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treno italia

Come una cura del ferro può rendere più moderne e sostenibili le città italiane. Presentato lo studio di Legambiente, con il contributo di Ansaldo Breda, sulla situazione di treni regionali, metropolitane e tram nelle città italiane. Treni troppo vecchi e lontani dagli standard europei: l’età media dei convogli in circolazione sulla rete regionale è di 18,6 anni, il 45% ha più di 20 anni di età. “Serve un programma nazionale per 1.600 nuovi treni nelle città italiane, in modo da avere un servizio di livello europeo per i pendolari e rispondere alla nuova domanda di mobilità”

Nuovi treni per città più vivibili. Per Legambiente parte da qui la sfida per ripensare la mobilità urbana e il trasporto su ferro, un trasporto che deve essere potenziato, migliorato, reso più competitivo con maggiori investimenti e che deve saper rispondere alla nuova e crescente domanda di mobilità delle aree urbane. Ad oggi il trasporto ferroviario italiano conta, invece, treni troppo vecchi, lenti e lontani dagli standard europei di frequenza delle corse. In Italia sono 3.290 i treni in servizio nelle regioni. L’età media dei convogli in circolazione sulla rete regionale è di 18,6 anni con differenze da regione a regione, dove si trovano anche treni che hanno più di 20 anni di età come succede ad esempio in Abruzzo (84,7%), Puglia (64,4%) e Umbria (66,3%). Anche se negli ultimi dieci anni sono stati realizzati da parte delle Regioni interventi per la sostituzione del materiale rotabile, il tasso di sostituzione è ancora però troppo lento dato che ha riguardato solo il 19,8% della flotta totale di treni regionali attualmente in circolazione. a Lombardia è la regione che ha acquistato più treni nuovi, per un totale di 125 (circa il 19% del totale nazionale), seguita da l’Emilia-Romagna con 72 treni tra revamping e nuovi. Tra le altre regioni la Campania con 63 treni tra nuovi e completamente ristrutturati. Ed ancora ci sono anche treni metropolitani e tram troppo vecchi: a Milano ad esempio l’’età media è rispettivamente di 23,9 anni e 64,5; a Genova oscilla tra i 20 ed i 25 anni. Stessa situazione per la linea B di Roma e per la linea 2 di Napoli (la linea storica che utilizza treni suburbani). A ciò si aggiungono i ritardi e i disservizi che contraddistinguono il trasporto ferroviario e che caratterizzano la vita dei 5 milioni di pendolari che ogni giorno prendono treni regionali e metropolitane.
 
È questo in sintesi il quadro che emerge dallo studio “Nuovi treni per città più vivibili” realizzato da Legambiente, con il contributo di Ansaldo Breda, che ha analizzato la situazione infrastrutturale e del trasporto ferroviario nelle città. Lo studio è verrà presentato oggi pomeriggio a Milano insieme ad AnsaldoBreda, la società Finmeccanica presente alla 61ma edizione di Uitp, il più importante salone ferroviario nel settore delle metro, dei treni regionali e dei tram. All'evento, che ha ottenuto il patrocinio del Comune di Milano, hanno partecipato: l'assessore ai Trasporti del capoluogo lombardo Pierfrancesco Maran, il vicepresidente nazionale di Legambiente Edoardo Zanchini, l'amministratore delegato di ATM Bruno Rota e il Ceo di AnsaldoBreda Maurizio Manfellotto.
 
“Lo studio che abbiamo presentato oggi - dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente - non è solo la descrizione della situazione che ogni giorno vivono i 5 milioni di italiani che ogni giorno prendono metropolitane e treni regionali. È soprattutto un contributo importante per ragionare del futuro del Paese, perché indica una direzione precisa e percorribile di cambiamento. Per un paese come l'Italia recuperare il ritardo negli investimenti sui treni, mettendo in campo un programma nazionale per 1600 tra treni regionali, metropolitani e tram, è una scelta che non solo aiuterebbe i pendolari e la vivibilità nelle città, ma che permetterebbe di creare lavoro e innovazione nella direzione della green economy".
 
