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Associazione boscaioli pistoiesi e Cia Pistoia: «non dimenticatevi dei disastri nei boschi e negli oliveti, necessari interventi rapidi»

Nadia Bartoli, presidente dell’Associazione boscaioli pistoiesi, parla di interi boschi e abetaie abbattuti e sottolinea l’urgenza di tagli e ripuliture per ragioni di sicurezza e per salvare il turismo. Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia, segnala i tanti olivi spezzati o sradicati nelle colline, colpo definitivo sugli olivicoltori dopo una stagione in cui la produzione era crollata dell’80%.

«Anche la situazione dei boschi nella montagna pistoiese è disastrosa: che le istituzioni non se ne dimentichino. Qui nel comune di Marliana, fra Casore del Monte e Femmina Morta, tanto per fare un esempio, c’è un’intera abetaia abbattuta, e tutto il bosco è in condizioni pietose. Molti anche i castagni distrutti e pure le querce».

A sottolineare la situazione drammatica è Nadia Bartoli, presidente dell’Associazione boscaioli pistoiesi, che lancia un grido d’allarme alle istituzioni preposte: «diano la possibilità alle nostre aziende di tagliare e ripulire i boschi, spronando i proprietari privati di boschi a darsi da fare. Che si colga questa situazione drammatica come occasione per iniziare davvero una politica seria di gestione dei boschi. E bisogna fare in fretta, sia per ragioni di sicurezza che per salvare il turismo!».

Si unisce al grido d’allarme dei boscaioli pistoiesi sulla portata dei danni della tempesta di vento tra il 4 e il 5 marzo nella montagna pistoiese e sulla necessità di interventi rapidi il presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini, che allarga il discorso alle colline pistoiesi e in particolare all’olivicoltura. «Ho visto di persona molti uliveti delle nostre colline devastati dal vento, con piante di olivo spezzate o sradicate. Dopo una stagione funestata da un crollo della produzione d’olio dell’80% per la mosca olearia ci mancava il colpo di grazia del vento. Nel momento in cui si sarebbero dovuti potare gli ulivi, in molti casi ci ha pensato a farlo il vento, ma in malo modo e con effetti davvero pesanti. Ci vorrà diverso tempo perché l’olivicoltura della zona ritorni ai livelli di produzione precedenti».

Redazione Floraviva

danni serra

Sandro Orlandini: «circa 1500 le aziende agricole in qualche modo colpite nella provincia». E le prime ricognizioni dei tecnici della Confederazione italiana agricoltori fra i vivai della piana pistoiese e le serre floricole della Valdinievole hanno confermato che le aziende sono state danneggiate pesantemente sia nelle strutture che nelle produzioni. In diversi casi si parla di fatturati annui dimezzati e serre da rifare.

Parte di una serra di ultima generazione e nuova di zecca completamente scoperchiata (1000 metri quadri su 3500 mq), e il sistema automatico di ombreggiamento strappato per 1750 mq, con il motore (determinante per le produzioni da questo periodo in avanti) messo ko. E poi teli per la coltivazione pari a circa 1000 mq divelti. Per una stima totale di circa 40 mila euro di danni. A cui si dovranno aggiungere i circa 150 mila euro di danni legati alle diverse migliaia di fioriture di primule e di gerani andate distrutte e alla mancata produzione nel periodo in cui la serra dovrà essere ripristinata (vedi foto).
Queste, in breve, le pesanti conseguenze del terribile vento che si è abbattuto nella notte fra il 4 e il 5 marzo sull’azienda Bonini Piante di Pescia, una delle imprese leader del florovivaismo pesciatino. Ed è il bilancio di solo uno dei tanti sopralluoghi compiuti tra ieri e oggi dai tecnici di Cia Pistoia fra le aziende agricole del territorio provinciale, per la maggior parte dedicato al vivaismo e alla floricoltura. Sopralluoghi e ricognizioni che continueranno nei prossimi giorni. Mentre nel frattempo Cia Toscana ha già chiesto alla Regione il ristorno al 100% dei danni. Come ha spiegato Sandro Orlandini, presidente di Cia Pistoia, «sono circa 1500 le aziende agricole in qualche modo danneggiate dal forte vento di due notti fa nella provincia di Pistoia».
Un altro esempio è quello della ditta Frosini Piante della frazione Bottegone di Pistoia (vedi foto), che ha subito un grosso danno per la distruzione di una struttura destinata alla lavorazione delle piante (invasamento e taleaggio). Tale danno è stato accresciuto dal danneggiamento di un camion e di attrezzature varie che sostavano sotto la struttura al momento del crollo. Ci sono poi i danni alle piante, ancora in corso di verifica: da fenomeni di piegamento alle fuoriuscite di radici. Costo stimato: 50.000 euro.
Ma ecco un primo bilancio complessivo delle ricognizioni dei tecnici di Cia Francesco Bini e Francesco Troiano, che riguardano soprattutto il vivaismo di Pistoia e il florovivaismo di Pescia, ma anche l’agricoltura tradizionale.


