Filiera olivo-olio

Per Elena Sonnoli: «il Magnifico fa conoscere oli che per l’elevata specificità sono difficili da trovare; positivo che vengano premiati gli oli di qualità del sud Italia; dobbiamo innovare e produrre di più, se no saranno altri a colmare la domanda insoddisfatta del nostro buon olio». Luca Cinelli: «positiva la presenza di oli stranieri, non dobbiamo fossilizzarci; la vittoria della Puglia non sorprende, è con la Toscana una delle patrie dell’olio; necessario piantare più olivi per una produzione intensiva». Pietro Barachini, che ha fatto parte degli assaggiatori del Premio il Magnifico, afferma: «in tutto il mondo sta aumentando la qualità perché sta migliorando la trasformazione, fondamentale puntare sulla biodiversità delle nostre cultivar e riprodurre piante autoctone, da cui potrebbero venir fuori oli sconosciuti» di grande pregio. 

 
Una qualificata rappresentanza del vivaismo olivicolo di Pescia e Valdinievole, il secondo distretto di questo comparto a livello europeo e mondiale, era presente ieri a San Casciano Val di Pesa (Firenze) per la giornata conclusiva del “Premio il Magnifico - European Extra Quality Olive Oil Award”. 
Floraviva ha incontrato e velocemente intervistato, dopo la conclusione della premiazione, Elena Sonnoli, della famiglia proprietaria dei Vivai Attilio Sonnoli di Uzzano, Luca Cinelli, titolare dei Vivai Cinelli di Castellare di Pescia, e Pietro Barachini, proprietario di Spo, Società pesciatina di orticoltura, con sede a Pescia, che ha partecipato alla manifestazione anche in veste di assaggiatore, in quanto professionista della Associazione nazionale assaggiatori professionisti di olio di oliva (Anapoo). 
A tutti e tre sono state poste, separatamente, le stesse domande. Ecco una sintesi delle loro risposte a ciascuna di esse, a cominciare da una valutazione complessiva del Premio il Magnifico.
«E’ una manifestazione importantissima – ha detto Elena Sonnoli - perché pone al centro dell’attenzione la qualità dell’olio ovviamente, e cerca di essere selettiva nella maniera più assoluta. Sta crescendo con il tempo e sempre più produttori si affacciano alla manifestazione proprio per sottolinearne la rilevanza, nel senso che permette di far conoscere oli che normalmente non verremmo a conoscere, soprattutto per l’elevata specificità e per il fatto che molti di questi monocultivar sono purtroppo ancora oggi difficili da reperire sul mercato, come è stato sottolineato dal presidente del Premio più volte». Dello stesso avviso Luca Cinelli, che ha dichiarato: «è una bellissima manifestazione che rappresenta tantissimi oli della nostra Italia. E’ una manifestazione che a mio avviso è utile agli olivicoltori soprattutto per far conoscere le loro produzioni d’eccellenza, dagli oli monovarietali ai blend. Ben venga che di anno in anno si scelga un vincitore rappresentativo di questo movimento». In sintonia pure Pietro Barachini, che ha risposto: «l’ho vista nascere e ho avuto la fortuna di essere formato da uno dei fondatori del Premio, che è Marco Mugelli, con cui ho fatto i primi corsi di assaggiatore. Questo è il mondo che frequento da quindici anni, il mio mondo e la mia passione. Siamo tutti amici, assaggiatori e produttori, che ci ritroviamo una volta all’anno a elogiare quello che secondo noi in assoluto è il migliore olio al mondo in quell’annata».  
Tra gli aspetti interessanti di questa edizione del Premio Il Magnifico c'è stato l’aumento di oli d’oliva stranieri partecipanti, saliti a circa il 20% dei 320 in concorso. Inoltre, quest’anno il primo premio non è andato a un olio toscano, cioè di casa. Come giudicare questi due aspetti? 
