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Il progetto d’investimento in una struttura privata per l’autocontrollo fitosanitario nel Distretto vivaistico di Pistoia presentato all’assemblea del 12 dicembre dell’Associazione Vivaisti Italiani (AVI). Intervenuti a spiegarne le ragioni il georgofilo Riccardo Russu, ex direttore del Servizio Fitosanitario Regionale, e Pio Federico Roversi, direttore del CREA Difesa e Controllo. Sia l’Accademia dei Georgofili che il CREA DC sosterranno attraverso propri esperti la realizzazione del Laboratorio di Autocontrollo Fitosanitario, garantendo il necessario supporto tecnico scientifico. Il presidente di AVI Magazzini: «chi vede nel vivaismo un’attività con un futuro non può non partecipare a questo investimento, che sarà proporzionato alle dimensioni aziendali». Favorevoli al progetto gli esponenti istituzionali presenti, fra cui il sindaco di Pistoia Tomasi, il vicepresidente della Provincia Giacomelli e le consigliere regionali Fratoni e Bartolini con il collega Niccolai. Il presidente del Distretto Ferrini: «sempre più compresa la strategicità del vivaismo, che è ormai produzione primaria». Approvati all’unanimità il bilancio preventivo del 2023 di AVI e la conferma per altri 3 anni del revisore dei conti.
La normativa europea sulla protezione delle piante e la riforma del sistema fitosanitario nazionale rendono l’investimento in un laboratorio privato di autocontrollo fitosanitario quasi indispensabile per i vivaisti del Distretto Vivaistico-Ornamentale di Pistoia. E la sua presenza sarebbe un forte vantaggio competitivo per il Distretto, probabilmente più efficace per l’immagine delle piante pistoiesi di qualunque altra certificazione.
È quanto emerso il 12 dicembre a Pistoia all’assemblea di fine anno dell’Associazione Vivaisti Italiani (AVI), soggetto referente del Distretto Vivaistico-Ornamentale. Assemblea durante la quale è stato approvato all’unanimità il bilancio preventivo del 2023 e il presidente Luca Magazzini ha riepilogato il lavoro svolto nel 2022, riservando un ampio focus appunto al progetto di investimento per la creazione di un laboratorio di autocontrollo fitosanitario privato nel distretto, a cui AVI sta lavorando da alcuni mesi nel contesto di un protocollo d’intesa recentemente rinnovato con l’Accademia dei Georgofili e in collaborazione con il CREA. Su questo investimento potrebbero essere convogliate richieste di cofinanziamento pubblico nell’ambito di bandi come quello in arrivo sui contratti di distretto del PNRR.Per illustrare le motivazioni scientifiche e non solo del progetto, sono stati invitati a parlarne a margine dell’assemblea di AVI l’accademico dei Georgofili Riccardo Russu, già direttore del Servizio Fitosanitario Regionale (SFR) della Toscana, e Pio Federico Roversi, direttore nazionale del Centro di Ricerca Difesa e Controllo del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) e referente per l’Istituto nazionale di riferimento per la protezione delle piante. Nei loro interventi hanno spiegato che, in estrema sintesi, i regolamenti europei in materia fitosanitaria hanno reso gli operatori professionali sempre più responsabili dello stato di salute delle piante e, come stabilito dalla riforma del sistema fitosanitario dell’anno scorso (D.lgs n. 19 del 2 febbraio 2021), lo stato di salute deve essere attestato da laboratori riconosciuti dal Servizio Fitosanitario Nazionale (SFN) come idonei a svolgere analisi non ufficiali su richiesta delle aziende. D’altra parte il sistema pubblico costituito dai Servizi Fitosanitari Regionali non ce la fa da solo a controllare l’enorme quantità di materiale vegetale che arriva nei punti di ingresso del nostro Paese, e nel frattempo però le minacce fitosanitarie da organismi nocivi come la Xylella sono sempre in agguato. Quindi sarebbe davvero auspicabile un laboratorio fitosanitario autogestito dai vivaisti in grado di rispondere alle esigenze distrettuali.
