Filiera olivo-olio

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L'olio spagnolo supera quello italiano e registra un picco di vendite sul mercato Usa, con un aumento di circa il 40%. Ma il primato nei valori è ancora italiano, la Spagna infatti non ha mai sorpassato l'Italia in questo senso. Resta da riflettere dunque sulla necessità di una politica di valorizzazione del nostro olio più attenta e innovativa sul versante dei contenuti identitari, legati al Made in Italy. 

Un vero e proprio boom degli oli spagnoli negli Usa con vendite aumentate di circa il 40%, anche se il primato nei valori resta ancora italiano. Il dato è stato certificato nei giorni scorsi dal Consiglio oleicolo internazionale che ha anche rilevato come la Spagna lo scorso anno abbia registrato progressi a doppia cifra in quasi tutti gli sbocchi commerciali. Il sorpasso spagnolo si era comunque già verificato anche nel 2014.
Tra ottobre 2015 e agosto scorso le spedizioni di oli di oliva spagnoli sul mercato Usa hanno registrato un progresso del 43% in un anno (fonte Coi). L'ufficio statistico americano nei suoi prospetti da gennaio a settembre 2016 riporta un incremento di quasi il 60% delle importazioni Usa di oli di oliva spagnoli, rispetto ai primi nove mesi dell'anno precedente. In termini assoluti si è arrivati a un quantitativo di 110mila tonnellate abbondanti, che si confronta con un volume di importazioni di oli italiani di poco più di 100mila tonnellate (+5%) su base annua.
Agli extravergini italiani non è però stato strappato dalla Spagna il primato in valuta: sarebbe dunque da riflettere sulla necessità di una politica di valorizzazione più efficace. Per quanto attiene ai flussi monetari, i dati dell'Us Census Bureau attestano infatti a poco meno di 430 milioni di dollari (+8%) la spesa per le importazioni di oli di oliva italiani; mentre per i prodotti spagnoli è risultata inferiore ai 420 milioni a tutto il mese di settembre (importo comunque lievitato in un anno di quasi il 70%).
La Spagna può vantare i suoi successi anche nel resto dei mercati extra-Ue: nel complesso ha infatti spedito un quantitativo di oli di oliva superiore del 20% rispetto a quello della precedente campagna, realizzando ottimi risultati anche in Cina con un +30%. Qui anche l'Italia è cresciuta, anche se a un passo più lento, con circa un +5%. 
 
Redazione

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Alla tavola rotonda dello scorso sabato 19 novembre, tenutasi a Firenze in occasione della Giornata nazionale degli Alberi e che aveva come tema l'olio e la sua valorizzazione, sono emerse le criticità del comparto, fra cui l'incapacità di rispondere al fabbisogno nazionale da parte della produzione italiana di olio. I giovani degli Istituti Tecnici Agrari presenti hanno chiesto come recuperare gli oliveti abbandonati e come utilizzare al meglio marketing e nuove tecnologie. 

