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Un’anticipazione di come potrebbero essere il mestiere di fiorista e il negozio di fiori nel 2020 sarà proposta dal Salon du Végétal 2018, la fiera del florovivaismo in calendario a Nantes dal 19 al 21 giugno. L’inedito concept di boutique fioreria 2020 è firmato da Manuel Rucar del laboratorio di tendenze Chlorosphère: ampia possibilità di scelta ai clienti e look complessivo molto di tendenza.


«Più vicino al cliente, più artigianale, più autentico, più in sintonia con l'idea di natura del consumatore? A che cosa assomiglierà un negozio di fiori ideale nel 2020? Scopri questo nuovo modello di boutique per i fioristi francesi al Salon du Végétal dal 19 al 21 giugno 2018».
Si apre così un recente comunicato del salone internazionale del florovivaismo e di tutta la filiera del verde di Nantes. In esso viene presentata una delle proposte di richiamo per i fioristi in programma nella prossima edizione. Un progetto a cura di Manuel Rucar del laboratorio di tendenze Chlorosphère, a cui gli organizzatori del Salon du Végétal hanno chiesto di immaginare un nuovo modello di negozio di fiori o boutique fioreria per i fioristi francesi. Si tratta di uno strumento concreto, fanno sapere dal Salon, «completamente in sintonia con le tendenze attuali e future del commercio al dettaglio» e «basato sulle aspettative dei consumatori e i trend evolutivi della società», un «modello innovativo appositamente progettato per i visitatori dell’area Fleuriste» della fiera.
Innanzi tutto, è la prima boutique fioreria di finzione che si può copiare. Perché dietro questo concept innovativo non c’è nessuna marca, trasmissione o franchise. Un’opportunità quindi da cogliere al volo per prendere ispirazione, copiare, fotografare. «Questo negozio è stato realizzato – si legge nel comunicato - da professionisti del layout e del commercio per offrirvi una nuova visione da esplorare liberamente».
Al centro del modello ci saranno davvero i fiori. Il principio ispiratore di questo negozio per fioristi è infatti valorizzare l’artigianato lasciando possibilità di scelte ai clienti. Per fare ciò, viene spiegato, hanno suddiviso lo spazio in due parti: una parte self-service per il cliente e una parte che mette l'artigiano con i suoi fiori al centro della relazione. Come da un gelataio o un pasticcere, il cliente effettua una selezione (guidata da suggerimenti) e l'artigiano fiorista compone su richiesta una creazione floreale originale secondo i gusti del cliente.
Il tema scelto è “bohèmien chic”. Infatti, dal momento che questo è uno dei temi più ricorrenti negli eventi floreali, perché non orientare lo stile del negozio proprio su questa domanda dei clienti? Inoltre è una delle principali tendenze per il 2018-2019 nel campo della decorazione e delle piante (vedi paragrafo finale del nostro articolo). Per rafforzare questo tema, l’insegna (Lily Rose, natura creativa), i mobili (di legno chiaro), l'arredamento (bohémien), i prodotti (molto naturali) e le vetrine saranno accuratamente selezionati in un look complessivo molto di tendenza.

Redazione

Presentata ieri dal Mibact, nella 2^ Giornata nazionale del paesaggio, la Carta omonima contenente le linee strategiche per far sì che la qualità del paesaggio italiano diventi centrale in tutte le politiche pubbliche e di sviluppo. Fra le proposte, incentivi ai Comuni impegnati nel consumo 0 di suolo, dotare tutto il Paese di piani paesaggistici quali Costituzioni dei territori, sostegno stabile alle attività agricole di manutenzione di contesti paesaggistici identitari o di recupero di quelli degradati, promozione del paesaggio italiano come brand per un turismo sostenibile.  