Nella sua relazione il presidente di AVI Luca Magazzini, dopo aver ringraziato il presidente del Distretto vivaistico-ornamentale Francesco Ferrini per «il coinvolgimento con cui ha svolto il suo incarico», ha detto sul progetto di laboratorio di autocontrollo che «ci sono le condizioni per realizzarlo e rafforzare così sulla difesa fitosanitaria per i vivai» e che questo «agirebbe sulla qualità delle produzioni pistoiesi anche nei confronti di Paesi concorrenti». Magazzini ha fatto sapere che a questo proposito sono d’accordo tutti i presidenti delle tre associazioni di categoria agricole pistoiesi e ha osservato che conviene a tutti i vivaisti, grandi e piccoli, perché, per inquadrare il tipo di rischio, se, ad esempio, il tarlo asiatico, che è stato rapidamente debellato da Pistoia, si fosse diffuso in certe zone del distretto poi «si sarebbero dovute immobilizzare intere aree di produzione». Inoltre ha precisato all’indirizzo delle aziende vivaistiche più piccole che l’investimento sul laboratorio sarà ovviamente ripartito fra le imprese in maniera proporzionale alle dimensioni aziendali con criteri precisi e in modo trasparente.
Luca Magazzini ha messo in evidenza anche altre delle attività di AVI a supporto del Distretto nel corso del 2022. Fra queste, gli incontri con i dirigenti dell’Asl «per dare seguito al percorso volto a migliorare sia da parte dell’Asl che da parte nostra le modalità di vigilanza sulla sicurezza e i rischi dei lavoratori nei vivai» - che sono sostanzialmente limitati alla fase dei «trattamenti, quasi sempre obbligatori, per la protezione delle piante» - con la ricerca di «sempre nuove soluzioni». Ma anche la ricerca di tecnologie dirette a incrementare la sostenibilità e circolarità della produzione, testimoniata dall’arrivo di nuovi sponsor, e l’esplorazione di varie strade per migliorare la gestione idrica, come ad esempio l’ipotesi di utilizzo delle acque reflue depurate per l’irrigazione nei vivai, che consentirebbe di gravare molto meno sulle falde. E infine il percorso avviato per un progetto insieme al Distretto forestale della Montagna Pistoiese con cui partecipare all’imminente bando del PNRR sui contratti di distretto, che consentirà di investire in primo luogo in energie rinnovabili, ma anche in innovazione e promozione.
Il presidente del Distretto Francesco Ferrini ha affermato che, anche se quest’anno l’andamento di mercato è andato meno bene, resta fermo il fatto che dopo tanti anni «si è compresa la strategicità delle produzioni vivaistiche, che sono diventate una produzione primaria». «Quest’anno – ha chiosato – ho partecipato a circa 70 conferenze più o meno tutte legate al verde e al suo ruolo». Ferrini ha tra l’altro osservato che nell’attività vivaistica c’è già molta economia circolare e di più ce ne sarà in futuro. E ha poi sottolineato che, anche se la cittadinanza sembra non comprendere appieno gli sforzi dei vivaisti verso la sostenibilità, «fino alla fase in cui le piante sono in coltivazione nel vivaio la produzione vivaistica ha un impatto positivo sull’ambiente; solo dal momento in cui escono dai vivai per essere vendute può diventare, per problemi legati ai trasporti, un’attività a impatto negativo».
Consenso unanime per il progetto di struttura per l’autocontrollo da parte degli esponenti istituzionali presenti all’assemblea di AVI che sono intervenuti sull’argomento. «Questo è un tema pre-competitivo che deve coinvolgere tutte le aziende perché così costa meno – ha detto il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi –. Ricordiamoci che il tarlo asiatico è costato 1,5 milioni di euro». «Dalla riunione emerge una visione compiuta delle esigenze del vivaismo – ha detto la consigliera regionale Federica Fratoni -. Il laboratorio mi sembra strategico e qui sorge anche la suggestione di abbinarvi un marchio sulle piante». Per Fratoni sul vivaismo è riduttivo accontentarsi di candidature a singoli bandi e bisognerebbe fare dei «ragionamenti strategici». Positiva sul laboratorio anche la collega in Consiglio regionale Luciana Bartolini, per la quale significherebbe «miglior sicurezza e vantaggi per l’economia, perché un marchio potrebbe essere una ciliegina sulla torta». Bartolini ha reso noto che sta interloquendo con il ministero delle infrastrutture sulla questione dell’asse dei vivai. Mentre il consigliere regionale Marco Niccolai ha evidenziato che ci troviamo a una svolta nel settore agricolo, a seguito dell’approvazione della Commissione Europea del Piano nazionale sulla Pac e dell’avvio da gennaio della nuova programmazione: «cambierà la nomenclatura e non si parlerà più di PSR, arriveranno in tutto 750 milioni di euro, tutti come cofinanziamenti». Il vicepresidente della Provincia di Pistoia Gabriele Giacomelli ha detto: «nei limiti delle nostre competenze saremo a disposizione» accanto ai Comuni del Distretto.