“Un giorno dedicato all'olivo, all'olio e al suo territorio. Dalla Toscana, la valorizzazione nazionale dei prodotti” questo il titolo scelto per le riflessioni, moderate dalla giornalista TG5 Cesara Buonamici, e che si sono sviluppate lo scorso sabato 19 novembre al Palagio dei Capitani di parte Guelfa, in Piazza della Parte Guelfa a Firenze. Alla giornata hanno deciso di partecipare anche i soci produttori dell'Associazione Florovivaisti Pesciatini con le loro piante di olivo, che hanno allestito non solo la sala della tavola rotonda, ma anche l'ingresso del Palagio
vivaistipesciatiniolivoL'olio è per tutti i partecipanti una delle grandi eccellenze italiane, oltre che toscane, ma è rappresenta anche un settore pieno di criticità: si è allora parlato con Luca Sani, presidente Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, del Piano Olivicolo Nazionale, che intende sviluppare il settore puntando su due aspetti principali: aumento della produzione nazionale e crescita delle reti d'impresa. «Partendo dall'arrivo di Xylella che sta devastando la produzione pugliese e dal dato drammatico della produzione 2014 intendiamo rispondere alla crisi del settore che coinvolge in generale tutto l'agroalimentare». Sani ricorda che la produzione italiana non basta a soddisfare il fabbisogno nazionale: produciamo annualmente 400 mila tonnellate di olio extravergine di oliva, ma ne consumiamo circa 600 mila tonnellate e ne importiamo 700 mila. «Mancano all'appello circa 900 mila tonnellate. Non è allora possibile pensare che l'Italia da sola possa rispondere alla sua domanda. Dovremmo triplicare la produzione. Si deve puntare su una fascia di prodotto che non è tutto il fabbisogno nazionale» sostiene Sani. Oltre all'investimento di 32 milioni di euro, più i piani di sviluppo rurale nelle Regioni, il governo intende stimolare l'aggregazione delle produzioni. 
Giovanni Bettarini, assessore alle attività produttive del Comune di Firenze, ha ribadito che si sta parlando di un «patrimonio superlativo con cultivar articolate e storiche, ognuna delle quali risponde a un territorio, a un'idea». Si parte dunque da qui, cercando di capire come un Comune possa dare il suo contributo affinché questo patrimonio sia valorizzato, non solo dal lato promozionale. Firenze, ad esempio, è stato il primo Comune ad introdurre un regolamento per ristoranti e alimentari del centro storico, patrimonio Unesco, che disciplini la scelta di prodotti di qualità.
Leonardo Torrini, fiduciario della Condotta Slow Food Firenze, ha ricordato come all'olio dovrebbe spettare la stessa “fama” che oggi possiede il vino, passaggio che non è ancora avvenuto a causa dell'ignoranza legata a questo prodotto. «Come ci informiamo quando acquistiamo uno smartphone, altrettanto dovremmo fare con l'olio». L'impegno di Slow Food va allora proprio in questa direzione: informare ed educare i consumatori. Ma non solo Slow Food, anche da parte dei periti agrari c'è una forte sensibilità verso l'olivicoltura, come ha ribadito Filippo Ninci, del Consiglio Nazionale dei Periti Agrari, che sta attuando una formazione itinerante e nazionale ad hoc per tutti i tecnici sul tema olivo ed olio.
Oltre a formazione ed informazione, deve essere messa in campo una politica per il comparto. Francesco Ferrini, Accademia dei Georgofili, ha sostenuto con forza questo punto: «Gli olivicoltori all'estero sono più tutelati. L'Italia non ha mai fatto molto in questo senso.»
Si sono ricordate anche le grandi virtù dell'olio, ovvero le sue proprietà salutistiche rappresentate dalla dieta mediterranea, l'unica riconosciuta dall'Unesco e sostenuta da una vera e propria ricerca scientifica. «30 gr di olio extravergine al giorno fanno bene alla salute, per i giovani si può arrivare anche a 60 gr al giorno. Queste proprietà salutari sono oggi sancite da studi scientifici importanti» ha sottolineato Giacomo Trallori, medico gastroenterologo. Il valore salutare dell'olio sembra a volte non troppo apprezzato o conosciuto dal consumatore, che chiede spesso una giustificazione del prezzo della bottiglia di olio che intende acquistare. «Il prezzo è un falso problema. Chi chiede un giustificativo del prezzo allo smartphone o alla macchina? Il vero problema è che l'olio non è di moda.» dice Alberto Grimelli, direttore di Teatro Naturale, che prosegue affermando che ancora il consumatore non ha chiara la differenza fra l'olio primo prezzo e quello più alto. Bisogna insegnare allora come si utilizza un prodotto di qualità. 
Una soluzione potrebbe essere andare direttamente dai produttori per comprare l'olio, come sostiene Sonia Donati, coordinatrice Toscana Guida EVO Slow Food, al fine di comprendere appieno il lavoro che parte dalla pianta per poi arrivare all'imbottigliamento dell'olio extravergine. 
Altro grande ostacolo per le produzioni italiane sono le contraffazioni, Giuseppe Vadalà, Comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato, ricorda infatti che ancora c'è molto da fare in questo senso, per la tutela con certificazioni e per non creare sfiducia nel mercato, conseguenza inevitabile delle frodi. «La legalità paga e va fatto un gioco di squadra nazionale.» 
Tale gioco di squadra si trova davanti una grande sfida, ovvero far ripartire un comparto e far sì che questo crei reddito e che i consumatori ne possano apprezzare l'eccellenza. Anche gli studenti dell'Istituto Agrario di Firenze e di quello di Siena hanno manifestato la volontà di far ripartire il settore: Tobia di Siena ha chiesto come poter recuperare gli oliveti abbandonati. A lui rispondono il presidente Sani e Cesare Buonamici, fratello della giornalista Cesara e Guardia Forestale: bisogna prima di tutto capire se si può riscattare l'oliveto non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche produttivo. Poi andare sul sito di Regione Toscana e cercare la “legge 39/2000” e studiare le modalità di richiesta per il riscatto.
Tommaso, sempre dell'Istituto Agrario di Siena, domanda se per incrementare la produzione si possa far uso delle varietà spagnole, anche al fine di innovare. Il perito agrario Ninci risponde che bisogna sperimentare: si possono provare anche sistemi spagnoli di meccanizzazione sulle nostre cultivar. Per Grimelli invece l'innovazione non passa solo dalla riduzione dei costi, ma deve portare anche un valore aggiunto: per il direttore di Teatro Naturale si deve puntare ad una fascia di qualità. Infine, dall'Istituto Agrario di Firenze arriva la domanda sull'utilizzo intelligente del marketing al fine di uscire dalla crisi del settore. Per Grimelli la comunicazione a livello nazionale non si è dimostrata troppo efficace e si deve dunque puntare su una tarata sulle aziende, cercando di comprendere ancora una volta a chi il produttore intende rivolgersi, a quale consumatore. 
La mattinata si conclude con l'affermazione di tre parole chiave utili per far ripartire e sviluppare ulteriormente tutta la filiera: tracciabilità, tutela e qualità. 
 
