Il vivaista

Il Prof. Alberto Giuntoli, presidente della Società Toscana di Orticultura nonché accademico dei Georgofili, è stato nominato dal ministro Roberto Cingolani come membro del “Comitato per lo sviluppo del verde pubblico” del Ministero della transizione ecologica per la durata di cinque anni.
La notizia è stata data ieri nel notiziario dell’Accademia dei Georgofili, che ha ricordato le importanti funzioni del Comitato del verde pubblico: 
- promuovere l'attività degli enti locali per individuare i percorsi progettuali e le opere necessarie all’incremento del verde pubblico e privato;
- proporre un piano nazionale che fissi criteri e linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti intorno alle maggiori conurbazioni e di filari alberati lungo le strade, anche attraverso il rinverdimento delle pareti e dei lastrici solari, la creazione di giardini e orti;
- verificare le azioni intraprese dagli enti locali per garantire la sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi piantati in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività a maggior tutela dei cittadini;
- promuovere interventi a favore dei giardini storici.

Redazione

 

 

Presidenza Associazione Vivaisti Italiani

Altri due anni alla guida del soggetto referente del Distretto di Pistoia per Luca Magazzini. Vice presidenti Gilberto Stanghini (confermato) e Maurizio Bartolini. [In foto da destra a sinistra: Magazzini, Stanghini, Bartolini]


Stamani il consiglio direttivo dell’Associazione Vivaisti Italiani, alla prima riunione dopo il rinnovo dello scorso 8 luglio, ha votato il nuovo presidente. 
Si tratta del presidente uscente Luca Magazzini, che viene così confermato, per altri due anni di mandato, alla guida dell’associazione che è il soggetto referente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia.
Con lui, nel ruolo di vice presidenti, sono stati scelti il consigliere Gilberto Stanghini, che era vice presidente anche nel precedente mandato, e Maurizio Bartolini, nuovo in questo incarico.  
Si ricorda che il Consiglio direttivo, che ha visto l’ingresso di tre nuovi consiglieri quali Massimo Bartolini (per Vivai Piante Bartolini Massimo), Gianna Masetti (Vivai Piante Masetti Sabino) e Leonardo Ghelardeschi (Ghelardeschi Piante), è composto da nove consiglieri. I sei confermati sono Maurizio Bartolini (Vivai Reali), Marco Bessi (Bessi Vivai di Mauro & Marco S.S.A.), Grazia Innocenti (Rolando Innocenti & Figli), Luca Magazzini (Az. Agr. Magazzini Luca), Gilberto Stanghini (Vivai Stanghini G. di Alessio Stanghini) e Francesco Vignoli (Vivai Piante Vignoli).


