Arte Verde
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- Scritto da Andrea Vitali
Anne e Patrick Poirier sono una coppia di artisti francesi tra più celebri della scena artistica internazionale. Il loro sodalizio è nato a Villa Medici, cinquanta anni fa.
Il trascorrere del tempo, le tracce e le cicatrici del suo passaggio, la fragilità delle costruzioni umane e la potenza delle rovine, antiche come contemporanee, sono la fonte cui attinge la loro creatività, assumendo le sembianze d’una archeologia permeata di malinconia e di gioco.
Anne è nata a Marsiglia nel 1941, mentre Patrick a Nantes nel 1942. Nel loro lavoro è visibile la violenza lasciata dall’epoca che hanno vissuto – loro che, sin dalla più tenera infanzia, si sono confrontati con la guerra e con i suoi paesaggi devastati. Nel 1943, Anne assiste ai bombardamenti del porto di Marsiglia, e Patrick perde suo padre durante la distruzione del centro storico di Nantes.
Vincitori del Grand Prix de Rome nel 1967, dopo aver frequentato l’École des arts décoratifs di Parigi, Anne e Patrick soggiornano a Villa Medici dal 1968 al 1972, invitati da Balthus. Ed è proprio a Villa Medici che decidono di unire la loro visione artistica, firmando congiuntamente i lavori.
Anne e Patrick Poirier, come altri artisti della loro generazione, viaggiando e aprendosi al mondo fin dagli anni Sessanta, hanno subito il fascino delle città, delle civiltà antiche ed in particolare del processo che ha portato alla loro scomparsa. Città misteriose, ricostruzioni archeologiche immaginarie, fascino delle rovine, indagine di giardini, unione di opere storiche e produzioni in situ sono gli elementi che danno vita alloro lavoro.
La loro prima grande opera comune (1969), un plastico in terracotta di Ostia Antica, nasce dal ricordo delle varie visite all’antico porto romano, eletto dagli artisti terreno di scavi per eccellenza. Da allora, il proposito di ritrovare le tracce di una storia remota, li condurrà spesso a mettere in atto l’assenza, la perdita delle architetture, dei segni e dell’eredità delle civiltà.
“Passiamo dall’ombra alla luce, alternativamente - affermano Anne e Patrick Poirier - dal nero al bianco, dall’ordine al caos, dalla rovina alla costruzione utopica, dal passato al futuro, e dalla introspezione alla proiezione. La duplice identità del nostro binomio di architetti-archeologi è ciò che consente questa erranza tra universi apparentemente lontani tra loro, dei quali cerchiamo le relazioni nascoste”.
Arte verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin
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David Nash è uno scultore britannico ed artista di Land Art che utilizza, per le sue opere, materiali naturali ma, essendo un ambientalista convinto, lavora solo con alberi caduti spontaneamente o residui di potatura.
Nato il 14 novembre 1945 a Esher, in Inghilterra, ha frequentato il Kingston College of Art e poi la Chelsea School of Art.
Nash scolpisce le sue opere con motoseghe e cannelli, trasformando gli alberi in forme inaspettate come in Oculus Block (2010) dove ha fuso due ceppi di eucalipto in un solido quadrato. Tra le sue opere più famose ricordiamo Ash Dome (1977): qui l'artista ha piantato una cerchia di frassini per formare una cupola di legno, la cui posizione è tenuta segreta per proteggere il delicato ambiente. Per realizzare Wooden Boulder (1978), Nash ha posato una grande palla di legno sul fianco di una montagna gallese in modo che possa essere "raccolto" dalla natura a poco a poco e poi dall'Oceano Atlantico dopo molti anni.
I suoi lavori sono presenti all'Abbot Hall Art di Kendal, nel Regno Unito, alla Lelong Gallery di Zurigo, alla Sala de la Diputacion in Spagna, alla Annely Juda Fine Art Gallery di Londra e ai Kew Gardens nel Queens. Nel 1999 è stato nominato accademico reale e nel 2004 ha ricevuto un distintivo dell'ordine dell'Impero britannico.