Per Elena Sonnoli «l’importante è far vedere che tutta Italia produce oli di qualità elevatissima. A volte noi toscani tendiamo a crederci un po’ i migliori del mondo e pensare che il nostro olio sia quello che vende più di tutti e quindi quello migliore. In realtà spesso non è così. Soprattutto gli oli del sud sono molto profumati, hanno degli aromi bellissimi e sono ricchi in polifenoli: è giusto che vengano premiati, che siano conosciuti non solo a livello nazionale ma anche internazionale, e il Magnifico si pone proprio questo obiettivo». Secondo Luca Cinelli l’aumentata partecipazione di oli stranieri «è una buona apertura, per conoscere e valutare anche gli oli che vengono dall’estero e non fossilizzarsi soltanto sui nostri oli» e il fatto che non abbia vinto un olio toscano «non incide per nulla sulla nostra regione, che è sempre una delle capitali dell’olio d’oliva. Ha vinto la Puglia, che è anch’essa una delle regioni che si contendono il primato degli oli d’oliva».                            Pietro Barachini 15.3.2018 Il Magnif rid 67 percentoPietro Barachini ritiene «molto importante» la maggiore presenza di oli stranieri. «Speriamo di estenderlo poi a tutto il mondo, perché questo dimostra che nel mondo e in Europa la qualità sta aumentando, perché la trasformazione sta migliorando. Ci sono dei professionisti italiani che vanno ad aiutare la trasformazione al di fuori dell’Italia e quindi è per questo motivo che, secondo me, gli olivicoltori italiani devono insistere sulla biodiversità, cioè le grandi varietà di cultivar che abbiamo. Dobbiamo puntare su quello e sulla miglior trasformazione». Pertanto è per lui fondamentale la sezione del premio dedicata alla biodiversità, “Save Biodiversity Award”, vinta quest’anno dall’I&P Grand Cru Musignano dell’azienda agricola Ione Zobbi di Canino (Viterbo). «Sta crescendo la qualità dell’olio nel mondo – ripete -. Ad esempio in Spagna ci sono degli oli eccellenti, in Andalusia ci sono degli oli eccellenti. E questo ci deve far capire che abbiamo delle possibilità con la biodiversità degli olivi autoctoni». E sulla mancata vittoria degli oli di casa dice: «in Toscana ci sono degli oli fantastici. Però devo anche dire che, quest’anno, trovare una coratina con una rotondità del genere era veramente difficile. E quindi gli assaggiatori sono stati colpiti da questo. Ha vinto il migliore» (vedi nostro servizio). 
Infine Floraviva ha chiesto che cosa significa o potrebbe significare questo premio per il vivaismo olivicolo, cioè per i produttori come loro di piante di olivo destinate ai produttori di olio.
«E’ stato importante sentir dire al presidente del premio che questa è una manifestazione che guarda al futuro e che vuole migliorarsi – ha risposto Elena Sonnoli -. Io credo che l’olivicoltura debba rinnovarsi, il momento di stare seduti e guardare continuamente a quello che abbiamo, a quello che siamo, a quello che abbiamo fatto, secondo me, è passato. Dobbiamo incominciare ad evolverci, soprattutto per il fatto che la Toscana e l’Italia in generale sono in difetto di tonnellate d’olio, che mancano. Noi abbiamo la fortuna di avere il mercato, senza avere però la produzione. Questa mancanza di produzione qualcuno la colmerà prima o poi, perché il mondo ha fame d’olio, non solo il bacino del Mediterraneo, ma anche il Giappone, il Sudamerica, che stanno producendo oli di ottima qualità e prima o poi colmeranno la quota di mercato insoddisfatta dall’Italia». A sua volta Luca Cinelli ha affermato: «ho sentito dire che questa manifestazione premia il buon olio ma anche la quantità di buon olio. Quindi se piano piano vogliamo arrivare a fare un buon olio in quantità con le nostre varietà italiane, che sono tantissime, si può anche pensare a qualche cosa di più dell’olivicoltura tradizionale, a una produzione intensiva (non voglio esagerare col super intensivo). Dunque più piante di olivi per ettaro facendo una buona produzione di olio, con raccolte meccanizzate ecc.». Ecco infine la risposta di Pietro Barachini: «ho avuto la fortuna, dodici anni fa, di intraprendere questa strada perché amo l’olio extravergine, e però ci sono delle ricadute anche sul mio lavoro di vivaista olivicolo, perché tutti i giorni ho richieste di riprodurre varietà autoctone. E questo è il mio obiettivo, che ogni anno cerco di incrementare, perché i produttori mi chiedono di riscoprire varietà autoctone che potrebbero dare degli oli che oggi non conosciamo».
 
L.S.