Sì al bilancio preventivo 2023 e conferma di Paola Fanti
Paola Fanti, revisore dei conti, ha illustrato il bilancio preventivo di cassa del 2023, che prevede 130.500 € di entrate e uscite (mirando al pareggio) e non registra significative novità, poiché le entrate attese il prossimo anno, sia tramite le quote associative che attraverso le sponsorizzazioni, restano sostanzialmente le stesse del 2021.
Il bilancio è stato approvato all’unanimità dai presenti in assemblea Voto favorevole unanime ha ricevuto anche la proposta di conferma di Paola Fanti al ruolo di revisore dei conti per il prossimo triennio.
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L’8 dicembre a Parigi premiati i progetti del 3° Green Cities Europe Award dell’ENA: 1^ la città di Alkmaar (Olanda), 2^ Cracovia (Polonia), 3^ Lerum (Svezia).
Il progetto vincitore nella città di Alkmaar punta sulle nature-based solutions (che introducono elementi vegetali) per combattere il riscaldamento urbano, i rischi di inondazioni e la perdita di biodiversità. È un programma, denominato “Greening & Biodiversity”, che ha saputo trasformare in pochi mesi diversi spazi abbandonati e grigi in oasi verdi. L’obiettivo è creare 50 mila metri quadri di spazi verdi in 7 anni. Il primo passo è stato l’identificazione degli spazi senza vita in cui ripristinare la permeabilità del suolo, poi si è passati alla messa a dimora di piante selezionate secondo criteri di biodiversità, con una grande varietà di alberi, arbusti e fiori. In due anni, il 50% dell'obiettivo è già stato raggiunto con diversi mini-parchi, prati fioriti urbani, argini appena piantati e rotatorie rispettose della biodiversità. Questi interventi mirati e di facile attuazione hanno avuto un impatto decisivo sulla città e sui suoi abitanti, non solo migliorando la qualità della vita e la biodiversità locale, ma anche ripristinando il ciclo naturale dell'acqua. Ciò che ha entusiasmato la giuria europea è che mostra come le soluzioni basate sulla natura possano facilmente offrire una mitigazione locale agli effetti del cambiamento climatico. Il suo approccio “Quick Win” trasforma la città da grigia a verde con azioni locali basate su 4 direttrici: de-impermeabilizzazione, partecipazione dei residenti, piantumazione e accoglienza della biodiversità. Può essere facilmente applicato in altre città europee senza tanti ritardi e vincoli. Ulteriori informazioni e foto qua.
Il 2° classificato, il Czyżyny Park di Cracovia, è stato reso possibile dal grande impegno degli abitanti con il sostegno del “bilancio civico”. In quanto ex deposito di autobus, l'intera area era quasi al 100% impermeabile e ricoperta di asfalto e cemento. Oggi, ci sono immagini di autobus e aerei sotto i piedi dei pedoni a ricordare la storia del luogo, ma sono stati piantati oltre 250 alberi, 14.000 piante perenni e arbusti, che creano vari ambienti, dallo stile inglese con viali di alberi e prati ad altri tipi. Il parco ospita campi da gioco, pareti da arrampicata, scivoli e spazio per le bocce. Insomma un programma di riqualificazione e rinaturalizzazione di un quartiere denso e popolare di Cracovia molto ambizioso ed efficace. Ulteriori informazioni e foto qua.
