Il vivaista
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Il prof. Francesco Ferrini chiarisce che nella gestione del verde urbano si deve distinguere tra specie aliene e specie invasive, evitando generalizzazioni dannose. Molte specie alloctone si integrano senza problemi e possono offrire vantaggi ecologici ed estetici, mentre le specie invasive richiedono controllo per proteggere la biodiversità urbana. Un approccio scientifico e selettivo è essenziale per un verde urbano sostenibile e diversificato.
Specie aliene e specie invasive: le differenze fondamentali
Negli ultimi anni, il tema delle specie vegetali aliene in ambiente urbano è diventato centrale nei dibattiti sulla gestione del verde pubblico e della biodiversità urbana. Tuttavia, spesso si riscontra una confusione tra il concetto di "pianta aliena" e quello di "pianta invasiva", che hanno significati completamente diversi.
Le specie alloctone, introdotte intenzionalmente o accidentalmente dall'uomo, popolano territori diversi dal loro areale storico, autosostenendosi dal punto di vista riproduttivo. La maggior parte di esse si integra nei parchi urbani senza arrecare danni significativi.
Confondere tutte le piante alloctone (o aliene) con le invasive è un errore che ignora l'eterogeneità di questo gruppo. La maggior parte delle piante alloctone si integra nelle aree urbane senza causare particolari squilibri ecologici.
Specie invasive: una minaccia per la biodiversità
Le specie invasive, invece, rappresentano una piccola frazione delle aliene e si diffondono rapidamente, alterando la vegetazione autoctona e modificando la composizione floristica.
Alcuni esempi emblematici di specie arboree invasive in ambito urbano includono:
- Ailanthus altissima (ailanto): crescita rapida, invasione di terreni disturbati e danni a infrastrutture.
- Acer negundo (acero negundo): specie nordamericana altamente competitiva.
- Paulownia tomentosa (paulownia): diffusione incontrollata in ambito urbano.
- Broussonetia papyrifera (falso gelso): capace di creare densi boschetti a scapito delle specie locali.
Queste specie non solo alterano la composizione floristica, ma incidono sulle proprietà del suolo, sull'habitat della fauna autoctona e sulla competitività delle altre specie vegetali.
Una gestione sostenibile e selettiva del verde urbano
La gestione del verde urbano deve basarsi su una selezione attenta delle specie, evitando l'introduzione di specie invasive e promuovendo invece l'integrazione di specie aliene non problematiche. Un approccio generalizzato rischia di portare a scelte controproducenti e dispendiose.
Per garantire un equilibrio ecologico, si raccomanda l'adozione della regola del 10-20-30 suggerita da Santamour (1990):
Non più del 30% di individui appartenenti alla stessa famiglia,
Non più del 20% allo stesso genere,
Non più del 10% alla stessa specie.
L'introduzione di nuove accessioni vegetali richiede un approccio sperimentale, con test e monitoraggi continui, per garantire la loro adattabilità agli ambienti urbani.
Nella scelta delle specie dovrebbe essere tenuta in considerazione la necessità di incrementare la biodiversità per evitare gli effetti negativi della monocoltura, come dimostrato nel caso dell'olmo e del platano in alcune città americane.
La diatriba tra specie native ed esotiche
La questione native versus esotiche è spesso dibattuta con toni accesi, alimentati da informazioni non sempre accurate. Sternberg (1996) distingue tra piante autoctone, indigene e naturalizzate, evidenziando che l'ambiente urbano è molto diverso dall'habitat naturale.
Pertanto, un approccio pragmatico suggerisce di considerare le specie autoctone come "strutturali" e di utilizzare le esotiche con criterio, evitando una "globalizzazione vegetale" che penalizzi le specie locali.
Verso una maggiore consapevolezza ecologica
La confusione tra specie aliene e specie invasive riflette spesso una scarsa consapevolezza delle dinamiche ecologiche urbane. È necessaria una gestione basata su evidenze scientifiche per apprezzare e integrare le specie aliene non invasive e concentrarsi sulle misure di contenimento per quelle invasive.
Investire in una selezione accurata delle specie consente di migliorare la qualità del verde urbano senza comprometterne la sostenibilità ecologica. Una gestione consapevole deve porsi tre domande fondamentali:
- Come selezionare il materiale per l'ambiente urbano?
- Quali test utilizzare per la valutazione delle specie?
- Come caratterizzare una buona crescita?
Sperimentazioni in ambiente urbano e collaborazione tra enti pubblici e privati sono essenziali per individuare le migliori soluzioni per un verde urbano sostenibile.
