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L'agricoltura regionale -il settore primario- deve essere letto secondo gli orientamenti di marketing territoriale tracciati in questi anni da regione toscana. una mattinata di lavoro che ha visto la presenza delle associazioni di categoria, ricercatori, tecnici ed esperti, rappresentanti di enti locali e dell'assessore regionale all'agricoltura che conclude dicendo "l'agricoltura dovra' presto alzare la voce" 

Il rapporto evidenzia come il sistema rurale della Toscana abbia assunto negli ultimi anni un ruolo diverso rispetto al passato. Da elemento quasi "residuale" del sistema economico regionale, si è trasformato in uno dei motori di sviluppo più solidi, comparativamente agli altri settori produttivi. Le risorse vincenti sono state quelle del territorio, sia quelle naturali che professionali, e l'immagine del suo paesaggio costruito con il lavoro dell'uomo, che ha un grande valore sul mercato internazionale.

In una fase di grande crisi economica generale – dice in sostanza l'Irpet - la produzione agricola e agroalimentare toscana ha rafforzato il proprio ruolo ed ha evidenziato percorsi di innovazione che lasciano intravedere interessanti possibilità per il futuro.

Un dato quest'ultimo che la stessa Irpet aveva anticipato nel "Rapporto di inizio anno 2014" dove aveva sottolineato l'esistenza "a fronte delle tante imprese in difficoltà, anche di molte imprese che hanno continuato a produrre e vendere con successo sui mercati internazionali (o che sono inserite in filiere che operano su tali mercati): le troviamo un po' in tutti i settori e in tutte le dimensioni, a conferma che non è il settore o la dimensione che conta, ma la capacità di produrre prodotti di qualità e di saperli collocare laddove vi è domanda.... È attorno ad esse che potrà ricostruirsi una nuova fase espansiva cercando, da un lato, di far fronte alle loro esigenze e, dall'altro, forzando la loro capacità di trasmettere effetti sul resto del sistema."

Oltre 260 imprese d'eccellenza basate su qualità e tipicità

Sono circa 260 le imprese "d'eccellenza" individuate da Irpet nel settore agroalimentare, caratterizzate da un forte processo di espansione pur in periodo di crisi, alle quali si possono aggiungere numerose piccole imprese che stanno intraprendendo percorsi di sviluppo innovativi (es. nella filiera corta, nei servizi connessi all'agricoltura ecc.).

Da sottolineare i 42 progetti integrati di filiera che sono stati presentati nel 2012 , con i quali sono stati proposti circa 120 milioni di euro di investimenti. E' stato possibile finanziarne la metà: 21 filiere che hanno visto la partecipazione di quasi 2.000 imprese aderenti a specifici accordi contrattuali. Quasi tutti i PIF hanno attivato inoltre misure di cooperazione tra le imprese e gli enti di ricerca per spingere sull'innovazione, cogliendo nuove opportunità di mercato e migliorare il rapporto con l'ambiente.

Export: superata quota 2 miliardi. Vino, olio e piante sempre in testa

Le esportazioni dei prodotti agricoli e agroalimentari toscani nel 2013 hanno superato la soglia dei 2 miliardi di euro (2,046 per l'esattezza), migliorando rispetto al pur ottimo andamento del 2012 e facendo incrementare il surplus positivo della bilancia agroalimentare della Toscana (+121 milioni) che in passato segnava regolarmente segno negativo. Per dare un'idea il valore delle esportazioni è più che doppio rispetto a quello dei prodotti dell'industria cartaria ed approssimativamente equivalente alla somma delle esportazioni di prodotti tessili e di mobili che un tempo caratterizzavano la Toscana.

Tra i prodotti più affermati troviamo il vino, con 770 milioni di esportazioni nel 2013, seguito da olio (543), piante (216), prodotti da forno (141).

Il Rapporto 2013 sul Sistema Rurale Toscano fotografa un'immagine più ampia e strutturale dell'agricoltura toscana e del mondo rurale che rappresenta non solo un settore economico di eccellenza, ma anche una modalità di cura e presidio del territorio.

Nel 2012, rispetto all'anno precedente, il valore aggiunto del settore primario è rimasto stabile (1.836 milioni di euro a prezzi correnti), grazie ad un leggero incremento del comparto delle produzioni vegetali e animali, che ha più che compensato una contrazione sia della silvicoltura (-3%) sia della pesca (-17%). Un dato che va letto nel contesto della drammatica crisi che ha investito l'Italia e che ha portato un continuo calo del PIL e dei consumi alimentari.

Inoltre il saldo delle attività connesse negli ultimi anni è sempre stato positivo – escludendo il 2012, durante il quale presenta un saldo leggermente negativo – contribuendo in misura crescente alla formazione del valore aggiunto. Per il settore agri-turistico, va rilevato che la Toscana ospita un terzo delle presenze agrituristiche italiane – soprattutto straniere – che, tra il 2002 e il 2010, sono addirittura triplicate, superando nel 2010 i 3 milioni.

Aumentata la domanda di credito (+7%), nonostante il debole andamento della redditività in presenza peraltro di notevoli incentivi pubblici per gli investimenti..

Altro punto di forza da evidenziare è l'eccellenza qualitativa dei prodotti regionali, con il 5% circa della superficie agricola (SAU) interessato da produzioni biologiche, mentre le produzioni con denominazione di origine interessano circa il 10% del totale, con un aumento delle aziende interessate di circa 5.000 unità. Tali aziende rappresentano il 9% delle imprese italiane con denominazione di origine e circa il 20% del totale delle aziende agricole toscane, pari a 14.700 unità; si tratta, tra l'altro, di piccole imprese, che nel 46% dei casi presentano una SAU inferiore a 5 ettari.

Un altro dato importante riguarda le innovazioni delle forme organizzative delle filiere. Il rapporto sottolinea che le forme associative più tradizionali risultano ancora le più diffuse (139 cooperative per un totale di 9.000 ettari), ma anche che risultano in aumento le Organizzazioni dei produttori, le Organizzazioni interprofessionali, la vendita diretta, i mercati dei produttori, gli spacci dei produttori, i gruppi di acquisto solidale e altre forme di filiera corta, più o meno strutturate.