 
«Alcune sintetiche indicazioni programmatiche a chi avrà la responsabilità di condurre il nostro Paese nei prossimi decenni», imperniate su «tre obiettivi strategici e per ciascuno di essi alcune azioni», fra le quali prima di tutto la promozione, con una visione di lungo periodo, dell’«attenzione alla qualità del paesaggio in tutte le politiche pubbliche che incidono sul territorio». Ma anche l’affermazione della centralità dei Piani paesaggistici e dell’importanza della riqualificazione del paesaggio come strumento per il contrasto al degrado sociale; e un ruolo pure per l’agricoltura, soprattutto nella manutenzione dei paesaggi più belli e nel recupero di quelli più degradati.
Questa, in sintesi, la “Carta nazionale del paesaggio” presentata ieri a Roma dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact) nell’ambito della seconda Giornata Nazionale del Paesaggio e firmata anche da esponenti del Ministero delle politiche agricole, degli enti territoriali e locali, di Wwf, Fai, Italia Nostra, Legambiente e Ordine degli architetti. 
Un documento curato dall’Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio che, come ha spiegato Ilaria Borletti Buitoni, che presiede l’osservatorio in quanto sottosegretario di stato al Mibact, «nasce come conclusione di un lungo percorso di lavoro e di riflessione racchiuso negli Stati Generali del Paesaggio del 26 e 27 ottobre 2017» e ha «l’obiettivo o quanto meno la speranza che il paesaggio italiano venga finalmente messo al centro di tutte le politiche pubbliche, e non solo di quelle di tutela come fino ad ora è stato». Una finalità che significa, oltre a dare «piena attuazione ai valori fondamentali espressi nell’art. 9 della Costituzione (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”)», saper coniugare «tutela e valorizzazione del paesaggio con forme compatibili di sviluppo durevole, equo e diffuso». 
Nella convinzione che, come asserito nel preambolo della Carta, «assumere la qualità del paesaggio come fondamento dello scenario strategico per lo sviluppo del nostro Paese, nel mondo contemporaneo ormai globalizzato, è una grande opportunità oltre ad essere la risposta necessaria che le istituzioni e la politica dovrebbero assicurare ai cittadini rispetto alla domanda di ambienti di vita quotidiana capaci di contribuire al benessere individuale e collettivo» e che «i paesaggi italiani costituiscono uno straordinario fattore di identità per i territori e i loro abitanti», anche se «la lettura delle sue trasformazioni […] è però troppo spesso la prova di come il paesaggio sia stato modificato in modo casuale, improvvido, in assenza di una visione organica scevra da qualsiasi ragionevole riflessione sulla vita delle persone, sulle reali previsioni di crescita demografica e senza alcuna valutazione dei danni permanenti che si sarebbero prodotti, assegnando al nostro Paese un sinistro primato in termini di abusivismo, cementificazione delle coste, degrado urbano e consumo di suolo».
Per invertire questa tendenza, la Carta identifica tre obiettivi e alcune azioni per raggiungerli. Eccone una sintesi.
1) Promuovere nuove strategie per governare la complessità del paesaggio
«In un paese come l’Italia, in cui gli ambiti urbani, naturali e agricoli, nuovi o storici, sono strettamente connessi fra loro – premette la Carta nazionale del paesaggio -, l’azione di tutela paesaggistica si innesta nelle diverse politiche pubbliche, di settore e di governo del territorio, legate all’ambiente, all’agricoltura, alle infrastrutture, alla pianificazione. Per governare i cambiamenti del paesaggio e gestirne la complessità occorrono, quindi, una visione condivisa di lungo periodo e una gamma di strumenti diversi, non solo normativi e procedurali, che attraversino tutte le politiche pubbliche i cui effetti ricadano sul paesaggio». 
Azione 1.A) - “Promuovere, con una visione di lungo periodo, l’attenzione alla qualità del paesaggio in tutte le politiche pubbliche che incidono sul territorio”.
