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I risultati del progetto “SmartAroma – Strategie di agricoltura intelligente e di precisione nella filiera delle aromatiche in vaso” saranno presentati venerdì 24 febbraio, dalle ore 15 alle 18, presso il Centro di sperimentazione e assistenza agricola (Cersaa) di Albenga.
Finanziato con la sottomisura M16.01 (Fase 2) “Aiuti per la costituzione e l’operatività dei gruppi operativi del PEI” del PSR Regione Liguria 2014-2020, SmartAroma mirava alla valorizzazione delle piante aromatiche liguri nell’ambito dell’agricoltura 4.0. Più precisamente l’obiettivo del progetto è stato «mettere a punto – come specificato dal Cersaa di due giorni fa - una strategia di agricoltura di precisione che prendesse in considerazione e sviluppasse i fattori di successo principali delle produzioni in vaso di piante aromatiche e officinali: #produttività, #qualità, #sostenibilità e #tracciabilità».
Il progetto SmartAroma ha avuto come soggetto attuatore il Cersaa e come partner l’Istituto regionale per la floricoltura (Irf) e il Distretto florovivaistico della Liguria, più l'Ortofrutticola Albenga e l’azienda floricola Enrico Giorgio.
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Cia: produzione floricola locale giù del 10/15%, ma sold out con prezzi su del 10/20%. Rose importate giù da 2,8/3 € a 2,5 € l’una. Coldiretti: boom di fronde.
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Alla 9^ Conferenza Economica di Cia un Manifesto con la richiesta di dare più centralità all’agricoltura supportato dal Report di Nomisma sulle sfide agricole.
«Dalla legge sul giusto prezzo agricolo lungo la filiera al piano di insediamento abitativo nelle aree rurali, dalla sperimentazione in campo aperto delle nuove tecniche genomiche all’ora di educazione alimentare nelle scuole».
Sono solo alcuni esempi della fitta e articolata serie di richieste lanciate da Cia-Agricoltori Italiani alla sua 9^ Conferenza Economica tenutasi da ieri l'altro a ieri al Palazzo dei Congressi di Roma. Richieste contenute in un vero e proprio Manifesto da far sottoscrivere alle istituzioni, allo scopo di rilanciare «la centralità economica, ambientale e sociale delle tante agricolture diffuse sui territori», come si legge nel comunicato stampa ufficiale.
«Dopo anni di disinteresse, la politica si è finalmente accorta del ruolo strategico dell’agricoltura - ha dichiarato il presidente nazionale di Cia Cristiano Fini in apertura dei lavori -. Ci è voluta una pandemia globale, una guerra e una crisi energetica per mettere tutti d’accordo sull’importanza del settore, che però ora merita interventi strutturali, risorse adeguate e tempi certi per fare davvero la differenza». «Riportare le “Agricolture al Centro”, come recita lo slogan della nostra Conferenza - ha spiegato Fini -, vuol dire unire le forze e fare presto e bene». A partire dagli oltre 8 miliardi del Pnrr riservati al settore agricolo, tra la gestione del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) e quella del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase), investendo su innovazione e ricerca per ottimizzare le produzioni; logistica e trasporti per connettere aree e mercati; agroenergie per ridurre la dipendenza dall’estero e incentivare la transizione green; cultura del Made in Italy per difendere la qualità e la tipicità dell’agroalimentare italiano contro falsi, etichette fuorvianti e cibo sintetico.
Tutti punti che trovano largo spazio nel “Manifesto” di Cia, presentato in Conferenza Economica davanti ai ministri Francesco Lollobrigida, Antonio Tajani, Raffaele Fitto, al viceministro Maurizio Leo, al senatore Carlo Calenda, al commissario Ue Janusz Wojciechowski e a 600 imprenditori agricoli associati provenienti da tutta Italia. Un documento programmatico che mette nero su bianco emergenze e proposte, richiamando all’azione il Governo, per definire insieme un nuovo grande progetto di Sistema Paese con l’agricoltura protagonista, e articolato in quattro ambiti: rapporti di filiera e di mercato; servizi infrastrutture e aree rurali; clima energia e ambiente; orizzonte Europa.