AZIENDE VIVAISTICHE DELLA PIANA PISTOIESE
In generale le conseguenze più visibili sono state i danneggiamenti di serre e tunnel, sia nelle coperture (fisse o mobili) sia nelle strutture portanti, che sono state deformate in modo irreparabile dalla pressione esercitata dal vento.
I danni alle piante sono di più difficile valutazione, in quanto ci sono i danni certi alle piante spezzate ma anche defogliazioni, perdite della forma e fuoriuscite delle radici a seguito di piegamenti. In questi ultimi casi occorre aspettare la ripresa vegetativa per vedere se le piante si riprenderanno e se risulteranno commercializzabili. Di certo per queste piante salta comunque questa fase di commercializzazione.
Oltre all’esempio della ditta Frosini sopra citato, i tecnici Cia riportano il caso di un’altra azienda – che ha preferito restare anonima -, i cui danni prevalenti sono stati: piante danneggiate per esfoliazione, rotture di rami, scoperture dell’apparato radicale e poi, per le piante in vaso, migliaia di piantine fuoriuscite dai vasi che necessiteranno di molto costo di manodopera per il rinvasamento, senza garanzie assolute di riattecchimento. Senza dimenticare poi gli immancabili danni a tunnel e serre, per una perdita totale stimata intorno agli 80.000 – 100.000 euro.


danni serra

AZIENDE FLORICOLE PESCIATINE
Oltre all’azienda Bonini, è stata contattata direttamente l’azienda agricola Oscar Tintori, nota per le piante di agrumi, che ha subito danni alle serre a seguito della caduta di un albero secolare su di esse.
In generale, si può dire che nel comprensorio della Valdinievole, ricco di serre, sono segnalati ingenti danni alle coperture (in molti casi proprio divelte dal vento) ed alle strutture portanti delle serre. Per i danni alle coltivazioni in senso stretto, oltre a quelli diretti alle piante che sono già visibili, preoccupano i danni che probabilmente saranno causati alle piantine in fioritura a causa della mancata copertura delle serre che sono state divelte. Questo comprometterà in gran parte la commercializzazione di breve periodo.


danni serra

ALTRI TIPI DI PRODUZIONI AGRICOLE:
Abbiamo segnalazioni da aziende olivicole e viticole della collina pistoiese che accusano danni alle piante dovuti a rottura di rami o di piante intere; in molti casi le piante sono state completamente divelte. Tali aziende dichiarano che avranno una riduzione del 60-80% della produzione di quest'anno e che il recupero della produzione precedente avverrà nel corso di alcune stagioni. Sono segnalati anche diversi casi di danni alle infrastrutture aziendali e agli annessi agricoli, soprattutto ai tetti e alle strutture portanti.
 
Redazione Floraviva

orti africa

La Fondazione Slow Food per la Biodiversità e Table for Two firmano un accordo a sostegno del progetto dei 10.000 orti in Africa. La collaborazione permetterà la realizzazione di 111 nuovi orti

