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La giunta regionale toscana ha approvato il regolamento di attuazione della legge del 2012 di sostegno al vivaismo: un testo che chiarisce quando un'area può essere considerata vocata, anche se spetterà alle Province identificare le singole zone, un testo che dice che gli annessi potranno essere alti fino a nove metri, fissando una volta per tutte criteri unici e chiari validi in qualsiasi comune, un regolamento che, al di delle aree vocate, fissa condizioni per le coltivazioni in vaso a cielo aperto e che elenca anche i primi criteri a cui si dovrà ispirare il verde pubblico delle città, rinviando per ulteriori dettagli alla nuova legge regionale di governo del territorio in approvazione.

 
"Si tratta di un regolamento atteso per un settore importante della nostra economia" sottolinea l'assessore all'agricoltura della Toscana Gianni Salvadori. "Il vivaismo – spiega – è uno dei settori dell'agricoltura toscana più dinamici: con meno di seimila ettari di superficie utilizzata realizza circa un terzo della produzione lorda vendibile". Numeri importanti, oltre duemila aziende in gran parte concentrate nel pistoiese e una significativa propensione all'export e all'innovazione. "Con questo regolamento cerchiamo di aiutare questo settore fissando norme più chiare e semplificando alcune procedure - aggiunge Salvadori – Garantiamo anche più sicurezza nei luoghi di lavoro, come nel caso degli annessi".
 
Aree vocate con almeno 80 ettari e annesi altri fino a nove metri - Così, se spetterà alle Province identificare eventuali nuove aree a vocazione vivaistica, la Regione chiarisce intanto che queste zone dovranno coinvolgere almeno 80 ettari e dunque un apprezzabile numero di aziende. Dovrà essere soppesata anche l'importanza economica del settore e la presenza di strade e collegamenti adeguati. Gli annessi agricoli delle aree vocate, che potranno essere alti fino a nove metri mitigandone magari l'impatto sul paesaggio con l'impiego di verde, aiuteranno e renderanno anche più sicuro lo spostamento di piante ad alto fusto, la cui domanda è in crescita e costituisce una voce importante per i bilanci delle aziende.
 
Vademecum per le coltivazioni in vaso - Viene definito, una volta per tutte, anche come si realizzano gli impianti in campo delle coltivazioni in vaso, i quali garantiscono una riduzione dei consumi di acqua e dell'uso dei concimi. Il regolamento spiega quali materiali si potranno stendere sul terreno.
 
Così il verde in città - L'ultimo capitolo riguarda il verde urbano nelle città, da riqualificare. Il regolamento porta infatti la firma, assieme a quella dell'assessore all'agricoltura, anche della collega Marson all'urbanistica e territorio. La Regione suggerisce ai Comuni la creazione di boschi urbani e barriere verdi lungo le strade più trafficate. Consiglia anche la realizzazione di tetti verdi e giardini verticali, che migliorano il microclima delle città ma aiutano a tenere sotto controllo anche i consumi energetici degli edifici. Certo sono auspicabili alcune accortezze: come la scelta di piante adatte all'habitat originario e che non costringano d'estate ad un eccessivo dispendio di acqua, oppure di piante che non fioriscano tutte nelle stesso periodo, in modo da tenere sotto controllo il livello dei pollini nell'aria. Poche norme generali, di buon senso in alcuni casi, che saranno integrate dalla nuova legge regionale sul governo del territorio.
 
Redazione Floraviva

Franco Baldaccini, amministratore unico di Mercato dei Fiori della Toscanacittà di Pescia (Mefit), ricorda che l’attuale struttura, a cui nel 2014 si è iscritta pure Flora Toscana, non è sovradimensionata, ma semmai bisognosa di messa a norma ed efficientamento, tant’è che sono pronte iniziative in tal senso (con Enel e per un impianto fotovoltaico da 500 kwh) che aspettano gli aiuti della Regione Toscana. «Ovviamente il progetto multifunzione del 2007 va aggiornato», dice, ma intanto constatiamo che «il rilancio del mercato, che adesso ha un servizio e dati trasparenti, produce statistiche affidabili per Ismea e ha appena cominciato a fare promozione noia alla concorrenza». E poi «Flora Toscana pensa che tutta la commercializzazione della filiera debba confluire nella grande distribuzione cancellando garden e fioristi? O che il pur necessario canale web, su cui peraltro ci siamo già attrezzati, possa rendere inutili ospitalità di operatori e merci assortite e buona logistica?» 