Redazione

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Le previsioni produttive si attestano su 243.000 tonnellate, con un calo del 50% al Sud e del 40% al Centro rispetto al 2015, in controtendenza il Nord, per un calo totale nazionale del 49%. Tendenze al rialzo per i prezzi, con gli extravergine che già in ottobre avevano abbondantemente superato i 4 euro al chilo, per arrivare rapidamente ai 5,52 euro al chilo di metà novembre.

Con i frantoi in piena attività si concretizzano le aspettative negative degli operatori rispetto alla produzione di olio 2016. Ismea e Unaprol hanno, infatti, ridotto ulteriormente le previsioni produttive 2016 che, secondo i dati più recenti, si attestano a 243 mila tonnellate, circa la metà rispetto al dato dello scorso anno (474.620 tonnellate la produzione del 2015).
All’annata di “scarica”, strutturale dopo l’ottima produzione dello scorso anno che in alcune aree del Sud ha toccato livelli record, si sono purtroppo sommati gli effetti negativi di un clima decisamente avverso con bizzarre alternanze di caldo e freddo e piogge spesso inopportune.
Male il Sud, dove il -50% stimato ad oggi potrebbe risultare anche ottimistico: pesantemente in rosso tutti i bacini più importanti, come Puglia (-50%), Calabria (-53%) e Sicilia (-52%). Al Centro la flessione è di poco superiore al 40% (Toscana -35%, Umbria -38%).
In controtendenza il Nord, pur nelle limitate dimensioni della sua produzione, che mostra invece una progressione rispetto allo scorso anno sia perché le condizioni climatiche non sono apparse tanto sfavorevoli quanto al Sud, sia perché avendo dei bacini produttivi più contenuti è stato più semplice il controllo e la difesa dalle malattie. Male, invece, la Liguria (-50%).
La reazione dei mercati non si è fatta attendere con tendenze rialziste dei prezzi che hanno portato in media gli extravergine a 5,52 euro al chilo a metà novembre, ma con la piazza di Bari già oltre i 5,70 euro al chilo, quando a settembre le trattative si sono chiuse su valori attorno a 3,80 euro al chilo.
 
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Sabato 19 novembre a Firenze si parlerà dell'olivo e della sua valorizzazione nel convegno dal titolo: "Un giorno dedicato all'olivo, all'olio e al suo territorio. Dalla Toscana, la valorizzazione nazionale dei prodotti". L'appuntamento è per le ore 10.00 al Palagio dei Capitani di parte Guelfa, in Piazza della Parte Guelfa a Firenze con importanti interventi e l'esposizione delle piante di olivo dell'Associazione Florovivaisti di Pescia.