Slow Food è lieta di annunciare che la Fondazione Slow Food per la BiodiversitàTable for Two hanno firmato un accordo che contribuirà in modo sostanziale allo sviluppo del progetto dei 10.000 orti in Africa. Table for Two destinerà una somma importante alla realizzazione di 111 nuovi orti, nonché a eventi di educazione alimentare da tenersi nel corso del 2015. Gli orti coinvolgeranno comunità, scuole e famiglie in Kenya, Ruanda, Tanzania.
Table for Two è un progetto nato nel 2007 in Giappone, che si pone come obiettivo una più equa ridistribuzione delle risorse alimentari a livello globale: in un mondo di 7 miliardi di persone, 1 miliardo soffre di malnutrizione, e un altro miliardo di disturbi legati ad abitudini alimentari scorrette (diabete, obesità) dovute, al contrario, a un eccesso di nutrizione. Table for Two cerca di riequilibrare questa situazione secondo un programma che fornisce pasti dal corretto contributo calorico e nutritivo a oltre 600 società, università, ristoranti e organizzazioni in Giappone, Hong Kong, Italia, Taiwan, Canada, Stati Uniti, Norvegia, Francia e Svizzera. Una piccola parte del ricavato di ogni pasto viene devoluta al progetto per fornire la giusta alimentazione nelle scuole dei paesi in via di sviluppo.
Grazie all’accordo tra Table for Two e Slow Food, le due organizzazioni lavoreranno fianco a fianco per aiutare le popolazioni locali a migliorare il sistema alimentare africano. I nuovi orti permetteranno alle comunità autoctone di coltivare e mangiare cibo fresco e genuino, aiutandole a salvaguardare il valore della cucina locale e a promuovere i saperi e le tecniche tradizionali.
Il progetto dei 10.000 orti in Africa è già operativo in 34 paesi africani, per un totale di circa 1500 orti già realizzati. La partnership aumenterà ulteriormente l’impatto del progetto: gli staff di Slow Food e di Table for Two lavoreranno insieme all’organizzazione di alcuni eventi educativi, come ad esempio i laboratori di “community food experience” presso le località dove saranno realizzati gli orti scolastici. Essi consisteranno in attività di preparazione di piatti tradizionali giapponesi (onigiri, Japanese rice balls, ad esempio) e piatti locali africani. Non solo cucina dunque, ma anche condivisione, attraverso il cibo, delle diverse culture alimentari, giapponese e africana, ed educazione all’importanza di mangiare cibo locale e sano. La realizzazione di questi laboratori vedrà il coinvolgimento di un terzo partner, Peace Kitchen, per far sì che questi momenti di formazione risultino utili il più possibile agli studenti africani. Secondo l’accordo infatti, un terzo dei nuovi orti saranno orti scolastici. Grazie alla creazione di 111 orti e dei laboratori didattici, sarà possibile coinvolgere un gran numero di bambini, insegnanti e genitori, promuovendo un sistema di produzione e di consumo più sostenibile e difendendo il loro patrimonio culinario e l’utilizzo delle colture locali.

Redazione Floraviva

confagricoltura sostegno terzo settore

“Intendiamo sostenere l’agricoltura sociale, dedicando una parte delle nostre risorse allo sviluppo di attività a favore di soggetti svantaggiati e per il recupero di imprese confiscate alla criminalità. L’agricoltura è una straordinaria forza terapeutica che non può essere ignorata. Si pensi, ad esempio, agli ottimi risultati ottenuti con l’ippoterapia, la pet-therapy e l’orticoltura-terapia, per chi soffre di deficit comportamentali, come i bambini affetti dalla ‘sindrome di Down’ “. Lo ha detto Stefano Bianchi, presidente di For.Agri il primo, e per ora l’unico, Fondo Interprofessionale che dedica attenzione al terzo settore, investendo risorse per l’agricoltura sociale.

L’agricoltura sociale è molto diffusa in Italia, anche se ancora poco nota. In Parlamento è in dirittura d’arrivo la legge per regolarla. Nell’ambito di quella che viene ampiamente definita agricoltura sociale, un ruolo predominante, ricorda For.Agri, è svolto dalle cooperative sociali, organizzazioni che, secondo la definizione giuridica data dalla L. 381/1991, hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità all’integrazione sociale dei cittadini, attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi o lo svolgimento di attività diverse – incluse quelle agricole - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
 
“Abbiamo riservato – continua Bianchi - risorse specifiche a progetti presentati da queste particolari imprese, che continuano a crescere di numero. Il nostro Fondo Interprofessionale ritiene indispensabile promuovere, e desideriamo continuare a farlo anche in futuro, la formazione e sviluppare capacità e competenze di chi è direttamente coinvolto nella gestione e nell’attività di queste imprese che, oltre a produrre beni agro-alimentari, promuovono l’inclusione sociale, l’inserimento terapeutico e lavorativo di soggetti deboli e svantaggiati, l’organizzazione di servizi per minori e per anziani”.
 