 
«Al mercato dei fiori di Pescia sono iscritte 730 ditte, di cui 265 produttori, 358 commercianti, 70 trasportatori, 37 extra filiera, per un volume d’affari di circa 80 milioni e un indotto di circa 2000 persone coinvolte, cioè le famiglie delle 1200 persone il cui lavoro fa riferimento alla struttura dell’ex Comicent. Che fine faranno se si deciderà di vendere tale struttura mercatale? Anche il comprensibile spirito competitivo di aziende concorrenti, che peraltro valgono assai meno della metà dal punto di vista economico e occupazionale, dovrebbe avere un limite».
Queste le prime parole con cui Franco Baldaccini, amministratore unico dell’azienda speciale Mefit (Mercato dei fiori della Toscana – città di Pescia) - che dall’anno scorso gestisce il servizio di supporto alla «distribuzione all’ingrosso e, in casi particolari, al dettaglio di fiori recisi, fronde, foglie, frutti ornamentali freschi e lavorati, piante ornamentali, bulbi, sementi ed altri prodotti florovivaistici» che si svolge nella struttura mercatale pesciatina di via Salvo d’Acquisto – inizia la replica punto per punto alle affermazioni «bellicose e in gran parte infondate» di Flora Toscana, attraverso le pagine del Tirreno del 2 marzo 2014, riguardo alla prospettive dell’ex Comicent.
«Da notare – prosegue Baldaccini - che fra le aziende iscritte nel 2014 c’è anche Flora Toscana, che pure ci considera inutili e datati. Quella stessa Flora Toscana che è stata fra i soci costitutori, nel 1987, del Consorzio Comicent, poi fallito nel 2006, e che poi da qualche anno ha abbandonato i magazzini del mercato dei fiori di Pescia e quest’anno, iscrittasi di nuovo, si rivolge al mercato per acquistare merci in platea destinate al loro cash & carry e per conferire merci dei loro produttori a un importante grossista con base presso la struttura gestita da Mefit».
Ma l’aspetto che più colpisce l’amministratore unico di Mefit, nell’attacco di Flora Toscana, è che vengano mosse al mercato dei fiori di Pescia accuse quali «concorrenza sleale» legata a transazioni in nero e «difficoltà organizzative» proprio quando, con la nascita di Mefit, tutte queste problematiche hanno iniziato ad essere affrontate e risolte, come confermato oggi anche da un autorevole membro del distretto floricolo quale Maurizio Del Ministro, che ha dichiarato: «sulle vendite in nero non posso garantire per tutti (neppure per chi opera fuori dal mercato) ma è un’accusa veramente molto datata, personalmente, ma potrei parlare per tutti gli altri commercianti, devo dire che la merce arriva tutta fatturata e così facciamo ai nostri clienti ed è così da molti anni». «Perché mai questa accusa arriva solo ora? – si chiede Baldaccini -. Evidentemente il rilancio del mercato, che adesso ha un servizio e dati trasparenti, produce statistiche affidabili per Ismea e ha appena cominciato a fare promozione, dà noia alla concorrenza». Sì, perché non va dimenticato che Flora Toscana, anche se afferma di fare cose diverse da Mefit per commercializzare i prodotti, è oggettivamente in competizione con il Mercato dei Fiori e i produttori che si servono di esso. 
Nello specifico Baldaccini replica alla tesi di Flora Toscana, quando dice che il mercato dei fiori di Pescia risente pesantemente delle trasformazioni del commercio all’ingrosso e dell’importanza aumentata della grande distribuzione, chiedendo alla cooperativa pesciatina: «Flora Toscana pensa che tutta la commercializzazione della filiera debba confluire nella grande distribuzione cancellando garden e fioristi? O che il pur necessario canale web, su cui peraltro ci siamo già attrezzati, possa rendere inutili ospitalità di operatori e merci assortite e buona logistica?».
Riguardo poi alla questione della struttura dell’ex Comicent, che Flora Toscana vorrebbe vendere a non si sa bene quale privato perché la giudica una struttura costosa e sovradimensionata per le esigenze dei floricoltori, la risposta di Baldaccini è la seguente «sottoscrivo pienamente le parole in proposito di Maurizio Del Ministro: “il mercato di Pescia ha un immobile certo non estremamente funzionale, ma c'è questo, immaginare di venderlo e di fare un altro mercato, con questi chiari di luna, è al di là della fantascienza”». «Senza dimenticare – prosegue Baldaccini – che, primo, il mercato non è sovradimensionato, tanto che in certe fasi dell’anno è occupato per quasi il 100% della superficie e basterebbe una leggera ripresa del mercato perché si riempisse di nuovo, e, secondariamente, stiamo lavorando all’efficientamento elettrico dell’immobile – che, spiega il direttore Fabrizio Salvadorini, “adesso consuma per 114 mila euro l’anno e costa di manutenzione dai 10 ai 15 mila euro annuali” – e abbiamo già una proposta di Enel che potrebbe portare molti risparmi. Per non parlare dell’impianto fotovoltaico da 500 mila kwh previsto dal piano multifunzione del 2007, e del nostro intento di valutare, al momento dell’avvio della messa a norma, nuove soluzioni ingegneristiche capaci di rendere la struttura meno costosa». 
E a questo proposito Salvadorini conclude «come Mefit siamo d’accordo che il progetto presentato nel 2007, dopo sette anni di crisi economica, nel 2014, debba essere rivalutato e magari modificato. Però questo è un luogo dove si lavora e dove ci sono degli interessi economici di moltissime aziende che vanno assolutamente difesi e che, oggi, a un anno di gestione Mefit pareggia il bilancio». 
 
