Non più solo un evento che segna un momento particolare e bellissimo delle nostre vite, ma una vera e propria industria che parte dal wedding planning fino ad arrivare al turismo. Un settore che nel 2015 in Italia, solo per la parte turismo, ha registrato 380 milioni di euro di fatturato e i cui margini sono destinati ad aumentare.
Il matrimonio è oggi un'occasione complessa, che può essere definita anche come prodotto alla cui creazione contribuiscono più competenze e professionalità. Ciascuno degli aspetti del settore wedding richiede infatti specifiche conoscenze, che devono interfacciarsi e mescolarsi fra di loro per la buona riuscita del giorno più importante degli sposi.
Questo settore ha registrato nel 2015 380 milioni di euro di fatturato per circa 7 mila eventi, che sono stati capaci di portare più di 330 mila arrivi e 1,1 milioni di presenze (dati del wedding tourism in Italia, secondo un'indagine del Centro Studi Turistici di Firenze). Una parte di mercato i cui margini di crescita sono destinati ad aumentare grazie anche al paesaggio e al patrimonio storico-artistico di cui l'Italia può far vanto in tutto il mondo.
Gli elementi progettuali, estetici e organizzativi del wedding devono rispondere con precisione ai target degli sposi e dei loro invitati: una creatività su misura. Nel wedding esistono infatti oggi due discipline ben specifiche al lavoro: il wedding planning, che si occupa di definire organizzazione e pianificazione del matrimonio; e il wedding design che, invece, definisce allestimento, elementi estetici e, più in generale, visivi.
Anche il fiorista è una figura determinante per la buona riuscita del matrimonio: le sue competenze possono integrarsi a quelle già presenti, ma egli può diventare in prima persona wedding planner. Dopo un'accurata formazione in organizzazione di eventi, marketing, comunicazione, amministrazione, commerciale e dopo aver ottenuto una buona padronanza delle lingue, il fiorista può reinventarsi in un mondo in continua crescita che gli offre numerose opportunità e stimoli.
A soddisfare il sogno degli sposi servono così scelte ben precise di gestione di spazi, tempi e modi e più figure professionali contribuiscono a dare vita al settore wedding con originalità e serietà.
Carmazzi conferma le sue dimissioni da presidente del Distretto Floricolo Interprovinciale di Lucca e Pistoia, lamentando il campanilismo, la mancanza di risorse e la politica della "doppia rappresentanza". Per il futuro Carmazzi ammonisce: si puà sviluppare un'economia senza il mercato strutturale, ma non senza quello reale.
La politica delle due torri non fa crescere meglio i fiori del Distretto Floricolo Interprovinciale di Lucca e Pistoia: il campanilismo, insieme alla mancanza di risorse e alla politica della “doppia rappresentanza”, emergono come i problemi principali secondo Marco Carmazzi, presidente del Distretto interprovinciale.
Carmazzi fa così un’analisi di cosa ha funzionato e non, e di cosa occorrerebbe al Distretto per essere realmente uno strumento efficace. Carmazzi ha già annunciato all’Assessore Regionale all’Agricoltura, Marco Remaschi, che intende lasciare dopo cinque anni di Presidenza: «La mia esperienza finisce qui. – anticipa Carmazzi – Il mio impegno è ora quello di convocare il Comitato di Distretto per iniziare il nuovo percorso che dovrà convocare l'assemblea costituente del nuovo distretto, ma solo dopo l'approvazione della proposta di Legge sui Distretti da parte della Giunta Regionale e del Consiglio».
Carmazzi difende i risultati ottenuti in questi ultimi tre anni con tutta una serie di azioni che spaziano dall’aver modificato (ed invertito) il processo di autoreferenzialità del mondo scientifico partendo dalle esigenze delle aziende, alla promozione con un programma di coordinamento, passando per le energie alternative con le agevolazioni per gli investimenti green e le misure del Piano Sviluppo Rurale sul florovivaismo, settore mai menzionato prima di allora. Ed ancora la formazione e numerose convenzioni per agevolare l’attività, la realizzazione dello Studio Lucense 2012 che ha portato alla proposta di un progetto di fattibilità per la risoluzione del problema trentennale delle due strutture mercatale e molto altro ancora.