Fra gli strumenti per attuarla, a) «la Costituzione di un luogo permanente di confronto politico e di esame preventivo tra i Ministeri le cui azioni incidono sulle trasformazioni del paesaggio coinvolgendo le Amministrazioni centrali e gli Enti territoriali»; b) «coinvolgimento del Mibact nella predisposizione di politiche nazionali, piani e programmi di rilevanza strategica, dei documenti di programmazione economica e della produzione normativa, i cui effetti ricadano sul paesaggio»; c) «adeguamento degli strumenti operativi di monitoraggio e condivisione dei dati tra i Ministeri (Ambiente, Agricoltura, Infrastrutture, Sviluppo economico, Istruzione, Giustizia, Mibact), le articolazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli Istituti di ricerca (Istat, Ispra, Cnr, Crea ecc.)»; d) «approvazione di una legge quadro per invertire la tendenza al consumo di suolo che garantisca un adeguato monitoraggio degli usi e delle trasformazioni del territorio, prevedendo anche l’istituzione di premialità e incentivi a favore di Regioni e Comuni virtuosi che si impegnino a raggiungere l’obiettivo europeo di consumo zero nel 2050»; e) «abbandono delle politiche dei condoni e delle sanatorie degli abusi pregressi»; f) «ridefinizione - riconducendole ai soli casi strettamente necessari, e temporalmente definiti - delle diffuse forme di deroga alla tutela paesaggistica finora applicate a estesi territori in relazione a emergenze naturali o politiche di settore e introduzione di un monitoraggio dei loro effetti».
Azione 1.B) – “Assicurare la centralità e la preminenza del Piano paesaggistico come Costituzione del territorio”.
Fra gli strumenti per attuarla, a) «approvazione in tutte le Regioni dei piani come previsti dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio, quali strumenti fondamentali di pianificazione del territorio, garantendone l’efficacia nel tempo» e b) «rafforzamento delle strutture ministeriali centrali e periferiche competenti in materia di paesaggio affinché sia reso effettivo l’obbligo, previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, di dotare tutto il territorio di Piani paesaggistici, strumenti essenziali per la gestione dei vincoli e della pianificazione del territorio».
2) Promuovere l’educazione e la formazione alla cultura e alla conoscenza del paesaggio
«Il paesaggio rappresenta la parte del patrimonio culturale più estesa e compiuta: il paesaggio è cultura – è scritto nella Carta -. Consapevolezza e coinvolgimento sono indispensabili per la salvaguardia dei beni comuni e il riconoscimento di una responsabilità collettiva è fondamentale per prevenire il degrado dei contesti urbani, rurali e naturali, per proteggere il patrimonio storico-artistico e per arginare il rischio idrogeologico di un territorio fragile come quello italiano».
Azione 2.A) - “Promuovere la cultura del paesaggio quale bene comune per la creazione di una coscienza civica diffusa”.
Azione 2.B) – “Promuovere le tematiche del paesaggio nella formazione universitaria e postuniversitaria, e prevedere percorsi di aggiornamento sulle trasformazioni del paesaggio per l’istituzione di figure specialistiche, in particolare per la Pubblica Amministrazione”
3) Tutelare e valorizzare il paesaggio come strumento di coesione, legalità, sviluppo sostenibile e benessere, anche economico 
La Carta, «in linea con il Piano strategico del turismo approvato dal Governo nel 2017, considera il paesaggio una straordinaria opportunità di sviluppo economico anche per le attività artigianali e agro-silvo-pastorali, che grazie alla varietà dei paesaggi italiani producono beni materiali esclusivi e distintivi, in cui si ritrovano perfettamente integrati concetti di tutela e valorizzazione».
Azione 3.A) – “Assumere la qualità del paesaggio come scenario strategico per lo sviluppo del Paese e promuovere la riqualificazione del paesaggio come strumento per il contrasto al degrado sociale e alla illegalità”.
Azione 3.B) – “Contrastare l’abusivismo”.
Azione 3.C) – “Prevedere politiche e azioni finalizzate alla valorizzazione del paesaggio rurale, agrario, forestale e naturale”.
Due gli strumenti prefigurati a tal fine: a) «sostegno stabile negli investimenti alle attività agro-alimentari che garantiscano la manutenzione di contesti paesaggistici identitari e il recupero dei paesaggi abbandonati»; b) «promozione del paesaggio italiano come brand, in linea con il Piano strategico del turismo, per un’offerta destinata a un turismo sostenibile e diffuso sul territorio».
 