Toscana: un sistema vivace e promettente. Impegno a superare le criticità

Il sistema rurale toscano – è la conclusione - si presenta vivace, ricco di produzioni di eccellenza e bellezze paesaggistico-culturali, caratterizzate da una elevata reputazione nazionale e internazionale e da un legame sempre più forte con il territorio. Tuttavia persistono ancora criticità non trascurabili . Fra queste la frammentazione aziendale (in olivicoltura particolarmente accentuata - la quasi totalità delle aziende una superficieinferiore a 10 ettari) e l'età avanzata degli operatori (oltre la metà ha più di 60 anni).

Confermata la validità delle scelte operate dal Programma di Sviluppo Rurale vigente, che ha finanziato fino ad oggi circa 15.500 imprese al fine di promuovere processi di ristrutturazione e di miglioramento produttivo, mentre si evidenzia che tra i giovani agricoltori (meno di 30 anni), emerge un maggiore orientamento all'innovazione, fattore chiave della prossima programmazione europea. Le criticità sono rappresentate dalle difficoltà di accesso al credito, ai finanziamenti e al capitale fondiario, la difficoltà di reperire manodopera specializzata e formata ma anche l'aumentata incertezza dovuta al ciclo economico negativo.

Si conferma la necessità che la Regione prosegua l'impegno a favore dei giovani all'interno del Programma di Sviluppo Rurale. Ad oggi sono stati finanziati ben 1157 giovani toscani che si sono insediati per la prima volta in aziende agricole, facendone una scelta di vita.

A.V.

Ieri anche Andrea Giuntoli, l’altro aspirante sindaco del Pd pesciatino, ha visitato l’ex Comicent parlando con gli operatori ed i vertici di Mefit per aggiornarsi sulla situazione. Ci vuole «una progettualità che consenta di intercettare i fondi europei», ha sostenuto, e la Regione «deve dirci in modo chiaro cosa intende fare» dell’edificio e «assumersi le responsabilità che negli ultimi anni non si è assunta». Ecco due sue proposte: un marchio che contraddistingua i fiori e le piante locali per valorizzarli commercialmente e una nuova versione della “Biennale del fiore” magari aperta anche al vivaismo.