Infine, al 3° posto, Vaxtrum a Lerum, che è un programma unico di mini parchi stimolanti, la cui prima funzione è incoraggiare la vita sociale. Växtrum ha una sistemazione per tutto l'anno, creata e sviluppata dal comune di Lerum, con l'aiuto di noti designer di giardini svedesi. Un'altra delle sue funzioni principali è ispirare e informare sulla biodiversità e la sostenibilità. Oggi 10 di queste oasi verdi in varie parti della città ospitano concerti, classi scolastiche e attività studentesche o conferenze gratuite su suolo e transizione ecologica. Aperti 24 ore su 24, hanno riscosso un enorme successo durante la pandemia, aiutando a combattere la solitudine. Ulteriori informazioni e foto qua.
L.S.
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Fra i risultati di uno studio condotto nella piana lucchese da Università di Firenze e CNR l’identificazione delle piante del luogo che più riducono il PM10.
Redazione
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Aggiornamenti da Roberto Natali e Lorenzo Vagaggini, i consulenti di AVI, del Distretto vivaistico-ornamentale di Pistoia e del Distretto forestale della Montagna Pistoiese, per il bando dei contratti di distretto del PNRR, i cui tempi d’uscita si sono allungati. Già 40 manifestazioni d’interesse dalle aziende: una trentina dalla Piana e una decina dalla Montagna. Maggiorazione del 20% dei contributi per zone montane, giovani insediati da non più di 5 anni e investimenti collettivi (di cooperative o OP). Potrebbe rientrare nel progetto anche il Laboratorio per l’autocontrollo fitosanitario dei vivaisti.
«Ci sono le condizioni favorevoli per inserire nel progetto inter-distrettuale a cui stiamo lavorando con l’Associazione Vivaisti Italiani (AVI) e i due distretti pistoiesi, quello vivaistico-ornamentale della Piana e quello forestale della Montagna, la creazione di quel centro collettivo privato dei vivaisti che è stato annunciato all’ultima assemblea del distretto vivaistico-ornamentale per il controllo dei fitofagi e delle malattie della piante: il cosiddetto “laboratorio per l’autocontrollo fitosanitario”, che potrebbe essere finanziato quasi al 100% o almeno all’80% con finanziamenti statali a fondo perduto, fra “Contratti di distretto” e “Transizione 4.0”».
A renderlo noto è Roberto Natali, il consulente di AVI e del Distretto vivaistico-ornamentale per la progettazione della partecipazione al bando dei “contratti di distretto” del PNRR, la cui uscita è stata posticipata dal Ministero dell’agricoltura forse per evitare sovrapposizioni con il bando dei contratti di filiera già pubblicato. Il Vivaista ha sentito Natali il 27 ottobre scorso insieme al collega Lorenzo Vagaggini, consulente per il Distretto forestale della Montagna Pistoiese, per sapere a che punto siamo con il bando e con la progettazione distrettuale, che ha registrato finora circa 40 manifestazioni d’interesse, di cui una trentina di aziende del Distretto vivaistico-ornamentale della piana di Pistoia e una decina di imprese sia boschive che agricole della Montagna. Un numero già più che sufficiente a realizzare un ottimo progetto, ma che potrebbe aumentare non appena sarà pubblicato il bando e rendere il progetto ancora più significativo.
A Natali e Vagaggini abbiamo chiesto in particolare se ci sono aggiornamenti e novità da segnalare, oltre a quanto già illustrato negli incontri del 20 aprile scorso al Bottegone di Pistoia (vedi qui) e del 24 maggio a Campo Tizzoro (vedi qui), ai vivaisti e agricoltori e boscaioli pistoiesi che ancora non hanno deciso se unirsi ai partecipanti e stanno aspettando la pubblicazione del bando prima di farlo.
Lorenzo Vagaggini si aspetta che questo bando ministeriale, grazie all’introduzione di «elementi di semplificazione importanti», avrà diverse adesioni e «molto convinte» fra le aziende della Montagna Pistoiese. «Come succede di solito – ci ha detto - c’è un nucleo di soggetti che sono più presenti e vivaci e sono sempre a fiutare con le antenne ritte e un numero molto maggiore di soggetti che stanno alla finestra e poi quando le cose effettivamente si mettono in moto, magari all’ultimo minuto, chiedono di entrare. Dobbiamo tenere presente anche che la montagna Pistoiese non ha una tradizione come c’è nella piana riguardo a progetti integrati perché c’è stato un solo Pif forestale promosso nel 2017 e poi dei Pif agricoli che però non coinvolgevano le aziende forestali. Noi possiamo dire che i numeri aumenteranno perché in questo caso non si farà distinzione fra impresa boschiva e impresa agricola, l’importante è che sia all’interno del distretto forestale e quindi sicuramente si amplierà la platea».