 
Per ulteriori informazioni:
Azienda Speciale Mefit, 
tel. 0572-453108
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

SAN MINIATO (Pi) - "C'è un tema nuovo, anche in Toscana, anche in una terra che ha ancora capacità di inclusione: è quello della povertà. Una realtà che è intorno a noi e che comincia ad avere numeri preoccupanti. La Regione ha già messo in campo strumenti e risorse per affrontarla, ma dobbiamo fare di più e dall'associazionismo può venire un contributo fondamentale". Il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha proposto questo obiettivo comune di impegno ai delegati del congresso regionale dell'Arci, in corso di svolgimento a San Miniato.

"Noi siamo a disposizione – ha sottolineato – e davvero penso che il tessuto associativo dell'Arci possa avere un ruolo decisivo. In questi anni di offensiva liberista e mercatista, i vostri circoli sono stati uno straordinario presidio sociale. Avete avuto non solo la capacità di conservare una presenza e un patrimonio di esperienze costruite e maturate nel secolo scorso, ma soprattutto quella di rinnovarli, tenendo vive quelle idee di mutualità e socialità che sono parte dell'identità storica della Toscana. L'Arci, come tante altre espressioni dell'associazionismo laico e cattolico, ha saputo dare risposte concrete e bisogni e necessità nuove, lavorando sui temi dell'immigrazione, dei diritti dei minori, del dialogo tra culture diverse".
 
Rossi ha poi insistito sulla necessità di riattivare "un circuito democratico di partecipazione": "Si sta allargando – ha detto – la forbice tra cittadini e istituzioni, a tutto vantaggio di poteri dell'economia, della finanza, del sistema dei media, sempre più forti, che contano su un'opinione pubblica poco autonoma e su uno stato debole. Dobbiamo invece rilanciare un'idea della democrazia che ha al centro il pensiero critico,la mutualità, i diritti".
 