A supporto di tutto ciò, uno studio ad hoc di Nomisma su “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana”, illustrato dal responsabile di Cia per l’agroalimentare, Denis Pantini. Ritrae un’Italia in crisi e più preoccupata della media Ue per inflazione, povertà e guerra, con il 51% dei cittadini in difficoltà economiche contro il 45% del resto d’Europa. Cambiano così i consumi alimentari per l’84% dei cittadini, con lo stop al superfluo per il 46% e solo il 22% che non rinuncia alla qualità. Volano, quindi, i discount, il cui valore cresce del 12% annuo. Tra i nuovi trend, quello dei novel food, con la produzione di insetti per alimenti in Ue in crescita di 180 volte dal 2019 al 2025, passando da 500 a 90.000 tonnellate, e le derive più pericolose dei cibi sintetici. Gli investimenti globali sulla carne in vitro, ad esempio, aumentano vertiginosamente da 6 milioni di dollari del 2016 a 1,3 miliardi attuali.
Secondo Nomisma c’è anche un’Italia agricola che si distingue in Europa per le attività connesse, come agriturismi, fattorie sociali e didattiche, agroenergie. Valgono 5,3 miliardi e incidono sulla produzione nazionale per oltre il 10% contro una media Ue di appena il 4%. Pesa, invece, il gap cronico di servizi e infrastrutture tra città e aree interne, dove sale al 28% il rischio di esclusione sociale ed è maggiore l’incidenza di “NEETs” (giovani che non hanno impiego, non studiano e non si formano): 22% in Italia rispetto al 15% della media Ue. L’agricoltura, essenziale per queste aree, paga per prima sia i ritardi infrastrutturali che quelli digitali, con la penisola ancora al 18° posto in Europa, dietro anche a Slovenia, Lituania e Lettonia.
Ma l’Italia dei campi è anche tra i Paesi più in corsa per il Green Deal: ha già avviato il percorso di riduzione dei fitofarmaci (-38%), impiega per il 45% i prodotti ammessi nel bio e può centrare il target del 25% di superfici biologiche, con 2,2 milioni di ettari già convertiti e uno scarto da colmare di 900 mila ettari entro il 2030. Il Paese, che sconta fortemente gli effetti del conflitto con il caro-energia, sta progressivamente diversificando le sue fonti di approvvigionamento, riducendo l’import di gas dalla Russia dal 40% del 2021 al 19% nel 2022, grazie pure alla quota del 20% di rinnovabili, in cui conquistano posizioni biomasse e agrovoltaico.
«Tra punti distintivi e punti critici, il report di Nomisma fotografa tutte le potenzialità del comparto - ha concluso il presidente di Cia Cristiano Fini -. Ora dimostriamo insieme, con governo, organizzazioni produttive e cittadini, che possiamo costruire una nuova visione di Paese, capace di pensarsi davvero e, prima di tutto, a trazione agricola e agroalimentare».
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I 2 nuovi distretti biologici Montalbano e Chianti presentati in Regione coi 3 precedenti: Fiesole, Val di Cecina, Calenzano. Il 9 marzo 1° tavolo dei distretti
Si arricchisce il patrimonio regionale dei distretti biologici, realtà dedicate alla coltivazione, all’allevamento, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari ottenuti con metodo biologico. Con i riconoscimenti a dicembre del distretto del Montalbano e a gennaio di quello del Chianti, siamo adesso a un totale di 5 «biodistretti», contando il primo, quello di Fiesole, nato nel luglio 2021, e quelli della Val di Cecina del luglio 2022 e di Calenzano del settembre 2022.
I due nuovi arrivati sono stati presentati tre giorni fa a Firenze nella sede della Regione Toscana nell’ambito di una conferenza stampa che si è trasformata in una celebrazione del biologico, la prima occasione in cui tutti e 5 i biodistretti esistenti in Toscana riconosciuti con legge regionale (la 51 del 2019) si sono riuniti e ritrovati. E in cui è stato annunciato che il prossimo 9 marzo si terrà, proprio nel Montalbano, il primo tavolo dei distretti, organismo che la legge impone di istituire annualmente.
