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- Scritto da Andrea Vitali
L'agricoltura regionale -il settore primario- deve essere letto secondo gli orientamenti di marketing territoriale tracciati in questi anni da regione toscana. una mattinata di lavoro che ha visto la presenza delle associazioni di categoria, ricercatori, tecnici ed esperti, rappresentanti di enti locali e dell'assessore regionale all'agricoltura che conclude dicendo "l'agricoltura dovra' presto alzare la voce"
Il rapporto evidenzia come il sistema rurale della Toscana abbia assunto negli ultimi anni un ruolo diverso rispetto al passato. Da elemento quasi "residuale" del sistema economico regionale, si è trasformato in uno dei motori di sviluppo più solidi, comparativamente agli altri settori produttivi. Le risorse vincenti sono state quelle del territorio, sia quelle naturali che professionali, e l'immagine del suo paesaggio costruito con il lavoro dell'uomo, che ha un grande valore sul mercato internazionale.
In una fase di grande crisi economica generale – dice in sostanza l'Irpet - la produzione agricola e agroalimentare toscana ha rafforzato il proprio ruolo ed ha evidenziato percorsi di innovazione che lasciano intravedere interessanti possibilità per il futuro.
Un dato quest'ultimo che la stessa Irpet aveva anticipato nel "Rapporto di inizio anno 2014" dove aveva sottolineato l'esistenza "a fronte delle tante imprese in difficoltà, anche di molte imprese che hanno continuato a produrre e vendere con successo sui mercati internazionali (o che sono inserite in filiere che operano su tali mercati): le troviamo un po' in tutti i settori e in tutte le dimensioni, a conferma che non è il settore o la dimensione che conta, ma la capacità di produrre prodotti di qualità e di saperli collocare laddove vi è domanda.... È attorno ad esse che potrà ricostruirsi una nuova fase espansiva cercando, da un lato, di far fronte alle loro esigenze e, dall'altro, forzando la loro capacità di trasmettere effetti sul resto del sistema."
Oltre 260 imprese d'eccellenza basate su qualità e tipicità
Sono circa 260 le imprese "d'eccellenza" individuate da Irpet nel settore agroalimentare, caratterizzate da un forte processo di espansione pur in periodo di crisi, alle quali si possono aggiungere numerose piccole imprese che stanno intraprendendo percorsi di sviluppo innovativi (es. nella filiera corta, nei servizi connessi all'agricoltura ecc.).
Da sottolineare i 42 progetti integrati di filiera che sono stati presentati nel 2012 , con i quali sono stati proposti circa 120 milioni di euro di investimenti. E' stato possibile finanziarne la metà: 21 filiere che hanno visto la partecipazione di quasi 2.000 imprese aderenti a specifici accordi contrattuali. Quasi tutti i PIF hanno attivato inoltre misure di cooperazione tra le imprese e gli enti di ricerca per spingere sull'innovazione, cogliendo nuove opportunità di mercato e migliorare il rapporto con l'ambiente.
Export: superata quota 2 miliardi. Vino, olio e piante sempre in testa
Le esportazioni dei prodotti agricoli e agroalimentari toscani nel 2013 hanno superato la soglia dei 2 miliardi di euro (2,046 per l'esattezza), migliorando rispetto al pur ottimo andamento del 2012 e facendo incrementare il surplus positivo della bilancia agroalimentare della Toscana (+121 milioni) che in passato segnava regolarmente segno negativo. Per dare un'idea il valore delle esportazioni è più che doppio rispetto a quello dei prodotti dell'industria cartaria ed approssimativamente equivalente alla somma delle esportazioni di prodotti tessili e di mobili che un tempo caratterizzavano la Toscana.
Tra i prodotti più affermati troviamo il vino, con 770 milioni di esportazioni nel 2013, seguito da olio (543), piante (216), prodotti da forno (141).
Il Rapporto 2013 sul Sistema Rurale Toscano fotografa un'immagine più ampia e strutturale dell'agricoltura toscana e del mondo rurale che rappresenta non solo un settore economico di eccellenza, ma anche una modalità di cura e presidio del territorio.
Nel 2012, rispetto all'anno precedente, il valore aggiunto del settore primario è rimasto stabile (1.836 milioni di euro a prezzi correnti), grazie ad un leggero incremento del comparto delle produzioni vegetali e animali, che ha più che compensato una contrazione sia della silvicoltura (-3%) sia della pesca (-17%). Un dato che va letto nel contesto della drammatica crisi che ha investito l'Italia e che ha portato un continuo calo del PIL e dei consumi alimentari.