Il premio “il Magnifico” per il miglior olio d’oliva extravergine europeo è stato assegnato ieri a San Casciano (Firenze) a Pietro Intini di Alberobello. Antonio Ricci con la sua Striscia la Notizia è il “Personaggio dell’olio 2018” per la lotta alle contraffazioni e la valorizzazione dei prodotti tipici. Maria Lisa Clodoveo è “Donna dell’olio” per il suo sistema di estrazione a ultrasuoni. Premiati i migliori Toscano Igp e Chianti Classico Dop, il miglior biologico e l’olio con più biofenoli. Premi anche al miglior olio spagnolo e del “Resto d’Europa” (un olio della Croazia). La critica sceglie la qualità di un piccolo lotto di olio proveniente da Benevento. Fra i prescelti di Airo, lo chef giapponese con ristorante a Roma Kotaro Noda.

 
«E’ un olio potente, molto fruttato, amaro e piccante, come insomma i grandi oli di qualità devono essere. E’ un olio monocultivar di Coratina, che è la cultivar regina del territorio pugliese. Noi in Puglia produciamo la maggior parte dell’olio d’oliva d’Italia e questa è una delle cultivar che contribuisce maggiormente».
Così si è espresso ieri a San Casciano Val di Pesa (Firenze), al termine della premiazione del “Magnifico 2018 - European Extra Quality Olive Oil Award” (premio dell’olio europeo di qualità extra o extraqualità, per usare il neologismo lanciato dalla manifestazione in sostituzione di extravergine), Pietro Intini, titolare dell’azienda omonima di Alberobello (celebre patria dei trulli) sull’olio d’oliva con cui si è aggiudicato la prestigiosa vittoria. Un olio che gli organizzatori hanno definito «dal fruttato intenso con spiccati sentori verdi e vegetali, armonioso e persistente al palato» e che, come ha spiegato a Floraviva Pietro Barachini, uno degli assaggiatori professionisti del Premio (membro di Anapoo), si è davvero meritato la vittoria in quanto «la Coratina è una cultivar molto impegnativa, perché è piccante, amara, con un bel tono. Ma quest’olio qui è anche delicato, ed è molto difficile trovare una Coratina con questa delicatezza e con questi profumi». Un premio che il presidente de Il Magnifico Matia Barciulli ha conferito a un olivicoltore «che ha saputo unire la tramandata tradizione familiare - il Frantoio Intini nasce nel 1928 ad Alberobello - alle più moderne innovazioni tecnologiche portando l’azienda ad una crescita qualitativa e di impatto sul mercato oleario, con grandi potenzialità di progresso per il futuro. Un’azienda che quindi rappresenta perfettamente la filosofia del Premio il Magnifico», che guarda sia all’eccellenza organolettica che alla potenzialità di affermarsi commercialmente e può vantare come elemento qualificante il fatto che sugli oli finalisti viene effettuato un controllo di conformità tra il campione presentato in concorso e altri acquistati dalla giuria sul mercato.
Il Magnifico 2018 ha assegnato ieri molti altri premi. Fra questi, il “Personaggio dell’olio 2018” ad Antonio Ricci, l’autore di Striscia la Notizia, per la sua efficace battaglia contro le contraffazioni dell’olio extra vergine d’oliva, ma anche per la divulgazione di esperienze produttive di qualità attraverso una rubrica come “Paesi e paesaggi”. Ricci, ricevendo il premio, ha tra l’altro raccontato, in tono ironico, di essere «un grande frantoiano» e che la sua Liguria «è verticale, per cui solo Messner (il grande alpinista, ndr) può coltivare lì». Da sottolineare anche il “Premio alla Carriera” a Fernando Franci «per la sua lungimiranza, la sua capacità di fare rete e il suo essere precursore dell’olivicoltura moderna» e il “Premio donna dell’olio” a Maria Lisa Clodoveo, che, come ha ricordato lei stessa durante la premiazione, ha creato un sistema di estrazione dell’olio basato sugli ultrasuoni capace di buon effetto meccanico con blando effetto termico e in sostanza di migliorare la resa mantenendo la qualità e il livello dei polifenoli. «E’ un impianto sviluppato con il Politecnico di Bari – ha detto – e chi legge i nostri lavori potrà replicarlo».