L.S.

Maurizio Martina si è dimesso lasciando la guida dell’agricoltura al presidente del consiglio Paolo Gentiloni. Fra gli ultimi atti dell’ex ministro: 120,4 milioni di euro di finanziamenti per interventi nei settori delle infrastrutture irrigue (110 milioni) e della ricerca (10,4 milioni).

Il neo segretario reggente del Pd Maurizio Martina ha deciso ieri di dedicarsi a tempo pieno al suo partito, dimettendosi dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf). Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha accettato le sue dimissioni e ha assunto l’interim dell’agricoltura.
Fra gli ultimi atti di Martina alla guida del Mipaaf va segnalato lo stanziamento, effettuato nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri, di 120,4 milioni di euro, a valere sulla dotazione 2018 del Fondo investimenti per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, per interventi sulle infrastrutture irrigue e a sostegno della ricerca in agricoltura, in particolare, come ha dichiarato Martina, «la ricerca pubblica per la lotta al cambiamento climatico».
Al settore della bonifica e dell'irrigazione sono stati assegnati circa 110 milioni di euro, destinati a progetti di rilevanza strategica per il raggiungimento di obiettivi di risanamento ambientale di territori ad alta valenza agricola, di difesa del suolo e di prevenzione del dissesto idrogeologico. Inoltre, il Fondo ha destinato risorse specifiche per il contrasto di alcune situazioni emergenziali nella cosiddetta "Terra dei Fuochi" e nelle Province di Verona e Padova, interessate dall'inquinamento da PFAS.
Alla ricerca, invece, sono stati destinati 10,4 milioni di euro, da investire in progetti volti al miglioramento della produttività dell'intero settore agroalimentare, alla salvaguardia della biodiversità degli agro-ecosistemi e alla mitigazione dell'impatto dei cambiamenti climatici.  Tra questi, particolare rilevanza assumono gli investimenti tecnologici e infrastrutturali dei laboratori scientifici che permetteranno il potenziamento delle attività di studio e ricerca lungo le filiere italiane di produzione; dalla qualità (genetica e fitosanitaria) dei materiali per la propagazione, alla ottimale gestione delle tecniche colturali, alla sicurezza igienico-sanitaria delle produzioni, nonché all'individuazione dell'esatta origine territoriale del prodotti agroalimentari.

Redazione

Il 15 marzo al Centro di sperimentazione e assistenza agricola di Albenga la prima dimostrazione in campo del progetto “Controllo e gestione dell’efficienza energetica nelle colture protette – Serre smart”. Obiettivo: illustrare ad agricoltori e florovivaisti alcune innovazioni pronte per l’uso.

Un progetto «finalizzato alla illustrazione alle imprese agricole del pacchetto di innovazioni che sono state sviluppate, sperimentate e messe a punto grazie a precedenti progetti di ricerca e sperimentazione industriale, e che ora sono pronte per l’applicazione in campo agricolo. L’obiettivo è permettere il miglioramento dell’efficienza energetica dei processi produttivi, considerando le strutture di protezione attualmente disponibili».
Viene presentato così nel comunicato stampa del Cersaa, il Centro di sperimentazione ed assistenza agricola della Camera di Commercio Riviere di Liguria di Albenga, in provincia di Savona, il progetto “Controllo e gestione dell’efficienza energetica nelle colture protette – Serre smart”, attivato nell’ambito del Programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-2020 della Regione Liguria.
La prima dimostrazione in campo di tale progetto si svolgerà giovedì 15 marzo, dalle ore 16 alle 19, presso le strutture del Cersaa (Regione Rollo 98 Albenga), con «la visita alle installazioni dimostrative e la discussione in campo sulle possibilità applicative di sistemi di: i) climatizzazione (riscaldamento/raffrescamento) basati sull’impiego di sonde geotermiche accoppiate a pompa di calore, capaci di produrre calorie/frigorie per il condizionamento dell’atmosfera interna alla serra e loro interazione con i sistemi di umidificazione/deumidificazione utilizzati anche per la limitazione della capacità infettiva di patogeni (funghi) fogliari; ii) riscaldamento del terreno/substrato di coltivazione che utilizzano il calore (acqua calda) prodotto attraverso geotermia accoppiata a pompa di calore o da resistenze elettriche ad alta efficienza; iii) regolazione fine dei parametri climatici interni alle serre, giungendo fino alla lettura della temperatura e dell’umidità fogliare, per un controllo sempre più accurato di tali parametri e la gestione della loro influenza sulla prevenzione della manifestazione di fitopatie fogliari».
Nel programma dell’appuntamento vengono elencati i seguenti argomenti: “Presentazione del progetto”, “Visita ad un impianto tradizionale di controllo climatico”, “I controlli da remoto dei sistemi di protezione”, “La sensoristica tradizionale”, “Visita ad un impianto di sensoristica conctactless”, “Le possibilità di difesa da peronospora su basilico”, “Un esempio di interfaccia di controllo da PC o da dispositivi mobili”, “Conclusioni e dibattito con i presenti”.
Per informazioni: segreteria organizzativa CeRSAA + 39 0182 554949 Margherita Fallabrini – Sara Familari – Francesca Rossello.