Inoltre il saldo delle attività connesse negli ultimi anni è sempre stato positivo – escludendo il 2012, durante il quale presenta un saldo leggermente negativo – contribuendo in misura crescente alla formazione del valore aggiunto. Per il settore agri-turistico, va rilevato che la Toscana ospita un terzo delle presenze agrituristiche italiane – soprattutto straniere – che, tra il 2002 e il 2010, sono addirittura triplicate, superando nel 2010 i 3 milioni.
Aumentata la domanda di credito (+7%), nonostante il debole andamento della redditività in presenza peraltro di notevoli incentivi pubblici per gli investimenti..
Altro punto di forza da evidenziare è l'eccellenza qualitativa dei prodotti regionali, con il 5% circa della superficie agricola (SAU) interessato da produzioni biologiche, mentre le produzioni con denominazione di origine interessano circa il 10% del totale, con un aumento delle aziende interessate di circa 5.000 unità. Tali aziende rappresentano il 9% delle imprese italiane con denominazione di origine e circa il 20% del totale delle aziende agricole toscane, pari a 14.700 unità; si tratta, tra l'altro, di piccole imprese, che nel 46% dei casi presentano una SAU inferiore a 5 ettari.
Un altro dato importante riguarda le innovazioni delle forme organizzative delle filiere. Il rapporto sottolinea che le forme associative più tradizionali risultano ancora le più diffuse (139 cooperative per un totale di 9.000 ettari), ma anche che risultano in aumento le Organizzazioni dei produttori, le Organizzazioni interprofessionali, la vendita diretta, i mercati dei produttori, gli spacci dei produttori, i gruppi di acquisto solidale e altre forme di filiera corta, più o meno strutturate.
Toscana: un sistema vivace e promettente. Impegno a superare le criticità
Il sistema rurale toscano – è la conclusione - si presenta vivace, ricco di produzioni di eccellenza e bellezze paesaggistico-culturali, caratterizzate da una elevata reputazione nazionale e internazionale e da un legame sempre più forte con il territorio. Tuttavia persistono ancora criticità non trascurabili . Fra queste la frammentazione aziendale (in olivicoltura particolarmente accentuata - la quasi totalità delle aziende una superficieinferiore a 10 ettari) e l'età avanzata degli operatori (oltre la metà ha più di 60 anni).
Confermata la validità delle scelte operate dal Programma di Sviluppo Rurale vigente, che ha finanziato fino ad oggi circa 15.500 imprese al fine di promuovere processi di ristrutturazione e di miglioramento produttivo, mentre si evidenzia che tra i giovani agricoltori (meno di 30 anni), emerge un maggiore orientamento all'innovazione, fattore chiave della prossima programmazione europea. Le criticità sono rappresentate dalle difficoltà di accesso al credito, ai finanziamenti e al capitale fondiario, la difficoltà di reperire manodopera specializzata e formata ma anche l'aumentata incertezza dovuta al ciclo economico negativo.
Si conferma la necessità che la Regione prosegua l'impegno a favore dei giovani all'interno del Programma di Sviluppo Rurale. Ad oggi sono stati finanziati ben 1157 giovani toscani che si sono insediati per la prima volta in aziende agricole, facendone una scelta di vita.
A.V.
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Ieri anche Andrea Giuntoli, l’altro aspirante sindaco del Pd pesciatino, ha visitato l’ex Comicent parlando con gli operatori ed i vertici di Mefit per aggiornarsi sulla situazione. Ci vuole «una progettualità che consenta di intercettare i fondi europei», ha sostenuto, e la Regione «deve dirci in modo chiaro cosa intende fare» dell’edificio e «assumersi le responsabilità che negli ultimi anni non si è assunta». Ecco due sue proposte: un marchio che contraddistingua i fiori e le piante locali per valorizzarli commercialmente e una nuova versione della “Biennale del fiore” magari aperta anche al vivaismo.
«Abbiamo voluto fare questo giro stamani per parlare con un pò di operatori, renderci conto e rafforzare le analisi su questo settore. Dalla visita viene fuori che il settore è comunque in crisi e lo è già da diverso tempo, probabilmente da molto prima che incominciasse la crisi economica che attanaglia il nosto Paese e l'Europa negli ultimi anni. Detto questo, però, bisogna ripartire dal fatto che al mercato di Pescia ci sono sempre quasi 300 produttori, che molti di essi sono giovani e che ancora credono di poter investire nelle loro aziende. Quindi, al di là delle giuste lamentele e rimostranze che abbiamo raccolto anche stamani, nel momento in cui a Pescia esiste sempre una realtà produttiva di questa natura, un mercato di certe dimensioni che fa comunque numeri importanti, la politica ha il dovere di cercare di sostenere questo settore e di ridargli anche a livello locale una prospettiva di sviluppo».