Nelle sezioni degli oli della Toscana si sono distinti il Cassiano IGP toscano Colline di Firenze dell’azienda agricola Talente di Toschi Antoniella Federica, che si è aggiudicato il “Toscano IGP il Magnifico Award 2018”, e l'Olinto, Olio Dop Chianti Classico Biologico, cultivar Leccino, della Società Agricola Podere Grassi di Debora e Giacomo Grassi, che ha primeggiato nella categoria “Chianti Classico Dop Award 2018”.
Fra i premi speciali, da segnalare il “Full Value Award 2018” (il premio del pieno valore), una sorta di premio della critica, che è stato conferito ad un olio prodotto in piccola quantità ma di altissima qualità (tecnicamente il miglior campione dell’anno, ma in una quantità non sufficiente per poter essere maggiormente valorizzato): Cuore d'Ortice dell’Azienda Agricola Torre a Oriente di Torrecuso, a circa 20 km da Benevento in Campania. Inoltre il “Best Organic Award 2018” (il miglior biologico), che è stato vinto dal Colle del Polverino di Francesco Saverio Biancheri; e il “Best Biophenols Award”, cioè per l’olio che ha «il maggior numero di biofenoli individuato attraverso le analisi chimiche con metodo HPLC», che è stato il Veneranda 19 della Tenuta Zuppini, incluso fra i 12 finalisti al premio principale vinto da Intini, nonché vincitore del Magnifico 2017. Mentre il “Packaging Award”, conferito grazie ad una giuria di esponenti del mondo design e della comunicazione, è stato assegnato a Emozioni di Olio Cru srl, proveniente dal Trentino-Alto Adige e compreso fra i 12 oli finalisti del concorso principale.
Quest'anno il 20% circa degli oli partecipanti erano stranieri. Il premio prevedeva una sezione “Best of Country Spain 2018” (miglior olio della Spagna), che è stata vinta dal Knolive Epicure di Knolive Oils, che non è rientrato fra i migliori dodici della sezione principale; e una sezione “Rest of Europe Award” (premio Resto d’Europa), che è andata a un olio proveniente dalla Croazia (in finale c’erano due oli croati e uno portoghese): Mate Timbro Istriano di Agrofin D.O.O., anch’esso non rientrato comunque fra le dodici nomination del Magnifico generale.
Anche l’Associazione italiana ristoratori dell’olio (Airo), che promuove l’utilizzo di oli di qualità nei ristoranti italiani svolgendo un ruolo di intermediazione fra produttori e ristoratori, ha dato diversi premi. «L’obiettivo – come ha spiegato Filippo Falugiani - è scegliere produttori in grado di creare prodotti che trasmettono emozioni» tenendo conto della rivoluzione culturale enogastronomica a cui stiamo assistendo negli ultimi anni. Fra le selezioni di Airo: come “Pizzaiolo dell’Olio Airo 2018” Tommaso Vatti de La Pergola di Radicondoli, come “Ristorante dell’Olio Airo 2018” l’Osteria del Tarassaco e Filodolio, come “Chef dell’Olio Airo 2018” lo chef giapponese Kotaro Noda (Bistrot 64 di Roma) e Andrea Perini.
Intervenendo alla cerimonia, il direttore dell’importante rivista tedesca di settore Merum, Andreas Marz, ha detto che «in generale la qualità media degli oli sta migliorando in Italia, ma nel 2017 non c’è stata l’eccellenza assoluta, per cui nessuno ha preso i nostri 3 cuori».
Per saperne di più si può visitare il sito web del premio: http://www.premioilmagnifico.com/
 