Redazione

Dall’agenzia per la protezione ambientale della Toscana i risultati dei monitoraggi del 2016 nelle acque superficiali e sotterranee della provincia di Pistoia. Le aree più contaminate da fitofarmaci sono i corsi del sud-est della piana, quasi interamente occupato da vivai: oltre 30 volte il limite il Fosso Quadrelli e 20 volte la Brana. Più del 90% dei pesticidi sono diserbanti e il maggior inquinante è il Glifosate. In Valdinievole livelli 10 volte più bassi, ma l’Ampa supera la soglia accettabile nei torrenti Nievole e Pescia e nel Padule. L’Arpat dice alla Regione che ci sono le condizioni anche per «misure di limitazione/sostituzione/eliminazione nei confronti dei diserbanti» ed è «da valutare una modifica della disciplina delle acque di dilavamento della vasetteria».

 
Dopo le recenti notizie sulle difficoltà di molte imprese vivaistiche a ottenere credito dalle banche, altre bad news si abbattono sul distretto vivaistico ornamentale di Pistoia. L’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) ha diffuso oggi una relazione, intitolata “Andamento della contaminazione da fitofarmaci nel territorio della provincia di Pistoia”, che descrive i risultati delle indagini svolte dall’Arpat nel 2016 sulla presenza di pesticidi nelle acque del territorio provinciale e gli esiti dei monitoraggi non sono affatto positivi, in particolare per la piana pistoiese occupata quasi per intero dal vivaismo ornamentale. 
Anche se i dati sono fermi al 2016, non si sono riscontrate, fanno sapere dall’Arpat, dinamiche o tendenze né di miglioramento né di peggioramento, come a lasciar intendere che, più o meno, al netto di contingenze climatiche o di altro genere, la situazione dovrebbe essere rimasta sostanzialmente immutata anche nell’anno appena concluso. Non solo, nella relazione sono contenute pure indicazioni alla Regione Toscana su misure da intraprendere per fermare i diserbanti o almeno limitarne l’uso e raccomandazioni ai vivaisti di «energici interventi correttivi delle pratiche agricole».   
Tab stazioni Mas a Pistoia 770x499Come precisato nella nota di Arpat News, l’Agenzia «esegue la ricerca dei residui di prodotti fitosanitari nell’ambito del monitoraggio ambientale sulla qualità delle acque interne principalmente attraverso tre reti: i) quella delle acque superficiali (laghi e corsi d’acqua), ii) quella delle acque destinate alla potabilizzazione, iii) quella delle acque sotterranee. I principi attivi ricercati (erbicidi, fungicidi e insetticidi) in 27 stazioni sono stati oltre cento (112); a questi si aggiunge l’erbicida Glifosate ed il suo prodotto di degradazione, l'Acido aminometilfosfonico (AMPA) la cui determinazione, onerosa e complessa dal punto di vista analitico, è stata limitata a 20 stazioni ritenute più significative in base all’analisi di pressioni ed impatti».
Ma vediamo i risultati comunicati dall’Arpat.
 