Queste le prime parole di Andrea Giuntoli, in lizza nelle primarie del Pd di Pescia per il ruolo di candidato sindaco alle prossime elezioni comunali, al termine del sopralluogo di ieri mattina nell’ex Comicent, in cui lo ha accompagnato il deputato pistoiese del Pd Edoardo Fanucci. Una visita, come quella del 20 febbraio del suo avversario - collega di partito Oreste Giurlani, anche se in un contesto di mercato un po’ meno vivace (forse perché di lunedì e non di giovedì), in cui Giuntoli ha potuto parlare sia con Franco Baldaccini e Fabrizio Salvadorini, rispettivamente amministratore unico e direttore di Mefit (Mercato dei Fiori della Toscana – città di Pescia), sia con alcuni produttori e commercianti che operano presso il mercato pesciatino.
Come Guido Santi, produttore di Pescia (sterlizie e genziane), seduto accanto a Claudio Ulivieri, produttore di Lucca («lisianthus d’estate e calle d’inverno»). «E’ una tragedia - ha risposto Santi ad Andrea Giuntoli - siamo in pensione e si va avanti per altri due o tre anni con quello che si può fare e poi si smette e si lascia ai giovani, ma ce n’è di giovani qui?». «Si muore anche di fame, se dura un altro poco» ha aggiunto Claudio Ulivieri. E se viene chiesto loro del ricambio generazionale, Santi risponde: «un giovane come voi pensate che se subentra nella nostra azienda possa campa’, eh? Muore di fame. Allora bisogna che un giovane prenda e vada a fare qualche cos’altro. Noi d’inverno non si può più produrre perché non ci sa gasolio, perché costa troppo caro». E Ulivieri aggiunge: «tutti i giorni è uguale. Voi venite e vedete giorno per giorno quelli che ci sono a compra’».
E' intervenuto poi il più giovane Tiziano Perondi, floricoltore di Pescia («statice, un po’ di calle, qualche fresia e dei crisantemi per il periodo di ottobre»), che ha affermato: «è anche un mercato stagionale: la stagione nostra bella parte da marzo e arriva fino al 31 di ottobre per la festa dei morti e dei santi. La produzione locale consiste soprattutto in crisantemi, calle, fresie, alcuni fanno ancora le rose, e poi le gerbere. Però il mercato va in quel periodo lì: su 12 mesi noi si può dire che si lavora bene 8 mesi».
Ma Giuntoli ha tastato il polso anche di qualche commerciante, come Riccardo Benedetti, di Lucca, che ha come base il Mercato dei fiori di Pescia, il quale ha confermato che la produzione locale è più forte dopo l’inverno e prende campo d’estate, «anche se ogni anno sempre di meno». Benedetti, a domanda di Giuntoli sull’uso del web per la commercializzazione, ha replicato che «non usa ancora Internet per le vendite», ma trova che sia una direzione di marcia promettente. E alla richiesta se abbia fiducia nella possibilità di rilancio del mercato di fiori di Pescia risponde che «ora è un momento un po’ particolare». Benedetti, sempre stimolato da Giuntoli e da Fanucci, ha detto che la qualità dei prodotti può essere un punto di forza, ma c’è «il problema dei costi, che sono sempre alti» e di fronte all’idea prospettatagli da Giuntoli di un marchio locale afferma che sì, potrebbe avere un senso, ma «bisogna vedere a che costi andiamo». Insomma, «produrre bene è un valore» e i produttori che sono sopravvissuti sono proprio quelli che producono bene, però per il consumatore «il rapporto qualità-costo è importante». Benedetti ha concluso ricordando che la crisi incide e «questo qui non è un bene di prima necessità».
E’ stata poi la volta di Roberta Massagli, una produttrice di ruscus (più una piccola produzione di alstroemeria) di Lucca, che ha iniziato dicendo che in questo momento al mercato «c’è un bel po’ di calma» e alla domanda di Giuntoli se vede un po’ di speranza di ripresa ha replicato «ora come ora no, perché si vende tutto all’estero e meno male ho trovato anche altri canali», ma poi ha precisato «non è che non ci sia smercio per l’Italia, c’è ma la cosa è limitata e non è più come era qualche anno fa: vuoi la crisi, vuoi la globalizzazione con articoli che te li portano qua con l’aereo in dieci ore». Sull’idea di marchio di origine controllata ha esclamato «eh, magari! Ben venga!» e poi, stimolata dalla prospettiva di finanziamenti europei, ha ricordato che «a suo tempo (venti anni fa con i patti territoriali, ndr) ne avevamo presi anche qui».