«Abbiamo voluto fare questo giro stamani per parlare con un di operatori, renderci conto e rafforzare le analisi  su questo settoreDalla visita viene fuori che il settore è comunque in crisi e lo è già da diverso tempo, probabilmente da molto prima che incominciasse la crisi economica che attanaglia il nosto Paese e l'Europa negli ultimi anniDetto questoperòbisogna ripartire dal fatto che al mercato di Pescia ci sono sempre quasi 300 produttori, che molti di essi sono giovani e che ancora credono di poter investire nelle loro aziende. Quindi, al di delle giuste lamentele e rimostranze che abbiamo raccolto anche stamani, nel momento in cui a Pescia esiste sempre una realtà produttiva di questa natura, un mercato di certe dimensioni che fa comunque numeri importanti, la politica ha il dovere di cercare di sostenere questo settore e di ridargli anche a livello locale una prospettiva di sviluppo».
Queste le prime parole di Andrea Giuntoli, in lizza nelle primarie del Pd di Pescia per il ruolo di candidato sindaco alle prossime elezioni comunali, al termine del sopralluogo di ieri mattina nell’ex Comicent, in cui lo ha accompagnato il deputato pistoiese del Pd Edoardo Fanucci. Una visita, come quella del 20 febbraio del suo avversario - collega di partito Oreste Giurlani, anche se in un contesto di mercato un po’ meno vivace (forse perché di lunedì e non di giovedì), in cui Giuntoli ha potuto parlare sia con Franco Baldaccini e Fabrizio Salvadorini, rispettivamente amministratore unico e direttore di Mefit (Mercato dei Fiori della Toscana – città di Pescia), sia con alcuni produttori e commercianti che operano presso il mercato pesciatino.
Come Guido Santi, produttore di Pescia (sterlizie e genziane), seduto accanto a Claudio Ulivieri, produttore di Lucca («lisianthus d’estate e calle d’inverno»). «E’ una tragedia - ha risposto Santi ad Andrea Giuntoli - siamo in pensione e si va avanti per altri due o tre anni con quello che si può fare e poi si smette e si lascia ai giovani, ma ce n’è di giovani qui?». «Si muore anche di fame, se dura un altro poco» ha aggiunto Claudio Ulivieri. E se viene chiesto loro del ricambio generazionale, Santi risponde: «un giovane come voi pensate che se subentra nella nostra azienda possa campa’, eh? Muore di fame. Allora bisogna che un giovane prenda e vada a fare qualche cos’altro. Noi d’inverno non si può più produrre perché non ci sa gasolio, perché costa troppo caro». E Ulivieri aggiunge: «tutti i giorni è uguale. Voi venite e vedete giorno per giorno quelli che ci sono a compra’».
E' intervenuto poi il più giovane Tiziano Perondi, floricoltore di Pescia («statice, un po’ di calle, qualche fresia e dei crisantemi per il periodo di ottobre»), che ha affermato: «è anche un mercato stagionale: la stagione nostra bella parte da marzo e arriva fino al 31 di ottobre per la festa dei morti e dei santi. La produzione locale consiste soprattutto in crisantemi, calle, fresie, alcuni fanno ancora le rose, e poi le gerbere. Però il mercato va in quel periodo lì: su 12 mesi noi si può dire che si lavora bene 8 mesi».
Ma Giuntoli ha tastato il polso anche di qualche commerciante, come Riccardo Benedetti, di Lucca, che ha come base il Mercato dei fiori di Pescia, il quale ha confermato che la produzione locale è più forte dopo l’inverno e prende campo d’estate, «anche se ogni anno sempre di meno». Benedetti, a domanda di Giuntoli sull’uso del web per la commercializzazione, ha replicato che «non usa ancora Internet per le vendite», ma trova che sia una direzione di marcia promettente. E alla richiesta se abbia fiducia nella possibilità di rilancio del mercato di fiori di Pescia risponde che «ora è un momento un po’ particolare». Benedetti, sempre stimolato da Giuntoli e da Fanucci, ha detto che la qualità dei prodotti può essere un punto di forza, ma c’è «il problema dei costi, che sono sempre alti» e di fronte all’idea prospettatagli da Giuntoli di un marchio locale afferma che sì, potrebbe avere un senso, ma «bisogna vedere a che costi andiamo». Insomma, «produrre bene è un valore» e i produttori che sono sopravvissuti sono proprio quelli che producono bene, però per il consumatore «il rapporto qualità-costo è importante». Benedetti ha concluso ricordando che la crisi incide e «questo qui non è un bene di prima necessità».
E’ stata poi la volta di Roberta Massagli, una produttrice di ruscus (più una piccola produzione di alstroemeria) di Lucca, che ha iniziato dicendo che in questo momento al mercato «c’è un bel po’ di calma» e alla domanda di Giuntoli se vede un po’ di speranza di ripresa ha replicato «ora come ora no, perché si vende tutto all’estero e meno male ho trovato anche altri canali», ma poi ha precisato «non è che non ci sia smercio per l’Italia, c’è ma la cosa è limitata e non è più come era qualche anno fa: vuoi la crisi, vuoi la globalizzazione con articoli che te li portano qua con l’aereo in dieci ore». Sull’idea di marchio di origine controllata ha esclamato «eh, magari! Ben venga!» e poi, stimolata dalla prospettiva di finanziamenti europei, ha ricordato che «a suo tempo (venti anni fa con i patti territoriali, ndr) ne avevamo presi anche qui».
L’ultima tappa della visita di Giuntoli è stata alle serre dedicate alle piante in vaso, vicino all’ingresso del mercato. «Ci vuole qualcosa che ritiri su tutto dalle fondamenta – ha detto Egidio Giusti, produttore locale di piante in vaso («un po’ di tutto: roba primaverile, gerani e poi stelle di natale») -, per esempio mutui e contributi, allora sì che si può ritornare competitivi». Giusti ha aggiunto che anche eventuali aiuti per le energie rinnovabili, per essere interessanti, devono prevedere dei contributi a fondo perduto, perché altrimenti non si recuperano le spese d’investimento.
Un po’ più in là Massimiliano Canestrelli, commerciante di accessori per fioristi con sede al Mefit, venuto a trovare Roberto Papini, produttore pesciatino di piante in vaso («euforbia, mandevilla e tutta roba da piantare all’aperto»), osserva, stimolato da un paragone di Giuntoli con la capacità del vivaismo ornamentale pistoiese di intercettare i fondi europei a differenza del florovivaismo pesciatino, che «loro hanno anche un possibile mercato estero, è lì che va l’80% delle loro vendite». Ma, precisa Papini, «le nostre piante non sono come quelle ornamentali del pistoiese che possono stare anche una settimana in un container ed essere spedite nell’est Europa, le nostre possono arrivare in Francia o in Paesi abbastanza vicini», senza contare che esportare implica tutta un’organizzazione di base e un marketing in cui siamo molto indietro rispetto ad esempio agli olandesi. Riguardo agli articoli per fioristi, spiega infine Canestrelli, l’andamento «va come per tutti. La situazione del commercio nazionale la conosciamo, ha dei problemi e noi ne risentiamo. Però cerchiamo di andare avanti giorno per giorno».
Cosa propone di fare dunque Andrea Giuntoli, dopo aver visitato il Mercato dei fiori di Pescia e aver ricevuto tali feedback dagli operatori, per sostenere la floricoltura e favorirne lo sviluppo? «Si può cominciare a riprogettare, a riprogrammare il settore – ha detto -. E da questo punto di vista il Comune può svolgere un ruolo importante come ente locale più vicino alla realtà produttiva di Pescia, come ente locale di prossimità, per cercare, come dire, di mettere a sedere i produttori, guardarli negli occhi e fare un ragionamento di sistema sul futuro che ci consenta di progettare qualcosa che dia un orizzonte nuovo, cercando di accedere anche ai famosi fondi europei del piano di sviluppo rurale, che ci sono anche per i prossimi anni e sono di entità sostanziosa e aspettano anche da parte di questa realtà di progetti validi per essere finanziati. E io credo che, al di là del pessimismo che c’è fra gli operatori, se ci fosse la possibilità di attivare degli investimenti anche col contributo pubblico europeo, le persone ci investirebbero nelle loro aziende e le ammodernerebbero. Credo che sfrutterebbero quest’occasione per rafforzare le aziende e anche in parte riconvertirle cercando di innestarci nuova linfa e vitalità. Questo quindi è il primo punto: cercare di ritrovare una progettualità per il futuro che ci consenta insieme alla Regione – che in questo caso dovrebbe svolgere un ruolo importante di raccordo e programmazione – di intercettare in finanziamenti europei».
L’altra questione riguarda la struttura fisica del mercato. Quest’ultimo, afferma Giuntoli, «è una realtà importante e va considerata tale anche per il futuro, perché il mercato può svolgere un ruolo fondamentale sul piano del commercio e del marketing del prodotto. Può aiutare a fare sistema, può aiutare a indirizzare la produzione in modo mirato e riqualificandola». «Il mercato, come sappiamo, è di proprietà della Regione» benché gestito dal Comune, continua Giuntoli, «e la Regione su questo mercato deve dirci in modo chiaro cosa intende fare. Ce lo deve dire nell’ambito di un progetto complessivo di rilancio del settore. Deve dircelo in relazione ai rapporti con il mercato di Viareggio. Deve dircelo in base al fatto che, essendo proprietaria, ha la responsabilità del futuro di questa struttura. Di conseguenza il Comune, nonostante gli impegni che non so chi abbia preso in passato, non può in questa situazione di incertezza assumere la proprietà della struttura senza prima aver chiaro il quadro di rilancio del settore e aver chiaro il destino di questo mercato. Questo tipo di scelte vanno concordate e decise con la Regione, che su questo tema della floricoltura e del mercato deve ritrovare un ruolo di guida e di programmazione, deve assumersi le responsabilità che negli ultimi anni non si è assunta».
«Quindi ci vogliono nuove idee e progetti, la capacità di dare sostanza e gambe a queste idee per ricercare anche i finanziamenti europei che pure in altre parti della Toscana sono caduti a pioggia in questi anni. E’ necessario mettersi, insieme alla Regione e agli operatori del settore, a studiare le strategie per dare una nuova prospettiva alla floricoltura. Ci vuole un momento di catarsi in cui si analizza la situazione e insieme si decide come ripartire. Fino a quando non si sarà presa una decisione di questa natura il mercato ex Comicent è destinato a vivere un momento di stallo e ovviamente il Comune non potrà da solo risolvere i problemi del mercato in una situazione di incertezza come questa».
«Certamente – conclude Andrea Giuntoli - le due proposte che io farei, se dipendesse da me, a un tavolo di concertazione con la Regione e con le associazioni di categoria e gli operatori, sono quelle di individuare un marchio locale per identificare la produzione, riqualificarla e renderla riconoscibile anche a livello commerciale e di marketing. E, sempre a questo livello, rilanciare una manifestazione di promozione del fiore e della pianta in vaso e, perché no?, anche del vivaismo sfruttando un marchio conosciutissimo e storico come quello della “Biennale del fiore”, che può naturalmente, anche dal punto di vista del morale, ridare un segnale importante per il rilancio del settore, perché rifare qui una manifestazione importante di promozione vuol dire far capire agli operatori che c’è la volontà davvero di aiutarli e di sostenerli per il futuro. Naturalmente non è semplice rifare una manifestazione del genere, però penso che anche in questo potremmo attivare delle progettualità che ci consentano di avere il sostegno della Regione, visto che fra le altre cose Toscana Promozione di manifestazioni promozionali anche in campo agroalimentare ne sostiene molte e non vedo perché non dovrebbe sostenere una manifestazione storica, una delle più antiche del settore come la biennale che si faceva a Pescia tanti anni fa con enorme successo, ovviamente rivisitandola e riammodernandola».