Come rendere più moderne e sostenibili le città italiane – Lo studio di Legambiente è partito dall’analisi della realtà esistente, dei treni in circolazione e infrastrutturale, per individuare gli investimenti necessari ad avere un servizio di livello europeo. Sono 1.593 i treni che mancano per avere un servizio realmente competitivo, ossia con treni che non superino i 20 anni di età, e un rafforzamento del servizio nelle tratte più frequentate nelle città e per recuperare il servizio al Sud. Precisamente dai calcoli servirebbero 1293 treni per il trasporto regionale, 150 per rafforzare il servizio sulle linee metropolitane, 184 tram per il servizio urbano. A questi risultati si è arrivati fissando degli obiettivi chiari e che sono nell’interesse generale, oltre che dei pendolari: un rinnovamento del parco rotabile in circolazione sostituendo i treni con più di 20 anni di età;  il potenziamento dell’offerta nelle tratte più frequentate delle aree metropolitane; il miglioramento del servizio nelle regioni meridionali perché oggi sono numerose le linee che collegano anche importanti centri urbani (la Jonica e la Tirrenica in Calabria, Palermo-Messina, Palermo-Catania, Trapani-Palermo in Sicilia per citarne alcune) che vedono transitare ogni giorno pochissimi convogli. Per un investimento di questa dimensione si può stimare una spesa che varia tra i 4 i 5 miliardi, che può ridursi in caso di un intervento di revamping che riguardi almeno in parte il materiale rotabile ma anche se si deciderà di passare attraverso una stazione appaltante unica. Una cifra del genere, se valutata dentro un intervallo di 10 anni e considerando un intervento in cofinanziamento statale, regionale e in parte comunale, appare assolutamente alla portata di un Paese come l’Italia. Per questo Legambiente nello studio sottolinea l’importanza di una regia nazionale in grado di indirizzare in modo uniforme le politiche in tema di mobilità e trasporti e la necessità di maggiori investimenti tali.
Nel panorama italiano ci sono già diversi esempi di successo che dimostrano come questa politica funzioni. Nella Provincia di Bolzano, gli investimenti in materiale rotabile e nelle stazioni hanno portato ad un aumento dei passeggeri che sono passati da 11mila nel 2011 a 29.300 nel 2014. C’è poi il caso della metrotranvia di Firenze, che collega Firenze a Scandicci, che a quattro anni dalla sua attivazione registra oltre 13 milioni di viaggiatori all’anno. La tramvia extraurbana di Bergamo, nota con il nome “Tram delle Valli”, pensata per riattivare una linea ferrovia dismessa, in 5 anni ha registrato oltre 15 milioni di passeggeri. Più del 14% di nuovi passeggeri che oggi utilizzano il tram prima si spostavano in macchina. Infine Legambiente ricorda che una serie e innovativa politica accompagnata da interventi ad hoc permetterebbe di avere vantaggi trasportistici, di vivibilità delle città italiane, vantaggi ambientali, occupazionali, vantaggi per la spesa e la salute dei cittadini.
 
Confronto con le città europee - Dallo studio di Legambiente emerge, inoltre, come il trasporto su ferro italiano sia indietro rispetto a quello europeo. In totale la lunghezza delle linee di metropolitane in Italia è pari a 227,5 chilometri, grazie in particolare all’apertura della linea M5 di Milano e della prima tratta della linea C di Roma. Nonostante i passi avanti realizzati negli ultimi anni, la rete italiana continua ad essere lontana anche da città come Berlino (147,5 km), Parigi (219,5 km), Madrid (290,3) e Londra (464,2). Per quanto riguarda le linee ferrovie suburbane, la Penisola è dotata di una rete totale di 637,6 km mentre sono 2.033,7 quelli della Germania, 1.815,4 km nel Regno Unito e 1.400,4 in Spagna. Riguardo alle linee di tram, se fino a qualche decennio fa l’Italia ricopriva una posizione di vertice nelle classifiche europee, oggi invece vanta 9 città dotate di almeno una linea tramviaria, mentre sono 11 in Spagna, 24 in Francia e addirittura 47 in Germania.
Il link dove è possibile scaricare il dossier:  http://www.legambiente.it

Di seguito la tabella relativa all’età media del materiale rotabile per regione

Regione Numero Treni Età media materiale rotabile Treni con più di 20 anni
Abruzzo 85 28,3 (9,2) 84,7% (18,8%)
Basilicata 49 23,7 (17,8) 48,9% (14,3%)
Pr. Bolzano 59 12,3 0%
Calabria 117 21,1 46,7%
Campania 431 17,3 (16,1) 78,3% (35,9%)
Emilia-Romagna 144 18,1 38,2%
Friuli Venezia Giulia 35 17,4 (11,8) 45% (7,5%)
Lazio 392 17,8 (16,9) 61,5% (38,3%)
Liguria 68 19,5 42,2%
Lombardia 448 21,9 (7,5) 77,5% (14,9%)