Il 19 novembre prossimo ricorre la “Giornata Nazionale degli Alberi” con l’obbiettivo, attraverso la valorizzazione e la tutela dell’ambiente e del patrimonio arboreo e dei boschi, di promuovere politiche di riduzione delle emissioni, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la protezione del suolo, il miglioramento della qualità dell’aria, la valorizzazione delle tradizioni legate all'albero nella cultura italiana e la vivibilità degli insediamenti urbani.
Proprio l'olivo è la pianta arborea simbolo dell'Italia ed è parte integrante e qualificante del paesaggio agrario italiano. Oggi più che mai rappresenta un patrimonio da difendere: non è possibile abbandonare le olivete collinari o pedemontane, che difendono l'Italia dal dissesto idrogeologico e proteggono i nostri suoli. 
Il convegno, organizzato dal Comune di Firenze, dal Corpo Forestale dello Stato e da Slow Food Firenze, sarà moderato da Cesara Buonamici, giornalista TG 5, parteciperanno poi: Giovanni Bettarini, Assessore Attività Produttive Comune di Firenze, Eugenio Giani, Presidente del Consiglio Regionale della Regione Toscana, Luca Sani, Presidente Commissione Agricoltura Camera dei Deputati, Giuseppe Vadalà, Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato, Raffaello Giannini, Accademia dei Georgofili, Sonia Donati, Coordinatrice Toscana Guida agli oli extra vergini di oliva Slow Food, Filippo Ninci, Consiglio Nazionale dei Periti Agrari, Giacomo Trallori, Medico gastroenterologo e Alberto Grimelli, Direttore di Teatro Naturale.
Ad allestire la sala del convegno gli olivi dell'Associazione Florovivaisti di Pescia.
 
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Cia Pistoia sceglie Pescia, quale area italiana leader per la produzione di piante d'olivo, per attivare la campagna di sostegno che è stata aperta da un incontro con illustrazione di materiale informativo su come compilare le etichette e le nuove sanzioni, e continuerà con un vademecum per i produttori. In Italia si prevede -30% di produzione d’olio d’oliva sul 2015-16 contro un calo inferiore al 10% in Europa. Sandro Orlandini: «tante difficoltà, ma per l’olio extravergine, soprattutto certificato, c’è un mercato da intercettare». La vicepresidente della strada dell’olio della Valdinievole: «puntiamo sul biologico e non vendiamolo a meno di 15 euro!». Agrinsieme chiede due semplificazioni nelle registrazioni telematiche sul Sian.