Lorenzo Sandiford
 

Dopo anni di discussioni per creare l'interprofessione dell'olio d'oliva, oggi sembra azzerarsi tutto il lavoro fatto: Unaprol fa marcia indietro dal FOOI (Filiera Olivicola-olearia italiana) per rafforzare la competitività dell'Italia nel settore. E non è la soloa, anche Federolio considera chiusa l'esperienza dell'interprofessione ed esce.

Dopo il primo tentativo, messo in piedi circa dieci anni fa, con l'associazione interprofessionale questa sembrava proprio la volta buona. A far pensare ad un esito positivo era stata la presenza, fin da subito, dell'Unaprol, il principale soggetto che aveva sempre rifiutato di sedersi al tavolo di filiera. Nei giorni scorsi però proprio dall'Unaprol è venuto il nuovo cambio di direzione. «Mai come in questo momento - si legge in una nota del presidente dell'Unaprol, David Granieri - il mondo olivicolo è chiamato ad affrontare tematiche decisive e nuove sfide da cui dipende il futuro del settore, a partire dalla centralità del panel test».
Il riferimento è all'allarme lanciat da alcune organizzazioni di produttori (Cno, Unapol e Unasco seguite dalla stessa Unaprol) del vero e proprio tentativo, sferrato in sede Coi, dai rappresentanti spagnoli al sistema del panel test. Un allarme che non aveva lasciato immaginare divergenze di opinione all'interno della filiera e che per il presidente dell'Unaprol rappresenta l'occasione per far saltare il tavolo. Per affrontare tali tematiche infatti, secondo Granieri «occorre muoversi con rapidità, decisione, superando le lentezze burocratiche e con un presupposto essenziale: l'assoluta centralità delle imprese italiane, uniche per qualità e distintività. Unaprol, il maggiore consorzio olivicolo del Paese, ha deciso di percorrere questa strada al di fuori del FOOI (Filiera Olivicola-olearia Italiana), l'organizzazione che riunisce diverse realtà del settore. L'obiettivo è quello di rafforzare la competitività dell'Italia dell'olio».
Come Unaprol, anche Federolio, la Federazione delle imprese del commercio oleario, decide di fare marcia indietro: «La Federolio considera conclusa la pur rilevante esperienza della F.O.O.I. (Filiera Olivicola-olearia Italiana), l'organizzazione dell'olio d'oliva e delle olive da tavola, che ha visto l'adesione di vari importanti soggetti del comparto olivicolo – oleario italiano. Oggi il lavoro per il rilancio e la tutela della produzione nazionale - ha aggiunto il presidente di Federolio, Francesco Tabano - deve collocarsi anche in una nuova prospettiva organizzativa, che sappia farsi carico delle esigenze di valorizzazione dell'operatività delle imprese italiane, in un quadro di rinnovato impegno per la garanzia della qualità degli oli commercializzati e dunque, in particolare, basato sulla difesa del panel test. La Federolio - ha concluso Tabano - porrà queste ed altre tematiche al centro di una convention che conta di organizzare nei prossimi mesi».
Chi rimane nell'interprofessione dichiara comunque di voler continuare a lavorare con determinazione per una filiera italiana rappresentativa degli interessi di tutti, come ha commentato il presidente del Cno, Gennaro Sicolo. Secondo il presidente del Consorzio olivicolo italiano il lavoro di coinvolgimento di nuovi attori nel tavolo di filiera riguarderà da un lato i rappresentanti della grande distribuzione organizzata, dall'altro l'universo dei consumatori. Sulla stessa lunghezza d'onda il direttore di Assitol, Andrea Carassi, che si augura che l'Interprofessione superi questo momento di impasse e che ritorni alla coesione originaria. 

Redazione

E’ stato annullato «per meteo avverso» e rimandato a data da definire l’incontro previsto per oggi pomeriggio a Lamporecchio (Pistoia), presso le cooperative Montalbano Olio & Vino, nell’ambito del ciclo “Pronti all’incontro – per la rinascita dell’olivicoltura toscana”, organizzato dal Consorzio per la tutela dell’Olio extravergine di oliva Toscano Igp. 
L’annuncio del rinvio è stato dato stamani dal Consorzio Olio Toscano Igp tramite un post su Facebook in cui è scritto che resta confermato l’appuntamento di mercoledì 7 marzo a Donoratico (Livorno) presso Terre dell’Etruria, sempre nell’ambito del ciclo “Pronti all’incontro”, che si prefigge di «analizzare il settore e fornire gli strumenti di un nuovo modello olivicolo» (vedi nostro articolo). 
 
Redazione

Domani 1° marzo alle 17 a Lamporecchio (Pistoia), presso le cooperative Montalbano Olio & Vino in via Giugnano 135, si tiene la seconda tappa del ciclo “Pronti all’incontro – per la rinascita dell’olivicoltura toscana”, organizzato dal Consorzio per la tutela dell’Olio extravergine di oliva Toscano Igp.
Obiettivo dell’incontro, rende noto il Consorzio Olio Toscano Igp, «analizzare il settore e fornire gli strumenti di un nuovo modello olivicolo».
Intervengono Rosanna Matteoli, presidente Oleificio cooperativo Montalbano, Raffaello Lippi, presidente Montalbano Agricola Alimentare, l’agronomo Angelo Bo, Giampiero Cresti, consigliere delegato del Consorzio, Riccardo Gucci, professore della facoltà di Scienze agrarie all’Università di Pisa e Maurizio Servili, professore della facoltà di Scienze agrarie dell’Università di Perugia.
A coordinare l’incontro sarà il critico e giornalista enogastronomico Leonardo Romanelli.

