Ispirazioni
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- Scritto da Andrea Vitali
Da un succo di mele tradizionali nasce un esempio europeo di filiera agricola corta, sostenibile e capace di far vivere i contadini.
In Franconia, una regione collinare della Baviera, si sono accorti che a furia di tagliare alberi si perdono anche storie, sapori, biodiversità. Dal 1960 a oggi, là si è perso il 70% dei meleti. Il paesaggio è cambiato. Ma anche la vita dei contadini. Così, nel 2006, è nata una risposta silenziosa e concreta: un gruppo di agricoltori, ristoratori e amministratori ha deciso di fare quello che un tempo veniva naturale — raccogliere le mele del posto e trasformarle in qualcosa che valesse la pena bere, pagare, tramandare. È nato il progetto “Hesselberger”, un marchio locale per succhi e bevande da varietà tradizionali.
Non una moda, non un’etichetta bio da supermercato. Ma un patto territoriale. Le mele sono locali, i pagamenti sopra la media del mercato. I rivenditori? Più di 170, tutti in zona. Così si tagliano i trasporti, si rafforzano le relazioni, si rende la filiera più giusta. E il paesaggio torna a vivere: i meleti vengono mantenuti e ripiantati, gli impollinatori tornano, il suolo si rigenera, il carbonio si fissa. Il tutto sotto la regia della Allfra Regionalmarkt Franken GmbH, che coordina la filiera senza sovrastrutture.
Un esempio piccolo, ma con una visione grande: agricoltura come custodia, come progetto di futuro. “Raccogliamo i frutti dei nostri nonni mentre piantiamo per i nostri nipoti”, dice uno dei protagonisti. E la lezione vale anche per noi: in un’Italia che ha bisogno di reddito agricolo, tutela del paesaggio e rispetto per l’ambiente, guardare alle mele della Franconia può diventare un esercizio utile. Per capire che a volte, per cambiare strada, basta tornare all’albero giusto.
Andrea Vitali
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Nel solstizio estivo lituano la festa di Rasos unisce riti antichi e arte contemporanea: fuochi, simboli baltici e intrecci vegetali come quelli di Gintvilė Giedraitienė.

Nella notte più corta dell’anno, i popoli baltici celebrano Rasos, conosciuta anche come Joninės o Kupolės: una festa arcaica e profondamente connessa alla natura, che coincide con il solstizio d’estate. In questo momento in cui il Sole raggiunge il suo apice, fuoco e simboli assumono un ruolo centrale.
I Lituani accendono fuochi che rischiarano la notte, convinti che la loro luce porti protezione e benedizioni per l’intero anno. Tutto ciò che verrà illuminato – case, orti, alberi, animali – riceverà energia e fortuna.
Protagoniste visive della celebrazione sono le stebulės, alte strutture in legno ornate di ornamenti geometrici baltici: rappresentano il cammino del Sole e vengono bruciate come rito propiziatorio.
Ma Rasos non è solo tradizione: l’artista di Kaunas Gintvilė Giedraitienė rinnova questi simboli creando installazioni effimere composte da erbe selvatiche raccolte a mano nei campi e nei boschi. I suoi intrecci vegetali – fatti di carici, campanule, achillea, lino, muschio e bacche – evocano forme ancestrali: cerchi, uccelli, lune, raggi solari.
Giedraitienė spiega che questi simboli hanno un codice sacro, tramandato nei secoli, che parla direttamente all’inconscio umano. Ogni intreccio è un gesto meditativo, un atto di connessione con la terra. Anche in città, dice, “si possono trovare piante che parlano”, persino nei pressi dei forti di Kaunas.
Tra le fiamme di Rasos e le corone di fiori tessute a mano, si celebra il ritorno alla natura, la continuità della cultura e il potere delle piante di raccontare chi siamo.
Questi simboli e riti arcaici continuano a ispirare anche l’arte contemporanea. Ne è esempio l’artista britannica Holland Otik, che crea maschere ceramiche e figure simboliche ispirate ai rituali di guarigione e alle pratiche magiche tradizionali. Le sue opere, come quelle di Gintvilė Giedraitienė, dimostrano come le forme vegetali e i gesti ancestrali possano ancora oggi trasmettere senso, memoria e trasformazione personale.