Prof. Francesco Ferrini,
Presidente del Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale della provincia di Pistoia
Bibliografia
- Richards N.A., 1993. Reasonable guide for street tree diversity. J. Arboric. 19(6):344-349
- Santamour 1990. Trees for urban planting: diversity, uniformity and common sense. Metria 7: Trees for the nineties: landscape tree selection, testing, evaluation, and introduction. Proc. of the VIIth Conf. Of the Metropolitan Tree Alliance. The Morton Arboretum, Lisle, Illinois, June 11-12:57-66.
- Sternberg G.,1996. Getting friendly with the natives, in Amer. Nurs., Sept. 15th:37-47
- Sydnor T.D., 1998. A push-pull approach to increasing biodiversity. Metria 9, Proc. of the 9th Metropolitan Tree Alliance, Columbus Ohio, August 8-10, 1996.
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Oltre 100 alunni della scuola Martin Luther King di Pistoia hanno scoperto il progetto “Revivepot” di AVI e Revet: la plastica vivaistica torna a nuova vita, dai vasi alle maglie sportive.
Cos’hanno in comune i vasi di un vivaio, un sacchetto della spazzatura e la maglia di Moise Kean? È stata questa la domanda posta ai bambini dell’Istituto comprensivo Martin Luther King di Ponte alla Pergola (Pistoia) durante una mattinata formativa sul riciclo, organizzata dall’Associazione Vivaisti Italiani (AVI) in collaborazione con Revet. Oltre 100 alunni, dalla prima alla quinta elementare, hanno partecipato all’evento con grande entusiasmo, scoprendo i segreti del ciclo della plastica grazie all’intervento di Diego Barsotti, divulgatore ambientale e responsabile comunicazione di Revet.
Al centro della lezione, il progetto “Revivepot”, evoluzione del precedente “Da vaso a vaso”, che unisce l’impegno dell’AVI e di Revet nella gestione e riciclo degli scarti plastici del distretto vivaistico pistoiese. “I vasi usati nei vivai non sono semplici rifiuti – ha spiegato Barsotti durante l’incontro – ma possono diventare la base per nuovi vasi e oggetti utili, a patto che vengano raccolti e riciclati correttamente”. Gli scarti plastici del distretto vengono infatti portati nello stabilimento Revet di Pontedera, dove vengono trasformati in granuli di plastica riciclata che poi tornano a nuova vita, chiudendo il cerchio dell’economia circolare.
Per coinvolgere i piccoli partecipanti, Barsotti ha usato esempi pratici e divertenti. “Sapete che le maglie indossate dai calciatori, come quella di Moise Kean, sono fatte di poliestere riciclato? Sì, proprio lo stesso materiale che deriva dal PET delle bottiglie d’acqua! E lo stesso principio vale per i vasi: con il riciclo possiamo trasformarli e riutilizzarli, risparmiando risorse e riducendo i rifiuti”. L’idea che una bottiglia d’acqua potesse “diventare” una maglia sportiva o che i vasi usati nei vivai potessero trasformarsi in nuovi vasi ha entusiasmato i bambini, rendendo il concetto di economia circolare più comprensibile e tangibile.
Il progetto “Revivepot” non si limita al riciclo, ma punta anche sull’educazione e sulla sensibilizzazione delle nuove generazioni. A tutti gli alunni sono stati distribuiti due libretti informativi: la “Guida alla corretta raccolta differenziata” e il “Dizionario dei rifiuti”, redatti da Alia Multiutility, gestore del servizio di igiene urbana in Toscana. “Questi strumenti – ha sottolineato Barsotti – servono per aiutare anche le famiglie a capire come smaltire correttamente i rifiuti e fare la propria parte per l’ambiente”.
L’iniziativa, fortemente voluta dall’AVI, rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra il settore florovivaistico e l’industria del riciclo. “Il nostro obiettivo – spiega un rappresentante dell’AVI – è quello di promuovere un modello sostenibile che non solo riduca l’impatto ambientale del distretto vivaistico pistoiese, ma che insegni ai più giovani l’importanza del riciclo e del rispetto per l’ambiente”.
Con il progetto “Revivepot”, il distretto vivaistico pistoiese dimostra di essere all’avanguardia nell’economia circolare, trasformando quello che un tempo era un rifiuto in una risorsa preziosa. E, grazie a iniziative educative come questa, il messaggio di sostenibilità arriva anche alle nuove generazioni, seminando le basi per un futuro più verde e consapevole.
