Coldiretti Pistoia metterà attorno ad un tavolo gli attori coinvolti nell'operazione Vivai Sandro Bruschi/Giorgio Tesi Group. Questo incontro, per cui partiranno gli inviti nei prossimi giorni alle aziende agricole, intende fare chiarezza sui contenuti dell'accordo, che, secondo Simone Ciampoli, direttore Coldiretti Pistoia, sono stati in parte strumentalmente travisati.
Un incontro che, secondo Coldiretti, servirà a fare chiarezza e a valutare, nell'ambito dell'accordo sottoscritto, possibili rimedi ai problemi che comunque rimangono aperti. Nei prossimi giorni partiranno gli inviti per le aziende agricole, che potranno confrontarsi direttamente, ed in un contesto fattivo, con i rappresentanti di Giorgio Tesi Group e Vivai Sandro Bruschi.
«L'incontro servirà a chiarire i contenuti dell'accordo che abbiamo l'impressione siano stati in parte strumentalmente travisati -commenta Simone Ciampoli, direttore di Coldiretti Pistoia-. Partendo dalla continuità produttiva di lavoratori, terreni e strutture, che non era per niente scontata, abbiamo deciso di mettere attorno al tavolo le aziende coinvolte, anche perché verifichino direttamente, senza interessate intermediazioni varie, percorsi per dare soddisfazione a chi si è trovato a fare i conti con l'inadempimento da parte di Vivai Sandro Bruschi».
«Polemiche strumentali a parte, la realtà è semplice: la crisi dei Vivai Sandro Bruschi va avanti da anni ed ha tante cause, che hanno coinvolto aziende fornitrici e sistema bancario. Una spada di Damocle che in molti casi ha tarpato le ali al pieno rilancio del nostro vivaismo -conclude Ciampoli-. Il nostro auspicio è che l'incontro che convocheremo sia embrione della nuova fase che necessariamente il nostro vivaismo si appresta a vivere».
Il 28 Settembre 2016 sono state approvate dall'Organismo Tecnico Scientifico le procedure di adesione, gestione e controllo del SQNPI e le relative Linee Guida Nazionali per la redazione dei disciplinari regionali di produzione integrata e dei relativi piani di controllo riferiti all'anno di produzione 2017.
Per produzione integrata si intende quel «sistema di produzione agro-alimentare che utilizza tutti i metodi e mezzi produttivi e di difesa dalle avversità delle produzioni agricole, volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici» così leggiamo nelle Linee Guida Nazionali.
Poter attestare l'utilizzo sulle produzioni della soluzione integrata è di grande importanza e rappresenta un grande vantaggio competitivo rispetto a coloro che usano i sistemi tradizionali. «Al fine di coniugare tecniche produttive compatibili con la tutela dell’ambiente naturale con le esigenze tecnico-economiche dei moderni sistemi produttivi e di innalzare il livello di salvaguardia della salute degli operatori e dei consumatori, si definiscono i criteri generali in materia di tecniche agronomiche, come base di riferimento per la predisposizione dei disciplinari regionali e i relativi piani di controllo».
Il campo di applicazione comprende le fasi agronomiche che vanno dalla coltivazione fino alla raccolta delle colture che si intendono assoggettare al metodo di produzione integrata. Si integrano i Principi e criteri generali relativi alla difesa e al controllo delle infestanti al fine della definizione delle rispettive Linee guida. In conformità con questi documenti le Regioni e Province autonome predispongono i Disciplinari di produzione integrata attenendosi ai presenti Principi e criteri e alle ulteriori Linee Guida relative alla fase agronomica.
È on-line un manuale relativo a buone pratiche per l’uso sostenibile degli agrofarmaci in serra, curato da Syngenta con il supporto tecnico del CeRSAA di Albenga (SV). Scopo del lavoro è quello di condividere con tecnici, consulenti, agricoltori e distributori specifiche linee guida che indirizzino le aziende agricole verso un processo di miglioramento continuo delle scelte e delle pratiche operative.
Numerosi studi condotti a livello europeo su orticoltura e floricoltura in ambiente protetto hanno evidenziato diversi punti critici e carenze nella gestione dei prodotti fitosanitari che riguardano sia aspetti strutturali, sia comportamentali. L’eterogeneità delle colture, delle zone di produzione e conseguentemente degli ambienti di lavoro (tipologie di apprestamenti protettivi), nonché l’impiego di strumentazioni spesso assemblate o più semplicemente adattate in loco (attrezzature per la distribuzione) e la mancanza in fase progettuale di appositi spazi nelle serre per l’effettuazione delle operazioni di pre- e post- trattamento determinano condizioni non sempre adeguate per la sicurezza dell’operatore e dell’ambiente.
