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Sandro Orlandini, presidente di Cia – Agricoltori Italiani Toscana Centro (Firenze – Pistoia – Prato), favorevole alla proposta avanzata ieri in un incontro a Pistoia. Un marchio di distretto darebbe più valore alle piante prodotte nella patria del vivaismo ornamentale. Da valutare bene l’esatta tipologia di marchio anche in relazione a come verrà attuato in Italia il Regolamento Ue 2016/2031 per la protezione delle piante da organismi nocivi.

«Sono decisamente favorevole all’idea di dare vita a un marchio delle piante del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia. Consentirebbe ai nostri vivaisti di valorizzare meglio la qualità delle loro produzioni e il patrimonio delle loro competenze».
A dichiarare il suo sì a tale proposta, avanzata nell’ambito dell’iniziativa “Vivaismo, la fabbrica del verde” organizzata ieri dal Tirreno, è il presidente di Cia – Agricoltori Italiani Toscana Centro (Firenze – Pistoia – Prato), Sandro Orlandini, che ha presenziato all’incontro all’Antico Palazzo dei Vescovi di Pistoia.
«Non sono d’accordo con il collega Fabrizio Tesi, presidente di Coldiretti Pistoia, sul fatto che un marchio di distretto non sia realizzabile perché presupporrebbe un prodotto standardizzato che ancora non c’è. Dipende dal tipo di marchio e dal disciplinare che si definisce. Ad esempio, si potrebbe pensare, ma circoscrivendolo al solo distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, a un marchio d’origine di prodotto simile a quello dell’Associazione nazionale Piante e fiori d’Italia (espressione delle camere di commercio) (vedi nostro servizio), che certifichi in buona sostanza nel nostro caso la provenienza pistoiese delle piante e ovviamente il rispetto di tutte le norme e regole di settore vigenti sul nostro territorio (normativa italiana, toscana e regolamenti locali). Il marchio Piante e fiori d’Italia, nonostante i desideri del presidente dell’associazione Cristiano Genovali di proporlo come marchio inclusivo di tutte le tipologie di piante e fiori che sono prodotti in Italia, è stato ignorato finora dai vivaisti ornamentali di Pistoia, quanto meno fra quelli aderenti a Cia Toscana Centro, perché non è vero che in tutto il territorio nazionale siano garantiti quegli stessi livelli qualitativi raggiunti nell’ambito del Distretto vivaistico pistoiese e ai nostri vivaisti non converrebbe essere confusi con gli altri. In conclusione, il livello nazionale è sbagliato per un marchio in questo comparto e comunque non conviene ai vivai del nostro distretto, ma l’idea del marchio d’origine di prodotto legata al solo territorio del distretto pistoiese potrebbe funzionare».
«Preferisco comunque non sbilanciarmi ancora – aggiunge Sandro Orlandini – sull’esatta tipologia di marchio da adottare per il distretto vivaistico di Pistoia, sia perché ne dobbiamo ancora discutere con il Gruppo dei vivaisti di Cia, presieduto da Roberto Chiti, sia perché ci sono altre considerazioni di cui tenere conto e altri nodi da sciogliere. Ad esempio, come suggerito recentemente anche dal nostro presidente nazionale Dino Scanavino, che per inciso è un vivaista, la cosa più importante, alla luce delle emergenze fitosanitarie degli ultimi anni, è offrire garanzie su questo fronte e quindi sarebbe molto utile un marchio teso a certificare la sicurezza fitosanitaria, a garantire cioè contro i rischi fitosanitari chi acquista le piante (vedi nostra intervista). E questo tipo di garanzie potrebbero essere giocate, forse, a livello nazionale, oppure in maniera più stringente e autonoma a livello distrettuale. Senza dimenticare che bisogna aspettare che vengano definite in Italia le norme attuative del Regolamento Ue 2016/2031 contenente le misure per la protezione delle piante da organismi nocivi, su cui stanno lavorando anche le associazioni dei vivaisti (vedi nostra intervista e nostro servizio). Insomma, è una partita complessa che richiede ancora alcuni passaggi e approfondimenti, ma l’obiettivo di arrivare a un marchio del distretto vivaistico pistoiese lo condivido pienamente. Direi che è indispensabile sia per dare più valore ai nostri prodotti che per facilitare una comunicazione del nostro distretto che lo renda più competitivo sui mercati internazionali».