 

Redazione Floraviva

parco appennino tosco emiliano

"Siamo orgogliosi di un riconoscimento che premia il lavoro intenso di candidatura attivato da più di un anno da parte del parco dell'Appennino e delle comunità locali. Un riconoscimento che, nella sua interezza, premia anche la Regione con più boschi in Italia e con un eccezionale patrimonio naturalistico e biodiversità". Lo sottolinea il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sottolinea alla notizia del raggiungimento dell'ambito riconoscimento Unesco da parte del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano, inserito dall'Unesco nell'elenco delle Riserve della Biosfera uniche al mondo insieme al Delta del Po e alle Alpi del Ledro e Judiciar.
L'area premiata comprende quasi 250 mila ettari che considerano il Parco nazionale ma che si estendono anche al suo esterno, interessando ben 38 comuni e saldandosi col Parco regionale delle Alpi Apuane. Dagli anni Settanta l''Unesco ha attivato il riconoscimento delle "Riserve della biosfera" , quali aree naturali di pregio universale nell'ottica della conservazione del particolare pregio naturalistico e di biodiversità in esse presenti. Ad oggi in tutto il mondo sono state già riconosciute 631 Riserve in 119 Paesi di cui 10 in Italia, e adesso una anche in Toscana.
Il sito del Parco: www.parcoappennino.it

Redazione Floraviva

agricoltura italiana

Salgono a sei le Organizzazioni professionali e le centrali cooperative che fanno parte del Coordinamento. Insieme rappresentano oltre il 50% del valore della produzione agricola nazionale e circa il 40%  del valore dell’agroalimentare italiano. In autunno la seconda Conferenza economica.

Copagri aderisce ad Agrinsieme. Salgono così a sei le Organizzazioni legate da un accordo interassociativo, che operano in modo coordinato ed unitario: Cia, Confagricoltura, Copagri (come organizzazioni professionali); Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop Agroalimentare (come centrali cooperative, a loro volte riunite nella sigla Alleanza delle Cooperative Agroalimentari). Agrinsieme rappresenta circa il 40% del valore della produzione e del valore aggiunto di settore. La novità è stata segnalata nel corso della conferenza stampa di Agrinsieme.
Annunciato poi il passaggio del testimone da Mario Guidi a Dino Scanavino, che assume l’incarico di nuovo coordinatore di Agrinsieme e resterà in carica per la durata di un anno, come previsto dal documento congiunto delle sei sigle.
“Le varie organizzazioni del Coordinamento -ha commentato il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi- hanno saputo integrare storie e patrimoni di valori che non vengono annullati, ma esaltati in una strategia unitaria fortemente orientata al futuro.  Siamo un raggruppamento inclusivo. Le nostre porte sono aperte a quelle organizzazioni che si riconoscono nella nostra visione dell’agroalimentare italiano”.
“Ci accingiamo ad assumere il compito di coordinamento con la consapevolezza del lavoro importante ed equilibrato svolto da Mario Guidi e delle nuove sfide che ci attendono -ha spiegato il presidente della Cia, Dino Scanavino-. Il mio pensiero va a Giuseppe Politi, primo coordinatore e strenuo sostenitore della necessità del processo unitario della rappresentanza agricola. Due le priorità: accompagnare e sostenere le imprese in una fase economica e sociale difficile; promuovere e sviluppare sempre più le forme di aggregazione economica”.
“La ragione della nostra adesione ad Agrinsieme è nella stessa natura di Copagri, che è nata come aggregazione di diverse associazioni -ha detto il suo presidente, Franco Verrascina-. L'unità è nel nostro Dna, per questo abbiamo deciso di fare questo sostanziale passo avanti nella nostra storia e in quella dell’agricoltura italiana. Aderiamo ad Agrinsieme per semplificare la rappresentanza delle imprese agricole. Unità è ciò che chiedono i produttori”.