Scopo del lavoro è, pertanto, quello di condividere con tecnici, consulenti, agricoltori e distributori specifiche “Linee guida” che indirizzino le aziende agricole verso un processo di miglioramento continuo delle scelte e delle pratiche operative, partendo da quelle che possono determinare maggiori rischi per la salute umana e per l’ambiente.
Le 6 fasi su cui si sviluppano le linee guida sono: acquisto e trasporto; stoccaggio; pianificazione trattamento e preparazione miscela; trasferimento in campo; esecuzione trattamento; operazioni successive al trattamento.
Cia sul caso Bruschi: «siamo i soli a difendere i creditori, ma è la spia di un rischio sistemico del vivaismo pistoiese che non può essere ignorato». Sono due i tipi di risposte per Cia: una soluzione specifica al problema dei vivaisti creditori di Bruschi e una politica distrettuale che affronti la questione del sistema dei pagamenti dei fornitori. Sandro Orlandini (presidente Cia Pistoia): «se la risoluzione dei problemi di un’azienda di medie dimensioni dovesse significare la chiusura di altre più piccole sane e incolpevoli, con la conseguente epidemia di sfiducia fra i fornitori, il vivaismo pistoiese sarebbe a rischio di sopravvivenza».
«Come Cia Pistoia siamo aperti ad aiutare tutti i fornitori che vantano crediti con il vivaio Sandro Bruschi che avessero bisogno di essere tutelati, anche perché per ora siamo l’unica associazione di categoria disponibile ad interessarsi della drammatica vicenda. A tal fine abbiamo deciso ieri insieme al Comitato dei vivaisti creditori di Sandro Bruschi - di cui fanno parte alcuni agricoltori di altre associazioni di categoria, a cominciare dal portavoce Paolo Chiti di Coldiretti (da non confondere con Roberto Chiti della Cia di Pistoia) - di creare un coordinamento di forze e avvocati per muoverci insieme in tutte le azioni che saranno ritenute necessarie per tentare di recuperare i crediti vantati nei confronti del vivaio Bruschi» così Cia nel suo comunicato stampa di oggi.
In parallelo, ma questa volta in qualità di associazione di categoria e senza coinvolgimento del Comitato creditori, Cia Pistoia fa più in generale appello al Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia, alle altre associazioni di categoria agricole e alle istituzioni tutte ad incontrarsi per affrontare insieme una volta per tutte la questione dei sistemi di pagamento dei fornitori da parte delle aziende vivaistiche più grandi. «Non è questo il momento adatto per rivoluzioni o cambiamenti improvvisi e per riesumare acriticamente all’improvviso l’art. 62 che disciplinava le cessioni di prodotti lungo la filiera agricola imponendo fra l’altro pagamenti a 60 giorni. Ma due cose vanno dette: a) se si fossero adottate allora regole in quella direzione, sia pure più moderate e sostenibili per tutti, ora non ci saremmo forse trovati di fronte a livelli di indebitamento così alti come pare essere quello del vivaio Bruschi; b) il sistema di pagamento attuale, con ritardi anche di due anni, non può andare avanti così, quindi bisogna elaborare una via di uscita, graduale quanto si vuole, e magari programmata per entrare a pieno regime fra tot anni, ma che abbia come punto di approdo finale nuove modalità di pagamento e relazioni più sane fra piccoli fornitori e grandi aziende, come è nella natura stessa del distretto come modello economico.»
Sono le due linee di azione, una specifica sul caso dell’accordo Bruschi – Tesi che ha portato alle reazioni dei creditori di Bruschi e l’altra sul terreno delle politiche economiche di settore, decise fra ieri ed oggi da Cia Pistoia e in particolare dal Gruppo vivaisti, in seguito alla riunione tenutasi ieri sera nella sede di via Fermi, a cui hanno partecipato anche diversi esponenti di spicco del Comitato vivaisti creditori del vivaio Bruschi. Durante l’incontro sono state condivise le informazioni disponibili ai vari creditori intervenuti e sono state ipotizzati vari scenari, ma è stato deciso di rimandare indicazioni precise sul da farsi al momento in cui si potranno leggere tutte le carte dell’accordo contrattuale Bruschi – Tesi, compresi gli allegati. Altre informazioni e novità saranno verificate ed esaminate nei prossimi giorni. Ma su una cosa si sono trovati tutti d’accordo: la necessità di muoversi coordinandosi per avere più peso. Molti dei partecipanti hanno poi testimoniato, anche con esempi ed aneddoti, la lentezza dei pagamenti in ambito distrettuale, con ritardi anche di due anni divenuti quasi normalità.