Andrea Vitali
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La Commissione Europea ha approvato il progetto PEATLESS, che punta a sviluppare substrati innovativi e sostenibili per il florovivaismo. "Essere scelti come partner rappresentativi nel vivaismo europeo è motivo di grande orgoglio per AVI e il distretto pistoiese," sottolinea Alessandro Michelucci, presidente di AVI.
La Commissione Europea ha approvato il progetto PEATLESS presentato lo scorso settembre, volto a sviluppare substrati innovativi per ridurre l'uso della torba. AVI protagonista in Italia. Il progetto PEATLESS, finanziato con 3 milioni di euro dal programma Horizon, mira a rivoluzionare il settore florovivaistico europeo mediante la sostituzione della torba con materiali sostenibili come compost, fibre di legno e sottoprodotti agricoli. In un contesto normativo che punta al divieto totale dell'uso di torba entro il 2030, PEATLESS si pone come un'iniziativa strategica per il futuro del florovivaismo.
AVI (Associazione Vivaisti Italiani), partner chiave, è il "soggetto referente" del Distretto Rurale Vivaistico Ornamentale di Pistoia, che rappresenta oltre 1500 aziende, 10.000 addetti su 5500 ettari di superficie e 3000 varietà coltivate. Tale distretto è un'eccellenza europea, essenziale per il comparto del vivaismo ornamentale italiano. AVI è inoltre referente per il vivaismo del MASAF (Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste) e membro attivo di ENA (European Nurserystock Association), rafforzando il ruolo dell'Italia nel panorama internazionale.
Il ruolo di AVI e dati tecnici
AVI coordinerà i siti dimostrativi italiani a Pistoia, epicentro del più importante distretto vivaistico ornamentale d’Europa. Secondo i dati interni, il settore genera circa 1,4 miliardi di euro annui, contribuendo significativamente al PIL agricolo italiano. La transizione a substrati privi di torba non è solo un obbligo normativo ma anche un'opportunità per posizionare il florovivaismo italiano come leader nella sostenibilità.
Benefici ambientali
L'estrazione di torba, attualmente responsabile di alte emissioni di gas serra, causa la perdita di habitat essenziali. Con il progetto PEATLESS, si punta a proteggere gli ecosistemi naturali e a ridurre significativamente l'impatto climatico del settore. Le torbiere europee, che immagazzinano il 30% del carbonio terrestre, sono un elemento cruciale nella lotta al cambiamento climatico.
La dichiarazione del presidente Michelucci
“Essere scelti dal consorzio spagnolo come partner rappresentativi per la sperimentazione nel vivaismo a livello europeo è un grande motivo di orgoglio per la nostra associazione e per il distretto vivaistico pistoiese. Siamo onorati di partecipare a un progetto così ambizioso e innovativo come 'PEATLESS', che rappresenta un passo fondamentale verso un futuro più sostenibile per il settore vivaistico italiano ed europeo," ha dichiarato Alessandro Michelucci, presidente dell'Associazione Vivaisti Italiani.
"Come leader del settore, questo progetto si integra nel nostro impegno per l’innovazione e la sostenibilità, accanto a iniziative come 'RevivePot', che trasforma i vasi rotti in materie prime riutilizzabili per nuovi vasi. Con il PistoiaFitolab, sviluppato in collaborazione con Gea e la Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia, rafforziamo il nostro ruolo di riferimento per il vivaismo sostenibile in Europa, garantendo controlli rigorosi sui materiali vegetali e offrendo soluzioni concrete alle criticità fitopatologiche."
"Ringrazio infine i nostri associati, la cui professionalità e dedizione rendono AVI un punto di riferimento per il Distretto Rurale Vivaistico Ornamentale della Toscana e un partner strategico per il MASAF e l’ENA a livello europeo."
Prossimi passi
Con l'avvio ufficiale tra marzo e aprile 2025, PEATLESS rappresenta un passo importante per l’innovazione floro-vivaistica, con risultati attesi già nel 2026. AVI invita i professionisti del settore a seguire le evoluzioni del progetto e a prepararsi per questa transizione che potrebbe ridefinire i mercati internazionali del florovivaismo.
Per ulteriori dettagli sul progetto e sul coinvolgimento di AVI, è possibile contattare la segreteria AVI.