Redazione Floraviva
 

All’incontro del 22 febbraio nell’ex Comicent, organizzato da Cia sul tema “Scenari del florovivaismo dalla produzione alla commercializzazione”, l’assessore all’agricoltura ha ascoltato idee e domande di alcuni operatori, fra cui i rappresentanti della Confederazione italiana agricoltori e il presidente del Distretto floricolo Carmazzi, ma anche dei probabili candidati a sindaco di Pescia: Andrea Giuntoli, Oreste Giurlani e Roberta Marchi. Nella risposta finale, che non ha portato nessuna novità sul tema caldo della messa a norma e del trasferimento di proprietà dell’edificio, Salvadori si è detto pronto a incontrare immediatamente i vertici del Distretto floricolo LuccaPistoia e ha sottolineato la centralità di competitività e progettualità delle imprese, con un netto no a ipotesi di logiche assistenzialistiche da parte della Regione.

«Se ci sono le disponibilità di tutti a mettere i soldi che occorrono per realizzare complessivamente il progetto, la Regione non si tira indietro». Questa la risposta secca sull’argomento che più sta a cuore alla maggioranza dei floricoltori pesciatini, il passaggio della struttura ex Comicent dalla Regione al Comune con il contestuale progetto di messa a norma e valorizzazione multifunzionale, che l’assessore toscano all’agricoltura Gianni Salvadori ha dato ieri subito dopo l’incontro sul tema “Scenari del florovivaismo dalla produzione alla commercializzazione”. Un dibattito organizzato dalla Confederazione italiana agricoltori presso il mercato dei fiori di Pescia, grazie all’ospitalità di Mefit, e che è stato moderato dal presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini.

La risposta dell’assessore Salvadori ha come sigillato quanto da lui stesso detto in proposito nell’intervento di chiusura del dibattito. Ad esempio, che «i progetti di questo tipo ed entità, 20 milioni di euro, sono importanti per qualunque amministrazione, quindi quando partiamo dobbiamo avere le idee chiarissime», e ancora che «non sta alla Regione» valutare «se quel progetto ha un senso» o «pensare come sarà attuato il progetto», né tanto meno decidere se portare avanti il «passaggio di proprietà, su cui ho sentito oggi pareri discordanti» (riferimento agli interventi di poco prima dei possibili futuri sindaci di Pescia: i due candidati delle primarie Pd Andrea Giuntoli e Oreste Giurlani, e l’attuale sindaco Roberta Marchi). Una risposta, quindi, che da una parte sembra voler mettere la questione in stand-by fino a quando non sarà stata eletta la nuova amministrazione pesciatina e non si saprà chi sarà l’interlocutore della Regione nei prossimi anni. Ma che, dall’altra, rientra nell’approccio dell’assessore Salvadori, ribadito ieri nella sua relazione: no alle politiche assistenziali calate dall’alto dalla Regione e largo invece alla progettualità espressa dalle imprese del territorio.

Non è stata raccolta, dunque, in questa circostanza pre-elettorale dall’assessore Salvadori, la richiesta del sindaco Roberta Marchi a inizio incontro: «c’è bisogno di decisioni su tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato: ognuno deve prendere le proprie decisioni, così da mettere in condizione anche i floricoltori di prendere le loro», che sembrava riferita alla questione dell’immobile. Né sono arrivate le risposte a tutte le domande gettate sul tavolo quasi a futura memoria, in apertura dei lavori, da Sandro Orlandini, che ha tra l’altro ribadito la volontà della Camera di Commercio di Pistoia e del suo presidente Morandi di dare un po’ di sostegno economico alla promozione e al rilancio del mercato nel 2014. Domande quali: come arrivare alla definitiva messa a norma della struttura in modo da garantire prospettive certe e a lungo termine alle centinaia di aziende che operano nel mercato dei fiori di Pescia (dove «c’è una buona logistica e spazi grandi, oltre a un’adeguata viabilità»)? Il progetto di valorizzazione multifunzionale, con il parallelo accordo economico, va bene così come è o è meglio modificarlo?

Ma, come si vedrà, Salvadori non si è tirato indietro invece su altre questioni relative alla floricoltura emerse durante il dibattito, che ha visto fra i primi interventi quello del vice presidente di Cia Pistoia Roberto Chiti, che ha tra l’altro accennato alla volontà della Cia nel prossimo quadriennio (i vertici dell’associazione di categoria sono stati rinnovati da poco) di promuovere una collaborazione fra il settore florovivaistico e del verde e quello del benessere e della salute: «noi vogliamo ripensare il verde come portatore di benessere».