Redazione

Luca Sani e Luca Brunelli sono per insistere sulle certificazioni e approcciare l’olio come il vino, perché l’olio è un prodotto di grande prestigio e lo conferma il proliferare di corsi di degustazione. Per Sani bisogna puntare solo su varietà autoctone e anche con nuovi impianti «non saremo in grado di affermarci sul piano della quantità in tempi ragionevoli». Pascucci ricorda che l’Igp Toscano è il 20% della produzione regionale per cui la quota può crescere, ma anche che l’olio d’oliva toscano è solo il 2% del nazionale. Scanavino: il primo problema in Italia è produrre più olio, sprecando meno olive e intensificando gli uliveti; parallelamente bisogna aumentare gli oli Dop e Igp, che sono le uniche certificazioni valide e le barriere migliori contro le contraffazioni.

Gli oli extravergini certificati Dop o Igp hanno avuto nel terribile 2016 una tenuta di gran lunga migliore rispetto al resto della produzione d’olio d’oliva italiana. Anzi in molti casi hanno registrato forti progressi. Si pensi all’Olio extravergine Toscano Igp o all’Olio extravergine Chianti classico Dop, per restare alla nostra regione. Però a livello nazionale rappresentano ancora una quota infinitesimale della produzione generale e pure in Toscana, dove la percentuale è assai maggiore, c’è ancora strada da fare (vedi nostro servizio).
Come valutare la situazione e quali politiche olivicole perseguire? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esponenti del mondo agricolo e istituzionale che erano presenti all’assemblea regionale della Confederazione italiana agricoltori l’8 febbraio a Firenze. Alcuni sentiti velocemente, altri con un po’ più di calma. Il quadro che viene fuori è di accordo sulla necessità di insistere sulle Indicazioni geografiche (Ig), cioè di allargare la produzione d’olio extravergine certificata. Ma emerge, fra le righe, una differenza di impostazione fra chi spinge anche per politiche tese ad aumentare la quantità di olio prodotto e chi invece si concentrerebbe solo sulla produzione d’alta qualità, dando per inutile la sfida sul terreno quantitativo ai concorrenti internazionali, in primis la Spagna.
«Il problema – ha detto il presidente di Cia Toscana Luca Brunelli - è davvero essere padroni del nostro prodotto, ma essere in grado poi di avere tutti gli strumenti per commercializzarlo. La differenza fra l’olio e il vino è che il vino l’abbiamo fatto capire nel mondo, la nostra cultura e quel tipo di prodotto, con l’olio abbiamo bisogno di crescere in questo senso, abbiamo bisogno di far capire le qualità, far capire il beneficio che il mondo ha nel consumare i nostri prodotti come l’olio e come gli altri. Io credo che la direzione che abbiamo preso in questa regione delle Dop e delle Igp sia una direzione giusta ed è l’unica che ci può permettere di essere ancora competitivi nel mondo» (vedi anche nostro servizio).
Anche per il presidente della Commissione agricoltura alla Camera nell’ultima legislatura, Luca Sani, «per semplificare, sull’olio dobbiamo fare come per il vino. Noi siamo ancora abituati a pensare all’olio come una commodity. Non è così. L’olio è un prodotto alimentare di grande prestigio e livello e tutte le sue sfumature piano piano vengono apprezzate dal consumatore. Non è un caso se a fianco ai corsi di sommelier si stanno sviluppando i corsi per degustatori di olio. C’è un’attenzione che cresce e credo che il mercato e i produttori dovrebbero tenerne conto. E quindi anche su questo ci vogliono politiche dei marchi e politiche delle provenienze e delle varietà; naturalmente varietà autoctone, toscane e nazionali. E credo che sarebbe un errore pensare di risolvere il problema della maggiore domanda di olio extravergine di oliva introducendo nelle nostre produzioni varietà che non sono legate ai nostri territori solo per un problema di quantità. Noi dobbiamo puntare a un sistema di qualità sapendo che per come sono le dinamiche l’Italia non sarà mai in grado di soddisfare al proprio fabbisogno interno di olio extravergine di oliva per cui dobbiamo noi pensare all’elemento della qualità e quello della quantità giocarlo su altri piani». Quindi se si cercasse di aumentare anche la quantità andrebbe fatto solo nel rispetto assoluto di qualità e varietà autoctone? «Io la penso così. D’altronde la scelta della quantità l’hanno fatta altri. Noi non saremo mai in grado, anche con una volontà di fare nuovi impianti e quant’altro, di affermarci sul piano della quantità in tempi ragionevoli. Mentre invece possiamo giocare la carta della qualità. C’è una forte domanda di olio extravergine di oliva fra i consumatori e soprattutto sul mercato internazionale: l’Italia può giocare questa carta al pari di altri prodotti».