Redazione
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Confagricoltura Pistoia annuncia il completamento di un percorso avviato a giugno 2023. L'assessore Saccardi: "Grazie a questa modifica normativa, le serre temporanee potranno essere mantenute finché sarà attiva l’attività agricola". II presidente Magazzini: "Abbiamo trovato una soluzione concreta, frutto della collaborazione con Regione Toscana, Comune di Pistoia e CIA Toscana Centro, che segna un passo decisivo per il floro-vivaismo." Annunciato dall'assessore Cialdi del comune di Pistoia un onere sanzioantorio.
Stefania Saccardi, assessore regionale all'urbanistica, ha dichiarato: "Grazie a questa modifica normativa, le serre temporanee potranno essere mantenute finché sarà attiva l’attività agricola. Questo garantisce certezza normativa e favorisce investimenti di lungo periodo. È un esempio concreto di adattamento delle regole alle esigenze del settore vivaistico." Luca Magazzini, Presidente di Confagricoltura Pistoia, ha dichiarato: "Siamo lieti di comunicare una soluzione concreta per un problema che coinvolge tutto il floro-vivaismo e tutto il settore primario, non solo nel territorio pistoiese, ma in tutto il distretto, che ormai si estende fino a Prato, senza dimenticare poi la Valdinievole. Questo risultato dimostra come un lavoro coordinato tra organizzazioni e istituzioni possa portare a esiti tangibili. Ora spetta alle amministrazioni comunali completare l’iter per implementare queste modifiche." Il percorso, continua il presidente Magazzini, uno dei momenti chiave è stato il convegno che abbiamo organizzato nella nostra sede il 22 giugno 2023, che ha visto la partecipazione dell’assessore regionale Stefania Saccardi e dell’amministrazione comunale di Pistoia. Successivamente, l’assessore Saccardi ha espresso piena disponibilità a collaborare per individuare una soluzione normativa. La norma di fatto elimina l’obbligo di smantellamento delle serre temporanee dopo due anni, collegandone alla durata all’effettiva attività agricola o vivaistica in corso. Sandro Orlandini, Presidente di CIA Pistoia, ha evidenziato: "Questo risultato rappresenta una vittoria per il settore. Le serre temporanee sono essenziali per l’attività agricola moderna e il loro inquadramento normativo era necessario per dare stabilità agli operatori e consentire loro di pianificare gli investimenti con maggiore tranquillità." Sandro Pagnini, tecnico agronomo, ha sottolineato: "Le serre sono ormai fondamentali per proteggere le colture da condizioni climatiche avverse. Il lavoro svolto ha permesso di chiarire e stabilizzare le norme, garantendo così maggiore sicurezza per gli operatori del settore."Leonardo Cialdi, assessore ai lavori pubblici del Comune di Pistoia, ha aggiunto: "La regolarizzazione delle serre rappresenta un onere necessario per sanare una situazione di precarietà accumulatasi negli anni. Si tratta di strutture spesso comunicate in passato senza un chiaro inquadramento normativo. Ora, con questa nuova normativa, possiamo dare una risposta concreta e definitiva." Gabriele Sgueglia, assessore allo sviluppo economico del Comune di Pistoia, con delega al vivaismo ha concluso: "Con oltre 1.200 aziende vivaistiche, il nostro territorio ha bisogno di certezze normative. Questa soluzione non solo fa chiarezza, ma offre una base solida per lo sviluppo di progetti futuri." In prospettiva i vertici di Confagricoltura Pistoia e CIA Toscana Nord auspicano che il modello adottato a livello regionale venga recepito dagli altri comuni, creando un sistema normativo omogeneo e favorevole alla crescita del comparto floro-vivaistico.
Redazione
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Le risposte dell’agronoma paesaggista Laura Gatti e del prof. Francesco Ferrini alla conferenza “Forme di verde urbano” del 13 dicembre a Monsummano Terme (Pistoia) in occasione dell’assemblea dell’Associazione vivaisti italiani (Avi). Gatti: «senza contratti di coltivazione i vivaisti non possono produrre il materiale vegetale richiesto da noi paesaggisti, che non è più un materiale standard ma diversificato in forme, misure e specie in funzione delle prestazioni da svolgere, che vanno rendicontate». Ferrini: «vivai centrali nella transizione ecologica, non sono solo luoghi di produzione, ma centri di innovazione e insieme ai centri di ricerca possono sviluppare nuove varietà arboree capaci di resistere a condizioni climatiche estreme; ma servono finanziamenti dedicati».

