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Conclusa la prima edizione di VerdeComune a Bellaria Igea Marina: un expo dedicato al verde pubblico sostenibile, con soluzioni innovative per risparmio idrico e mitigazione climatica, replicabili in tutta Italia.
«Qualche mese fa questa sfida sembrava ambiziosa, oggi possiamo dire di averla vinta» ha dichiarato con soddisfazione Sergio Ferraro, presidente di Asproflor Comuni Fioriti, in occasione della chiusura della prima edizione del progetto “VerdeComune – Giardini sostenibili del futuro”. La manifestazione, ispirata ad analoghe iniziative francesi, ha avuto l’obiettivo di dimostrare come, grazie a scelte botaniche e materiali adeguati, sia possibile creare spazi verdi a basso impatto e di alta qualità, riducendo i costi di gestione e contribuendo al miglioramento ambientale delle città. Gli interventi hanno interessato numerose aree della città, ciascuna caratterizzata da particolari sfide climatiche e tecniche: dall’ombra persistente dell'Isola dei Platani, all’aria salmastra del lungomare, fino alle zone esposte al sole e soggette a un elevato passaggio pedonale. I progetti hanno adottato soluzioni che garantissero un adattamento stagionale, con una particolare attenzione alla stagione estiva, periodo di maggiore affluenza turistica. La progettazione ha coinvolto anche scuole e università, sia per gli allestimenti che per la conduzione di test e sperimentazioni, puntando su sostenibilità e innovazione. Tra le tecniche utilizzate, l’impiego di soli vasi biodegradabili e l’uso di concimi a lento rilascio, idroretentori e terricci specifici per terreni poveri. Inoltre, le aiuole sono state realizzate con piante perenni di nuova generazione, capaci di garantire fioriture fino a cinque mesi l’anno. L’evento ha visto la partecipazione dell’Assessore al Verde di Bellaria Igea Marina, Adele Ceccarelli, che ha sottolineato come il progetto abbia richiesto un grande lavoro di squadra tra i vari assessorati comunali. Anche i cittadini hanno giocato un ruolo attivo nel processo, collaborando alla buona riuscita dell’iniziativa. Un aspetto di grande rilevanza è stato il monitoraggio dei risultati, che ha mostrato una riduzione del 45% del consumo di acqua grazie a tecniche di pacciamatura e soluzioni innovative. Anche il microclima urbano ne ha beneficiato, con una temperatura del suolo inferiore rispetto alle aree coperte da asfalto. Le aiuole fiorite si sono rivelate fondamentali per attrarre insetti impollinatori e sequestrare anidride carbonica, contribuendo a migliorare la qualità dell’aria. L’iniziativa, sostenuta da Asproflor e da una trentina di aziende leader del settore, ha posto le basi per una futura replicazione su scala nazionale, con l’obiettivo di testare ulteriori soluzioni in diverse aree geografiche italiane.
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Dal 16 settembre 2024, è aperto il bando del PNRR "Parco Agrisolare". Imprese agricole del Sud potranno richiedere contributi fino al 14 ottobre per installare impianti fotovoltaici e interventi correlati.
Dal 16 settembre 2024, è possibile presentare le domande di finanziamento per il terzo bando del PNRR "Parco Agrisolare", tramite la piattaforma del Gestore dei Servizi Energetici (GSE S.p.A.). Le richieste saranno accolte fino alle ore 12:00 del 14 ottobre 2024. L'iniziativa è rivolta alle imprese di produzione agricola primaria localizzate nel Mezzogiorno, includendo Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Il bando, con una dotazione di 250 milioni di euro, prevede contributi fino all'80% delle spese ammissibili per l'installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici agricoli, comprese serre. Sono incluse anche opere di coibentazione, rimozione dell'amianto, installazione di sistemi di accumulo e colonnine di ricarica per veicoli elettrici. Questo avviso permette alle aziende di adottare soluzioni di autoconsumo condiviso e di partecipare in forma aggregata, con una potenza massima per impianto di 1.000 kWp e una spesa massima per beneficiario di 2,33 milioni di euro. Francesco Lollobrigida, ministro dell'Agricoltura, ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa per rafforzare la sostenibilità del settore agricolo nel Mezzogiorno e ha ribadito il successo del precedente bando, dichiarando che "i risultati straordinari ci dimostrano che siamo sulla strada giusta". Il GSE istruirà le domande tra ottobre e dicembre 2024, con l'obiettivo di distribuire l'intera dotazione della misura, pari a 2,35 miliardi di euro, entro la fine dell'anno.