L’ultima tappa della visita di Giuntoli è stata alle serre dedicate alle piante in vaso, vicino all’ingresso del mercato. «Ci vuole qualcosa che ritiri su tutto dalle fondamenta – ha detto Egidio Giusti, produttore locale di piante in vaso («un po’ di tutto: roba primaverile, gerani e poi stelle di natale») -, per esempio mutui e contributi, allora sì che si può ritornare competitivi». Giusti ha aggiunto che anche eventuali aiuti per le energie rinnovabili, per essere interessanti, devono prevedere dei contributi a fondo perduto, perché altrimenti non si recuperano le spese d’investimento.
Un po’ più in là Massimiliano Canestrelli, commerciante di accessori per fioristi con sede al Mefit, venuto a trovare Roberto Papini, produttore pesciatino di piante in vaso («euforbia, mandevilla e tutta roba da piantare all’aperto»), osserva, stimolato da un paragone di Giuntoli con la capacità del vivaismo ornamentale pistoiese di intercettare i fondi europei a differenza del florovivaismo pesciatino, che «loro hanno anche un possibile mercato estero, è lì che va l’80% delle loro vendite». Ma, precisa Papini, «le nostre piante non sono come quelle ornamentali del pistoiese che possono stare anche una settimana in un container ed essere spedite nell’est Europa, le nostre possono arrivare in Francia o in Paesi abbastanza vicini», senza contare che esportare implica tutta un’organizzazione di base e un marketing in cui siamo molto indietro rispetto ad esempio agli olandesi. Riguardo agli articoli per fioristi, spiega infine Canestrelli, l’andamento «va come per tutti. La situazione del commercio nazionale la conosciamo, ha dei problemi e noi ne risentiamo. Però cerchiamo di andare avanti giorno per giorno».
Cosa propone di fare dunque Andrea Giuntoli, dopo aver visitato il Mercato dei fiori di Pescia e aver ricevuto tali feedback dagli operatori, per sostenere la floricoltura e favorirne lo sviluppo? «Si può cominciare a riprogettare, a riprogrammare il settore – ha detto -. E da questo punto di vista il Comune può svolgere un ruolo importante come ente locale più vicino alla realtà produttiva di Pescia, come ente locale di prossimità, per cercare, come dire, di mettere a sedere i produttori, guardarli negli occhi e fare un ragionamento di sistema sul futuro che ci consenta di progettare qualcosa che dia un orizzonte nuovo, cercando di accedere anche ai famosi fondi europei del piano di sviluppo rurale, che ci sono anche per i prossimi anni e sono di entità sostanziosa e aspettano anche da parte di questa realtà di progetti validi per essere finanziati. E io credo che, al di là del pessimismo che c’è fra gli operatori, se ci fosse la possibilità di attivare degli investimenti anche col contributo pubblico europeo, le persone ci investirebbero nelle loro aziende e le ammodernerebbero. Credo che sfrutterebbero quest’occasione per rafforzare le aziende e anche in parte riconvertirle cercando di innestarci nuova linfa e vitalità. Questo quindi è il primo punto: cercare di ritrovare una progettualità per il futuro che ci consenta insieme alla Regione – che in questo caso dovrebbe svolgere un ruolo importante di raccordo e programmazione – di intercettare in finanziamenti europei».
L’altra questione riguarda la struttura fisica del mercato. Quest’ultimo, afferma Giuntoli, «è una realtà importante e va considerata tale anche per il futuro, perché il mercato può svolgere un ruolo fondamentale sul piano del commercio e del marketing del prodotto. Può aiutare a fare sistema, può aiutare a indirizzare la produzione in modo mirato e riqualificandola». «Il mercato, come sappiamo, è di proprietà della Regione» benché gestito dal Comune, continua Giuntoli, «e la Regione su questo mercato deve dirci in modo chiaro cosa intende fare. Ce lo deve dire nell’ambito di un progetto complessivo di rilancio del settore. Deve dircelo in relazione ai rapporti con il mercato di Viareggio. Deve dircelo in base al fatto che, essendo proprietaria, ha la responsabilità del futuro di questa struttura. Di conseguenza il Comune, nonostante gli impegni che non so chi abbia preso in passato, non può in questa situazione di incertezza assumere la proprietà della struttura senza prima aver chiaro il quadro di rilancio del settore e aver chiaro il destino di questo mercato. Questo tipo di scelte vanno concordate e decise con la Regione, che su questo tema della floricoltura e del mercato deve ritrovare un ruolo di guida e di programmazione, deve assumersi le responsabilità che negli ultimi anni non si è assunta».