«Se vogliamo far funzionare il Distretto – spiega – il prossimo Comitato dovrà avere la capacità di mettere da parte i campanilismi e di lavorare nell’esclusivo interesse dei territorio senza limitazioni di confine. Viareggio, dove è concentrata la produzione floricola e Pescia, che ha una connotazione commerciale, devono trovare il modo di convivere evitando primati ed autoreferenzialismo. Ma non è l’unica problematica per far funzionare il distretto: sono mancate anche le risorse per attuare pienamente il mandato così come la permanenza nel Distretto delle due province, rappresentate all’interno del comitato, non ha certo aiutato dopo il loro nuovo assetto istituzionale. Il Distretto, e di questo dobbiamo esserne tutti coscienti, a partire dalla politica e dagli enti locali, non è mai stato considerato come il luogo deputato alla concertazione territoriale».
E sul prossimo futuro Carmazzi ha le idee molto chiare: «Alla luce della nuova proposta di legge sui Distretti Rurali, considerato la situazione economica e la mancanza di risorse da parte degli Enti Pubblici, il Distretto dovrà tenere bene presente il fatto che senza produzione di piante e fiori, che deve restare centrale, non può esserci mercato. Si può sviluppare un'economia senza il mercato strutturale – ammonisce - ma non si può fare a meno del mercato reale». E sulle imprese e le istituzioni: «il Distretto dovrà saper stimolare la competitività delle imprese favorendo un cambio culturale della loro gestione. Servono risorse anche private continuare ad investire in tutta la filiera. Resto convinto del fatto che sia indispensabile la partecipazione delle rappresentanze delle imprese, le organizzazioni professionali, le cooperative e gli Enti Pubblici. In assenza della loro partecipazione non potrà mai essere una vera concertazione».
Presso il dipartimento di Scienze delle produzioni Vegetali sostenibili dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza è stato messo a punto un sistema di lotta alternativo nei confronti delle aflatossine, le micotossine che contaminano in campo mais e altri cereali, ma non solo.
Le aflatossine sono micotossine prodotte da certe specie di funghi fitopatogeni - in modo particolare da Aspergillus flavus - che contaminano in campo mais e altri cereali, nonché spezie e frutta secca, ma che si possono poi ritrovare all’interno di prodotti quali latte e suoi derivati.
Fra le 500 micotossine conosciute, quella con i peggiori effetti sulla salute è proprio l’Aflatossina B1, classificata dall’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro come agente cancerogeno per l’uomo. Il sistema di lotta innovativo si basa sull’impiego di un ceppo particolare di A. flavus che non produce aflatossine e che viene diffuso nell’ambiente di coltivazione andando a occupare le cosiddette nicchie ecologiche prima del ceppo micotossigeno, in questo modo sostituendosi ad esso ed impedendone lo sviluppo.
La sperimentazione in campo è iniziata nel 2013 e l’anno scorso gli agricoltori hanno già potuto distribuire su una superficie di 15000 ha, grazie ad un’autorizzazione temporanea di impiego, il ceppo “innocuo” di A. flavus. I risultati sono assolutamente promettenti: la riduzione della contaminazione media da aflatossina è risultata pari al 90%.
Dopo i rialzi di inizio anno, causati dalle forti ondate di maltempo con neve e gelo, i mercati all'ingrosso segnalano quotazioni in graduale discesa. Si è toccato l'aumento più alto in vent'anni di serie storiche Istat, ma già da aprile i prezzi dovrebbero rientrare nella norma.
Le segnalazioni che vengono dai principali mercati all'ingrosso del Sud e Centro Italia, ovvero quelli di Sicilia, Puglia, Lazio indicano una graduale discesa dei prezzi per tutti gli ortaggi a foglia, dalle lattughe ai radicchi, per le zucchine e per le differenti varietà di cavolo, broccoli e finocchi.