Vagaggini ha poi ribadito un punto molto attraente che sarà contenuto nel bando dei contratti di distretto (che dovrebbe ricalcare per molti versi il bando già uscito dei contratti di filiera, in quanto entrambi derivati dal decreto ministeriale n. 1192 dell’8 gennaio 2016): «la possibilità di fare un investimento acquistando dei fabbricati già esistenti, un segnale importante anche dal punto di vista del consumo del suolo, perché così un impresa, invece di andare a costruire cose nuove, se trova un bel capannone che fa al caso suo lo compra; cosa che negli altri bandi non si sarebbe potuta fare».
Riguardo ai tipi di investimento, fra i tanti possibili, che saranno privilegiati in questa progettazione, nell’interesse delle aziende partecipanti della Montagna, Vagaggini ha spiegato che «non c’è una categoria prevalente. Diciamo che sono rappresentate, per quello che ho sentito dire e anche in base alle necessità, in parte una meccanizzazione spinta, che nel settore forestale è importante, in parte la logistica e le infrastrutture, e in parte, per quanto riguarda le aziende agricole, interventi classici su infrastrutture e locali per l’allevamento».
Tra le novità, risalenti a una correzione ministeriale del 21 luglio scorso sull’avviso riguardante il bando dei contratti di filiera, che dovrebbe essere rispecchiato nel bando dei contratti di distretto, Roberto Natali ha messo in evidenza l’introduzione di «una maggiorazione del 20% del contributo a fondo perduto per gli investimenti nelle zone montane: qualunque sia l’investimento, in una zona montana ha un 20% in più, quindi si passa dal 40% al 60% sulla Montagna Pistoiese». Non solo, «le stesse aliquote di maggiorazione – ha spiegato - le possono avere [a prescindere dall’essere in montagna o meno, ndr] anche i giovani agricoltori che si sono insediati da appena 5 anni al massimo oppure le strutture di trasformazione cooperative, op ecc., per investimenti collettivi, come ad esempio una cooperativa che si attrezza per fornire servizi a tutti i soci».
Su quali investimenti punteranno prevalentemente le aziende vivaistiche? «In generale – risponde Natali - sia sulla questione delle risorse idriche, quindi impianti con il riciclo delle acque per la vasetteria oppure bacini e quant’altro. Poi sull’energia, che è di primario interesse, non solo per i costi aziendali che ha, perché le piante hanno necessità di irrigazione continua e gli impianti di irrigazione vanno con la corrente elettrica. Tutti questi consumi energetici, che sono minori rispetto ad altri settori come l’orticoltura e la floricoltura in serra, però sono ben presenti anche nel vivaismo e quindi c’è interesse primario alla realizzazione di impianti fotovoltaici. Inoltre c’è tutta la parte della movimentazione delle merci, e quindi anche ristrutturazione e miglioramento della viabilità dei vivai». «Il taglio che abbiamo cercato di dare già dalle prime riunioni – ha concluso Natali - è stato di far privilegiare ai vivaisti quelle attività di investimento che li portano ad essere più sostenibili, perché abbiamo pure il problema dell’elevato consumo di fitofarmaci e quindi la gestione migliore delle condizioni di crescita delle piante con la fertirrigazione, il giusto dosaggio delle acque, il giusto controllo dei parassiti può essere molto positiva».
L.S.
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Il 25 novembre convegno internazionale “10.000 alberi per Padova - La forestazione urbana per la città che cambia”. Evento gratis valido per i crediti formativi.
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Negli ultimi anni la maggior parte dei paesi si stanno sensibilizzando al concetto di sostenibilità ambientale, per le sue implicazioni sull'utilizzo dell'energia e sul benessere delle persone. Le linee guida dettate dal Parlamento Europeo, attraverso le direttive EPBD, incoraggiano una spinta verso l’efficientamento energetico degli edifici esistenti per poter raggiungere gli ambiziosi livelli di casa a consumo quasi o totalmente zero (nZEB).