«Proprio stamani – ha detto il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani - ho letto che in Italia il 70 per cento dei consumatori è disposto a pagare di più se ha la certezza che il prodotto sia biologico. Il percorso intrapreso dalla Toscana, tra le prime regioni in Italia su questo fronte a essere partita, sta andando nella direzione giusta dunque. Due nuovi distretti biologici che si aggiungono ai tre esistenti, cinque da quando nel 2019 a Regione ha istituito la legge che li riconosce, è la testimonianza della forte attenzione che la Toscana, sia come Regione con il sostegno e gli investimenti sia come amministrazioni insieme agli imprenditori, ha deciso di dedicare a un vero e proprio modello di agricoltura. Un modello che poi è anche quello che l’Europa ci invita a seguire cioè un’agricoltura di qualità che è innanzitutto sinonimo di salute ma anche di sostenibilità. Aggiungo, una leva unica di marketing territoriale».
«Due distretti in più e in zone importanti e di pregio come il Montalbano e il Chianti – ha detto la vicepresidente e assessora all’agroalimentare della Toscana Stefania Saccardi - sono la dimostrazione di quanto nella nostra regione l’agricoltura stia prendendo la forma di una pratica sempre più compatibile con l’ambiente e che diminuisce l’impatto della chimica sui prodotti coltivati. Siamo una regione che vuol fare di un’agricoltura sana, di qualità, e ambientalmente sostenibile un modello da diffondere. Siamo sulla buona strada se si considera che l’Europa ha dato l’obiettivo del 25% della superficie coltivata a biologico per il 2025, e già adesso la Toscana è al 35% e oggi presentiamo due distretti dove la superficie a biologico si attesta attorno al 40%, una percentuale alta che testimonia l’impegno di questa Regione e delle amministrazioni con le quali stiamo lavorando, e di tanti imprenditori che hanno fatto una scelta di qualità».
I due nuovi distretti biologici della Toscana: Montalbano e Chianti
Riconosciuto il 23 dicembre 2022, il Distretto biologico di Montalbano nasce dall’esperienza maturata dall’Associazione del Biodistretto del Montalbano, che sin dal 2016 opera sul territorio per valorizzare l’attività agricola locale, tutelare l’ambiente e realizzare iniziative per la valorizzazione dei cicli vitali della natura, per la riproducibilità delle risorse territoriali, nonché per favorire metodi di coltivazione compatibili con i principi dell’agricoltura biologica, biodinamica e coi cicli della natura. Il territorio del distretto corrisponde al confine amministrativo dei Comuni di Capraia e Limite, Carmignano, Lamporecchio, Poggio a Caiano e Vinci, con una superficie agricola utilizzabile di 4.876 ettari complessivi, di cui il 38% condotti con il metodo dell'agricoltura biologica (con 157 aziende afferenti a tale conduzione). Le aziende biologiche hanno aderito per il tramite dell’Associazione del Biodistretto del Montalbano, che conta 59 aziende aderenti.
Il Distretto biologico del Chianti, riconosciuto il 31 gennaio 2023, pur essendo un soggetto nuovo e diverso rispetto al Distretto rurale del Chianti riconosciuto nel 2018, lavorerà con questo in modo sinergico per diventare un laboratorio per la progettazione, la sperimentazione e l’attuazione di nuove pratiche per l’agricoltura biologica e per promuovere un modello di sviluppo inclusivo e al passo con la transizione ecologica e con l’approccio agroecologico. Il territorio del Distretto biologico insiste su 7 comuni, ovvero Barberino Tavarnelle, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti e San Casciano Val di Pesa, e trova il suo elemento caratterizzante nella zona di produzione del Chianti classico, con una sau biologica del 43%. Le aziende biologiche hanno aderito per il tramite dell’Associazione del biodistretto del Chianti, che conta 62 aziende agricole biologiche aderenti.