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Il Monitor dei distretti agroalimentari italiani al 31 marzo 2024 registra una crescita del 6,6%. Massimiliano Cattozzi: “Il comparto agroalimentare italiano continua a crescere e si conferma tra i settori più brillanti per l’export, nonostante scenari geopolitici e climatici complessi”.
L’export dei distretti agroalimentari italiani ha superato i 7 miliardi di euro nel primo trimestre del 2024, con un incremento del 6,6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Questo è quanto emerge dal Monitor dei distretti agroalimentari italiani curato da Intesa Sanpaolo, che conferma il comparto agroalimentare come uno dei più dinamici dell’export italiano, in netta controtendenza rispetto agli altri settori manifatturieri, che registrano una flessione del 2,7%. Tra le filiere protagoniste spicca quella vitivinicola, con una crescita del 2,4% e un valore export superiore a 1,5 miliardi di euro. I Vini del Veronese (+11,6%) e i Vini dei colli fiorentini e senesi (+7,4%) si distinguono per i loro risultati positivi, mentre il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene registra una stabilità (+0,4%) e i Vini di Langhe, Roero e Monferrato segnano un lieve calo (-2%). La filiera della pasta e dolci continua il suo trend positivo, con un aumento del 4,4%, sostenuta dai Dolci di Alba e Cuneo (+18,9%) e dai Dolci e pasta veronesi (+16,4%). Tuttavia, il comparto campano arretra, con l’Alimentare napoletano (-33,2%) e l’Alimentare di Avellino (-22,6%). Anche il settore delle conserve è in forte crescita (+8,4%), trainato dalle Conserve di Nocera (+10,5%) e dall'industria conserviera parmense (+28%). La filiera delle carni cresce del 6,1%, con eccellenze come i Salumi di Parma (+17,6%) e i Salumi modenesi (+8,8%). Il settore lattiero-caseario presenta luci e ombre. Il Lattiero-caseario parmense raggiunge un +36%, mentre il Lattiero-caseario della Lombardia sud-orientale arretra del 3,7% e la Mozzarella di bufala campana registra un calo del 10,3%. La filiera dell'olio è protagonista assoluta, con una crescita complessiva del 65%, grazie ai risultati eccezionali dell’Olio toscano (+71,7%), dell’Olio umbro (+44,2%) e del distretto dell’Olio e pasta del barese (+55,4%). Anche il florovivaismo del Ponente ligure si distingue con un +10,7%, spinto dalla stagionalità delle vendite primaverili di piante annuali e aromatiche, tipiche delle produzioni regionali. In termini di mercati di destinazione, la Germania si conferma il principale partner commerciale (+4,2%), seguita dagli Stati Uniti (+17,2%), dalla Francia (+1,9%) e dal Regno Unito (+0,8%). Molto positiva anche la dinamica verso le economie emergenti, che segnano un progresso del 10,1%. Massimiliano Cattozzi, responsabile della Direzione Agribusiness di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato: “Il comparto agroalimentare italiano continua a crescere anche negli ultimi mesi: si conferma così uno dei settori più brillanti per l’export, nonostante scenari complessi dal punto di vista geopolitico e climatico. Per incrementare la competitività e la crescita sui mercati esteri, Intesa Sanpaolo continua a operare fornendo supporto agli investimenti grazie agli oltre 6 miliardi di euro erogati dalla Direzione Agribusiness dal 2021 a oggi, alle sole PMI del mondo agroalimentare. In particolare, i finanziamenti sono destinati a sostenibilità, innovazione e digitalizzazione, per accompagnare la crescita del Made in Italy agroalimentare".