Redazione

Dal 21 aprile al 6 maggio nei parchi e musei di Nervi si alza il velo su Euroflora 2018, un emozionante esposizione all’aperto di 86 mila mq di giardini, 5 km di sentieri, ville storiche e scenografie di piante e fiori sul golfo di Genova. Spicca la vetrina ligure di 2500 mq con 40 mila piante e la presentazione al grande pubblico della margherita Itala e dell’elleboro Francesco. Collettive anche di Piemonte, Valle d’Aosta e Campania, mentre per la Toscana segnalati il Mercato dei fiori di Pescia e Giorgio Tesi Group. Ospite d’onore l’expo dell’orto-florovivaismo Pechino 2019.

Sta per aprirsi lo spettacolo verde fiorito di Euroflora, l’esposizione internazionale del fiore e della pianta ornamentale, una delle più importanti floralies europee, la cui undicesima edizione si terrà di nuovo a Genova, dal 21 aprile al 6 maggio, ma per la prima volta all’aperto, nei parchi (e nei musei) di Nervi (vedi nostro primo articolo). Nell’occasione le produzioni e realizzazioni di oltre 250 tra florovivaisti, paesaggisti, maestri fioristi e decoratori floreali trasformeranno il volto del grande parco affacciato sul Mediterraneo, uno scrigno di tesori botanici e d’arte.
La visita di Euroflora, spiegano gli organizzatori, offrirà quest’anno molteplici livelli di lettura, frutto di un’analisi preventiva realizzata in sede di progettazione dal team di Egizia Gasparini, con la condivisione della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria. Prima di tutto il luogo: parchi in declivio sulla scogliera con esemplari straordinari, come l’araucaria Bidwillii originaria dell’Australia di oltre venticinque metri di altezza, i cui lavori di manutenzione sono stati effettuati in tempi record. Poi i tre Musei – Raccolte Frugone, Galleria d’Arte Moderna e Wolfsoniana – ricchi di tesori artistici. Da qui la necessità di vestire il parco di fiori e colori, di esaltare la corrispondenza tra arte e natura e la scelta di realizzare esclusivamente scenografie vegetali e installazioni artistiche nel rispetto dei parchi. Un lavoro delicato che ha avuto come protagonisti florovivaisti, giardinieri, paesaggisti, maestri fioristi, con la collaborazione straordinaria dei docenti e degli studenti dell’Istituto Agrario G.B. Marsano.
In oltre otto ettari di superficie dei parchi, sono stati sistemati milioni di fiori e piante originarie di ogni parte del mondo. Nei Musei e nei piccoli manufatti che si affacciano sul parco sono ospitate composizioni floreali e preziose collezioni di bonsai. Nella cappelletta adiacente alla Gam troveranno spazio le orchidee liguri; il “fienile”, allestito a cura dell’’Istituto Brignole, del Museo Diocesano e di Palazzo Reale, ospiterà incontri e laboratori; la serra storica sarà il cuore del basilico Dop. Ma la spettacolarità dell’evento sarà garantita, in particolare, dai sei grandi quadri che costelleranno il percorso di visita principale, quattro dei quali dedicati agli elementi naturali: fuoco, acqua, terra e aria. “Red Wave”, realizzato con il contributo di Basko, con lunghe fiamme di margherite rosse che arrivano a lambire la sommità del grande prato, il “Lago delle ninfee”, presentato da Fincantieri, ad accogliere il riflesso del paesaggio e del cielo, le contaminazioni tra arte e natura di “Germinazioni”, personalizzato Toyota, pareti di verde verticale che accompagnano in una sequenza di quinte vegetali “Capsica Red Light” di Giuseppe Carta, installazione scultorea di venti peperoncini rossi in bronzo e resina policroma, e del “Labirinto”, presentato grazie a Msc, un percorso di 200 metri di lunghezza, alto 180 centimetri, dove lo sguardo del visitatore si alzerà verso il “Bouquet de Coquelicots Suspendus” (Bouquet di papaveri sospesi) ideato dal costruttore di aquiloni Alain Micquiaux.
 