In Italia, il Piano d'azione per la sostenibilità energetica mira a ridurre l'impatto ambientale delle nuove costruzioni e, in proposito, il decreto per i Criteri Ambientali Minimi (CAM), nel suo ultimo aggiornamento del 6/08/2022, specifica che l’utilizzo di coperture verdi deve essere preferito in modo da ridurre l’effetto “isola di calore estiva”. La tendenza è quindi quella di promuovere l’utilizzo di strati verdi nell’efficientamento degli edifici, ma senza effettuare alcuna implementazione ampia e pertinente.
La crescente urbanizzazione, a discapito delle aree verdi, sta cambiando radicalmente le città. Le temperature medie dei centri abitati stanno crescendo a causa del fenomeno dell'isola di calore urbana (UHI), che mette in pericolo i gruppi più vulnerabili della popolazione e amplifica i problemi legati all’inquinamento. L'uso di rivestimenti vegetali consente di migliorare la qualità dell'aria, di mitigare i fenomeni di isola di calore e di ottimizzare l'isolamento acustico oltre che a garantire drenaggio ai fenomeni atmosferici sempre più intensi quali “bombe d’acqua”.
Per quanto riguarda i fabbisogni energetici degli edifici, soluzioni come tetti o facciate verdi si sono dimostrati tendenzialmente efficienti nella riduzione dei consumi, in particolare quelli di raffrescamento. Tuttavia, ogni caso dovrebbe essere progettato e studiato a fondo, prima della sua installazione.
L’obbiettivo di questo articolo è quello di delineare una panoramica sugli apporti energetici ottenuti nella stagione estiva con l’installazione di pareti e tetti verdi su edifici costruiti in area mediterranea.
Pareti verdi
Le performance energetiche di una parete verde sono state analizzate nell’ambito di una ricerca condotta con ENEA su una parete verde, installata su un loro edificio, durante il periodo estivo. L’edificio possiede delle pareti mediamente prestazionali, in blocchi di laterizio con intercapedine isolata con 6 cm di sughero. Grazie ai dati misurati sulla parete siamo stati in grado di creare un modello di simulazione energetica dinamica, usando programmi quali Matlab e Simulink, per predire il comportamento energetico di pareti vegetali in altre città.
I parametri utilizzati per la valutazione della parete sono stati:
- la costante verde media stagionale (Kv), che indica la percentuale di radiazione solare incidente entrante nell’edificio;
- il fattore di attenuazione medio stagionale verde (Fav), che indica di quanto viene ridotta l’onda termica proveniente dal sole (vedi Fig. 1);
- lo sfasamento medio stagionale verde (tv), che indica il tempo di ritardo con la quale l’onda termica entra all’interno dell’edificio (vedi Fig. 1).
Fig 1. Rappresentazione grafica di attenuazione e sfasamento.
I dati misurati a Roma, nell’estate del 2019, hanno mostrato che la coltre vegetale è in grado di diminuire fino a 6 °C la temperatura superficiale interna della parete, rispetto al caso di parete non protetta.
Simulando la collocazione dello stesso edificio nelle città di Palermo e Bolzano, usando i dati climatici dell’estate 2019, abbiamo ottenuto i risultati in Tab 1.
Città | Kv | Fav | tv [h] |
Bolzano | 0.27 | 0.172 | 16.40 |
Roma | 0.35 | 0.161 | 12.77 |
Palermo | 0.54 | 0.151 | 17.30 |
Tab 1. Valori medi estivi di Kv, Fav e tv, per le città di Bolzano, Roma e Palermo, durante l’estate del 2019, per l’edificio oggetto di studio.
La costante verde media stagionale Kv indica che la coltre vegetale a Roma impedisce al 65% del flusso termico totale di entrare nell’ambiente interno, rispetto alla configurazione nuda. I fattori di attenuazione si assestano su valori simili in tutte e tre le città. Gli sfasamenti, seppur diversi, permettono di ritardare il picco dell’onda termica giornaliera alle ore notturne, quando soluzioni passive come il “free cooling” possono essere adottate per raffrescare gratuitamente aprendo le finestre.