Acque superficiali
Nel 2016 sono stati effettuati in provincia di Pistoia campionamenti riguardanti i fitofarmaci «su 14 stazioni di Monitoraggio Acque Superficiali, di queste 10 sono corsi d'acqua e 4 laghi/invasi. Il superamento dello Standard di Qualità Ambientale [in parole povere la soglia da rispettare, ndr] per i Pesticidi Totali nel 2016 si è avuto in 6 stazioni su 14; il superamento dello Standard di Qualità Ambientale per singolo principio attivo come media annuale si è avuto in 10 stazioni, dei quali cinque casi sono stati determinati soltanto da Glifosate e/o AMPA». 
«Le aree maggiormente interessate da inquinamento da fitofarmaci – prosegue Arpat - sono risultate quelle dei corsi d’acqua della pianura pistoiese a sud-est della città, ovvero nelle aree dove la superficie è quasi interamente interessata dalle colture vivaistiche. I valori della media annua dei Pesticidi Totali nei corsi d’acqua di questa zona sono risultati molto alti, oltre 30 volte il limite per il Fosso Quadrelli, 20 volte per la Brana. Il maggior contributo è dovuto a Glifosate e AMPA, oltre a vari erbicidi come Oxadiazon, Oxifluorfen e Pendimethalin. I diserbanti contribuiscono tipicamente al valore dei pesticidi totali per oltre il 90%; ciò nonostante anche alcuni antiparassitari determinano un superamento degli standard di qualità, per singolo principio attivo. Anche in Valdinievole, dove i livelli di pesticidi totali sono almeno 10 volte più bassi rispetto alla piana pistoiese, si è registrato il superamento degli standard di qualità ambientale determinato dalla presenza di AMPA nel torrente Nievole, nel torrente Pescia di Pescia e all’interno del Padule di Fucecchio».
 
Acque destinate alla potabilizzazione
Riguardo alle «acque superficiali destinate alla potabilizzazione il rapporto riferisce che si sono riscontrati alcuni casi di contaminazioni elevate in due delle stazioni controllate. Pertanto ARPAT proseguirà l’attività di controllo, iniziata nel 2016, sulla osservanza delle aree di salvaguardia stabilite dal D.Lgs 125/2006 e sulle aree di tutela dai regolamenti dei vari comuni».
 
Acque sotterranee
«Per le acque sotterranee appartenenti alla rete di monitoraggio – comunica ancora Arpat - il rapporto evidenzia che non si sono verificati casi di superamento degli Standard di Qualità Ambientale e la gran parte dei campioni non presenta principi attivi con concentrazioni misurabili. Nel 2016 sono stati analizzati 7 pozzi (tutti per uso potabile): solo in quattro casi (quattro pozzi diversi) almeno un principio attivo risulta superiore al livello di quantificazione. Tuttavia viene ricordato che i risultati dei pozzi analizzati nel 2016, a seguito di uno sversamento accidentale di una cisterna contenenti prodotti diserbanti nel comune di Pistoia, hanno evidenziato una significativa vulnerabilità dei pozzi alla contaminazione da fitofarmaci, con conseguente rischio di contaminazione della falda. Per questa ragione ARPAT sta valutando la possibilità di inserire almeno una stazione di monitoraggio della prima falda in quelle zone che attualmente non sono controllate direttamente».
 
Azioni correttive
Il rapporto contiene anche «una valutazione della necessità di azioni per correggere i problemi riscontrati». Ebbene per Arpat «il raggiungimento dell’obiettivo di Buono stato ecologico per la classificazione dei corpi idrici superficiali della piana Pistoiese, che hanno questa scadenza nel 2021», richiede le seguenti azioni: 
1. Misure di limitazione dei diserbanti. Cioè, «facendo riferimento alle Linee guida per la tutela dell’ambiente acquatico e dell’acqua potabile e per la riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi, approvate con DM del 10 marzo 2015, si ritiene che ricorrano le situazioni per l’adozione da parte della Regione Toscana, di misure di limitazione/sostituzione/eliminazione nei confronti dei diserbanti (misura 10 delle linee guida)».
2. «Promozione di pratiche agronomiche che limitano il ruscellamento delle acque contaminate nel retico idraulico; sia mediante incentivi, sia con modifiche alla normativa di settore». Vanno «incentivate tutte le azioni tese al recupero delle acque di innaffiatura, e valutate le possibilità di integrazione, ove possibile, con pratiche agronomiche (es. specifiche lavorazioni del terreno, drenaggio, introduzione lungo i bordi di colture e/o cultivar che necessitano per la difesa di un numero di interventi minori) volte a contenere il ruscellamento nel reticolo idraulico e/o la eventuale filtrazione delle acque di dilavamento. In questo senso pare anche da valutare una modifica della disciplina delle acque di dilavamento della vasetteria, su terreni diserbati o su superfici impermeabili includendole tra le attività che presentano oggettivo rischio di trascinamento, nelle acque meteoriche, di sostanze pericolose o di sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali previste dall’articolo 39 del DPGR 46/R 2008».
 
L.S.