della fase operativa con l’avvio degli audit (controlli) da parte di Certiquality di Milano (e di altri enti terzi di certificazione che saranno eventualmente accreditati) e il conseguente rilascio dei primi certificati di processo aziendale a marchio VivaiFiori.
florever«VivaiFiori – ha detto Roberto Magni, che è anche presidente del Distretto florovivaistico alto lombardo – è un marchio privato registrato, volontario e di processo. Ovvero non intende certificare l’origine italiana di prodotti florovivaistici ma i processi di produzione delle aziende florovivaistiche. VivaiFiori certifica l’adozione volontaria di un sistema di verifica aziendale il cui fine è garantire il miglioramento dell’attività produttiva e l’ottimizzazione delle risorse verso la sostenibilità». Questo certificato di processo, ha aggiunto Magni, è rivolto solo alle aziende di produzione del florovivaismo italiano, ma comprende tutti i comparti produttivi: tutti i tipi di piante (floricoltura in vaso, fiori recisi e fronde, piante ornamentali da esterno) e tutti tipi di coltivazione (dalle colture protette a quelle all’aperto). 
rosellinilogo.jpg«Per poter accedere alla certificazione VivaiFiori - ha spiegato Magni a Floraviva –, essere socio dell’Associazione nazionale di tutela del marchio VivaiFiori è un requisito essenziale». Questa condizione può essere soddisfatta dalle aziende in due modi: diventando socie direttamente oppure in quanto membri di associazioni o cooperative che sono o diventano socie dell’Associazione di tutela VivaiFiori, che detiene ormai sia la gestione che la proprietà del marchio. Ovviamente la via maestra per ottenere il marchio da parte delle aziende più piccole è attraverso organizzazioni florovivaistiche che le rappresentino, perché l’adesione e gli audit hanno dei costi, che nel caso delle organizzazioni vengono spalmati su più imprese (basti pensare che ogni anno gli audit vengono eseguiti solo su un campione di imprese pari alla radice quadrata del numero di aziende di ogni organizzazione, per cui se si tratta di 50 aziende il controllo verrà effettuato su 7).
Roberto Magni ha fatto sapere che è stata intrapresa l’attività di benchmarking per il riconoscimento del marchio VivaiFiori nell’ambito di sistemi di certificazione di processo internazionale quali GlobalGap (sulla Good agricultural practice o Buone pratiche agricole). Il benchmarking, ha spiegato, «non è altro che un’attività di verifica sulla sovrapposizione del marchio VivaiFiori, che ovviamente segue un disciplinare, per cui deve rispettare dei limiti al di sotto dei quali non si può andare», con le procedure di certificazione e i disciplinari legati ad altri marchi internazionali. «Questa attività di verifica – ha detto Magni - è stata posta in essere con GlobalGap e sta per essere iniziata con MPS. Con Global Gap si è già visto che esiste la sovrapponibilità e quindi si cercherà, costruendo un accordo specifico, di rendere compatibili anche nelle parti più specifiche i due marchi, in modo che ci possa essere effettivamente la riconoscibilità reciproca». Un simile accordo darebbe molta più visibilità all’estero alle aziende florovivaistiche dotate di marchio VivaiFiori.
 
Lorenzo Sandiford

A Myplant & Garden i dati di Euromonitor sul mercato europeo del giardinaggio, pari a vendite per 31 miliardi di euro. Previsto un ulteriore -1% da ora al 2021. In Italia l’11% del totale e una spesa pro capite per il verde di 45 euro, contro una media europea di 63. Presentate le tendenze dei modelli di consumo nei garden e in tutti i rivenditori specializzati, che valgono più dell’80% del totale. Il caso in controtendenza della Svezia (+4% nel 2016).