Il florovivaismo ligure in vetrina
In un’area di circa 2.500 mq saranno posate oltre 40 mila piante, mentre la cappelletta ospiterà le composizioni di orchidee coltivate in Liguria. Ad accogliere i visitatori all’ingresso dello spazio espositivo sei ulivi secolari di varietà taggiasca, simbolo del territorio e dell’agricoltura ligure. Alla base di ogni ulivo, vasi di margherite bianche – tra le produzioni di punta del comparto florovivaistico ligure da vaso -, nastri di fioriture colorate provenienti dalle coltivazioni liguri, le profumatissime aromatiche in vaso, invenzione dei produttori dell’area albenganese, esportate in tutto il Nord Europa a partire dai primi anni 2000. Nella Galleria di Arte Moderna le eccellenze della produzione ligure di fiore reciso: primi fra tutti i ranuncoli e gli anemoni, poi i papaveri, i girasoli e naturalmente garofani e rose produzione “storica” del vivaismo ligure, fino alle fronde verdi e fiorite per le quali la Liguria si distingue a livello internazionale per l’altissima qualità. Floral designer liguri di fama internazionale creeranno composizioni floreali che faranno da cornice alle opere d’arte esposte nel Museo. Il percorso ligure terminerà nel roseto, dove una serra storica sarà attrezzata per la coltivazione del basilico genovese DOP. Tra le attrattive della Liguria, ci saranno anche la margherita “Itala” e l’elleboro “Francesco”, frutto della ricerca varietale portata avanti dall’Istituto Regionale della Floricoltura, con sede a Sanremo, e sviluppata dalle aziende del territorio con la collaborazione delle cooperative commerciali. “Itala”, in onore di Italo Calvino, è una margherita adatta alla coltivazione in vaso con il fiore bianco, che ha da poco ottenuto la protezione comunitaria (Vedi la nostra intervista prima del debutto ufficiale e poi la notizia). “Francesco”, in onore di Papa Bergoglio, è invece un elleboro bianco presentato all’ultimo Festival di Sanremo, come fiore contro la violenza di genere. Per la prima volta il grande pubblico avrà la possibilità di ammirarli dal vivo a Euroflora.
 
Le partecipazioni italiane ed estere
Sono novanta le aree allestite a Euroflora, la superficie più grande è della collettiva della Regione Liguria, la più piccola di Bread & Roses. Accanto a presenze italiane storiche come il Piemonte, l’unica Regione, oltre alla Liguria, ad aver fatto il pieno di presenze dal 1966, alla Valle d’Aosta, alla Campania, al Mercato dei fiori di Pescia e ai Comuni di Genova, Roma e Sanremo, in primo piano alcuni dei nomi più celebri del florovivaismo italiano: tra questi i Vivai Porcellato, Giorgio Tesi Group, Castagno Vivai oltre ai più prestigiosi florovivaisti presenti all’interno della collettiva ANVE – Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori. Presenti anche il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Gruppo Giardini Botanici d’Italia e l’Università di Genova. Di grande valore naturalistico e didattico la presenza del Parco dell’Aveto e delle Miniere di Gambatesa e del Parco dell’Antola, a promuovere le specificità del territorio ligure ci saranno i Comuni di Camogli, Chiavari, Avegno. Borzonasca, Zoagli e Andora.  A “tifare” Euroflora anche Genoa e Sampdoria con due aiuole dedicate.
Tra le presenze straniere Taiwan con le orchidee di Joseph Wu, gli Stati Uniti, la Francia anche con le “gemelle” Floralies di Nantes, la Spagna con significative realtà produttive e la città di Murcia. Un’aiuola sarà firmata dall’intero Corpo consolare di Genova, in rappresentanza di 56 Paesi.
 
Ospite d’onore Pechino 2019
Ospite d’onore di Euroflora 2018 sarà Pechino 2019, l’esposizione internazionale di orticoltura, cui sarà dedicato uno spazio importante all’ingresso della manifestazione. Quella di Genova sarà la prima presentazione ufficiale in Italia.
 
I giardini di “Meraviglia nei Parchi”
Tredici i giardini selezionati dalla giuria di esperti nell’ambito del concorso “Meraviglia nei Parchi”, promosso in collaborazione con Aiapp, dieci per la categoria professionisti, tre per gli under 25. A questi se ne aggiungono quattro fuori concorso. Giocose, immaginifiche, concettuali, simboliche o geometriche, le realizzazioni andranno e coniugare l’architettura del paesaggio con la rappresentazione della natura circostante e si contraddistingueranno per l’uso di trasparenze. Il materiale ricorrente, ma mai predominante, sarà l’acciaio corten; lo spazio è lasciato al colore, al colore dei fiori. Alcune realizzazioni saranno più virate all’installazione di land art, per ottenere un effetto di stupore in contrasto con le piante secolari del parco.
 