La cooperazione sociale si inquadra nel più largo aspetto del ruolo multifunzionale dell’agricoltura, che va declinato non solo sul versante delle varie opportunità di reddito per l’azienda agricola, ma anche su quello delle diverse funzioni che l’agricoltura riesce e può ulteriormente esprimere all’interno della società e del sistema Paese. La multifunzionalità dell’agricoltura, conclude  For.Agri,  spiana la strada a nuovi obiettivi sociali e ambientali.
 
I NUMERI DEL SOCIALE
 
In Italia si contano ormai circa 14.000 cooperative sociali e il loro impatto in termini occupazionali è molto elevato, con circa 320.000 lavoratori dipendenti, per una media di 23 lavoratori a cooperativa e l’impiego in media di 530 soggetti ogni 100mila abitanti a livello nazionale.
 
La cooperazione sociale agricola in Italia conta ormai circa 400 cooperative sociali, impegnate in attività produttive lungo tutta la filiera legata al settore agricolo: dalla coltivazione, all’industria alimentare, al commercio. Sono impiegati circa 4.000 lavoratori dipendenti su tutto il territorio nazionale, per un valore della produzione di  200 milioni di euro.
 
Oltre il 90% di queste imprese si occupa di attività agricole in senso stretto. In particolare, il 40% di coltivazione di colture agricole non permanenti, l’8% di colture agricole permanenti, l’11%  di allevamento di animali e coltivazioni agricole connesse, mentre il 10% si occupa di silvicoltura e utilizzo di aree forestali. Inoltre, un 20% delle imprese è impegnato in attività di supporto all’agricoltura e successive alla raccolta.
 
ALCUNE ‘CASE HISTORY’
 
NATURALMENTE è una società cooperativa agricola della provincia di Cuneo che si occupa dell’inserimento sociale e lavorativo di disabili psichici, attraverso il lavoro agricolo. Costituita nel maggio 2009, la cooperativa ha acquisito un cascinale a Murazzano (Comunità Montana Alta Langa), che ha ristrutturato e che ospita l’attività di allevamento di pecore e di trasformazione dei formaggi. Il progetto, con attività in campo, in stalla e in laboratorio, ha finanziato la formazione tecnica di settore, integrata con opportune attività di sostegno, per portare i dipendenti disabili a saper gestire le greggi di pecore.
 
OIKOS ONLUS di Jesi è un’associazione di volontariato nata nel 1990, su iniziativa di Don Giuliano Fiorentini, con lo scopo di offrire una risposta immediata e diretta al problema della tossicodipendenza. Oikos svolge attività di prevenzione e di cura della tossicodipendenza e di dipendenze patologiche; attività di sostegno e cura di minori vittime di violenza e abusi fisici e psicologici e delle loro mamme. Realizza progetti di prevenzione e promozione del benessere nelle scuole e nel territorio e offre un globale sostegno alle famiglie.
 
La cooperativa sociale “MADONITA”, di Castelbuono (PA), si occupa del recupero e integrazione di soggetti svantaggiati; dell’inserimento nel mondo del lavoro di emarginati sociali, tossicodipendenti, disabili psichici e non, attraverso attività di formazione e di orientamento professionale, di gestione di centri di lavoro. Le attività finanziate da For.Agri vanno dall’introduzione della permacoltura a quella dell’agricoltura sinergica, dalla qualificazione dell’operatore di fattoria sociale a quella di operatore di attività assistita con asino.
 
TERRE DI PUGLIA - LIBERATERRA è la cooperativa sociale di Mesagne in provincia di Brindisi, fondata per il riutilizzo dei beni confiscati alla malavita organizzata pugliese. Si tratta di circa venti ettari di terreno coltivati a grano biologico – grazie al quale già nel 2007 sono stati prodotti i primi tarallini pugliesi con marchio Libera Terra– e di circa trenta ettari di vigneto tipico, recuperati dopo anni di abbandono. I progetti finanziati da For.Agri aiuteranno la qualificazione professionale dei dipendenti.
 