Tetti verdi
Una campagna di simulazioni energetiche dinamiche è stata effettuata in tre città italiane, con l’obiettivo di confrontare il comportamento energetico di un tetto verde e di un tetto tradizionale ben isolato. L’edificio simulato è uno dei casi studio individuati dal Comitato Termotecnico Italiano per l’Energia e l’Ambiente (CTI) per accreditare software di calcolo energetico; sono state modificate le stratigrafie in modo da rispettare i limiti di trasmittanza imposti dalle normativa Italiana.
Le due stratigrafie di copertura sono state modellate per avere la stessa trasmittanza termica (0,23 W/m2K), al fine di poter valutare la prestazione termica dinamica che risulta influenzata, oltre che dai materiali, anche da altri parametri. In particolare, il comportamento del tetto verde è condizionato dal livello di evapotraspirazione, dall’accumulo di acqua nel terreno, dalla copertura fogliare e dalla radiazione solare diretta. Come mostrato in Fig. 2, i flussi termici estivi entranti gli edifici sono molto diversi e influenzati notevolmente dalla quantità di acqua presente all’interno del tetto verde.
Fig 2. Energia termica settimanale trasferita per conduzione all’interno delle stratigrafie verso l’intradosso (Inward) e l’estradosso (Outward), in una settimana estiva standard del 2019.
La configurazione più performante è il tetto verde ben irrigato, con un livello di umidità del suolo del 30% o più. Al diminuire dell’umidità del suolo diminuiscono anche le qualità di isolamento termico del tetto vegetativo, producendo risultati sfavorevoli al di sotto di un contenuto d’acqua del 20%, con prestazioni quindi peggiorative rispetto al tetto in laterizio ben isolato.
La Fig. 3 mostra al dettaglio l’andamento e la direzione dei flussi nelle diverse casistiche.
Fig 3. Diagrammi che mostrano l'energia termica settimanale trasferita per conduzione all’estradosso e all’intradosso dei diversi tipi di tetto simulati con i rispettivi profili di pioggia a Bolzano, Pisa e Palermo durante l'estate 2019; le illustrazioni indicano anche le temperature medie esterne e interne, la percentuale media settimanale di acqua all'interno del suolo del tetto verde e il fabbisogno energetico dell'involucro dell’edificio per m2.
Conclusioni
Si è inteso dunque sommariamente mostrare come il comportamento di strutture vegetative possa influire sull’efficientamento degli edifici durante la stagione estiva.
La parete verde si è dimostrata efficace da Nord a Sud Italia nella riduzione dei flussi termici entranti nell’edificio, abbattendo di almeno il 50% l’onda termica e aumentando lo sfasamento del picco di calore giornaliero alle ore notturne, dove la semplice apertura delle finestre rappresenta una soluzione di raffrescamento a consumo zero: il cosiddetto “free cooling”.
Al contrario, il secondo caso studio ha mostrato che l'installazione di un tetto verde non è sempre da considerarsi la soluzione migliore; prima di utilizzarlo è necessario progettarlo e simularlo adeguatamente in base alle specifiche condizioni climatiche. I risultati hanno dimostrato come la copertura a verde non sia la soluzione ottimale in climi caldi e secchi e che una accurata analisi del contesto climatico, con rilevazione puntuale delle temperature, nonché dei dati di piovosità della zona, siano elementi essenziali ad orientare verso scelte progettuali efficaci.
Infine, per una corretta e completa valutazione dei benefici offerti da una parete verde, e soprattutto di un tetto verde, rispetto alle soluzioni tradizionali, devono essere tenuti di conto i costi di installazione e manutenzione. Ad esempio, per il tetto verde, l’obbligo di installare un impianto di irrigazione, un serbatoio di accumulo e i costi accessori, quali la manutenzione di questi nel tempo e il consumo di risorse naturali. Si suggerisce infine un’attenta analisi del ciclo di vita dei materiali utilizzati.
Prof. Fabio Fantozzi
Ing. Roberto Rugani
DESTeC - Dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi del Territorio e delle Costruzioni - Università di Pisa
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