«Quindi ci vogliono nuove idee e progetti, la capacità di dare sostanza e gambe a queste idee per ricercare anche i finanziamenti europei che pure in altre parti della Toscana sono caduti a pioggia in questi anni. E’ necessario mettersi, insieme alla Regione e agli operatori del settore, a studiare le strategie per dare una nuova prospettiva alla floricoltura. Ci vuole un momento di catarsi in cui si analizza la situazione e insieme si decide come ripartire. Fino a quando non si sarà presa una decisione di questa natura il mercato ex Comicent è destinato a vivere un momento di stallo e ovviamente il Comune non potrà da solo risolvere i problemi del mercato in una situazione di incertezza come questa».
«Certamente – conclude Andrea Giuntoli - le due proposte che io farei, se dipendesse da me, a un tavolo di concertazione con la Regione e con le associazioni di categoria e gli operatori, sono quelle di individuare un marchio locale per identificare la produzione, riqualificarla e renderla riconoscibile anche a livello commerciale e di marketing. E, sempre a questo livello, rilanciare una manifestazione di promozione del fiore e della pianta in vaso e, perché no?, anche del vivaismo sfruttando un marchio conosciutissimo e storico come quello della “Biennale del fiore”, che può naturalmente, anche dal punto di vista del morale, ridare un segnale importante per il rilancio del settore, perché rifare qui una manifestazione importante di promozione vuol dire far capire agli operatori che c’è la volontà davvero di aiutarli e di sostenerli per il futuro. Naturalmente non è semplice rifare una manifestazione del genere, però penso che anche in questo potremmo attivare delle progettualità che ci consentano di avere il sostegno della Regione, visto che fra le altre cose Toscana Promozione di manifestazioni promozionali anche in campo agroalimentare ne sostiene molte e non vedo perché non dovrebbe sostenere una manifestazione storica, una delle più antiche del settore come la biennale che si faceva a Pescia tanti anni fa con enorme successo, ovviamente rivisitandola e riammodernandola».
Redazione Floraviva
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- Scritto da Andrea Vitali
All’incontro del 22 febbraio nell’ex Comicent, organizzato da Cia sul tema “Scenari del florovivaismo dalla produzione alla commercializzazione”, l’assessore all’agricoltura ha ascoltato idee e domande di alcuni operatori, fra cui i rappresentanti della Confederazione italiana agricoltori e il presidente del Distretto floricolo Carmazzi, ma anche dei probabili candidati a sindaco di Pescia: Andrea Giuntoli, Oreste Giurlani e Roberta Marchi. Nella risposta finale, che non ha portato nessuna novità sul tema caldo della messa a norma e del trasferimento di proprietà dell’edificio, Salvadori si è detto pronto a incontrare immediatamente i vertici del Distretto floricolo Lucca – Pistoia e ha sottolineato la centralità di competitività e progettualità delle imprese, con un netto no a ipotesi di logiche assistenzialistiche da parte della Regione.
«Se ci sono le disponibilità di tutti a mettere i soldi che occorrono per realizzare complessivamente il progetto, la Regione non si tira indietro». Questa la risposta secca sull’argomento che più sta a cuore alla maggioranza dei floricoltori pesciatini, il passaggio della struttura ex Comicent dalla Regione al Comune con il contestuale progetto di messa a norma e valorizzazione multifunzionale, che l’assessore toscano all’agricoltura Gianni Salvadori ha dato ieri subito dopo l’incontro sul tema “Scenari del florovivaismo dalla produzione alla commercializzazione”. Un dibattito organizzato dalla Confederazione italiana agricoltori presso il mercato dei fiori di Pescia, grazie all’ospitalità di Mefit, e che è stato moderato dal presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini.
