Il vivaista
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Il Prof. Alberto Giuntoli, presidente della Società Toscana di Orticultura nonché accademico dei Georgofili, è stato nominato dal ministro Roberto Cingolani come membro del “Comitato per lo sviluppo del verde pubblico” del Ministero della transizione ecologica per la durata di cinque anni.
La notizia è stata data ieri nel notiziario dell’Accademia dei Georgofili, che ha ricordato le importanti funzioni del Comitato del verde pubblico:
- promuovere l'attività degli enti locali per individuare i percorsi progettuali e le opere necessarie all’incremento del verde pubblico e privato;
- proporre un piano nazionale che fissi criteri e linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti intorno alle maggiori conurbazioni e di filari alberati lungo le strade, anche attraverso il rinverdimento delle pareti e dei lastrici solari, la creazione di giardini e orti;
- verificare le azioni intraprese dagli enti locali per garantire la sicurezza delle alberate stradali e dei singoli alberi piantati in giardini e aree pubbliche e promuovere tali attività a maggior tutela dei cittadini;
- promuovere interventi a favore dei giardini storici.
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Altri due anni alla guida del soggetto referente del Distretto di Pistoia per Luca Magazzini. Vice presidenti Gilberto Stanghini (confermato) e Maurizio Bartolini. [In foto da destra a sinistra: Magazzini, Stanghini, Bartolini]
Stamani il consiglio direttivo dell’Associazione Vivaisti Italiani, alla prima riunione dopo il rinnovo dello scorso 8 luglio, ha votato il nuovo presidente.
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L.S.
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Con riferimento al piano di rimboschimento da 3 miliardi di alberi entro il 2030 dell’Ue, il progetto “Bosco vivo e foreste urbane” di Coldiretti e Federforeste mira a gestire il patrimonio forestale in maniera sostenibile per contribuire a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, favorendo lo stoccaggio del carbonio da parte delle superfici forestali e delle foreste urbane. Nei centri urbani Coldiretti vorrebbe oasi “mangia smog” con alberi performanti come l’Acero riccio, la Betulla o il Cerro.
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Un comunicato stampa delle autorità svizzere, rilanciato dai media italiani, ha segnalato un’introduzione accidentale di Ripersiella hibisci dall'Italia, descrivendo il parassita come mai documentato in Europa. Ma in realtà questa cocciniglia è già nota da più di 10 anni nel vecchio continente e sorvegliata dai servizi fitosanitari comunitari. Bene quindi l'attenzione, ma gli allarmismi sono da evitare.
C'è una cocciniglia che in questi giorni sta facendo parlare di sé. Si chiama Ripersiella hibisci e ha avuto un balzo di notorietà dopo che alcuni giornali e siti internet hanno rilanciato un comunicato stampa dell'Ufficio federale dell'agricoltura elvetico che segnalava un focolaio di questo insetto in Svizzera.
Secondo il comunicato stampa delle autorità svizzere pubblicato il 30 giugno scorso, il parassita è stato ritrovato su una partita di 50 piante di Callistemon - la scovolina - importate dall'Italia.
E sempre secondo questo comunicato - e i media che lo hanno rilanciato - si tratterebbe di un parassita finora mai documentato in Europa, anche se non è così.
Ma andiamo per gradi e inziamo a vedere chi è e cosa fa Ripersiella hibisci.
Come riporta la scheda dell'Efsa, l'autorità europea per la sicurezza alimentare, dedicata a questo insetto, si tratta di una cocciniglia della famiglia degli Pseudococcidi identificata per la prima volta in Giappone nel 1971 e classificata inizialmente con il nome di Rhizoecus hibisci.
Questa cocciniglia vive nel terreno, dove compie tutto il suo ciclo vitale, dalle uova agli individui adulti, attaccando le radici delle piante di cui si nutre e causando danni che vanno dal rallentamento della crescita, all'ingiallimento delle foglie, mentre non è mai stato documentato che possa trasmettere virus o altri patogeni.