FATTORIE SOCIALI. L’intervento di For.Agri coinvolge 25 imprese di tutto il territorio nazionale e l’attività finanziata intende fornire strumenti utili per avviare percorsi di agricoltura sociale, che ha lo scopo di supportare persone svantaggiate nel loro inserimento lavorativo e sociale e nei loro percorsi terapeutici attraverso l’attività agricola. Gli interventi saranno localizzati in quattro aree diverse del Paese: Piemonte, Toscana, Lazio e Sicilia.

Redazione Floraviva

fratelli ciccolella vivai

Quattro anni fa la loro impresa veniva selezionata per rilevare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese e costruire serre fotovoltaiche. Ma quel colosso costruito anche grazie ad amicizie eccellenti, appoggi politici e soldi pubblici è a un passo dalla fine

Non fiori né opere di bene. Solo un miracolo potrebbe salvare i fratelli Ciccolella, re dei vivai, delle rose, degli anthurium e produttori di energie alternative.

Il crollo è stato tanto rapido quanto è stata lenta la costruzione dell’impresa pugliese che, solo quattro anni fa, era stata selezionata da Invitalia fra i candidati a rilevare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese con l’obiettivo di riconvertire la catena di montaggio in serre fotovoltaiche. È stato il punto più alto di un’ascesa partita negli anni Sessanta, con il padre fondatore Paolo, passata per la quotazione in Borsa nel 2006 e per una campagna di acquisizioni in Olanda, patria del mercato florovivaistico.

Il 12 febbraio, la Ciccolella Spa è fallita per 700 mila euro su istanza dello studio Segre di Torino, che ha curato la quotazione in Borsa di Ciccolella nel 2006. Fino a giugno del 2014 lo studio Segre ha anche ospitato nella sua sede di via Valeggio le quattro società in cima alla catena di controllo chiamate Vincenzo, Corrado, Antonio e Francesco, come i quattro fratelli di Molfetta.

È stata l’ultima goccia in un vaso pieno di debiti. L’esposizione consolidata complessiva della holding non quotata (Gruppo Ciccolella Srl) è di 225 milioni di euro. La sezione fallimentare del tribunale di Trani ha trasmesso gli atti al sostituto procuratore Antonio Savasta, che aveva già in corso un’indagine sulle società del gruppo.

Quattro giorni dopo il fallimento, il 16 febbraio, la Consob ha comunicato la sospensione dalle contrattazioni della Ciccolella, per quel poco di flottante lasciato sul mercato dai due azionisti principali: il Gruppo Ciccolella (90 per cento) e la Bim (4,7 per cento), oggi controllata da Veneto Banca ma fondata dalla famiglia Segre.

Il fallimento non incide soltanto sulle aziende dei Ciccolella. Le banche, che si erano rassegnate all’ennesima ristrutturazione del debito e a un nuovo piano industriale firmato da Kpmg con traguardo 2017, sono costrette a tifare per il ricorso contro il provvedimento del tribunale, annunciato da Vincenzo Ciccolella. Il più anziano dei fratelli, nato nel 1953, ha sottolineato che il gruppo capitalizza 40 milioni di euro a Piazza Affari. Può darsi che abbia ragione. Il problema sta al gradino superiore, il Gruppo Ciccolella, di cui Vincenzo stesso è liquidatore dal marzo 2014. La controllante è stata cancellata nello scorso dicembre e il suo patrimonio è totalmente in mano agli istituti di credito.

Su 100 ettari di serre, il gioco delle garanzie ha consegnato i vivai e i terreni di Molfetta a Banca Apulia. Sugli impianti di Terlizzi, la cittadina del governatore Nichi Vendola, c’è la Bim con 22 milioni di euro di crediti. Unicredit ha le mani su Melfi e su Candela, che è l’investimento più recente e anche quello che andava meglio grazie all’accordo sulla cogenerazione con Edison. E poi c’è Banca Marche, che ha già iscritto a sofferenza i suoi 64 milioni di euro di finanziamento contro pegno sulle azioni della capogruppo non quotata.