A causa delle forti ondate di maltempo, con neve e gelo, in gennaio la produzione di ortaggi e frutta aveva registrato cali produttivi nell'ordine del 30/40%. Questo aveva causato un limitato approvvigionamento dei centri distributivi all'ingrosso e dunque un innalzamento dei prezzi. I rincari di fine gennaio, registrati da Ismea, erano stati dell'ordine del 29% per i cavolfiori, del 33% per le lattughe e del 50% per i finocchi. Per le produzioni di serra si registrarono aumenti del 36% per le zucchine, del 17% per i pomodori e del 20% per i peperoni.
Oggi i numeri certificano il graduale rientro degli eccessi di gennaio, ma dimostrano anche, come sottolinea Coldiretti, come i coltivatori non riescano a usufruire degli aumenti lungo la catena della formazione del valore. Coldiretti ricorda che i rincari del 37,3% degli ortaggi freschi e del 9,4% per la frutta non riescono a coprire i danni causati da neve o gelo, stimati ormai in oltre 400 milioni.
Secondo i dati Istat i rincari del +37,3% segnano il record: l'aumento più alto mai registrato dai vegetali freschi in vent'anni di serie storiche Istat, iniziate a gennaio 1997. Gli analisti di settore rilevano che il quadro macroeconomico è ormai rientrato e già da aprile i prezzi rilevati da Istat per misurare l'inflazione dovrebbero essere nella norma. La volatilità stagionale rischia quindi di riavvicinare l'Italia allo spettro della deflazione, manifestatosi a fine 2016.
La Fiera Foodex di Tokyo (7-10 marzo 2017) è la più importante manifestazione fieristica agroalimentare del Giappone, nonché evento di grande richiamo commerciale e la principale iniziativa di diffusione e promozione dell’agroalimentare per tutta l’Area Asia Pacifico, con oltre 76.000 visitatori professionali e 3.200 espositori registrati nella scorsa edizione.
Il Giappone è il decimo Paese per destinazione dell’export eno-agroalimentare italiano e secondo Paese extra europeo dopo gli USA. Secondo i dati ISTAT, elaborati da ICE-Agenzia, nel periodo gennaio-novembre 2016, il Giappone ha importato dall'Italia prodotti agroalimentari (compreso bevande) in valori oltre 646 milioni di Euro, registrando un incremento dell'1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (gennaio-novembre 2015) quando si è registrato lo 0,1% rispetto al periodo precedente (2014).
Secondo i dati GTI (elaborati da ICE-Agenzia), sempre per i prodotti agroalimentari, nel settembre 2016 l'Italia ha raggiunto una quota di mercato del 2,1%, che la pone al 3^ posto tra i paesi europei, dopo la Francia (3,5) e la Spagna (2,2).
Nell'edizione 2017, la Collettiva Italiana alla FOODEX sarà organizzata su un’area di 1.540 mq. ed ospiterà oltre 90 aziende nazionali, configurandosi come la più grande collettiva straniera dell’intera manifestazione. All’interno del Padiglione italiano sarà inoltre attivo un Centro Servizi, in un’area di circa 40 mq., per accogliere ed orientare i visitatori stranieri, fornire assistenza agli espositori italiani e realizzare attività promozionali collaterali che consisteranno in attività di "show cooking" dei principali prodotti Made in Italy delle aziende italiane presenti in fiera.
Inoltre, nell'ambito di una convenzione ICE - Agenzia ed il Ministero dello Sviluppo Economico, finalizzata alla promozione del biologico italiano all'estero, l'8 marzo sarà organizzato, in collaborazione con Federbio (la Federazione di organizzazioni operanti in tutta la filiera dell'agricoltura biologica e biodinamica di rilevanza nazionale) all'interno della FOODEX, presso la Sala 303 presso la Convention Hall, un evento di promozione dei prodotti biologici delle aziende italiane presenti.
Per qualsiasi informazione contattare:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..