Il direttore di Cia Toscana Giordano Pascucci dice che bisogna incrementare la quota di oli extravergini certificati: «intanto, se guardiamo i numeri, l’Igp Toscano è circa il 20% della produzione annuale, quindi vuol dire che c’è ancora un margine dell’80%. Noi dobbiamo sempre considerare che il 50% dell’olio che viene prodotto in Toscana va sull’autoconsumo». Se l’Igp in Toscana è già al 20% è molto meglio del dato nazionale. «Assolutamente sì. Noi abbiamo piccoli numeri. Perché la produzione di olio della Toscana è il 2% di quella nazionale. Quindi abbiamo numeri “insignificanti” dal punto di vista produttivo, nel senso che ad esempio non produciamo tanto olio quanto ne produce, ad esempio, la provincia di Bari. Però nel nostro piccolo dimensionamento, con un grande livello qualitativo, abbiamo solo il 20% dell’olio toscano che diventa Igp Toscano, quindi possiamo ancora crescere. Si tratta di coniugare qualità del prodotto, prezzo del prodotto, quindi remunerazione e qui vincere effettivamente la competizione nei mercati, perché se il consumatore è abituato a comprare un extravergine che ritiene di qualità a 2/3 euro, il nostro olio toscano a meno di 8/9/10 euro sugli scaffali non ci arriva. Questo è l’approccio che dobbiamo seguire, perché qui abbiamo l’elemento distintivo della Toscana, il paesaggio, il territorio, che sono valori sui quali continuare a investire».
«Noi in Italia facciamo troppo poco olio – esordisce Dino Scanavino, presidente di Cia nazionale -. Ne facciamo meno di quello che consumiamo e ne sprechiamo anche molto, perché non abbiamo le attrezzature, la tecnologia per far diventare olio extravergine tutte le olive che coltiviamo. Quindi coltiviamo molti olivi, ma produciamo poco olio: questo è il problema di base. Le Igp e le Dop sono come per gli altri prodotti l’unico elemento che ci difende davvero dalle contraffazioni, tutto il resto sono chiacchiere. Cioè se noi non abbiamo dei sistemi di certificazione rigorosi che certificano l’origine del prodotto, le etichettature estemporanee e i sistemi di autocertificazione sono tutte cose che commercialmente daranno i loro risultati ma dal punto di vista strutturale non sono in grado di certificare. Quindi le Dop e le Igp segnano la distintività italiana. I produttori ci credono poco […] e quindi questo è un elemento che dobbiamo assumere come impegno politico nel convincere i produttori ad aderire alle Dop e alle Igp e ai loro consorzi affinché una parte maggiore della produzione diventi certificata».
Ma la sfida sulla quantità non è una battaglia persa? «Io non ci credo. Intanto perché parlare della qualità è come parlare della vita, ognuno ha una propria idea su che cosa è la qualità. Quindi bisogna stare attenti quando se ne parla. Comunque io credo che si possa fare buona qualità aumentando di molto la produzione. Perché noi intanto dobbiamo far diventare olio tutte le olive che coltiviamo. Non è una banalità, perché noi coltiviamo una percentuale molto più alta di olive rispetto a quelle che moliamo. Stanno sugli alberi, cadono a terra a Natale. Inoltre dobbiamo mettere in condizione l’olivicoltura italiana di intensificare gli uliveti, non fare il super intensivo ma intensificare e fare più prodotto con olivi la cui raccolta possa essere meccanizzata e dai quali ottenere un olio di qualità, secondo i parametri scientifici riconosciuti e le valutazioni dei degustatori. Noi potremmo fare molto più olio con queste caratteristiche di quello che facciamo ora». Quindi senza prendere cultivar efficienti da fuori? «Per ora io vorrei vedere quello che riusciamo a fare con le piante di olivo che abbiamo in campo e poi misurarci anche con le innovazioni e le introduzioni genetiche, verso le quali noi abbiamo una grande apertura».

Lorenzo Sandiford