Consumatori mediamente più vecchi, ma che spendono per il proprio benessere, e che abitano più frequentemente in centri urbani e in abitazioni piccole. Rivenditori sempre più caratterizzati dalle tecnologie e dalla compenetrazione tra l'online e l'offline, con conseguenti livelli più alti di servizio. Parole chiave, oltre a tecnologia e benessere, la sostenibilità ambientale, la condivisione dei prodotti e delle esperienze, con ad esempio la diffusione di spazi di ristorazione e momenti di formazione nei garden center.
Questo, in sintesi, lo scenario futuro del gardening tratteggiato nella conclusione dell'intervento di Sara Rovai, analista di Euromonitor International, intervenuta il 24 febbraio al salone internazionale del verde di Milano Myplant & Garden per presentare gli ultimi dati delle vendite dei prodotti di giardinaggio e le tendenze nei modelli di consumo in questo ambito che si stanno affermando in Europa, con un focus sul caso della Svezia, in controtendenza riguardo all’andamento delle vendite.
Il valore totale delle vendite dell'intera gamma dei prodotti del settore del verde, dalle piante e fiori sino agli accessori per il giardinaggio, in Europa nel 2016 è stato di circa 31 miliardi, pari a un calo dell'1% rispetto all'anno precedente, soprattutto a causa dei segni meno di Paesi quali l'Italia, la Spagna e la Francia. Ma nei prossimi 5 anni, prevede Euromonitor, il calo sarà molto più lento: -1% da ora al 2021. In Svezia invece nel 2016 si è registrato un +4% sull'anno precedente e si prevede che nel prossimo quinquennio le vendite continueranno a crescere, anche se assai più gradualmente: +1% in cinque anni.
All'interno del mercato europeo, è stato spiegato da Sara Rovai, l'Italia ha una quota dell’11% del totale, mentre la Germania, con il 23%, ha la fetta più grossa delle vendite di prodotti di gardening in Europa. La Svezia si è attestata invece al 3%. Riguardo alla spesa pro capite in prodotti di giardinaggio, la media europea è di 63 euro all'anno, che salgono a 83 euro in Svezia e 87 in Germania, mentre l’Italia è ferma a 45 euro. La percentuale maggiore di vendite rientra nella categoria “Horticulture”, comprensiva di tutte le tipologie di prodotti vegetali. Infine, dal punto di vista dei canali di vendita, circa l'80% avviene attraverso i rivenditori specializzati, a cominciare dai garden center, perché i consumatori non vogliono rinunciare alle informazioni e all’assistenza sui prodotti che non possono trovare nella grande distribuzione organizzata generalista.
 
Lorenzo Sandiford

floramiata

Il 21 febbraio il polo vivaistico di Piancastagnaio è stato acquistato all’asta fallimentare, con base 3,5 milioni, da una cordata di imprenditori toscani e pugliesi uniti nella società Amiata Flor. Il direttore generale di Tesi Group Cappellini: «gli azionisti di Amiata Flor hanno le competenze necessarie, ma il compito non è facile, nonostante le potenzialità dei 27 ettari di serre riscaldate a geotermia». 

Alla terza asta fallimentare, dopo che nel luglio scorso era andato deserto il secondo tentativo con base d’asta a 11,6 milioni, la società agricola Floramiata, dichiarata fallita nel 2015, ha trovato finalmente l’acquirente. Si tratta di una società formata da imprenditori toscani e pugliesi del settore florovivaistico e di altri comparti, denominata Amiata Flor, che l’ha acquistata all’asta del Tribunale di Siena del 21 febbraio per 3,5 milioni di euro. La vendita, come riportato da Toscana 24, aveva per oggetto l’intero complesso aziendale e il marchio Floramiata, con 500 mila euro destinati all’acquisto delle piante rimaste. Gli azionisti principali di Amiata Flor, unica offerente all’asta, sono l’azienda florovivaistica di Pistoia Giorgio Tesi Group, la Barile Flower Service di Terlizzi (Bari) e la Homleg di Poggibonsi di Alberto Dainelli. Quest'ultimo è il presidente di Amiata Flor, che ha per amministratore delegato Marco Cappellini, direttore generale di Giorgio Tesi Group. Nella vendita sono inclusi i rapporti di lavoro dei dipendenti attualmente in forza, con l’obbligo a garantire l’occupazione di almeno 75 di essi. La notizia è stata accolta con favore dalla Cgil di Siena. Come ha dichiarato Marco Cappellini, «il pool è costituito da soggetti che hanno l’expertise necessaria. Infatti con noi sono coinvolti la Barile Flowers di Nino Barile, una grande società pugliese di commercializzazione nel settore del florovivaismo, e poi un investitore come Alberto Dainelli, molto conosciuto nel senese, che ha investimenti nel campo dell’edilizia. A loro si aggiungono due azionisti minoritari, ma altrettanto importanti, dei settori dell’efficienza energetica e della produzione di piante ornamentali da interno». «Floramiata è un’azienda molto conosciuta nel settore del florovivaismo e in particolare delle piante da interno – ha aggiunto Cappellini – solo che ha avuto vicende molto particolari. Noi abbiamo studiato le strutture e gli interventi da fare e ci sono delle potenzialità dal punto di vista delle superfici disponibili: 125 ettari di cui 27 di serre riscaldate dalla geotermia». «Si è fatto un piano industriale per farla tornare ad essere un’azienda di punta – ha concluso Cappellini -, ma bisogna partire coi piedi di piombo perché la situazione è comunque molto complessa e difficile, anche se altrettanto stimolante, e dobbiamo comunque risolvere la partita dei dipendenti mediante accordi sindacali».
 
Redazione