«Si parla di tendenza alla diversificazione del verde urbano nel senso che ci si aspetta dal verde urbano la realizzazione di tutta una serie di benefici e servizi ecosistemici: non è più solo un punto di vista ornamentale, ma di arricchimento in termini di benefici ambientali e psicologici che fanno sì che il livello del progetto si alzi, si ampli e si diversifichi. E quindi anche gli strumenti [in particolare le piante, ndr] che noi utilizziamo per realizzare queste progettazioni devono diversificarsi e diventare sempre più performanti dal punto di vista funzionale».
Così Laura Gatti, agronoma paesaggista di fama mondiale nota al grande pubblico per la collaborazione al Bosco Verticale di Boeri, ha sintetizzato ai giornalisti, prima dell’inizio della conferenza “Forme di verde urbano: come garantire piante di qualità per città più sane ed eco-sostenibili?” organizzata dall’Associazione vivaisti italiani (Avi) venerdì 13 dicembre alla Grotta Giusti di Monsummano Terme (Pistoia), il significato del titolo della sua relazione “Diversificazione e multifunzionalità nel presente e nel futuro del verde urbano: alleanza e condivisione fra vivaista e paesaggista”. Conferenza a cui è intervenuto come relatore anche il prof. Francesco Ferrini, presidente del Distretto vivaistico ornamentale della Provincia di Pistoia nonché prestigioso docente di arboricoltura dell’Università di Firenze.
E perché, in quel titolo, si parla di «alleanza e condivisione fra vivaista e paesaggista»? Perché essi devono «lavorare insieme per tempo», ha spiegato Laura Gatti, cioè devono «avere la possibilità di effettuare delle programmazioni articolate». «Questo è un po’ il nostro compito – ha proseguito -, il compito dei progettisti che devono convincere un certo tipo di clientela, che per lo più in passato è stata riottosa, perché questa attività è sempre stata confinata alle ultime fasi non solo del progetto ma della realizzazione stessa e spesso con i pochi soldi che rimanevano. Bisogna far capire invece l’importanza di partire per tempo e avere al fianco delle realtà della produzione vivaistica che siano in grado di accompagnarci dal punto di vista della qualità e dal punto di vista anche numerico nella produzione del materiale vegetale che occorre per realizzare soluzioni che sono sempre più diverse e sempre più prestazionali. E noi progettisti siamo chiamati adesso anche dalla normativa a rendere conto numericamente dei benefici generati».
Tutto ciò come si traduce concretamente nel rapporto fra vivaisti e paesaggisti? Nell’uso dei «contratti di coltivazione», risponde Laura Gatti, «che sono ormai una realtà in Italia almeno da una dozzina di anni e all’estero anche di più e sono un elemento che ricorre anche all’interno della normativa di settore ma che deve essere sicuramente maggiormente implementato, perché senza questi non è possibile pretendere da una struttura [un’azienda vivaistica, ndr] che abbia la possibilità di produrre quel materiale vegetale, che non è più un materiale standard, ma diversificato in forme, misure e specie in funzione delle prestazioni da svolgere».
Come ben riassunto in una slide della relazione di Laura Gatti, le funzioni e servizi degli spazi verdi intesi come infrastrutture ecologiche dell’ecosistema urbano sono numerose. Fra queste, nella voce “servizi ambientali”, rientrano la protezione termica degli edifici, la lotta agli effetti delle isole di calore, l’ombreggiamento e raffrescamento, l’accumulo e ritenzione di acqua piovana, la qualità dell’acqua di deflusso e la qualità dell’aria. Ma vi sono anche altre funzioni importanti per la salute, quali i positivi effetti fisiologici e cognitivi che contribuiscono a una rigenerazione mentale e psicofisica. A fronte di queste finalità, i paesaggisti «inventano nuove tipologie di spazi vegetati» che non sono «né giardino pubblico tradizionale, né spazi verdi sterili, né friche (incolti)», bensì «paesaggi del recupero o del riuso», «paesaggi resilienti», «DIY (fai da te)», «della rigenerazione urbana», «che si sanno adattare», «della sostenibilità», «dell’integrazione fra verde e costruito», «della biodiversità» e «dell’agricoltura urbana sostenibile».Che cosa comportano queste tendenze dell’architettura del paesaggio e della progettazione verde, nel contesto del cambiamento climatico e dell’accresciuto livello dei rischi fitosanitari, nella selezione delle piante adatte agli ambienti urbani e per l’attività dei vivai? Ne aveva parlato il prof. Francesco Ferrini nella sua relazione di apertura della conferenza, intitolata “Alberi per il futuro: il ruolo dei vivai per le sfide del cambiamento climatico”. Nel corso della quale ha messo in evidenza, fra l’altro, il ruolo cruciale dei vivai, con i loro cataloghi di specie e varietà di piante disponibili, sulle decisioni di architetti del paesaggio, consulenti e autorità pubbliche in merito agli alberi e piante da mettere a dimora.