Redazione


cimice da Fondazione Mach
Molte specie di cimice colonizzano le piante di interesse agrario ed è importante distinguere quelle che determinano un danno alle colture da altre che invece sono predatrici di altri insetti, svolgendo quindi un utile ruolo di controllo biologico.
Il Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Edmund Mach ha appena pubblicato un approfondimento monografico intitolato Cimici. Guida al riconoscimento delle specie di interesse agrario nel Nord Italia. Lo ha realizzato il suo gruppo di lavoro sulla cimice asiatica nel contesto del progetto di lotta biologica “SWAT”. 
La guida è costituita da 25 schede, corredate da oltre 200 fotografie, che descrivono i caratteri utili al riconoscimento di 21 specie e 4 generi di cimici, comprendendo gli individui adulti, i vari stadi di sviluppo e le ovature. Sono in prevalenza specie autoctone o di recente introduzione, insieme ad alcune specie non ancora presenti in tutte le regioni italiane ma in potenziale espansione sul territorio nazionale (Bagrada hilaris e Acrosternum heegeri).
Si tratta di una guida pensata per la consultazione in campo le cui schede, allo scopo di facilitare il lettore, sono raggruppate in quattro categorie (“cimici marmorizzate”, “cimici verdi”, “altri pentatomidi” e “non pentatomidi”). Il paragrafo conclusivo è dedicato all’interpretazione delle ovature di cimice, che possono essere soggette al controllo biologico, consentendo di riconoscere la presenza di parassitizzazione o di predazione delle uova.
Come spiega nella presentazione iniziale del volume Claudio Ioriatti, dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico della Fondazione Mach, «nelle regioni del Nord Italia la fauna dei pentatomidi è ben rappresentata e relativamente diversificata, ed include specie per gran parte autoctone, anche se non mancano talune di recente introduzione. A questo proposito, preoccupa particolarmente la recente invasione della cimice asiatica, Halyomorpha halys, specie aliena originaria dell’Asia orientale, che in pochi anni è divenuta un fitofago chiave di numerosi agroecosistemi, causando ingenti danni economici su frutticole, orticole e anche su colture estensive». «Alla diffusione di ulteriori nuove cimici invasive, alcune in fase di comparsa lungo il bacino del Mediterraneo, in Italia come in altri paesi del Sud Europa – continua il testo di Ioriatti - si è sommato l’incremento delle popolazioni anche di specie autoctone, accompagnato talvolta da un aumento dell’impatto sugli agro-ecosistemi anche di cimici sino ad ora considerate indifferenti o scarsamente dannose. Si tratta per lo più di specie polifaghe che colonizzano sia ambienti vegetali naturali che coltivati, in funzione della disponibilità di substrato alimentare».
«Nell’ambito del progetto di lotta biologica alle specie aliene, finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento - spiega ancora Ioriatti - si sono attivate diverse iniziative al fine di mettere a disposizione di decisori e agricoltori adeguati mezzi informativi e strategie di protezione delle produzioni agrarie minacciate da queste nuove emergenze fitosanitarie. A tal fine, oltre all’allevamento e rilascio del parassitoide alieno della cimice asiatica, Trissolcus japonicus, obiettivo primario del progetto, sono state condotte osservazioni puntuali in merito ai cicli biologici delle specie bersaglio, alla valorizzazione ecologica degli antagonisti naturali autoctoni e alla loro interazione con la specie esotica di recente introduzione. La valutazione delle conseguenze del rilascio di una nuova specie in un nuovo ecosistema non può limitarsi al solo studio dell’efficacia nel controllo della specie aliena dannosa, ma deve necessariamente considerare anche le possibili ripercussioni negative su specie autoctone, e sugli equilibri fra queste e i loro antagonisti naturali».
«Per questo motivo – conclude la presentazione - è indispensabile saper riconoscere le diverse specie di cimici presenti nei nostri areali, ricostruirne la biologia e comprenderne il ruolo nel complesso agroecosistema di riferimento. La guida che qui presentiamo assolve proprio a questo scopo: facilitare l’identificazione delle diverse specie di cimici che sono più frequentemente rilevabili nei campi agricoli, negli ambienti forestali, nei parchi, negli orti o nei giardini delle regioni del Nord Italia». Dunque un «utile strumento non solo per consulenti tecnici, per il personale delle agenzie agricole e per gli studenti ed amanti della natura, ma anche per efficace supporto ai professionisti del mondo agricolo, gli agricoltori».
Ulteriori informazioni sulla guida, che è disponibile gratuitamente in formato pdf qui, e su come ottenerla in formato cartaceo si trovano a questo link.  


L.S.


florovivaismo da Agrinsieme
Sarà di Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’Università di Firenze nonché presidente del Distretto vivaistico ornamentale di Pistoia, la prima relazione dell’incontro promosso il 28 luglio alle 17 dall’Associazione Florovivaisti Italiani e da Cia – Agricoltori italiani con il titolo “Il Green Deal dei Florovivaisti Italiani. Prospettive, proposte e progetti per un futuro concreto”
A comunicarlo è una nota pubblicata nei giorni scorsi sul sito web di Cia in cui si legge che l’incontro si svolgerà all’Auditorium Giuseppe Avolio in via Mariano Fortuny con possibilità di essere seguito in diretta streaming. Dopo Ferrini, specifica la nota, sono previste relazioni di Massimo Bagnoli, presidente ESCo Agroenergetica, e di Massimo Fiorio, responsabile Affari istituzionali e relazioni esterne di Cia. 
A seguire la tavola rotonda con Gian Marco Centinaio, sottosegretario delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF), Gianpaolo Vallardi, presidente Commissione Agricoltura al Senato; Aldo Alberto, presidente Associazione Florovivaisti Italiani, e Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia. 
Modera l'evento il giornalista Luigi Chiarello.  
Per seguire l’evento cliccare qui.