Subito dopo c’è stato l’intervento di Gianluca Burchi, direttore del Cra - Viv di Pescia, l’unità di ricerca per il vivaismo e la gestione del verde ambientale ed ornamentale del Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura), che ha la propria sede a 200 metri di distanza dal mercato dei fiori di Pescia e che proprio recentemente si è rafforzata con nuovo personale. «Il nostro è un centro di ricerca avanzato – ha sottolineato Burchi – e non ci occupiamo solo di ricerca di base. Anzi la maggior parte dei nostri progetti di ricerca (circa l’80%) sono in collaborazione con aziende e due sono con la Regione Toscana e il Distretto floricolo e Flora Toscana. E poi abbiamo convenzioni con varie realtà locali, fra cui ancora Flora Toscana, Giusti e Pacini, e naturalmente Mefit, con cui sono in corso 4 progetti, alcuni dei quali tesi a migliorare la qualità dei fiori e la loro durata post raccolta». E per far capire l’importanza di lavorare su innovazione e ricerca e di sfruttare l’opportunità di avere una unità scientifica specializzata a due passi dal mercato, ha fatto l’esempio delle ricerche del Cra - Viv sulle sostanze alternative alla torba e poi di un lavoro che ha portato a una nuova varietà di lilium (giglio) senza polline - che quindi non macchia e non provoca allergie – che dal prossimo anno potrebbe essere sul mercato (e «sarebbe un peccato che la nostra ricerca finisse nelle mani di floricoltori non della zona»).

L’amministratore unico di Mefit Franco Baldaccini si è limitato a ricordare all’assessore all’agricoltura alcune cifre relative a Mefit, che adesso sono più precise visto che insieme al direttore Fabrizio Salvadorini «abbiamo censito e registrato e messo in pulito la situazione del mercato: 730 ditte iscritte, di cui 265 di produttori, 358 di commercianti, 70 di trasportatori, 37 extra filiera, per un volume d’affari di circa 80 milioni e in tutto 1200 lavoratori coinvolti».

Andrea Giuntoli, uno degli aspiranti sindaci di Pescia, ha esordito mettendo in evidenza che il florovivaismo «è sempre il primo settore economico della città», visto che si parla, tenendo conto anche delle realtà non afferenti al mercato dei fiori, di «circa 300 aziende di produzione per 1500 addetti, cioè il 20% della forza lavoro» nell’area comunale. «Mi sono stufato di sentir dire che il mercato dei fiori è finito – ha continuato Giuntoli –, se ci sono tante aziende e anche tanti giovani vuol dire che non è finito. E poi non è che fuori di qui ci sia tanto lavoro alternativo. Per cui le persone vanno incentivate a crederci». «Noi dobbiamo elaborare progetti – ha aggiunto - per costringere la Regione a prendersi delle responsabilità, al di là del distretto floricolo, che purtroppo ha prodotto poco. Se qui ci fosse una progettualità valida, si sarebbe in tempo per intercettare tanti finanziamenti dell’Unione europea, perché per l’agricoltura nei prossimi anni arriveranno 900 milioni di euro in Toscana. Basta piangerci addosso». Giuntoli ha poi chiesto all’assessore: «è ipotizzabile un marchio di qualità per la produzione locale? Io penso di sì. E poi la “Biennale del fiore” chi l’ha detto che non si possa fare più? Io la vorrei rifare con l’aiuto della Regione». Infine, ha affrontato direttamente il tema dell’immobile ex Comicent: «voi pensate davvero che il Comune si possa sobbarcare la proprietà? La proprietà resta alla Regione ed è lei che deve dare le risposte e investirci. E se non può, utilizzerà il mercato Comicent in altro modo e ci darà un’altra struttura per il mercato dei fiori. Se noi prendessimo i 10 milioni della Regione, dovremmo avere dei finanziamenti privati paralleli» e a Giuntoli non pare facile trovarli e in ogni caso «finché non c’è una valutazione in tal senso la proprietà deve restare alla Regione, e comunque ci vorrebbe anche un piano strategico a livello regionale».

L’altro aspirante sindaco di Pescia, Oreste Giurlani, che si era già espresso su alcuni di questi temi al termine della visita del 20 febbraio all’ex Comicent (vedi nostro articolo), ha detto che la ricognizione gli ha fatto capire che «da parte di tutti c’è la consapevolezza che il settore è in crisi e che le famiglie in questo momento non comprano perché i fiori non sono beni di prima necessità. Sulle soluzioni ognuno dice la sua, ma non c’è un’idea complessiva e innovativa. Ci sono proposte anche interessanti, ma individuali». «La sfida – ha proseguito Giurlani – è grossa. Chi amministrerà il Comune e chi gestirà i fondi europei per l’agricoltura dovrà capire quali sono le quattro o cinque cose da fare per rilanciare il settore. Io aprirei subito un tavolo di confronto e cercherei di far rientrare la floricoltura fra le linee di rilancio a livello regionale». Giurlani ha anche detto di aver visto che «tutte le aziende sono sottocapitalizzate e in difficoltà a investire e in molte persone non ho visto la grinta necessaria. Forse appunto perché manca una prospettiva e una visione di dove andare». La priorità è comunque intercettare i fondi europei per Giurlani, che ha poi concluso dicendo che bisogna fare qualcosa per utilizzare quei terreni in stato di abbandono che si trovano in alcune parti del territorio, «perché oggi c’è un ritorno all’agricoltura e su quei terreni ci si può fare un recupero agricolo: il percorso dei fondi europei può servire anche a questo».

Roberta Marchi nella sua relazione ha iniziato sottolineando sì l’importanza della programmazione regionale, ma ha anche detto che «la Regione non può fare tutto». Ad ogni modo, ha affermato la Marchi, «per il florovivaismo un finanziamento speciale è necessario perché è un settore in difficoltà». «Facciamo un bel bando regionale per la floricoltura – ha continuato la Marchi – dove diciamo che chi fa certe cose sul fronte dell’innovazione, delle energie rinnovabili, del ricambio generazionale, ecc., otterrà tot finanziamenti». Riguardo poi alla struttura, ha osservato che «qui c’è gente che lavora e la struttura non è in completa sicurezza. E’ stato fatto il lavoro sui tiranti, grazie ai 500 mila euro della Regione», ma mancano tante altre cose da fare per metterla del tutto a norma. «La Regione metta a punto la struttura, perché spetta al proprietario, poi il Comune farà il progetto per la gestione: questa struttura è denaro vivo, con tante opportunità legate a posizione, logistica, posti auto, ecc. Bisogna unire le forze, perché se non le uniamo nessuno può farcela da solo».