"C'è alle porte un passaggio politico fondamentale – ha concluso il suo intervento Rossi -. Le elezioni europee del prossimo maggio saranno uno spartiacque. Lo dico non solo come uomo di sinistra, ma come uomo delle istituzioni: dalle urne dovrà uscire un'idea nuova e diversa di Europa: che non parli solo il linguaggio del rigore, che fondi le sue scelte sul rafforzamento dei diritti, primo fra tutti quello al lavoro, e che si proponga come una comunità aperta. Altrimenti sarà forte il rischio che trovino nuovo spazio particolarismi e nazionalismi, che renderanno più acuta la crisi".

Oltre 11 milioni di euro: questa la cifra complessiva destinata dalla Regione Toscana al piano operativo antincendi boschivi per il 2014.

Il piano, che conferma gli investimenti del 2013, è stato presentato oggi dall'assessore all'agricoltura e foreste della Regione, Gianni Salvadori, che ha presieduto una riunione alla quale hanno partecipato i rappresentanti degli Enti Locali (Upi per le province, Uncem per le unioni dei comuni, Anci per i comuni) e di tutti i soggetti (volontariato, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco) che prendono parte al sistema antincendi boschivi della Regione Toscana.
 
"Il nuovo piano operativo, che comprende un arco temporale di 3 anni (2014-2016) – ha spiegato Salvadori - punta a 3 obiettivi principali: prevenzione, razionalizzazione delle risorse, ulteriore miglioramento degli interventi di lotta attiva.
 
Sulla prevenzione – ha continuato l'assessore – investiamo nell'educazione e sensibilizzazione rivolta a tutta la popolazione, sulle buone pratiche rivolte ad agricoltori e utilizzatori forestali e sulla sorveglianza del territorio a titolo preventivo.
 
Per quanto riguarda la razionalizzazione delle risorse – ha aggiunto – abbiamo introdotto gli indici di rischio su tutto il territorio, una novità che una volta uscita dalla fase sperimentale servirà a pianificare meglio i servizi con un più corretto utilizzo delle risorse. Valuteremo inoltre i costi per incendio, il che significa analizzare l'efficacia e l'efficienza dell'organizzazione antincendio, e incentiveremo gli interventi selvicolturali volti a ridurre i rischi e mitigare i danni causati dagli incendi.
 
Per quanto riguarda la fase di spegnimento – ha concluso Salvadori - si lavorerà particolarmente sulla sinergia fra le varie forze in campo, in modo da accrescere ulteriormente il già ottimo lavoro di squadra che ogni anno viene fatto in Toscana e che negli anni ha permesso di ridurre sensibilmente i danni prodotti dal fuoco al patrimonio boschivo della Toscana."
 
Redazione Floraviva

L’Assemblea elettiva, riunita all’Auditorium della Tecnica a Roma, ha eletto l’imprenditore vitivinicolo astigiano alla guida della Confederazione per i prossimi 4 anni. Succede a Giuseppe Politi. L’agricoltura e l’agroalimentare sono strategici per il Paese e non possono più essere relegati in un angolo. Serve un cambio di marcia. Bene il riconoscimento del settore nel ‘Job Act’ del premier Renzi, oggi c’è bisogno di una nuova politica nazionale dedicata anche in vista di Expo 2015 e della nuova Pac. Con Agrinsieme in anticipo sulla politica nel segno della semplificazione

 
Dino Scanavino è il nuovo presidente nazionale della Cia-Confederazione italiana agricoltori. Imprenditore vitivinicolo e vivaistico di Calamandrana, nell’Astigiano, 53 anni, è stato eletto oggi all'unanimità dall’Assemblea elettiva, riunita a Roma presso l’Auditorium della Tecnica e composta da 436 delegati, in rappresentanza dei quasi 900 mila iscritti dell’organizzazione in tutta Italia.
 