EurofloraWeeks e iniziative del territorio
Le EurofloraWeeks propongono un calendario “petaloso” di eventi che coinvolgerà in modo accattivante genovesi, visitatori e turisti: la città sarà in continuo fermento con visite guidate e aperture straordinarie nei Musei e nei Palazzi dei Rolli, mostre a tema e concerti, manifestazioni e iniziative in ogni angolo. Tante proposte anche nei quartieri: rassegne jazz, happening di danza, animazioni per bambini oltre che degustazioni tipiche e promozioni commerciali. E la festa supera i confini della città, invade Bogliasco, Pieve, Sori, Recco, Avegno, Uscio, Camogli, Santa Margherita, Rapallo, Zoagli e Chiavari che hanno preparato per l’evento aiuole a tema, coinvolto negozianti e artigiani del territorio con il concorso “Città in fiore”.
 
L.S.

Coldiretti preoccupata per gli effetti del maltempo sul trasporto del polline delle api e sui livelli dei primi raccolti di stagione del miele, dopo un tragico 2017 con la produzione italiana di miele scesa sotto 10 milioni di kg. In Toscana si produce il 10% del prodotto nazionale per circa 16 milioni di euro (4700 gli apicoltori, una parte dei quali hobbisti).


Api che restano nelle arnie per la pioggia durante la fioritura senza riuscire a svolgere il prezioso lavoro di trasporto del polline da una pianta all’altra. Ma in forte ritardo è anche la produzione di miele con cali fino al 50% per i primi raccolti di stagione, a seconda delle zone.
Coldiretti lancia l’allarme sugli effetti sulle api del maltempo e delle piogge, che a marzo sono state addirittura superiori del 74% alla media, dopo che il gelo di inizio anno aveva causato la regressione dello sviluppo delle famiglie e ulteriori perdite di quelle già deboli e debilitate per via dalla siccità della scorsa estate.
La primavera instabile sta creando grossi problemi agli alveari in alcune aree del Paese, avverte Coldiretti, perché il maltempo ha compromesso le fioriture e le api non hanno avuto la possibilità di raccogliere il nettare e quindi non stanno riuscendo a produrre miele. E difficoltà si registrano anche per l’impollinazione delle piante da frutto, con la prevedibile conseguenza di una minore disponibilità di prodotto, senza una decisa inversione di tendenza.
Tutto ciò rischia di aggravare una situazione già difficile, «dopo che la produzione di miele nel 2017 si è ridotta a meno di 10 milioni di chili – spiega Coldiretti -, uno dei risultati peggiori della storia dell’apicoltura moderna da almeno 35 anni, mentre le importazioni hanno superato i 23 milioni di chili con un aumento di quasi il 4% rispetto all’anno precedente. Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi: Ungheria con oltre 8 milioni e mezzo di chili e la Cina con quasi 3 milioni di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare».
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, consiglia la Coldiretti, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole: «il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”».
«In Italia – aggiunge Coldiretti – esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,2 milioni gli alveari curati da 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni».
Nelle campagne della Toscana, fa sapere Coldiretti regionale, si producono mediamente 23mila quintali di miele, circa il 10% della produzione nazionale, per un valore di circa 16 milioni di euro. Gli apicoltori nella nostra regione sono circa 4700 e sebbene sia un settore dove è sviluppato l’hobbismo, una buona parte di questi sono veri e propri imprenditori agricoli. L’anagrafe regionale ad oggi censisce oltre 98.000 arnie.
 
Redazione

Il report annuale della Giunta regionale sull’applicazione della legge di gestione degli ungulati (L.R. 10/2016) mostra effetti positivi, soprattutto con i cinghiali nelle aree agricole, dove il prelievo annuale è passato da 11.629 capi del 2015 a 26.608 nel 2017; ok la caccia di selezione, con prelievi di oltre 13 mila cinghiali in 20 mesi. Forti incrementi dei danni però alle colture a Firenze e Siena, nella seconda a causa dell’aumento di quelli dei caprioli.