La famiglia Ciccolella, che ha preferito non rispondere alle domande de “l’Espresso”, ha sempre scelto il basso profilo e la politica delle buone relazioni attraverso gli incarichi in consiglio di amministrazione o nel collegio sindacale. Nella governance dei florovivaisti sono apparsi Alberto Bombassei, patron della Brembo e numero due di Confindustria sconfitto da Giorgio Squinzi nella corsa alla presidenza del marzo 2012. L’industriale lombardo si è dimesso dal consiglio a maggio del 2011, due mesi dopo che Corrado Ciccolella era finito agli arresti per un’inchiesta sui contributi pubblici alla centrale a turbogas di Scandale, nel crotonese.

Un po’ più a lungo di Bombassei, fino al 2012, è rimasto Massimo Tezzon, direttore generale della Consob dal 1999 al 2008 e dall’anno successivo presidente del collegio sindacale di Ciccolella, oltre che sindaco della Sator di Matteo Arpe, della Banca Popolare dell’Etruria e dell’Atac durante la giunta di Gianni Alemanno. Un altro ex Consob ed ex Borsa italiana, Enrico Cervone, è stato prima sindaco e poi consigliere di Ciccolella Spa fino al 2013, quando è stato sostituito dal docente di diritto commerciale Gianvito Giannelli, curatore fallimentare del Bari Calcio ceduto all’ex arbitro Gianluca Paparesta.

A dispetto della storia di successo e dell’enfasi sulla buona imprenditoria privata del Sud, le imprese dei fratelli pugliesi non hanno mai disdegnato i rapporti con la politica, quando politica significava finanziamenti. I Ciccolella hanno ottenuto un primo contributo dal Cipe per 20 milioni nel 2004. Il sostegno, sollecitato dal ministro delle Attività Produttive Antonio Marzano, riguardava il contratto di programma dell’area di Melfi. Nel 2009, ancora con Silvio Berlusconi premier, sono arrivati altri 17 milioni per il contratto di programma di Candela, in provincia di Foggia. Claudio Scajola era il ministro dello sviluppo economico. Nello stesso periodo la Alibio, controllata dalla società Fratelli Ciccolella, ha ricevuto altri 15 milioni di euro di fondi pubblici per la centrale a turbogas di Scandale. Oltre all’arresto di Corrado Ciccolella e al fallimento di Alibio, l’avventura calabrese ha provocato, fra l’altro, un danno erariale quantificato dalla Guardia di Finanza in 13 milioni. Anche contro questa richiesta i Ciccolella hanno presentato ricorso.

La vera svolta verso il declino dell’epopea di rose e fiori risale all’inizio del 2013, dopo la rottura delle relazioni sindacali dovuta al mancato accordo su 242 licenziamenti negli impianti di Candela, Melfi e Terlizzi-Molfetta. A febbraio di due anni fa il tribunale di Amsterdam ha dichiarato il fallimento di Ciccolella holding international Bv, cassaforte della campagna acquisti estera condotta a ridosso della quotazione. Al momento di chiudere i battenti, la capogruppo olandese aveva 230 milioni di euro di ricavi, 30 milioni di debiti e 300 dipendenti, in seguito tutti licenziati. La svalutazione delle partecipazioni estere si è aggiunta alla crisi generale del mercato dei fiori, che ha portato i fratelli pugliesi a sospendere la produzione delle rose e a limitarsi agli anthurium.

In osservanza della legge di Murphy (“se qualcosa può andare male, andrà male”), il 2013 horribilis dei Ciccolella si è chiuso a dicembre con la sospensione delle ultime rate di contributi ministeriali per i contratti di programma di Candela e di Melfi. La decisione porta la firma dell’allora ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, e ha provocato l’ennesimo ricorso degli imprenditori, questa volta al Tar del Lazio, che ha girato la questione ai tribunali amministrativi di Puglia e Basilicata.

Alla fine del 2013, il grosso dei ricavi di Ciccolella era rappresentato dai 56 milioni di euro incassati per il contratto sull’energia con Edison e subito messi a disposizione del pool guidato da Unicredit, con cui in passato i Ciccolella sono stati in causa per i prodotti derivati. Dopo il fallimento della società quotata, la Procura di Trani sta passando al setaccio i finanziamenti pubblici legati ai contratti di programma.

Oltre a questi controlli, ci sarà un’analisi delle operazioni della holding (Gruppo Ciccolella) che, a detta dei magistrati, sono tutte da verificare.

Fonte l'Espresso
di Gianfrancesco Turano