Redazione


cime di alberi in città

Con riferimento al piano di rimboschimento da 3 miliardi di alberi entro il 2030 dell’Ue, il progetto “Bosco vivo e foreste urbane” di Coldiretti e Federforeste mira a gestire il patrimonio forestale in maniera sostenibile per contribuire a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, favorendo lo stoccaggio del carbonio da parte delle superfici forestali e delle foreste urbane. Nei centri urbani Coldiretti vorrebbe oasi “mangia smog” con alberi performanti come l’Acero riccio, la Betulla o il Cerro.

 
«L’Italia può contare su un progetto per piantare 50 milioni di alberi nell’arco dei prossimi cinque anni nelle aree rurali e in quelle metropolitane, anche per far nascere foreste urbane con una connessione ecologica tra le città, i sistemi agricoli di pianura e il vasto e straordinario patrimonio forestale presente nelle aree naturali, a partire dal Recovery plan».
E’ quanto affermato oggi da Coldiretti con riferimento al piano di rimboschimento da 3 miliardi di alberi entro il 2030 presentato dalla Commissione Europea nell’ambito del pacchetto “Fit for 55”, che propone di adeguare la legislazione Ue all’obiettivo di ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni climalteranti in Europa, rispetto ai livelli del 1990.
In Italia ogni abitante dispone in città di appena 33,8 metri quadrati di verde urbano, secondo l’analisi di Coldiretti sulla base di dati Istat, e lo smog nelle città viene amplificato dall’effetto combinato dei cambiamenti climatici, del traffico e della ridotta disponibilità di spazi verdi che concorrano in modo rilevante alla mitigazione del clima e a combattere le polveri sottili e gli inquinanti gassosi. Una situazione preoccupante per i grandi centri urbani, sottolinea Coldiretti, dove «il verde per mitigare il clima e ammortizzare gli effetti negativi dell’inquinamento oscilla su valori che vanno solo dai 15,2 metri quadrati per abitante di Messina ai 17,1 a Roma, dai 17,8 di Milano ai 22,2 di Firenze, dai 42,4 di Venezia ai 9,2 di Bari». «Uno scenario – continua Coldiretti - che ha un impatto importante anche sulle temperature urbane visto che un parco di grandi dimensioni può abbassare il livello di calore da 1 a 3 gradi rispetto a zone del centro o dove non ci sono piante o ombreggiature verdi». E «il caldo urbano – ricorda Coldiretti - è considerato la calamità meteorologica più letale al mondo considerato che le ondate di calore sono responsabili di circa 12.000 decessi ogni anno».
«Oltre ad essere una barriera anti afa, - si legge ancora nella nota di Coldiretti - le piante combattono anche l’inquinamento dell’aria che è considerato dal 47% degli italiani la prima emergenza ambientale secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Bisogna dunque intervenire in modo strutturale ripensando lo sviluppo delle città e favorendo la diffusione del verde pubblico e privato con le essenze più adatte alle condizioni climatiche e ambientali dei singoli territori. L’obiettivo è quello di creare vere e proprie oasi mangia smog nelle città dove respirare area pulita grazie alla scelta degli alberi più efficaci nel catturare i gas ad effetto serra e bloccare le pericolose polveri sottili abbassando al tempo stesso la temperatura dell’ambiente circostante durante i periodi più caldi e afosi».
«Una pianta adulta – afferma Coldiretti – è capace di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili e un ettaro di piante elimina circa 20 chili di polveri e smog in un anno. Ai primi posti nella speciale classifica delle piante mangia smog ci sono nell’ordine l’Acero Riccio, la Betulla, il Cerro, il Ginkgo Biloba, il Tiglio, il Bagolaro, l’Olmo campestre, il Frassino comune e l’Ontano nero. Per semplificare, 12 piante di acero riccio assorbono l’equivalente della CO2 emessa da un’auto di media cilindrata che percorre 10.000 km/anno».
In questo contesto, «il progetto denominato “Bosco vivo e foreste urbane” di Coldiretti e Federforeste si pone l’obiettivo di gestire il patrimonio forestale in maniera sostenibile per contribuire al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 favorendo lo stoccaggio del carbonio da parte delle superfici forestali e delle foreste urbane. Una sfida per cogliere le opportunità che può offrire un settore da primato del Made in Italy nella transizione ecologica del Paese con un ruolo nella mitigazione dei mutamenti climatici, nella tutela della salute e per la qualità della vita». 
«In linea con le strategie nazionali e comunitarie nel PNRR – conclude la Coldiretti – sono indicate una serie di azioni su larga scala per migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini attraverso la tutela delle aree verdi esistenti e la creazione di nuove, anche al fine di preservare e valorizzare la biodiversità e i processi ecologici legati alla piena funzionalità degli ecosistemi. Si prevedono una serie di azioni rivolte principalmente alle 14 città metropolitane, ormai sempre più esposte a problemi legati all’inquinamento atmosferico, all’impatto dei cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità, con evidenti effetti negativi sul benessere e sulla salute dei cittadini».