La risposta dell’assessore Salvadori ha come sigillato quanto da lui stesso detto in proposito nell’intervento di chiusura del dibattito. Ad esempio, che «i progetti di questo tipo ed entità, 20 milioni di euro, sono importanti per qualunque amministrazione, quindi quando partiamo dobbiamo avere le idee chiarissime», e ancora che «non sta alla Regione» valutare «se quel progetto ha un senso» o «pensare come sarà attuato il progetto», né tanto meno decidere se portare avanti il «passaggio di proprietà, su cui ho sentito oggi pareri discordanti» (riferimento agli interventi di poco prima dei possibili futuri sindaci di Pescia: i due candidati delle primarie Pd Andrea Giuntoli e Oreste Giurlani, e l’attuale sindaco Roberta Marchi). Una risposta, quindi, che da una parte sembra voler mettere la questione in stand-by fino a quando non sarà stata eletta la nuova amministrazione pesciatina e non si saprà chi sarà l’interlocutore della Regione nei prossimi anni. Ma che, dall’altra, rientra nell’approccio dell’assessore Salvadori, ribadito ieri nella sua relazione: no alle politiche assistenziali calate dall’alto dalla Regione e largo invece alla progettualità espressa dalle imprese del territorio.
Non è stata raccolta, dunque, in questa circostanza pre-elettorale dall’assessore Salvadori, la richiesta del sindaco Roberta Marchi a inizio incontro: «c’è bisogno di decisioni su tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato: ognuno deve prendere le proprie decisioni, così da mettere in condizione anche i floricoltori di prendere le loro», che sembrava riferita alla questione dell’immobile. Né sono arrivate le risposte a tutte le domande gettate sul tavolo quasi a futura memoria, in apertura dei lavori, da Sandro Orlandini, che ha tra l’altro ribadito la volontà della Camera di Commercio di Pistoia e del suo presidente Morandi di dare un po’ di sostegno economico alla promozione e al rilancio del mercato nel 2014. Domande quali: come arrivare alla definitiva messa a norma della struttura in modo da garantire prospettive certe e a lungo termine alle centinaia di aziende che operano nel mercato dei fiori di Pescia (dove «c’è una buona logistica e spazi grandi, oltre a un’adeguata viabilità»)? Il progetto di valorizzazione multifunzionale, con il parallelo accordo economico, va bene così come è o è meglio modificarlo?
Ma, come si vedrà, Salvadori non si è tirato indietro invece su altre questioni relative alla floricoltura emerse durante il dibattito, che ha visto fra i primi interventi quello del vice presidente di Cia Pistoia Roberto Chiti, che ha tra l’altro accennato alla volontà della Cia nel prossimo quadriennio (i vertici dell’associazione di categoria sono stati rinnovati da poco) di promuovere una collaborazione fra il settore florovivaistico e del verde e quello del benessere e della salute: «noi vogliamo ripensare il verde come portatore di benessere».
Subito dopo c’è stato l’intervento di Gianluca Burchi, direttore del Cra - Viv di Pescia, l’unità di ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ambientale ed ornamentale del Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), che ha la propria sede a 200 metri di distanza dal mercato dei fiori di Pescia e che proprio recentemente si è rafforzata con nuovo personale. «Il nostro è un centro di ricerca avanzato – ha sottolineato Burchi – e non ci occupiamo solo di ricerca di base. Anzi la maggior parte dei nostri progetti di ricerca (circa l’80%) sono in collaborazione con aziende e due sono con la Regione Toscana e il Distretto floricolo e Flora Toscana. E poi abbiamo convenzioni con varie realtà locali, fra cui ancora Flora Toscana, Giusti e Pacini, e naturalmente Mefit, con cui sono in corso 4 progetti, alcuni dei quali tesi a migliorare la qualità dei fiori e la loro durata post raccolta». E per far capire l’importanza di lavorare su innovazione e ricerca e di sfruttare l’opportunità di avere una unità scientifica specializzata a due passi dal mercato, ha fatto l’esempio delle ricerche del Cra - Viv sulle sostanze alternative alla torba e poi di un lavoro che ha portato a una nuova varietà di lilium (giglio) senza polline - che quindi non macchia e non provoca allergie – che dal prossimo anno potrebbe essere sul mercato (e «sarebbe un peccato che la nostra ricerca finisse nelle mani di floricoltori non della zona»).
L’amministratore unico di Mefit Franco Baldaccini si è limitato a ricordare all’assessore all’agricoltura alcune cifre relative a Mefit, che adesso sono più precise visto che insieme al direttore Fabrizio Salvadorini «abbiamo censito e registrato e messo in pulito la situazione del mercato: 730 ditte iscritte, di cui 265 di produttori, 358 di commercianti, 70 di trasportatori, 37 extra filiera, per un volume d’affari di circa 80 milioni e in tutto 1200 lavoratori coinvolti».