Gli adulti di questa cocciniglia sono piccoli, da 1,2 a 2,4 mm di lunghezza, di colore bianco o grigiastro, ricoperti di una cera cotonosa bianca, che si può ritrovare anche sulle radici e sul substrato delle piante attaccate e che spesso è il sintomo più evidente della sua presenza. Le femmine, dopo essersi accoppiate, depongono le uova in contenitori, tecnicamente detti ovisacchi, che possono contenere 80-100 uova, che schiuderanno in circa 9 giorni, dando origine alle forme giovanili - le ninfe - per poi arrivare allo stadio adulto in 2 o 3 mesi a seconda della pianta di cui si nutrono e della temperatura. Ma le femmine posso riprodursi anche per partenogenesi, deponendo uova non fecondate da cui possono nascere nuovi individui.
Ripersiella hibisci è un parassita polifago, cioè si può nutrire di più specie vegetali. In particolare le piante ospiti di cui si nutre e su cui è stata documentata la sua presenza sono principalmente piante ornamentali, soprattutto se allevate in vaso e in serra, tra cui l'ibisco - come dice lo stesso nome scientifico della cocciniglia - l'oleandro, i rododendri, i gerani, la cuphea, la dieffenbachia, le camelie, il ligustro, l'olmo e l'olmo giapponese (Zelkova spp.), la serissa (Serissa spp.) il melograno, la calatea, e le palme del genere Phoenix, oltre che i fichi.
Attualmente Ripersiella hibisci è presente stabilmente in Giappone, in Cina, a Taiwan, in Florida, a Porto Rico e alle Hawaii.
In Europa, dove avrebbe tutte le condizioni ambientali per vivere e svilupparsi, ci sono state già delle segnalazioni: in Olanda nel 2001 e nel Regno Unito nel 2004, dove il parassita è stato prontamente eradicato. Una prima segnalazione ci sarebbe stata anche in Italia già nel 1994 su una partita di bonsai proveniente dal Giappone e anche in questo caso la cocciniglia risulta essere stata eradicata. Quindi non è vero, come riporta il comunicato svizzero, che l'insetto non era mai stato documentato in Europa.
Anzi, secondo i dati riportati da Eppo, l'Organizzazione europea e mediterranea per la protezione delle Piante, nel 2021 il parassita è stato segnalato ed è sotto eradicazione in Danimarca, in Belgio e in Germania, oltre che in Svizzera e in Italia. Addirittura nel 2000 la Direttiva CE 2000/29 inseriva questa cocciniglia tra gli organismi nocivi noti nel territorio comunitario, anche se oggi il regolamento di esecuzione UE 2019/2072 della Commissione Europea del 28 novembre 2019 inserisce questa cocciniglia nell’Allegato II, parte A, tra gli organismi nocivi di cui non è nota la presenza nel territorio dell’Unione, ed in definitiva è a tutti gli effetti un organismo nocivo da quarantena rilevante per l’Unione.
Ma come ci si difende da Ripersiella hibisci? E’ fondamentale l’autocontrollo fitosanitario per mettere in atto azioni di carattere preventivo.
Per la sua potenziale pericolosità e capacità di insediarsi stabilmente in Europa è vietata l'importazione, da paesi terzi, di piante che si accompagnino a terreno o substrati. Una misura preventiva, prevista anche in Svizzera, che comunque non è in grado di scongiurare completamente il rischio di introduzione dell'insetto. Si possono poi isolare e controllare le partite di piante che si sospetta essere infestate e si deve porre particolare cura nella pulizia e nella disinfezione dei contenitori e dei materiali che vengono a contatto con i substrati e le radici delle piante infette o sospette tali.
In caso di infestazione è stato testato a livello sperimentale l'uso di insetticidi a base di spirotetramat, che applicati al terreno si sono rivelati efficaci nel ridurre le popolazioni di questa cocciniglia, anche se questo principio attivo attualmente non è autorizzato sulle piante ornamentali. Ma il metodo più efficace è il trattamento termico. Da prove sperimentali è stato visto che immergendo i vasi e i substrati in acqua a 47°C per 23 minuti o a 50°C per 15 minuti muoiono tutti gli esemplari presenti: sia gli insetti adulti, sia quelli allo stadio giovanile e sia le uova.
Insomma, Ripersiella hibisci può essere un problema per il vivaismo ornamentale italiano e non bisogna sottovalutarlo. Ma al momento questa cocciniglia non è un problema e non è sottovalutata dalle autorità fitosanitarie. Quindi è bene che l'attenzione resti alta, ma gli allarmismi sono fuori luogo.
Matteo Giusti