Cia Pistoia scende in campo a sostegno degli olivicoltori del proprio territorio, messi in difficoltà da cali produttivi dovuti alla mosca olearia, prezzi bassi di prodotti concorrenti, spesso esteri e di qualità inferiore non percepita dai consumatori, e soprattutto da asfissianti regole burocratiche, fra obblighi di registrazioni telematiche ad ogni tappa lungo la filiera e vincoli sulle etichette. Tanto più che, a causa anche delle frequenti truffe che si verificano sull’olio di oliva, è assai cresciuto il livello delle sanzioni.
ioliveCon la riunione di ieri a Pescia del Gruppo di interesse economico (Gie) olivicolo provinciale della Confederazione italiana agricoltori è stata avviata un’iniziativa informativa e di supporto agli olivicoltori che sfocerà, a richiesta di alcuni dei produttori intervenuti, nella redazione da parte dell’agronoma Daniela Di Bonaventura, consulente in materia olivicola di Cia contattabile nella sede di Borgo a Buggiano i lunedì e mercoledì dopo le 10,30, di un vademecum per spiegare passo passo tutte le cose che devono fare i produttori di olive che non intendono limitarsi alla consegna delle olive ai frantoi, ma vogliono invece vendere olio.
, perché nel Gie di ieri il presidente di Cia Pistoia Sandro Orlandini e la vicepresidente della Strada dell’Olio borghi e castelli della Valdinievole Cinzia Cipriani hanno parlato di dati e prospettive, di mosca olearia, del nuovo piano olivicolo nazionale, che mira a contrastare l’abbandono degli oliveti puntando a un recupero del 25% del potenziale produttivo in 7/10 anni e ha una dotazione di 32 milioni di euro in tre anni, e si è fatto cenno alle politiche dei prezzi e le scelte strategiche da compiere, considerando anche che, nonostante la fama internazionale dell’olio d’oliva toscano, le nostre quantità sono basse: nel 2015, con una produzione di 19.202 tonnellate, secondo Ismea, la Toscana era la sesta regione italiana, superata nell’ordine da Puglia, Calabria, Sicilia, Lazio e Campania. Ma la testa degli olivicoltori è in questo momento soprattutto sulle procedure legate alle registrazioni telematiche obbligatorie del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), sia pure con molta attenzione anche ai consigli per contrastare la mosca olearia, soprattutto se si vuol fare produzione biologica.
Daniela di Bonaventura ha fornito e illustrato materiale informativo molto circostanziato su come si devono scrivere le etichette sulle bottiglie e i contenitori d’olio d’oliva, con istruzioni precise fra l’altro su come adempiere all’obbligo di indicare le caratteristiche nutrizionali dell’olio nel territorio pistoiese e sulle registrazioni telematiche dei lotti sul Sian, e una scheda sulle nuove sanzioni, che sono ben 11 in più in seguito al Decreto legislativo n. 103 del 2016 (“Decreto sanzioni olio d’oliva”) rispetto alla precedente normativa e che in generale sono molto più salate, con ad esempio la nuova sanzione da 2 mila a 12 mila euro per mancata indicazione d’origine geografica dell’olio d’oliva.
«Abbiamo tenuto l’incontro a Pescia – dichiara Sandro Orlandini – a sottolineare che questo territorio è ancora la piazza più importante d’Italia per il vivaismo olivicolo. In generale il settore olivicolo-oleicolo sta riscontrando molti problemi, a cominciare dalla mosca olearia per arrivare ai continui danneggiamenti di cervi e cinghiali che impediscono di mettere piante giovani, magari di nuove varietà nella ricerca dell’eccellenza qualitativa. Però non bisogna arrendersi, perché in realtà esiste un mercato, sia estero che italiano, almeno per l’olio certificato, tant’è che il Consorzio di Montalbano fa fatica a trovare l’olio con i requisiti necessari».
Il fatto che questo mercato possa essere di nicchia non spaventa Cinzia Cipriani, che, dopo aver ricordato il dato toscano nel 2015-16 rispetto al resto d’Italia (vedi sopra), ha sottolineato ieri alcuni dei dati produttivi internazionali del Consiglio oleicolo internazionale (Coi) illustrati nel Gie olivicolo nazionale di Cia ieri l’altro a Roma. Fra questi, il fatto che la produzione mondiale calerà del 7% nel 2016, passando da 3.152.000 tonnellate a 2.918.000 t, mentre quella europea di poco più del 9% passando da 2.315.500 a 2.098.500 t, con l’Italia che registrerà -30%, arrivando a sole 330.000 t, mentre la Spagna un -1% arrivando a 1.380.000 t. Cinzia Cipriani non è spaventata perché non crede nella competizione sui prezzi e le quantità come modello strategico per gli olivicoltori toscani. Alla luce di tanti fattori, fra cui la conformazione del territorio e gli alti livelli qualitativi reali e potenziali, consiglia piuttosto di puntare sull’olio extravergine certificato e in particolare su quello biologico. «Puntiamo sul biologico e non vendiamolo a meno di 15 euro!» è il suo appello agli olivicoltori della Valdinievole.
Agrinsieme, il coordinamento di Cia, Confagricoltura Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari, ha fatto due richieste di semplificazione al Ministero delle politiche agricole:
1) innalzare da 700 kg annuali a 2.500 kg il limite produttivo oltre il quale le registrazioni sul Sian da una “sola” volta al mese devono diventare una ogni 6 giorni;
2) l’esclusione della registrazione nella fase di commercializzazione dell’olio.
 

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martina

Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha annunciato così, durante la Giornata nazionale dell'extravergine italiano tenutasi al Mandela Forum di Firenze, la battaglia alle contraffazioni e il rafforzamento delle informazioni in etichetta per il futuro dell'olio d'oliva made in Italy. 

Martina ha ricordato che, nel giro di due anni, in Italia sono stati effettuati 26mila controlli: il nostro paese non è allora solo leader nella produzione, ma anche nei controlli e nella tutela della qualità. Un altro aspetto centrale e connesso alla tutela è quello dell'etichettatura e delle corrette informazioni da fornire ai consumatori. É necessario per Martina che l'Italia si apra alla sperimentazione, come già fatto in passato, anticipando anche le scelte che la Commissione Ue prenderà in futuro.
L'Italia aveva già previsto l'origine in etichetta per l'olio, oggi si apre la possibilità di riportare un'altra informazione importante, ricorda Martina: la data di raccolta delle olive. Proseguire su questa strada significa raggiungere risultati importanti, come già accaduto nel settore lattiero caseario dove, grazie all'intesa con la Francia, dal 2017 si sperimenterà l'origine in etichetta.
Martina infine ribadisce che l'Italia è decisa a fare da apripista non solo sul fronte della tutela della qualità, ma anche su quello delle misure anticrisi, ad esempio nella tutela del reddito degli agricoltori dinanzi a specifiche crisi di mercato.
 
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