«Se la risoluzione dei problemi di un’azienda di medie dimensioni – dichiara Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia - dovesse significare la chiusura di altre più piccole, ma sane e incolpevoli, con la conseguente epidemia di sfiducia fra i fornitori, il vivaismo pistoiese sarebbe a rischio di sopravvivenza. Quindi staremo al fianco dei fornitori che rischiano di essere messi in ginocchio, anche nell’interesse generale del settore vivaistico, perché una crisi creditizia di queste proporzioni non si era mai vista. E aiuteremo non solo i vivaisti creditori di Cia, che assieme dovrebbero assommare, adesso lo possiamo dire con più sicurezza, circa 2 milioni di euro di crediti con Bruschi, ma tutti coloro che ce lo chiederanno. Con particolare riguardo per quelli esposti per centinaia di migliaia di euro e che rischiano di fallire».
Roberto Chiti, coordinatore del Gie florovivaisti sia locale sia nazionale, che durante l’incontro di ieri aveva riferito la solidarietà e disponibilità del presidente nazionale di Cia Dino Scanavino a intervenire a sostegno dei fornitori coinvolti, annuncia: «già domani al Comitato del distretto vivaistico ornamentale ci faremo sentire ed esigerò delle risposte, in assenza delle quali il distretto perderebbe la sua ragion d’essere: se non si occupa di queste cose, a cosa serve? Qui in ballo c’è anche una questione di giustizia verso di chi deve essere tutelato».
Cia-Agricoltori Italiani: «guardiamo con interesse a strumenti di questo tipo, partecipazione ed entusiasmo i trainer fondamentali per il conseguimento degli obiettivi economici e per lo sviluppo delle attività». La prima esperienza nazionale del genere è di “Agricoltura Capodarco” di Grottaferrata, in provincia di Roma, che emetterà azioni di partecipazione cooperativa per un valore di 200 mila euro.
Investire in titoli di una cooperativa agricola sociale che produce cibo, ma opera anche nella multifunzionalità, “guadagnandoci” e non solo materialmente: ora è possibile. Lo strumento è l’Apc, ovvero le Azioni di partecipazione cooperativa, che tradotto significa proporre a soci, dipendenti e soggetti terzi di partecipare finanziariamente allo sviluppo dei progetti della cooperativa riconoscendo loro un interesse di remunerazione. A spiegare questa importante novità è la Cia-Agricoltori Italiani che ieri, nella sua sede nazionale di Roma, ha illustrato questo strumento che potrebbe rivelarsi una vera svolta per lo sviluppo dell’agricoltura sociale.
«L’agricoltura sociale -sottolinea Cinzia Pagni vicepresidente nazionale della Cia e componente del Forum Nazionale per l’Agricoltura sociale- è una straordinaria realtà del settore in Italia. I progetti portati avanti sono più di 1.000. In molti casi l’agricoltura sociale dimostra di arrivare, nel concreto, dove altre esperienze faticano. Il rapporto tra terra e integrazione, tra agricoltura e persone in difficoltà, genera buoni frutti. Per questo accogliamo con entusiasmo lo strumento delle Apc e gli sforzi che in tale direzione stanno portando avanti i nostri associati di Agricoltura Capodarco». «Sono convinto -ha aggiunto il presidente nazionale della CiaDino Scanavino- che la risposta della rete sarà positiva. Del resto la partecipazione e l’entusiasmo sono cardini della buona riuscita di ogni impresa, tanto più quelle legate al sociale e alla produttività agricola e di servizi».
A fare da apripista, con l’imminente varo delle Apc, è “Agricoltura Capodarco”, cooperativa attiva da anni nell’universo dell’agricoltura sociale e divenuta un punto di riferimento virtuoso per chi ha unito alla produzione agricola l’impegno verso le persone. Riuscendo in quel processo d’integrazione con chi vive difficoltà di diversa natura (disabili, tossicodipendenti, anziani, immigrati etc.) conducendoli a una realtà produttiva. La cooperativa, che origina da un’esperienza che risale al 1978, si è particolarmente affermata nella produzione e distribuzione di vino e adesso, attraverso l’Apc, mira alla realizzazione di un “Agri-ristoro” e un “laboratorio di trasformazione alimentare” che coinvolgeranno 15 persone, di cui 10 disabili, oltre ad alcuni giovani disoccupati e lavoratori saltuari. La vendita, in pacchetti minimi da 4 quote (azioni) dal valore di 2.000 euro, interesserà 400 titoli per un ammontare complessivo di 200 mila euro. Ampie le garanzie per gli investitori che potranno essere sia persone fisiche che soggetti con forme giuridiche diverse.