Andrea Giuntoli, uno degli aspiranti sindaci di Pescia, ha esordito mettendo in evidenza che il florovivaismo «è sempre il primo settore economico della città», visto che si parla, tenendo conto anche delle realtà non afferenti al mercato dei fiori, di «circa 300 aziende di produzione per 1500 addetti, cioè il 20% della forza lavoro» nell’area comunale. «Mi sono stufato di sentir dire che il mercato dei fiori è finito – ha continuato Giuntoli –, se ci sono tante aziende e anche tanti giovani vuol dire che non è finito. E poi non è che fuori di qui ci sia tanto lavoro alternativo. Per cui le persone vanno incentivate a crederci». «Noi dobbiamo elaborare progetti – ha aggiunto - per costringere la Regione a prendersi delle responsabilità, al di là del distretto floricolo, che purtroppo ha prodotto poco. Se qui ci fosse una progettualità valida, si sarebbe in tempo per intercettare tanti finanziamenti dell’Unione europea, perché per l’agricoltura nei prossimi anni arriveranno 900 milioni di euro in Toscana. Basta piangerci addosso». Giuntoli ha poi chiesto all’assessore: «è ipotizzabile un marchio di qualità per la produzione locale? Io penso di sì. E poi la “Biennale del fiore” chi l’ha detto che non si possa fare più? Io la vorrei rifare con l’aiuto della Regione». Infine, ha affrontato direttamente il tema dell’immobile ex Comicent: «voi pensate davvero che il Comune si possa sobbarcare la proprietà? La proprietà resta alla Regione ed è lei che deve dare le risposte e investirci. E se non può, utilizzerà il mercato Comicent in altro modo e ci darà un’altra struttura per il mercato dei fiori. Se noi prendessimo i 10 milioni della Regione, dovremmo avere dei finanziamenti privati paralleli» e a Giuntoli non pare facile trovarli e in ogni caso «finché non c’è una valutazione in tal senso la proprietà deve restare alla Regione, e comunque ci vorrebbe anche un piano strategico a livello regionale».
L’altro aspirante sindaco di Pescia, Oreste Giurlani, che si era già espresso su alcuni di questi temi al termine della visita del 20 febbraio all’ex Comicent (vedi nostro articolo), ha detto che la ricognizione gli ha fatto capire che «da parte di tutti c’è la consapevolezza che il settore è in crisi e che le famiglie in questo momento non comprano perché i fiori non sono beni di prima necessità. Sulle soluzioni ognuno dice la sua, ma non c’è un’idea complessiva e innovativa. Ci sono proposte anche interessanti, ma individuali». «La sfida – ha proseguito Giurlani – è grossa. Chi amministrerà il Comune e chi gestirà i fondi europei per l’agricoltura dovrà capire quali sono le quattro o cinque cose da fare per rilanciare il settore. Io aprirei subito un tavolo di confronto e cercherei di far rientrare la floricoltura fra le linee di rilancio a livello regionale». Giurlani ha anche detto di aver visto che «tutte le aziende sono sottocapitalizzate e in difficoltà a investire e in molte persone non ho visto la grinta necessaria. Forse appunto perché manca una prospettiva e una visione di dove andare». La priorità è comunque intercettare i fondi europei per Giurlani, che ha poi concluso dicendo che bisogna fare qualcosa per utilizzare quei terreni in stato di abbandono che si trovano in alcune parti del territorio, «perché oggi c’è un ritorno all’agricoltura e su quei terreni ci si può fare un recupero agricolo: il percorso dei fondi europei può servire anche a questo».
Roberta Marchi nella sua relazione ha iniziato sottolineando sì l’importanza della programmazione regionale, ma ha anche detto che «la Regione non può fare tutto». Ad ogni modo, ha affermato la Marchi, «per il florovivaismo un finanziamento speciale è necessario perché è un settore in difficoltà». «Facciamo un bel bando regionale per la floricoltura – ha continuato la Marchi – dove diciamo che chi fa certe cose sul fronte dell’innovazione, delle energie rinnovabili, del ricambio generazionale, ecc., otterrà tot finanziamenti». Riguardo poi alla struttura, ha osservato che «qui c’è gente che lavora e la struttura non è in completa sicurezza. E’ stato fatto il lavoro sui tiranti, grazie ai 500 mila euro della Regione», ma mancano tante altre cose da fare per metterla del tutto a norma. «La Regione metta a punto la struttura, perché spetta al proprietario, poi il Comune farà il progetto per la gestione: questa struttura è denaro vivo, con tante opportunità legate a posizione, logistica, posti auto, ecc. Bisogna unire le forze, perché se non le uniamo nessuno può farcela da solo».