Scanavino, già vicepresidente nazionale dal 2010 nonché presidente della Cia di Asti dal 2002, sarà alla guida della Confederazione per i prossimi quattro anni e rappresenta il passaggio finale e definitivo da una governance mista composta da agricoltori e funzionari confederali a una tutta di agricoltori, come sancito dal nuovo Statuto. Succede a Giuseppe Politi, che è stato al vertice dell’organizzazione per gli ultimi dieci anni
 
“Oggi i cittadini, agricoltori compresi, non si sentono rappresentati dalla politica -ha detto il neo presidente della Cia- e quindi è assolutamente necessaria quella che io chiamo una ‘intermediazione buona’ tra gli interessi dei cittadini agricoltori e quelli della nazione, per curare il disagio che c’è nel Paese”.
 
D’altra parte, “l’agricoltura è un settore fondamentale: non solo è letteralmente la “dispensa” dell’Italia, ma rappresenta una risorsa strategica per la ripresa dell’economia -ha spiegato Scanavino-. Anche con la crisi, infatti, l’agricoltura sta garantendo occupazione e produttività, spesso in controtendenza rispetto all’andamento generale. Basti pensare che nel 2013 sulla scena agricola sono spuntate 11.485 nuove aziende, pari al 10 per cento delle imprese neonate in Italia, e che oltre il 17 per cento di questa nutrita pattuglia di ‘new entry’ ha un titolare di età inferiore ai 30 anni”. Inoltre, “non si può dimenticare che l’agroalimentare è l’unico comparto che continua a crescere sui mercati stranieri e che oggi cibo e vino ‘made in Italy’ costituiscono il secondo comparto manifatturiero del Paese, dopo quello metalmeccanico, con un fatturato di oltre 130 miliardi di euro e un'incidenza del 15 per cento sul Pil”.
 
Eppure, “nonostante questi segnali positivi, il reddito degli agricoltori non cresce, perché lo Stato appesantisce il settore con inconcepibili oneri burocratici, mettendoci fuori dalla competitività europea -ha osservato il nuovo presidente della Cia-. Per questo ora serve un cambio di passo: la politica deve investire sul serio sul settore, dedicandovi tempo e risorse”. In questo senso “la scelta di individuare agricoltura e cibo tra i settori chiave per il rilancio, com’è indicato nel ‘Job Act’ del premier Renzi, è un buon inizio. Oggi più che mai è necessario un nuovo progetto di politica agricola e agroalimentare nazionale, per dare prospettive e futuro alle imprese in termini di occupazione, valorizzazione e sviluppo”.
 
“Bisogna arrivare preparati per cogliere appieno i nuovi appuntamenti che ci attendono, a partire dall’applicazione della nuova Pac e dall’Expo 2015 -ha aggiunto Scanavino- continuando a lavorare contestualmente per promuovere l’aggregazione e l’internazionalizzazione delle imprese; ridurre i costi produttivi, amministrativi e fiscali e favorire davvero il ricambio generazionale. Perché c’è un’intera generazione, che è quella dei nostri figli, che rischia di restare fuori dal mercato, vittima di questa crisi, ed è a loro che dobbiamo restituire una prospettiva di vita dignitosa”.       
 
La parola d’ordine, comunque, deve essere sempre “semplificare” e “Agrinsieme ne è un esempio, poiché nasce dalla scelta di lavorare uniti di Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative agroalimentari, rompendo le logiche della frammentazione -ha chiosato Scanavino-. Credo che abbiamo dato un segnale di anticipo sulla politica. Un segnale di concretezza, perché questo patto copre praticamente tutta la filiera agroalimentare e i suoi problemi, che finiscono per riflettersi anche su quelli di chi va a fare la spesa. Agrinsieme resta una via obbligata: solo insieme si può far ‘pesare’ di più l’agricoltura e affrontare in maniera adeguata questioni ataviche e nuove sfide del settore”.