Il presidente del Distretto floricolo interprovinciale Lucca – Pistoia, Marco Carmazzi, prima di replicare all’accusa che il distretto non ha fatto nulla, ha detto che nel titolo dell’incontro mancava un pezzetto dopo “dalla produzione alla commercializzazione”: «alla riscossione». «Sì, perché il problema adesso è incassare» e nessuno sta facendo nulla per proteggere noi floricoltori da questo problema. Carmazzi ha poi ricordato che «per essere competitivi non è necessario solo il mercato delle quattro mura, c’è bisogno di quello, ma poi ci vuole anche altro». Ulteriore problema è che «per accedere ai fondi europei ci vogliono tanti soldi e ci si deve indebitare e le aziende devono essere aiutate in tal senso». Ma in risposta all’accusa di immobilismo al distretto, ha detto che in realtà il distretto ha promosso 5 progetti di ricerca, grazie a un finanziamento di 100 mila euro, e che si tratta per la prima volta di progetti partiti dalle aziende e dalle loro esigenze. I risultati saranno presentati a maggio. Poi ha affermato che alle riunioni del distretto «la gente non partecipa» e che «se il distretto non viene riconosciuto, allora è meglio chiuderlo». Ha apprezzato l’idea di promuovere un consumo intelligente dei fiori e delle piante, ma ha anche detto che ci vorrebbero per la promozione investimenti di milioni di euro e a carattere nazionale, perché «o si fa sinergia o se no ci raccontiamo le barzellette». Infine, citando uno studio della Lucense sulla situazione dei mercati di Pescia e Viareggio, ha sottolineato il problema della mancanza di produzione locale per 5 mesi dell’anno, cosa che non invoglia i commercianti a venire e ha detto «che non siamo competitivi perché mancano i servizi e la logistica».

Nel suo intervento conclusivo Salvadori ha ringraziato Carmazzi per aver ricordato le cose fatte dalla Regione. Ma ha poi ricordato che la Regione aveva chiesto di avviare la gestione unica dei mercati dei fiori di Pescia e Viareggio, ma, mentre Pescia è stata subito disponibile, da Viareggio non è arrivata alcuna risposta concreta. Salvadori ha inoltre dato la propria disponibilità a fissare subito un appuntamento con i vertici del Distretto floricolo interprovinciale Lucca – Pistoia per riprendere il cammino intrapreso, che ha portato alla realizzazione dei cinque progetti di ricerca che saranno presentati a maggio. L’assessore regionale ha poi sottolineato che le risorse della Toscana saranno destinate a «stimolare la competitività delle aziende», perché la sua idea di fondo è che «se il motore dell’economia sono le imprese, l’assistenzialismo è la peggiore risposta possibile». In questo senso vanno interpretati i Pif (Piani integrati di filiera) su cui la Regione ha investito negli ultimi anni tanti milioni di euro, che hanno innescato investimenti e innovazione in diversi settori dell’agricoltura. Purtroppo, mentre i cugini del vivaismo pistoiese hanno saputo approfittarne con progetti che hanno avuto successo, dalla floricoltura è arrivato solo un progetto ed è stato il primo degli esclusi. «Oggi – ha aggiunto – abbiamo la possibilità di gestire 961 milioni di euro nei prossimi sette anni per l’agricoltura (100 milioni in più di prima) e il 50% andrà a stimolare la competitività delle imprese attraverso bandi multimisura che premieranno la progettualità delle imprese». Un’occasione anche per la floricoltura, se saprà inserirsi in questi meccanismi virtuosi di filiera. Inoltre Salvadori ha segnalato che se dalle associazioni di categoria agricole verranno gli input necessari, nell’ambito di questi bandi la floricoltura potrebbe essere inserita fra i settori prioritari, come è successo negli ultimi anni per settori quali l’olivicoltura, i cereali ecc. Ma le protagoniste dovranno essere sempre le imprese.

Redazione Floravia

Oreste Giurlani, ospite oggi del Mercato dei fiori di Pescia in qualità di aspirante candidato sindaco del Pd, ha fatto un sopralluogo e si è aggiornato sulla situazione parlando sia con i vertici di Mefit che con diversi operatori. «Il mercato è ancora fondamentale e deve restare a Pescia – ha detto – e la floricoltura deve essere messa al pari delle produzioni di vino nell’ambito del settore agricolo». «Toscana Promozione – ha suggeritodeve promuovere anche la produzione di piante e fiori come elemento trainante del territorio» e una parte dei visitatori in arrivo durante l’Expo 2015 di Milano deve essere portata nella Valdinievole.