Redazione


Un comunicato stampa delle autorità svizzere, rilanciato dai media italiani, ha segnalato un’introduzione accidentale di Ripersiella hibisci dall'Italia, descrivendo il parassita come mai documentato in Europa. Ma in realtà questa cocciniglia è già nota da più di 10 anni nel vecchio continente e sorvegliata dai servizi fitosanitari comunitari. Bene quindi l'attenzione, ma gli allarmismi sono da evitare.


C'è una cocciniglia che in questi giorni sta facendo parlare di sé. Si chiama Ripersiella hibisci e ha avuto un balzo di notorietà dopo che alcuni giornali e siti internet hanno rilanciato un comunicato stampa dell'Ufficio federale dell'agricoltura elvetico che segnalava un focolaio di questo insetto in Svizzera.
Secondo il comunicato stampa delle autorità svizzere pubblicato il 30 giugno scorso, il parassita è stato ritrovato su una partita di 50 piante di Callistemon - la scovolina - importate dall'Italia.
E sempre secondo questo comunicato - e i media che lo hanno rilanciato - si tratterebbe di un parassita finora mai documentato in Europa, anche se non è così.
Ma andiamo per gradi e inziamo a vedere chi è e cosa fa Ripersiella hibisci.
Come riporta la scheda dell'Efsa, l'autorità europea per la sicurezza alimentare, dedicata a questo insetto, si tratta di una cocciniglia della famiglia degli Pseudococcidi identificata per la prima volta in Giappone nel 1971 e classificata inizialmente con il nome di Rhizoecus hibisci.
Questa cocciniglia vive nel terreno, dove compie tutto il suo ciclo vitale, dalle uova agli individui adulti, attaccando le radici delle piante di cui si nutre e causando danni che vanno dal rallentamento della crescita, all'ingiallimento delle foglie, mentre non è mai stato documentato che possa trasmettere virus o altri patogeni.
Gli adulti di questa cocciniglia sono piccoli, da 1,2 a 2,4 mm di lunghezza, di colore bianco o grigiastro, ricoperti di una cera cotonosa bianca, che si può ritrovare anche sulle radici e sul substrato delle piante attaccate e che spesso è il sintomo più evidente della sua presenza. Le femmine, dopo essersi accoppiate, depongono le uova in contenitori, tecnicamente detti ovisacchi, che possono contenere 80-100 uova, che schiuderanno in circa 9 giorni, dando origine alle forme giovanili - le ninfe - per poi arrivare allo stadio adulto in 2 o 3 mesi a seconda della pianta di cui si nutrono e della temperatura. Ma le femmine posso riprodursi anche per partenogenesi, deponendo uova non fecondate da cui possono nascere nuovi individui.
Ripersiella hibisci è un parassita polifago, cioè si può nutrire di più specie vegetali. In particolare le piante ospiti di cui si nutre e su cui è stata documentata la sua presenza sono principalmente piante ornamentali, soprattutto se allevate in vaso e in serra, tra cui l'ibisco - come dice lo stesso nome scientifico della cocciniglia - l'oleandro, i rododendri, i gerani, la cuphea, la dieffenbachia, le camelie, il ligustro, l'olmo e l'olmo giapponese (Zelkova spp.), la serissa (Serissa spp.) il melograno, la calatea, e le palme del genere Phoenix, oltre che i fichi.