 
La legge regionale sulla gestione degli ungulati sta ben funzionando e la strada imboccata per limitare l'impatto di queste specie sull'agricoltura, gli habitat e le attività umane in generale pare quella corretta. Nei venti mesi di effettiva applicazione della norma sono stati abbattuti complessivamente 184.774 cinghiali, 27.135 caprioli, 993 cervi, 2.456 daini e 217 mufloni, per un totale di 215.575 capi. Quanto alle dinamiche di popolazione - sia per cinghiale che per capriolo e daino – i dati di consistenza e prelievo del 2017, in decremento rispetto al 2016, segnalano, pur con una varietà di situazioni locali, un'inversione di tendenza a livello di presenze totali sul territorio regionale.
Sono i risultati che emergono dal report annuale sull'applicazione della legge regionale n. 10 del 2016 che la Giunta regionale della Toscana invierà all'attenzione del Consiglio, come ha reso noto nei giorni scorsi un nota dell’ufficio stampa dell’assessore all’agricoltura Marco Remaschi. «Sono ancora in corso analisi puntuali dei risultati e delle peculiarità locali – ha commentato Remaschi - ma ciò che emerge è che, in generale, negli ambiti in cui è stata massima la capacità di agire in una logica di sistema si sono raggiunti risultati positivi a beneficio di tutti, anche se dobbiamo ancora fare molto e certamente permangono molte criticità. Credo sia quindi necessario continuare su questa strada, cercando naturalmente di fare sempre meglio e risolvendo i problemi che abbiamo incontrato in questi due anni. Rimane aperto lo spazio – ha concluso l’assessore - per un confronto su eventuali proposte concrete e attuabili di miglioramento, che eviti strumentalizzazioni e forzature che purtroppo invece hanno caratterizzato molti degli interventi sin qui registrati». 
Riguardo al dato complessivo va sottolineato che per il cinghiale l'applicazione congiunta delle azioni di prelievo consentite dalla legge, dai regolamenti e dai piani annuali, ha permesso di incidere soprattutto nelle aree problematiche, ovvero nelle aree agricole, nelle quali il prelievo annuale è passato dagli 11.629 capi del 2015 ai 21.227 del 2016, per giungere nel 2017 al prelievo di 26.608 capi. Rispetto al passato, i prelievi in tali aree sono stati distribuiti durante tutto l'arco annuale, soprattutto attraverso il nuovo strumento della caccia di selezione, che ha permesso il prelievo nei 20 mesi considerati di oltre 13.000 cinghiali, risultando un efficace strumento di gestione e difesa delle colture in campo nei periodi più sensibili per i danneggiamenti delle coltivazioni. 
Viceversa, le squadre di caccia nelle aree vocate (quelle destinate alla gestione conservativa delle specie selvatiche), pur avendo avuto piani elevati e regole di prelievo invariate, hanno abbattuto meno cinghiali tra il 2016 ed il 2017, con un decremento pari al 19,6%. Questo rappresenta un segnale di calo numerico della specie, peraltro segnalato da molte squadre.
Cresce inoltre, per quanto riguarda i cinghiali, la percentuale, rispetto al totale generale, di prelievi nelle aree non vocate (cioè quelle caratterizzate dalla presenza diffusa di colture agricole): nelle aree non vocate gli abbattimenti sono passati da una quota inferiore al 14% del 2015 ad oltre il 30% del totale prelievi sulla specie nel 2017.
A questi dati si aggiungono gli interventi attuati in base all'articolo 37 della legge 3 del 1994 sulla fauna selvatica: sono stati autorizzati oltre 3.400 interventi sulla sola specie del cinghiale da marzo 2016 a dicembre 2017, con l'abbattimento di 23.500 capi.
Anche per capriolo e cervo sono aumentati in modo significativo i prelievi nelle aree non vocate, rispetto a quelli avvenuti nelle aree vocate.
Sui tempi delle autorizzazioni, va detto che, dopo le difficoltà del 2016, i tempi di intervento tra la richiesta degli abbattimenti e la loro attivazione sono sensibilmente migliorati: in media, gli uffici autorizzano le polizie provinciali dopo 2,5 giorni dalla richiesta dell'agricoltore.
Per ciò che riguarda i danni alle colture agricole, risulta evidente come il trend - in attesa che vengano accertati i dati complessivi - indichi anche per il 2017 un ulteriore aumento rispetto al 2016. Emergono, nel triennio 2015-17, alcune particolarità. La tendenza ha un andamento molto disomogeneo tra provincia e provincia e tra i diversi Atc (ambiti territoriali di caccia). Si registrano danni in diminuzione nelle province di Pisa, Lucca, Pistoia e Arezzo; mentre sono relativamente stabili a Livorno, Massa-Carrara e Grosseto; e risultano invece forti incrementi dei danni a Firenze e Siena, che costituiscono da soli oltre il 70% dei danni dell'intera regione. In particolare, nella provincia di Siena il danno causato da caprioli assume particolare entità ed è in grande crescita, nonostante l'aumento dei piani di prelievo, dei tempi di caccia e la sostanziale individuazione effettuata insieme ad ISPRA dei distretti con obiettivi di bassa densità.
Per i danni connessi con gli incidenti stradali, le informazioni sinora raccolte indicano una sensibile riduzione delle collisioni denunciate.
 