Il presidente del Distretto floricolo interprovinciale Lucca – Pistoia, Marco Carmazzi, prima di replicare all’accusa che il distretto non ha fatto nulla, ha detto che nel titolo dell’incontro mancava un pezzetto dopo “dalla produzione alla commercializzazione”: «alla riscossione». «Sì, perché il problema adesso è incassare» e nessuno sta facendo nulla per proteggere noi floricoltori da questo problema. Carmazzi ha poi ricordato che «per essere competitivi non è necessario solo il mercato delle quattro mura, c’è bisogno di quello, ma poi ci vuole anche altro». Ulteriore problema è che «per accedere ai fondi europei ci vogliono tanti soldi e ci si deve indebitare e le aziende devono essere aiutate in tal senso». Ma in risposta all’accusa di immobilismo al distretto, ha detto che in realtà il distretto ha promosso 5 progetti di ricerca, grazie a un finanziamento di 100 mila euro, e che si tratta per la prima volta di progetti partiti dalle aziende e dalle loro esigenze. I risultati saranno presentati a maggio. Poi ha affermato che alle riunioni del distretto «la gente non partecipa» e che «se il distretto non viene riconosciuto, allora è meglio chiuderlo». Ha apprezzato l’idea di promuovere un consumo intelligente dei fiori e delle piante, ma ha anche detto che ci vorrebbero per la promozione investimenti di milioni di euro e a carattere nazionale, perché «o si fa sinergia o se no ci raccontiamo le barzellette». Infine, citando uno studio della Lucense sulla situazione dei mercati di Pescia e Viareggio, ha sottolineato il problema della mancanza di produzione locale per 5 mesi dell’anno, cosa che non invoglia i commercianti a venire e ha detto «che non siamo competitivi perché mancano i servizi e la logistica».
Nel suo intervento conclusivo Salvadori ha ringraziato Carmazzi per aver ricordato le cose fatte dalla Regione. Ma ha poi ricordato che la Regione aveva chiesto di avviare la gestione unica dei mercati dei fiori di Pescia e Viareggio, ma, mentre Pescia è stata subito disponibile, da Viareggio non è arrivata alcuna risposta concreta. Salvadori ha inoltre dato la propria disponibilità a fissare subito un appuntamento con i vertici del Distretto floricolo interprovinciale Lucca – Pistoia per riprendere il cammino intrapreso, che ha portato alla realizzazione dei cinque progetti di ricerca che saranno presentati a maggio. L’assessore regionale ha poi sottolineato che le risorse della Toscana saranno destinate a «stimolare la competitività delle aziende», perché la sua idea di fondo è che «se il motore dell’economia sono le imprese, l’assistenzialismo è la peggiore risposta possibile». In questo senso vanno interpretati i Pif (Piani integrati di filiera) su cui la Regione ha investito negli ultimi anni tanti milioni di euro, che hanno innescato investimenti e innovazione in diversi settori dell’agricoltura. Purtroppo, mentre i cugini del vivaismo pistoiese hanno saputo approfittarne con progetti che hanno avuto successo, dalla floricoltura è arrivato solo un progetto ed è stato il primo degli esclusi. «Oggi – ha aggiunto – abbiamo la possibilità di gestire 961 milioni di euro nei prossimi sette anni per l’agricoltura (100 milioni in più di prima) e il 50% andrà a stimolare la competitività delle imprese attraverso bandi multimisura che premieranno la progettualità delle imprese». Un’occasione anche per la floricoltura, se saprà inserirsi in questi meccanismi virtuosi di filiera. Inoltre Salvadori ha segnalato che se dalle associazioni di categoria agricole verranno gli input necessari, nell’ambito di questi bandi la floricoltura potrebbe essere inserita fra i settori prioritari, come è successo negli ultimi anni per settori quali l’olivicoltura, i cereali ecc. Ma le protagoniste dovranno essere sempre le imprese.
Redazione Floravia
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- Scritto da Andrea Vitali
Oreste Giurlani, ospite oggi del Mercato dei fiori di Pescia in qualità di aspirante candidato sindaco del Pd, ha fatto un sopralluogo e si è aggiornato sulla situazione parlando sia con i vertici di Mefit che con diversi operatori. «Il mercato è ancora fondamentale e deve restare a Pescia – ha detto – e la floricoltura deve essere messa al pari delle produzioni di vino nell’ambito del settore agricolo». «Toscana Promozione – ha suggerito – deve promuovere anche la produzione di piante e fiori come elemento trainante del territorio» e una parte dei visitatori in arrivo durante l’Expo 2015 di Milano deve essere portata nella Valdinievole.
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- Scritto da Andrea Vitali
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