AnneClaire Budin
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Il 7 e 8 giugno, giardini storici e contemporanei di tutta Italia aprono le porte per l’ottava edizione di “Appuntamento in Giardino”, iniziativa italiana ispirata ai Rendez-vous aux jardins europei. Tema 2025: “Giardini di pietra, pietre del giardino”.

Anche quest’anno, in perfetta sintonia con l’omologa iniziativa francese Rendez-vous aux jardins, che si svolgerà in contemporanea in oltre 20 Paesi europei, l’Italia partecipa alla grande festa dei giardini con “Appuntamento in Giardino”, promossa da APGI - Associazione Parchi e Giardini d’Italia con il sostegno di Ales Spa. L’evento, giunto alla sua ottava edizione, si terrà sabato 7 e domenica 8 giugno 2025, coinvolgendo numerosi parchi e giardini pubblici e privati lungo tutta la penisola.
La manifestazione nasce nel 2018 proprio dal progetto europeo, voluto dal Ministero della Cultura francese per valorizzare il patrimonio verde e creare un appuntamento annuale capace di rafforzare la rete dei giardini d’eccellenza in Europa. In Italia, l’APGI ha raccolto questo spirito, proponendo un evento che oggi rappresenta un’importante occasione per scoprire la straordinaria ricchezza storico-artistica e botanica dei nostri spazi verdi.
Il tema dell’edizione 2025, “Giardini di pietra, pietre del giardino”, offre uno spunto affascinante per esplorare il ruolo della pietra negli allestimenti paesaggistici: statue, fontane, ninfei, rovine, pavimentazioni in ciottoli, canalette per l’acqua e grotte, in un continuo dialogo con la vegetazione e l’acqua. L’intento è quello di sensibilizzare il pubblico sul valore estetico e simbolico di questi elementi minerali, che non solo arricchiscono lo spazio del giardino, ma ne costituiscono spesso l’impalcatura narrativa e funzionale.
Come sempre, l’adesione al tema non è vincolante, e il calendario prevede aperture straordinarie di giardini normalmente non accessibili, oltre a un ricco programma di visite guidate, incontri con giardinieri, botanici e paesaggisti, laboratori, esposizioni e attività per tutte le età. Novità di quest’anno: grazie all’accordo tra APGI e le principali associazioni di guide turistiche nazionali, i giardini partecipanti potranno avvalersi del supporto di guide specializzate per accompagnare i visitatori.
Appuntamento in Giardino rappresenta così un’opportunità unica per avvicinare il grande pubblico — sempre più attento alla sostenibilità e al valore culturale del verde — alla conoscenza e alla tutela di un patrimonio spesso fragile e misconosciuto: dai grandi giardini storici agli orti botanici, dai piccoli giardini privati ai progetti contemporanei.
Le iscrizioni per i giardini aderenti sono state prorogate fino al 18 maggio, mentre il programma aggiornato e l’elenco completo degli eventi saranno disponibili sul sito ufficiale della manifestazione: www.appuntamentoingiardino.it.
Un’occasione imperdibile per riscoprire il nostro “patrimonio culturale verde” e contribuire alla sua valorizzazione, in un ideale abbraccio europeo che quest’anno unisce ancor più natura, arte e cultura.
AnneClaire Budin
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Nel cuore della Cina, i giardini classici di Suzhou narrano un’armonia antica tra poesia, natura e architettura: modelli ideali per ripensare il verde ornamentale contemporaneo.

Se la bellezza può divenire paesaggio, Suzhou ne è una sintesi perfetta. Nota come “la città dei giardini”, situata nella provincia cinese dello Jiangsu, custodisce ancora oggi oltre 50 giardini classici, testimoni di una raffinata cultura del paesaggio che si è sviluppata dal VI secolo a.C. fino al tardo impero Qing. Queste composizioni vegetali, riconosciute Patrimonio UNESCO, sono modelli esemplari di un’arte vivaistica che fonde natura, letteratura e architettura, dove ogni elemento - acqua, roccia, padiglioni, ponti e vegetazione - diviene parte di una narrazione poetica.