“Una delle nostre priorità nei prossimi mesi -ha proseguito il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri- sarà sicuramente quella di far sì che le prossime risorse previste nei Psr delle Regioni siano sempre più indirizzate a incentivare forme di aggregazione, orientando gli investimenti delle aziende agroalimentari sull’innovazione e sull’internazionalizzazione, strumenti necessari per rendere più competitive le imprese sul mercato”.
Questi gli obiettivi comuni che stanno a cuore al Coordinamento e delineati nel proprio documento programmatico: attuare politiche di rafforzamento dell’impresa per modernizzarle e favorirne l’aggregazione in strutture economiche fortemente orientate al mercato; organizzare le filiere; sostenere l’internazionalizzazione delle imprese; svolgere una sistematica azione di semplificazione burocratica, diretta a ottenere il riordino degli enti e delle tecnostrutture operative, sia in ambito nazionale sia in quello regionale; rilanciare la ricerca e le politiche di supporto al trasferimento dell’innovazione; sostenere il ricambio generazionale; definire strumenti per il credito (puntando pure su politiche innovative relative a strumenti assicurativi e fondi mutualistici); incamminarsi sulla strada  della corretta gestione delle risorse naturali (suolo ed acqua), per coniugare produttività e sostenibilità e per valorizzare il ruolo delle aziende agricole  anche nel campo delle energie rinnovabili e dei servizi eco-ambientali; proseguire nell’aggiornamento del  quadro normativo di riferimento a livello europeo, nazionale e regionale. Molte novità si sono registrate proprio grazie all’impegno costante e continuativo di Agrinsieme, ma molto c’è ancora da fare.
“La mobilitazione sull’Imu -hanno quindi detto i presidenti- continuerà perché è inaccettabile una tassa che grava sui fattori di produzione. Abbiamo riscontrato un forte interesse da forze politiche ed opinione pubblica che ci conforta”.

Infine è stata annunciata la seconda Conferenza economica di Agrinsieme, prevista in autunno e che sarà anche l’occasione per una riflessione sul “dopo-Expo”. Ad avviso di Agrinsieme l’Esposizione universale lascerà un’eredità che andrà raccolta, capitalizzata, in ragione di informazioni, contatti, confronto tra buone pratiche e buone policy, collaborazione tra Paesi. Potrà orientare ed aiutare anche la crescita dell’agroalimentare italiano.

I NUMERI DI AGRINSIEME
1 milione di aziende agricole
più di 5 mila cooperative       
oltre la metà della superficie e del valore della produzione agricola nazionale
circa il 40% del valore dell’agroalimentare italiano
 
Redazione Floraviva

festival giardini francia

A meno di 200 chilometri a sud di Parigi, nella poetica Loira selvatica, sorge il Domaine de Chaumont-sur-Loire: oasi naturale che ogni anno dal 1992 ospita il Festival Internazionale dei Giardini, dal 23 aprile fino al primo novembre. L’arte del giardino è al centro del Festival, diventato ormai un immancabile appuntamento per paesaggisti, architetti, scenografi e giardinieri. Per il 2015 ben quindici nuovi artisti hanno preso possesso della tenuta e del parco per stupire i visitatori.

Pubblico e professionisti del settore rimangono ogni anno meravigliati dal Festival Internazionale dei Giardini nel Domaine de Chaumont-sur-Loire: vero e proprio vivaio di nuovi e confermati talenti. È infatti incredibile la varietà di composizioni floreali inedite e di approcci innovatori che qui si incontrano. Situata tra le città di Tours e Blois, l’oasi naturale è un promontorio posto a quaranta metri al di sopra della Loira selvatica ed è aperta tutto l’anno, assieme al suo castello, che fu proprietà di Caterina de’ Medici, di Diana di Poitiers e della Principessa di Broglie. Per questa edizione del Festival quindici nuovi artisti hanno fatto loro la tenuta e il parco del Domaine de Chaumont-sur-Loire con le loro opere: i fiori fantasmi di Gabriel Orozco, il giardino sospeso di Gerda Steiner e Jörg Lenzlinger, l’installazione dell’artista brasiliano Tunga nel maneggio delle scuderie, le sculture di El Anatsui. Nel parco storico i visitatori incontreranno le sculture aracnee dell’artista tedesca Cornélia Konrads, l’albero cavaliere di Antti Laitinen, la “Costellazione del Fiume” di Christian Lapie e ancora, le bellissime immagini dei fotografi Burtynsky, Naoya Hatakeyama e Alex MacLean metteranno in scena le devastazioni compiute dall’uomo sulla natura. Alberi provenienti dal tutto il mondo saranno scoperti nel loro splendore da Mélik Ohanian, Xavier Zimmermann e Jean-Christophe Ballot.