I tre distretti bio già istituiti: Fiesole, Val di Cecina e Calenzano
Il Distretto biologico di Fiesole, nato il 27 luglio 2021 inizialmente come distretto rurale ad alta vocazione biologica e poi trasformato in distretto biologico, insiste sul solo comune di Fiesole, e ha una sau biologica del 68%. Al distretto hanno aderito le aziende biologiche del territorio che sono 18.
Il Distretto biologico della Val di Cecina, nato il 13 luglio 2022 come strumento complementare al Distretto rurale già riconosciuto il 4 dicembre 2019, si estende su 12 comuni: Bibbona, Casale M., Castelnuovo VdC, Cecina, Guardistallo, Lajatico, Montecatini VdC, Montescudaio, Monteverdi M., Pomarance, Riparbella, Volterra. Hanno aderito 10 aziende tramite il Coordinamento Toscano Produttori Biologici.
Infine il Distretto biologico di Calenzano, riconosciuto il 15 settembre del 2022, insiste sul solo comune di Calenzano, che ha una sau biologica del 36%. Sono 10 le aziende biologiche che hanno aderito al distretto.
Le regole per diventare distretto
Si ricorda che sono 3 i vincoli che la Regione Toscana ha posto per istituire un distretto biologico:
- Presenza di una superficie condotta con metodo biologico pari almeno al 30% della superficie agricola utilizzata (sau).
- L’adesione di almeno 3 imprenditori agricoli biologici iscritti nell’elenco pubblico degli operatori dell’agricoltura e dell’acquacoltura biologiche che operano sul territorio del distretto o, se presente sul territorio, un’associazione in cui siano presenti almeno tre imprenditori agricoli biologici iscritti.
- L’adesione di un terzo dei comuni del territorio del distretto, che si devono impegnare ad adottare politiche di tutela dell’uso del suolo, di riduzione della produzione di rifiuti, di difesa dell’ambiente e di promozione delle produzioni biologiche e di difesa e sviluppo dell’agrobiodiversità.
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Confagricoltura: fiori liguri ambasciatori della floricoltura italiana, di cui la regione è leader. Qui quasi tutta la ricerca varietale. Il concorso floreale.
«La ribalta del Festival di Sanremo è un’eccezionale occasione di visibilità per i fiori liguri. Sono un brand che tutto il mondo ci invidia e sono, al pari della canzone, un ambasciatore del Made in Italy».
Lo ha dichiarato ieri il presidente della federazione nazionale di prodotto “florovivaismo” di Confagricoltura, Luca De Michelis, in una nota alla stampa in cui ha ricordato che la sua Liguria è leader nazionale nella produzione floricola, rappresentando in valore con 386 milioni di euro il 14% di tutto il florovivaismo italiano (floricoltura + vivaismo), che ha sfiorato nel complesso 2,8 miliardi di euro nel 2021 (vedi).
Anche quest’anno, si legge nel comunicato di Confagricoltura, la visibilità al Festival di Sanremo sarà massima, grazie ai bouquet che saranno omaggiati alle artiste e a tutti gli ospiti della manifestazione. E «il concorso floreale che decreta il “bouquet del Festival di Sanremo” è una vetrina importante. Quest’anno si sono sfidati 12 dei più famosi flower’s designer di tutta Italia che si sono cimentati sul tema “Sanremo è il fiore”, proprio per rimarcare il legame indissolubile tra il Ponente ligure e le produzioni floricole che in quel territorio sono di casa da oltre 200 anni». «I bouquet vincitori – viene specificato nella nota - sono un tripudio di garofani, bocche di leone, strelizie e altre cultivar liguri per la sezione “Sanremo anni 60”, mentre per la sezione “Sanremo d’oggi” dominano ranuncoli, anemoni ed eucalyptus».
«E’ bene infine ricordare – ha aggiunto De Michelis – che è ligure la quasi totalità della ricerca varietale in florovivaismo. Qui tracciamo la strada della floricoltura europea e mondiale, con migliaia di brevetti su varietà sempre più belle, resistenti e prestigiose. E l’occasione del Festival è anche quella di celebrare la ricerca, che in Liguria si tramanda da generazioni, fin dagli albori dell’800».
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