Attualmente Ripersiella hibisci è presente stabilmente in Giappone, in Cina, a Taiwan, in Florida, a Porto Rico e alle Hawaii.
In Europa, dove avrebbe tutte le condizioni ambientali per vivere e svilupparsi, ci sono state già delle segnalazioni: in Olanda nel 2001 e nel Regno Unito nel 2004, dove il parassita è stato prontamente eradicato. Una prima segnalazione ci sarebbe stata anche in Italia già nel 1994 su una partita di bonsai proveniente dal Giappone e anche in questo caso la cocciniglia risulta essere stata eradicata. Quindi non è vero, come riporta il comunicato svizzero, che l'insetto non era mai stato documentato in Europa.
Anzi, secondo i dati riportati da Eppo, l'Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle Piante, nel 2021 il parassita è stato segnalato ed è sotto eradicazione in Danimarca, in Belgio e in Germania, oltre che in Svizzera e in Italia. Addirittura nel 2000 la Direttiva CE 2000/29 inseriva questa cocciniglia tra gli organismi nocivi noti nel territorio comunitario, anche se oggi il regolamento di esecuzione UE 2019/2072 della Commissione Europea del 28 novembre 2019 inserisce questa cocciniglia nell’Allegato II, parte A, tra gli organismi nocivi di cui non è nota la presenza nel territorio dell’Unione, ed in definitiva è a tutti gli effetti un organismo nocivo da quarantena rilevante per l’Unione.
Ma come ci si difende da Ripersiella hibisci? E’ fondamentale l’autocontrollo fitosanitario per mettere in atto azioni di carattere preventivo.
Per la sua potenziale pericolosità e capacità di insediarsi stabilmente in Europa è vietata l'importazione, da paesi terzi, di piante che si accompagnino a terreno o substrati. Una misura preventiva, prevista anche in Svizzera, che comunque non è in grado di scongiurare completamente il rischio di introduzione dell'insetto. Si possono poi isolare e controllare le partite di piante che si sospetta essere infestate e si deve porre particolare cura nella pulizia e nella disinfezione dei contenitori e dei materiali che vengono a contatto con i substrati e le radici delle piante infette o sospette tali.
In caso di infestazione è stato testato a livello sperimentale l'uso di insetticidi a base di spirotetramat, che applicati al terreno si sono rivelati efficaci nel ridurre le popolazioni di questa cocciniglia, anche se questo principio attivo attualmente non è autorizzato sulle piante ornamentali. Ma il metodo più efficace è il trattamento termico. Da prove sperimentali è stato visto che immergendo i vasi e i substrati in acqua a 47°C per 23 minuti o a 50°C per 15 minuti muoiono tutti gli esemplari presenti: sia gli insetti adulti, sia quelli allo stadio giovanile e sia le uova.
Insomma, Ripersiella hibisci può essere un problema per il vivaismo ornamentale italiano e non bisogna sottovalutarlo. Ma al momento questa cocciniglia non è un problema e  non è sottovalutata dalle autorità fitosanitarie. Quindi è bene che l'attenzione resti alta, ma gli allarmismi sono fuori luogo.

Matteo Giusti