Redazione

Per questa edizione 2018 Vinitaly ha aumentato del 25% il numero degli espositori esteri presenti all’interno del padiglione International_Wine Hall, con delegazioni commerciali selezionate da 58 Paesi e una media di operatori professionali provenienti ogni anno da 140 nazioni. Cresce anche l’offerta “green” con le aree ViVITVinitalyBio e Fivi e nasce una innovativa directory online con 4.319 espositori da 33 Paesi e 13.000 vini iscritti.


Queste sono alcune delle novità e degli elementi caratterizzanti l’edizione numero 52 di Vinitaly che si terrà dal 18 al 18 aprile 2018 ed è oggi il più grande salone al mondo per metri quadrati e presenze estere dedicato al settore del vino e dei distillati.
Anche quest’anno Vinitaly è preceduto dall’evento internazionale OperWine, che sabato 14 aprile fa da ouverture alla rassegna nel palazzo della Gran Guardia, presentando 107 aziende di tutte le regioni italiane, selezionate dalla rivista americana Wine Spectator. Vinitaly si presenta come un unicum espositivo a livello internazionale grazie alla compresenza di Sol&Agrifood, salone internazionale dell’agroalimentare di qualità, rassegna interattiva che attraverso cooking show, momenti educational e degustazioni valorizza in chiave business le peculiarità dell'agroalimentare e l’olio extravergine d’oliva in particolare, e di Enolitech, appuntamento internazionale con la tecnologia innovativa applicata alla filiera del vino e dell’olio.
Il tutto legato da un ensemble di chef stellati, proposte di wine&food pairing, degustazioni di livello internazionale che fanno di ogni edizione di Vinitaly una annata irripetibile con appuntamenti di formazione tecnico-scientifica.
«Vinitaly si è sempre dichiarato uno strumento di servizio per le istituzioni e il sistema delle imprese, in chiave business e di relazioni internazionali – spiega Maurizio Danese, presidente di Veronafiere –. Il coinvolgimento della rassegna nel piano di promozione straordinaria del made in Italy è stato un passaggio importante per promuovere in modo unitario l’export vitivinicolo italiano. In tal senso, la collaborazione che stiamo portando avanti con ICE Agenzia, in particolare sui mercati di Cina e USA, è una modalità operativa che auspichiamo possa coinvolgere sempre più attori in un progetto di logica aggregativa. Sul fronte interno, continuiamo il lavoro iniziato nel 2015 per potenziare il
profilo professionale del visitatore di Vinitaly e la presenza di top buyer».
L’obiettivo dichiarato è quello di essere sempre più una piattaforma per gli affari delle aziende comparto. Anche per questo nel 2018 Vinitaly propone, in collaborazione con Wine Monitor di Nomisma, l’outlook sul futuro dei mercati mondiali target per il vino ed un focus specifico riservato agli USA, al quale seguiranno approfondimenti su Cina, Russia, Giappone, Regno Unito e Germania.
Particolare attenzione poi al digitale con una innovativa directory online con 4.319 espositori da 33 Paesi e 13.000 vini iscritti ad oggi che, attraverso un portale informativo in italiano, inglese e cinese, consente un matching b2b tutto l’anno, progettato lungo la linea del nuovo sviluppo di servizi digitali previsto dal pianto industriale. Piano che prevede investimenti anche per il miglioramento delle infrastrutture di quartiere e di pertinenza dello stesso (parcheggi, recupero e utilizzo già da quest’anno delle Gallerie Mercatali, manufatti di archeologia industriale prospicenti l’area espositiva) e un cesura sempre più marcata tra la fiera business nel quartiere e le iniziative di Vinitaly and the City dedicate ai wine lover in città, a Verona e, quest’anno, in tre borghi suggestivi della provincia: Bardolino, Soave e Valeggio sul Mincio.

Redazione