Arte Verde

Per chi è abituato a viaggiare, la strada diventa il luogo in cui si osservano meglio le cose, in cui si vedono davvero. Questo è il pensiero che segna il modo di vivere dell’artista Elspeth Diederix, anche se raramente lo percepiamo nei suoi lavori. La fotografa nasce a Nairobi, in Kenya, nel 1971, e oggi vive e lavora ad Amsterdam. La maggior parte delle opere di Elspeth sono però scattate in luoghi esotici, nonostante non si riesca a capirlo, semplicemente osservandole. Questo accade perché l’artista riesce a mantenere uno sguardo perfettamente esterno alle cose che ritrae. La scelta di tenere questa distanza deriva dalla convinzione che, soltanto in questo modo, sia possibile non essere assorbiti dall’uso quotidiano dell’oggetto, ma scoprirne piuttosto il lato astratto. Per esprimere al meglio la sua creatività e le sue idee, Elspeth abbandona presto lo studio della pittura e della scultura per dedicarsi alla fotografia. La sua arte si contraddistingue per il rifiuto delle tecniche digitali al fine di modificare le immagini, le quali sono soggette a effetti speciali dovuti unicamente all’intervento manuale e un precedente minuzioso studio. In un periodo della sua vita in cui non viaggia, lo sguardo di Elspeth si posa quasi per caso sul suo giardino, che diventa ad un tratto una specie di mondo da esplorare. L’artista si accorge che qui le cose sono in continuo cambiamento e, grazie al susseguirsi delle stagioni, si ha la preziosa possibilità di vedere nascere qualcosa per la prima volta. Ecco allora perché “The Studio Garden”: una serie di scatti, raccolti in un blog, che ritraggono proprio l’incredibile vita della natura.

Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)

elspeth diederix

Simone Giaiacopi si avvicina alla pittura come autodidatta nel gennaio 2008, occupandosi principalmente di pittura ad olio, forse proprio in quanto una delle tecniche più introspettive. La sua arte si caratterizza infatti per una venatura intimistica che isola dal contesto le figure ritratte per studiarle, sottraendole dal contesto naturale e quotidiano in cui si trovano. Simone si lancia all’inseguimento del dettaglio, come lui stesso dichiara, della materia delle cose e della luce che ne rivela, a uno sguardo attento, una parte nascosta. Seguendo la pittura e l’intento di Simone Giaiacopi cerchiamo dunque di cogliere qualcosa, anche se non sicuri del successo della nostra ricerca, così come nella vita reale. Un’arte dunque che ci riporta alla semplicità della comprensione delle cose così come sono. Troviamo quest’attitudine anche nella serie di paesaggi dipinta da Simone, che si concentra sull’ambiente naturale, con particolare attenzione alle piante, ma lasciando spazio anche a una piccola presenza urbana e umana. Tutto è così posto in una rivelatrice fissità per permetterci di rintracciarne la realtà.

Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)

simone giaiacopi


 

Tornare nel proprio paese per dare espressione completa alla propria indole artistica, che mai l’aveva abbandonata, questo è stato il ritorno a Sydney di Jessica Watts. Da New York, dove aveva successo come art director nel mondo della pubblicità, l’artista ha deciso di tornare in Australia per concentrarsi a tempo pieno sulla sua arte. Con molto materiale proveniente dalla sua lunga carriera (libri d’epoca, vecchie schede di bingo e una serie di collage) ha iniziato così a dipingere ad olio, anche se la sua arte continua ad essere radicata nel collage, nell’amore del riutilizzo di qualcosa che ha avuto una precedente e diversa vita. La serie “Wallflower” trae ispirazione proprio dal suo tesoro di carte da parati: grazie a olio, smalto, acrilico e carta, corpi femminili prendono vita su sfondi floreali, tagliati alla perfezione per nascondere i segreti che racchiudono. Consapevolmente o meno, siamo così spinti ala ricerca di ciò che non c’è nel dipinto e vorremmo catturare quel qualcosa in più, che invece qui resta nascosto dai bouquet di tulipani, peonie e rose e dall’abilità artistica di Jessica Watts.

Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)

jessica watts

‏Lisa Waud è una designer di fiori che ha fatto della sua arte un vero e proprio lavoro con i suoi due studi situati nella zona industriale di Detroit. Oggi il suo progetto più famoso e ingegnoso è "Flower House", nato dall'idea di rivendicare le strutture abbandonate come piattaforme per lo sviluppo dell'arte. Nel centro di Detroit, in una strada molto trafficata, nascerà così una piccola oasi verde nel prossimo ottobre 2015: fioristi provenienti dagli Stati Uniti riempiranno sedici stanze con fiori (ben quattromila) e piante da interno. Chi valicherà la porta della casa, avrà dunque il privilegio di entrare in un'altra realtà, dimenticando il rumore della città e lasciandosi affascinare dai colori e dai profumi presenti su ogni parete. Ma il progetto non si fermerà all'estetica dei colori e alla riscoperta di una struttura abbandonata: alla fine dell'evento, la casa e le installazioni saranno rimosse in modo responsabile, cercando di riutilizzare il 75% dei materiali. Il terreno in cui ha avrà vita la "Flower House" sarà poi destinato alla creazione di un'azienda di produzione di fiori e di un centro design per l'attività commerciale dell'artista. Lisa Waud fa così rivivere una casa abbandonata inserendo in ogni sua fessura la vitalità dei fiori. La "Flower House" ha avuto un'anteprima, durante il primo week di maggio, proprio in una casa vicina vuota e qui l'esplosione di verde e di profumi ha anticipato l'evento di fine ottobre. Ciò che Lisa Waud spera di ottenere tramite la sua idea d'arte è anche di essere fonte di ispirazione per altri al fine di ripensare le strutture abbandonate e riutilizzarle in modo responsabile verso l'ambiente.

Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)

lisa waud

La fragilità a cui è quotidianamente sottoposto il nostro ecosistema è il soggetto artistico preferito da David Brooks, artista brasiliano che oggi vive e lavora a Brooklyn. Le sue sculture e installazioni hanno un forte impatto emotivo e visivo in quanto pongono una lente di ingrandimento su ciò che si trova, silenzionsamente, tutti i giorni sotto i nostri occhi: la relazione fra le nostre costruzioni artificiali e l’ambiente naturale. Uno dei più potenti esempi del suo genio artistico è sicuramente Preserved Forest: parte dell’esibizione Greater New York 2010 al MoMA PS1. Sfidando la relazione binaria fra natura e cultura, Brooks ha creato un’installazione per cui ha spruzzato venti tonnellate di cemento su un gruppo di alberi. L’artista ha così cercato di riprodurre una sezione della foresta pluviale amazzonica trapiantandola direttamente nella galleria d’arte. Durante la mostra gli alberi decadranno pian piano, sotto il peso del cemento, così come la natura viene ogni giorno oppressa dall’intervento umano. Una continua concatenazione che però, per Brooks, non vede necessariamente vincere l’opera umana su la forza intrinseca della natura.

Arte Verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin

testi di Anna Lazzerini (da Ginevra)


david brooks