Il più celebre, il Giardino dell’Amministratore Umile, è una tela viva firmata dal pittore e calligrafo Wen Zhengming: tre sezioni che articolano un’ode silenziosa alla semplicità e al ritmo lento della contemplazione. In appena otto acri, il Giardino del Maestro delle Reti incarna la filosofia “less is more”, una miniatura di mondo che dialoga con i principi della sostenibilità e del paesaggio interiore. Il Giardino del Leone, con le sue formazioni rocciose zoomorfe, invita a un’interpretazione spirituale dello spazio, mentre il Padiglione Canglang, il più antico, evoca l’essenza dell’eredità culturale cinese.
Per chi progetta spazi verdi contemporanei, questi giardini non sono solo testimonianze storiche, ma paradigmi di un modo diverso di intendere il verde urbano: non più funzione e ornamento, ma metafora e filosofia. Inseriti nel tessuto urbano e concepiti per essere fruiti come quadri viventi in movimento, offrono ispirazioni anche per i nostri giardini privati, pubblici o terapeutici, riportando al centro la relazione fra uomo e natura.
Nel florovivaismo italiano, dove la cultura del paesaggio è ricca ma spesso disgiunta dall'elemento spirituale, Suzhou offre un ponte. Un invito a ricostruire spazi verdi che non siano solo belli, ma capaci di parlare e far riflettere.
AnneClaire Budin
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Alla Biennale Architettura 2025, Bas Smets presenta “Building Biospheres”: un laboratorio vivente dove le piante regolano microclimi, immaginando edifici autonomi e sostenibili.


Nell’incanto acquatico della Serenissima, la 19ª Biennale di Architettura di Venezia, aperta dal 10 maggio al 23 novembre 2025, accoglie tra i suoi Giardini un padiglione che si distingue per una visione radicale dell’abitare. È il Padiglione del Belgio, affidato al paesaggista di fama internazionale Bas Smets, che insieme al neurobiologo Stefano Mancuso, presenta l’installazione “Building Biospheres”. Un vero e proprio prototipo di biosfera vegetale, in cui oltre 400 piante subtropicali convivono con l’architettura per dar vita a un microclima artificiale controllato.
Il progetto, curato dall’Istituto fiammingo di architettura, esplora l’intelligenza naturale delle piante come matrice per costruire ambienti più sani e resilienti. Il padiglione è concepito come un organismo vivente in simbiosi con i suoi abitanti: la vegetazione, selezionata per la sua capacità di adattamento e rigenerazione, viene monitorata in tempo reale da sensori che regolano luce, irrigazione e ventilazione. È la pianta stessa che attiva i sistemi: se ha sete, arriva l’acqua; se ha bisogno di luce, si accendono i LED.
Smets, che ha già sperimentato simili concetti in progetti urbani in Francia e Belgio, punta qui a una nuova architettura bio-sensibile. Il padiglione diventa un laboratorio di ricerca applicata per dimostrare che è possibile progettare edifici non solo a misura d’uomo, ma co-abitati dalle piante, dove le esigenze vegetali modellano gli spazi.
Il cuore del progetto è la relazione dinamica tra architettura e natura, pensata non più in opposizione, ma in cooperazione. Il visitatore entra in un ecosistema in miniatura dove i confini tra tecnologia e biologia sfumano, lasciando spazio a una visione olistica dell’ambiente costruito. L’ambizione di Smets è quella di far evolvere il concetto di città: non più solo un mosaico di cemento, ma un tessuto vivente, capace di auto-regolarsi grazie alla sapienza ancestrale delle piante.
“Building Biospheres” rappresenta dunque una pietra miliare per architetti, paesaggisti e vivaisti: suggerisce che il futuro del costruito potrebbe essere non solo verde, ma anche intelligente e cooperativo, nel rispetto dei ritmi della natura e delle necessità climatiche del nostro tempo. Un’ispirazione potente per ripensare i paradigmi dell’architettura ambientale e urbana.
AnneClaire Budin