Arte verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin
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«Ascolto sempre il battito del cuore della Terra e le mie creazioni fanno eco a questo impulso della Natura».
Tetsunori Kawana vive a Tokyo e New York. Nelle sue installazioni, influenzate dalla sua padronanza di ikebana, trova le diverse qualità del bambù e le rielabora con un tocco umano.
Il bambù è molto importante nella cultura giapponese, anche dal punto di vista spirituale ed i giapponesi ricavano, da questa pianta, molte cose utili alla loro vita.
«Nel mio lavoro uso il bambù verde appena tagliato. Devo rispettarlo; ha vita, energia e bellezza proprie. Non posso controllarlo al cento per cento. Devo comunicare con il bambù per farlo funzionare con successo. Devo estrarre la sua energia, la sua bellezza e dargli nuova vita nella mia creazione, è una sorta di "reincarnazione" per il bambù».
«Non posso creare queste grandi installazioni da solo. Ho bisogno di un gruppo di volontari per aiutarmi a costruire l'installazione. Ogni progetto riunisce persone che probabilmente non si sono mai incontrate prima e che si connettono tra loro attraverso il lavoro di squadra ed i risultati. Dal momento che provengono quasi tutte dalla comunità locale, questo crea anche una vera connessione con la comunità. I volontari provengono da molti settori: artisti, studenti, pensionati, stagisti di musei e persone appassionate di natura. Voglio che i volontari condividano con me la felicità della creazione. Fanno parte del processo creativo e insieme "facciamo arte". Insieme sperimentiamo come la creazione di arte trascenda la discordia, la guerra, i mali di questo mondo e porti pace e gioia. Voglio anche entrare in contatto con tutte le persone della comunità che vengono a vedere il mio lavoro. Se riusciamo a sentire questa connessione, allora condividiamo il potere che l'arte possiede. Per me, questi incontri e connessioni sono molto eccitanti. "Fai tesoro di ogni incontro perché non si ripeterà mai più". Il mio lavoro è effimero, dura solo per un breve periodo, ma spero che il collegamento con il mio lavoro sarà un ricordo che dura per sempre».
Il bambù è molto usato nei mingei o nell'artigianato popolare. Ma alla fine del XX secolo, quando le persone iniziarono a pensare all'ambiente naturale, cominciarono ad utilizzare il bambù per nuovi scopi: carbone, pavimenti, compensato, aceto, carta.
«Il mio insegnante, Teshigahara Hiroshi, ha trovato un nuovo uso del bambù come mezzo per l'arte. Quindi, come artista di installazioni, sto usando questa pianta come mezzo di comunicazione, portando il bambù oltre l'uso quotidiano fino ad un livello artistico per offrire alle persone una nuova esperienza».
Arte verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin
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Duy Anh Nhan Duc, nato in Vietnam nel 1983, è arrivato in Francia all'età di dieci anni e da allora vive e lavora a Parigi. Questo artista visivo ha fatto della natura la matrice delle sue opere. Una costante ricerca di unione e osmosi per dare una visione diversa della pianta.
«Cerco, con il mio lavoro, di catturare l'aspetto unico delle piante mettendo in evidenza quelle che tutti conosciamo, ma che non guardiamo più. Tutto è una scusa per onorare la pianta». Ogni opera è un invito, rivolto a tutti, a prendere tempo per guardare la natura con occhi diversi.
Nel suo studio, Duy Anh Nhan Duc, trasforma le piante con forme sottili e inventa una natura poetica come in equilibrio sulla fragilità di un momento. Alberi, papaveri, ortensie, licheni… per e i denti di leone, la sua pianta preferita, sono oggetto di un'opera magica. Frutto di un'instancabile raccolta, le sue installazioni sono di una bellezza effimera e sensibile.
Arte verde è una rubrica curata da AnneClaire Budin