 
«L’impressione è stata buonissima. Vedere alle 6 di mattina un mercato vivo, con la gente, con i fiori e le piante esposti: un movimento che dà sempre soddisfazione. Ho potuto incontrare coloro che ci lavorano. Ci sono tanti problemi da superare. Ci sono anche problemi dovuti a situazioni che risalgono indietro negli anni. Però io ho trovato qui da parte di coloro che lo gestiscono e soprattutto da parte di coloro che ci lavorano una determinazione e una volontà di andare avanti, cercando di risolvere tutti i problemi in funzione di un’attività che è ancora fondamentale».
E’ il bilancio a caldo di questa mattina, verso le 7 e 30, di Oreste Giurlani, contendente nelle primarie del Pd di Pescia per il ruolo di candidato sindaco alle prossime elezioni comunali, dopo avere effettuato una visita al mercato dei fiori di Pescia ed aver tastato il polso della situazione parlando con i vertici di Mefit, nelle persone dell’amministratore unico Franco Baldaccini e del direttore Fabrizio Salvadorini, e con diversi operatori: da alcuni produttori locali e acquirenti di zona fino a commercianti provenienti da altre parti d’Italia. 
«Qui è finita la produzione – è il giudizio tranchant di Salvatore della ditta commerciale Dalle Mura Graziella, il primo incontrato da Giurlani nella sua passeggiata all’interno dell’ex Comicent -. La Toscana era una delle regioni più produttive, a livello della Campania, ma adesso ci sono il Lazio, la Campania, le Puglie e la Sicilia e la Calabria. Ho il fratello che compra a Napoli, poi io faccio il mercato sia qui che a Viareggio». 
Ma questa affermazione sembra contraddetta poco dopo dalle esposizioni di fiori e piante di produttori locali che occupano una bella fetta della superficie a pian terreno del mercato. Come spiega Salvadorini a Giurlani, è un po’ un luogo comune quello di affermare la morte della produzione locale. In realtà, lo dimostrano le iscrizioni, sono oltre 260 i floricoltori presenti al mercato e di questi il 98% sono toscani e il 70% della provincia di Pistoia.
Il secondo operatore incontrato da Giurlani è Renato Bruschi, un produttore locale di fiori recisi («calle, bocche di leone, fresie, miniature, verde», come dice lui stesso), che non dà consigli specifici, ma chiede solo di «fare il possibile per portare più compratori sul mercato». 
Poi è la volta di Claudio Ciomei, commerciante, che dice che il «settore è in crisi» perché la gente «prima spende per mangiare non per il superfluo». In questo momento «vendiamo soprattutto prodotti occasionali per addobbi e cerimoniali, mentre non c’è più l’acquisto frequente del mazzetto per metterlo in casa o al cimitero». «Acquistiamo ancora prodotto locale – aggiunge - ma molto meno di prima”, sia perché è aumentata l’offerta concorrente di prodotti e varietà provenienti dall’estero, sia perché i fioristi sono un po’ in crisi per la concorrenza della grande distribuzione. Così si è passati dal 70% di acquisti di fiori e piante locali di sette/otto anni fa al 20% di oggi, con il restante 80% degli acquisti riguardante prodotti provenienti da fuori. Ed è un peccato perché in tante tipologie di fiori, nota Ciomei, la produzione nostrana è di grande qualità. Basti pensare ai «tulipani, le violaciocche, la produzione estiva di statice, il verde».
E’ uno sfogo invece quello del commerciante Claudio Rosadoni: «qui se non viene gente, non si va avanti. C’è gente che ha i negozi a Pescia che non viene più al mercato, gente di Ponte Buggianese, di Altopascio che non viene più al mercato. Idem da Lucca. Perché? Chiedetevelo. Non mi so rispondere». Però, gli replica Giurlani quasi a incoraggiarlo, ci sono, come gli è capitato di constatare qualche tempo fa, negozianti di Bibbiena che «vengono a Pescia ogni settimana per scegliersi i fiori personalmente».
Aniello Perna, operaio della Flor Company, che commercia fiori recisi e anche piante in vaso, dice che c’è tanta miseria oggi in Italia: «ieri ho girato in Adriatico per riscuotere e ho constatato una miseria enorme». «Io l’ho detto – aggiunge -, o direttò, mettiamo una legge qua che chi non paga deve uscire fuori dal mercato, perché se no automaticamente distruggono gli altri. Quello non ti paga, quello non ti paga, quello non ti paga: è una catena. Fino a quanto si può reggere?» «Compro prodotti di Pescia soprattutto d’estate: statice, lisianthus, lilium, gerbere e tulipani». Questi hanno prezzi concorrenziali perché la qualità è più buona che altrove, spiega a Giurlani. Qua il periodo clou è da maggio a settembre, con propaggini fino alle feste dei santi e dei morti. 
Fra i commercianti operativi al mercato dei fiori di Pescia c’è anche Maurizio Del Ministro, presidente del Circolo Legambiente Valdinievole, che dice a Giurlani che «se diventa sindaco, dovrà rilanciare il mercato. E in questa struttura, perché un cambio di struttura è inimmaginabile: ci vorrebbero tanti di quei soldi a cambiare… Dobbiamo lavorare tutti insieme verso la Regione perché ci mettano soldi. Già il semplice far circolare voci di possibili sedi alternative del mercato è distruttivo. Il mercato infatti, bene o male, ha retto e c’è da rilanciarlo. E’ importante che diventi l’unico mercato della Toscana, perché qui c’è già la struttura». Riguardo alla sostenibilità delle produzioni floricole, Del Ministro sottolinea l’importanza della strada intrapresa dai produttori locali di coltivare con sempre meno pesticidi e soprattutto «la grossissima partita delle energie rinnovabili nelle serre, che potrebbe essere determinante nella floricoltura, non solo per far spendere meno ai floricoltori, ma anche per dargli un reddito aggiuntivo». «Questa – conclude - è la partita per il futuro della floricoltura».
L’ultimo incontro di Giurlani è stato con Fabio Giusti, un floricoltore della frazione di Molinaccio, che produce piante in vaso: ciclamini, stelle di Natale, gerani e crisantemi. «La crisi in questo momento c’è per tutti – dice – sicché bisogna cercare di non sbagliare e fare in modo che il sistema resti compatto e omogeneo». Riguardo al fatto che il mercato funziona meglio in primavera-estate, dice che «Pescia è nato così, come produzione primavera, estate e autunno, e d’inverno non si produceva niente». Però i tempi sono cambiati e bisogna stare in produzione anche d’inverno. L’unica è puntare su produzioni che richiedono meno riscaldamento, «tipo primule, viole o garofani». 
«I problemi – ha continuato Giurlani - sono tanti: i problemi della struttura, i problemi dei costi di gestione della struttura, il fatto che bisogna alimentare il mercato e quindi fare un percorso di promozione per portare sempre più gente nel mercato ad acquistare e far conoscere il mercato al di fuori di Pescia. Perché questa è un’esperienza importante: chi viene qui trova di tutto, trova prodotti, trova la possibilità di contrattare – che è importante in un momento in cui bisogna ridurre i costi – e soprattutto trova degli operatori che sono disponibili a risolvere qualsiasi problema del cliente sul fronte dell’acquisto delle piante, dei fiori e di tutti i prodotti che riguardano il florovivaismo». 
«Quindi questa è stata veramente un’ottima impressione – ha aggiunto Giurlani - e vorrei sottolineare che ho capito che in questo mercato – che è uno dei tre principali mercati nazionali, insieme a Napoli e Sanremo – si può veramente legare la produzione locale con il commercio in un mondo globale. Se si trova il giusto equilibrio, se si permette ai nostri produttori a Pescia di produrre puntando su innovazione e ricerca, se si riesce a legare i nostri produttori alle esigenze della commercializzazione di scala mondiale, molto probabilmente si potrà fare in modo che molte delle nostre produzioni e molti dei nostri giovani che ora lavorano nelle aziende e vogliono proseguire l’attività del padre lo possano fare con un sostegno e soprattutto con la possibilità di trovare sbocchi di mercato. Diciamo che il Comicent è un mercato importante dal momento in cui riusciremo anche a riportare sempre più gente ad acquistare i prodotti».
In particolare, ha precisato Giurlani, «ci sono due conclusioni che ricavo dalla visita di oggi. Primo, ho avuto la dimostrazione che il mercato dei fiori deve restare al Comicent e quindi bisogna trovare i soldi per questa struttura, per finire di metterla a norma e anche rinnovarla un attimo perché comunque è vecchia di alcune decine di anni. E quindi è importante restare qui. E la seconda cosa fondamentale è che bisogna chiedere alla Regione, in questa fase di rilancio promozionale del mercato, un po’ di risorse che possano da una parte, come già detto, rimetterla a norma, ma dall’altra anche allentare i costi di gestione. Quindi diventa essenziale la figura della Regione e so che l’assessore Salvadori è disponibile a investire in questo mercato, perché la floricoltura pesciatina e di tutta la Toscana deve riprendere un ruolo determinante nell’agricoltura regionale ed essere messa al pari delle produzioni di vino ed altri prodotti, perché dà lavoro a tanti addetti, a tante aziende e soprattutto, come ho visto oggi al mercato, dà lavoro a tanti giovani. E quando ci sono i giovani vuol dire che c’è anche la speranza di un futuro».
«C’è da sciogliere – ha osservato ancora Giurlani - il nodo importante del passaggio di proprietà della struttura ex Comicent, perché oggi è della Regione e c’è già una delibera regionale che avrebbe passato la proprietà al comune di Pescia accompagnandola con 10 milioni di risorse, che sono già nel bilancio regionale. Quindi penso che ci sia da mettersi intorno a un tavolo e capire bene come si può fare la gestione di questo mercato a lungo termine. E ciò con un progetto serio che riguardi la floricoltura ed eventualmente la multifunzionalità. Bisogna investire questi 10 milioni per metterlo a norma e anche per rilanciarlo». 
«Va poi considerato – ha aggiunto - che qui siamo a Pescia, però siamo collegati con Pistoia e quindi con il vivaismo. La floricoltura in questi anni è un po’ cambiata, c’è chi parla di puntare di più sulle piante in vaso e non solo sui fiori, oppure sull’ortofrutta. Quindi c’è necessità sostanzialmente di rivedere un pochino il mercato complessivo. Quindi fra i vari settori, e fra Pistoia e Pescia, ci vuole pari dignità e bisogna mettersi attorno a un tavolo per impostare un’integrazione forte. Anche perché i territori che servono all’agricoltura sono tutti importanti: Pescia ne ha tanti, come ne ha tanti Pistoia, quindi, arrivando a realizzare quello che forse era nelle intenzioni del distretto florovivaistico, si può attivare un vero tavolo operativo e concreto per capire quali sono le opportunità di produzione e di mercato».
Giurlani ha concluso dicendo di aver proposto qualche giorno fa in Toscana Promozione, l’agenzia della Regione Toscana per la promozione turistica e del territorio, «che quando faremo la promozione 2014 e 2015 si prevedano un po’ di risorse anche per promuovere nel mondo questo territorio, e quindi il fiore e la produzione florovivaistica, che possono diventare così un traino per proiettare il territorio a livello internazionale. Teniamo conto che siamo nell’anno che precede l’Expo e siccome la Regione Toscana sarà una delle tappe fondamentali proposte ai 20-30 milioni di visitatori che verranno a Milano, ecco che, oltre a Pinocchio, oltre alle eccellenze toscane e alle città d’arte, si potrebbe puntare a portare un po’ di persone anche a vedere come si produce il fiore di qualità in Toscana e come funziona il mercato dei fiori di Pescia».