Una sintesi dell’esposizione di Ferrini, che era corredata di schede botaniche e richiami alla letteratura in materia, la si trova in un testo pubblicato con lo stesso titolo della relazione nella sua pagina Facebook “Arboricoltura urbana”. Nel nuovo contesto, afferma Ferrini, «i vivai assumono un ruolo centrale nella transizione ecologica, rappresentando il punto di partenza per garantire la qualità, la diversità e la sostenibilità degli alberi piantati oggi per il futuro». In altri termini «i vivai non sono semplicemente fornitori di alberi, ma partner strategici nella costruzione di un futuro più sostenibile e resiliente».
Questo perché, come sottolineato da Ferrini, è nelle mani dei vivaisti «la selezione di specie e varietà arboree capaci di affrontare le sfide del cambiamento climatico» nelle città. Ad esempio, tenendo conto del fatto che certe «specie tradizionalmente piantate in contesti urbani, come il platano e il leccio, mostrano crescenti segni di vulnerabilità a stress idrici o a parassiti vecchi e nuovi» e quindi puntando a «diversificare il panorama arboreo introducendo specie meno comuni, ma più resilienti, che dimostrano maggiore tolleranza alle alte temperature e alla siccità».
«La diversità degli alberi nelle città – spiega infatti Ferrini - è un fattore chiave per ridurre la vulnerabilità degli spazi verdi a minacce come malattie e infestazioni». E, per esempio, «la diffusione del coleottero Agrilus planipennis, che ha ucciso miliardi di frassini in Nord America, ha evidenziato i rischi derivanti dalla dipendenza da un numero limitato di specie». «I vivai – dice Ferrini - possono svolgere un ruolo attivo nella promozione della biodiversità, offrendo una gamma più ampia di alberi e favorendo la coltivazione di specie autoctone o adattate ai contesti locali». Ciò non significa però rinunciare aprioristicamente a specie non autoctone, quando esistono specie alloctone in grado di raggiungere in determinati contesti un maggiore livello di servizi eco-sistemici. E, anzi, il prof. nel corso della relazione ha lanciato anche una frecciata alle sovrintendenze quando «anacronisticamente» impongono di ripiantare le stesse specie di alberi anche in quei luoghi in cui si sono dimostrate inadatte anche per effetto del cambiamento climatico.
«I vivai non sono e non devono essere solo luoghi di produzione, ma diventare centri di innovazione – è il messaggio di Ferrini -. Attraverso la collaborazione con università, centri di ricerca e amministrazioni pubbliche, possono contribuire allo sviluppo di nuove varietà arboree capaci di resistere a condizioni climatiche estreme». Ad esempio, attraverso «l’uso di tecnologie avanzate come la genomica vegetale per identificare tratti genetici che conferiscono resistenza a siccità o patogeni».
«Inoltre – mette in evidenza Ferrini - i vivai possono sperimentare tecniche di coltivazione sostenibili, come l'uso di substrati a basso impatto ambientale e sistemi di irrigazione efficienti. Questo non solo riduce l’impronta ecologica della produzione vivaistica, ma prepara gli alberi a condizioni di crescita più difficili una volta piantati in ambiente urbano».
Tuttavia, conclude Ferrini, «i costi legati alla ricerca e alla sperimentazione rappresentano un ostacolo per molte aziende vivaistiche. Per superare queste barriere, è fondamentale incentivare politiche pubbliche che promuovano la diversificazione delle specie arboree, ad esempio attraverso finanziamenti che permettano di investire in specie innovative o programmi di educazione pubblica per sensibilizzare cittadini e amministratori sui benefici della biodiversità».
L.S.
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In occasione delle festività natalizie, il Servizio Fitosanitario della sede di Pistoia comunica che gli uffici resteranno chiusi il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio.
Nei giorni 24 e 31 dicembre, il servizio di rilascio dei certificati per l'export sarà disponibile solo la mattina fino alle ore 13.
Regione Toscana - Servizio Fitosanitario Regionale
Via Tripoli, 19 - 51100 Pistoia
Tel. 055 4387735 | Cell. 366 5847642 | Fax. 055 4387770
Redazione