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Confagricoltura Pistoia e Cia Toscana Centro si oppongono alla riduzione della caccia nelle aree non vocate, voluta dall'ATC Pistoia 11, temendo un aumento dei danni alle colture e rischi per la sicurezza legati ai cinghiali.
Confagricoltura Pistoia e Cia Toscana Centro si sono espresse con decisione contro l'ipotesi di riduzione della caccia al cinghiale nell’area non vocata individuata dalla Regione Toscana, che include ampie zone del territorio pistoiese. Il dibattito è stato acceso dall’idea, avanzata dall’ATC Pistoia 11, di riservare il prelievo dei cinghiali ai soli selettori iscritti alle squadre di caccia, escludendo altri cacciatori, e limitandone così l’attività su una fascia di 400 metri, caratterizzata dalla presenza di coltivazioni e centri abitati. La preoccupazione principale, secondo Confagricoltura Pistoia, è il rischio di un aumento incontrollato della popolazione di cinghiali, che già oggi minaccia sia le colture agricole che la sicurezza dei residenti nelle aree rurali. "Siamo fortemente contrari a questa proposta," ha dichiarato Luca Magazzini, presidente di Confagricoltura Pistoia, "in un contesto già fortemente esposto ai danni provocati dalla fauna selvatica, ogni ulteriore limitazione alla caccia al cinghiale metterebbe a rischio le attività agricole della nostra provincia." Magazzini ha inoltre sottolineato l'aggravarsi del quadro sanitario, con la minaccia della Peste suina africana, che incombe sugli allevamenti locali. "Non possiamo permetterci di abbassare la guardia: le restrizioni sanitarie già pesano sugli allevamenti, ridurre il controllo della popolazione di cinghiali non farebbe che esacerbare la situazione." Sulla stessa linea si è espresso Sandro Orlandini, presidente di Cia Toscana Centro, che ha ribadito come l'impatto degli ungulati continui a crescere nonostante gli sforzi dei cacciatori e degli organi di vigilanza. "Non si riesce a contenere la presenza massiccia di cinghiali che si spingono a ridosso dei centri abitati e devastano le colture. In questo quadro, il prelievo deve essere incentivato, non ridotto." Entrambe le organizzazioni agricole chiedono quindi all’ATC Pistoia 11, alla Regione Toscana e alle istituzioni politiche di non attuare la misura proposta, che considerano dannosa non solo per l’agricoltura, ma anche per la sicurezza pubblica nelle aree rurali.
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Gli agriturismi sono esclusi dall'obbligo di dotarsi di rilevatori di gas, previsto per le locazioni turistiche. Dal 2 novembre scatteranno le sanzioni per chi non ha ottenuto il Codice Identificativo Nazionale (CIN), con 60 giorni di tempo per adeguarsi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il comma 7 dell’art. 13-ter del DL 145/2023 prevede l’obbligo di installare dispositivi per la rilevazione di gas combustibili e monossido di carbonio esclusivamente per le locazioni turistiche, regolate dal codice civile e dal codice del turismo. Gli agriturismi, invece, restano soggetti alle normative in materia di prevenzione incendi e sono esclusi da tali requisiti. Con la pubblicazione dell’avviso ufficiale del 3 settembre 2024 sulla Gazzetta Ufficiale, sono partiti i 60 giorni per adeguarsi alla nuova normativa che prevede l’attivazione della Banca Dati Strutture Ricettive (BDSR).
A partire dal 2 novembre 2024, verranno applicate sanzioni per gli agriturismi con pernottamento che non abbiano richiesto e esposto il Codice Identificativo Nazionale (CIN). Il CIN è un codice univoco che identifica ogni struttura ricettiva turistica e ogni immobile destinato a locazioni brevi o per finalità turistiche. Il suo utilizzo è obbligatorio per la promozione e la pubblicità delle offerte di ospitalità. Ogni struttura deve esporre visibilmente il CIN e inserirlo in tutti gli annunci, sia online che offline. Per ottenere il CIN, i titolari o i gestori devono accedere al portale telematico del Ministero del Turismo e completare la procedura di registrazione per ricevere il codice. La gestione del processo è affidata alla BDSR già operativa dal 28 agosto 2024.
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