L'amore non conosce confini e schiude i cuori. Premesse bellissime, alle quali inneggia anche la Festa di San  Valentino, per altro non dedicata soltanto all'amore, bensì anche all'amiciziaDa un'indagine svolta da Fleurop risulta che il 14 febbraio quasi ogni quinto regalo è destinato a una persona diversa dal proprio tesoro. In primo luogo alle mamme, poi alle amiche del cuore, a bambini, a colleghe e ad altre persone care. C'è chi coccola perfino i cani con golosi bocconcini, vuff! E cosa non deve assolutamente mancare per San Valentino? Lo evidenzia un'ulteriore inchiesta Fleurop: per il 62% sono irrinunciabili i fiori, il 36% desidera  trascorrere più tempo possibile insieme, il 33% sogna un'appassionata dichiarazione d'amore, il 26% un'intima cenetta in due e il 19% vorrebbe fare una gita inconsueta o un breve viaggioInutile dire che per l'occasione le dichiarazioni d'amore raggiungono livelli inflazionistici. E spesso sono testimoni di intensi sentimenti, tanto da trasformarsi in emozionanti proposte di matrimonio. Una partecipante all'inchiesta racconta per esempio come il suo LUI le abbia chiesto la mano inginocchiandosi da-vanti a lei e porgendole una rosa rossa, con tanto di guanti bianchi. Un'altra LEI ricorda invece che il suo attuale maritoallora giocatore di hockey, durante una partita è saltato oltre il bordo campo con un mazzo di fiori in mano e le ha posto la fatidica domanda davanti a tutti gli spettatoriConclusione: chi sogna una dichiarazione d'amore o perfino una proposta di matrimonio, farà bene a creare un'atmosfera romantica e sorprendente. Con la luna piena (che splenderà nel cielo proprio la notte tra il 14 e il15 febbraio 2014!), con spumante, altri segni d'affetto e - naturalmente - con i fiori!
 
Redazione Floraviva

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