Redazione Floraviva

 

decalogo verde cia

E' un appello rivolto a tutto il mondo quello che la Confederazione italiana degli Agricoltori in occasione di “From Expo 2015 and beyond: agriculture to feed the planet”, il Forum dell’Agricoltura che si tiene a Milano oggi e domani: “Mettiamo il lavoro della terra al centro del nuovo modello di crescita. Va assicurato reddito alle imprese e protagonismo sociale agli agricoltori per tutelare la biodiversità e sfamare il pianeta, evitando l’omologazione ed esaltando i valori rurali”.

“Noi siamo i custodi del mondo buono e rivendichiamo un giusto reddito e il riconoscimento del nostro ruolo sociale”. E’ questo in sintesi il messaggio che la Cia-Confederazione italiana agricoltori, forte di oltre 900 mila soci, ha consegnato ai grandi della terra - oltre 50 ministri delle Risorse agricole - riuniti all’Expo di Milano nel primo Forum Internazionale dell’Agricoltura, dove il ministro italiano Maurizio Martina ha presentato la “Carta di Milano”. Una “Carta” a cui la Cia ha voluto contribuire con un lavoro d’indagine, di ascolto del mondo agricolo, di valutazione delle opportunità e delle criticità raccolto nel documento “Il Territorio come destino” E partendo da questo documento, la Cia ora prova a “dettare” ai rappresentanti delle istituzioni riuniti a Milano un vero e proprio decalogo per disegnare il futuro agricolo, convinta com’è che il diritto al cibo non sia un generico appello a risolvere l’emergenza alimentare, ma debba essere diritto al cibo buono, di qualità e identitario contro una visione dell’agricoltura capace di produrre solo commodity in mano alle multinazionali.
Il decalogo della Cia ha come titolo “l’agricoltura sostenibile”. E si riassume in questi punti qualificanti:
1 - L’Agricoltura è il motore dello sviluppo sostenibile
2 - L’Agricoltura tutela e mette in valore la biodiversità
3 - L’Agricoltura è identitaria e territoriale
4 - L’Agricoltore è custode del mondo
5 - L’Agricoltore ha diritto a un reddito sostenibile
6 - L’Agricoltore ha diritto al riconoscimento del suo ruolo sociale
7 - L’Agricoltura ha il dovere di provvedere al genere umano nel rispetto di tutte le specie vegetali e animali
8 - L’Agricoltura promuove e utilizza la ricerca al fine di migliorare le condizioni dell’uomo e della biosfera
9 - L’Agricoltura è protagonista di tutta la filiera alimentare e trae il suo reddito da questo protagonismo
10 - L’Agricoltura è un valore culturale, le pratiche agricole s’ispirano alle identità territoriali, gli agricoltori sono gli operatori di questo complesso valoriale.
Da qui bisogna ripartire per disegnare una mappa del nuovo sviluppo mondiale -osserva la Cia- capace di soddisfare da un lato la richiesta di cibo e, dall’altro, di preservare le risorse naturali. Pratiche come il “land grabbing”, come la privatizzazione delle risorse idriche, come la riduzione delle specialità agricole a commodity, come il disconoscimento dell’origine dei prodotti agricoli e agroalimentari sono l’estrinsecazione di un modello di sviluppo che depaupera il pianeta e non risolve la questione alimentare.
La Cia è fermamente convinta che solo “l’economia verde”, e cioè un modo di produrre che incorpora il concetto del limite e contemporaneamente esalta le specificità territoriali e le identità colturali nel rispetto della biodiversità, sia la risposta possibile alla questione alimentare e debba essere il profilo della nuova agricoltura che uscirà da questo Forum Internazionale. E’ provato, infatti, che continuare a insistere sul modello quantitativo senza introdurre la centralità del valore agricolo non risolverà affatto la questione alimentare ma, anzi, innescherà nuovi conflitti e ancor maggiori diseguaglianze.
La Cia ha dunque l’orgoglio di candidare il modello agricolo italiano a paradigma del nuovo orizzonte mondiale agricolo, dimostrando che un’agricoltura intensiva, ma rispettosa della biodiversità, un’agricoltura che si fa custode dell’ambiente e del patrimonio di civiltà che esso contiene e determina, un’agricoltura protagonista dell’intera filiera dal campo alla tavola non solo è ambientalmente sostenibile, ma può e deve essere economicamente sostenibile. Com’è scritto nel “Territorio come destino” e come dovrà essere sancito dalla “Carta di Milano”. L’auspicio della Cia è, perciò, che i grandi della terra si mettano in ascolto del cuore verde del mondo e facciano dell’agricoltura il centro di tutte le politiche mondiali.

Redazione Floraviva