L’olivicoltura italiana e la ricerca della produttività
- Andrea Vitali
Al convegno “Coltivare l’olivo” del 23 marzo di Confagricoltura Siena le ricette del prof. Riccardo Gucci per rilanciare l’olivicoltura italiana alzando i livelli produttivi: «rinnovo degli oliveti in aree potenzialmente competitive» (il 37% degli ettari olivati) con impianti a maggiore densità, olivi dalle chiome libere e voluminose, più superfici esposte, raccolta meccanizzata e irrigazione; politiche che puntino sulle varietà autoctone (più di 600), ma senza veti alle aziende che scelgano super intensivo con varietà spagnole. L’Associazione produttori olivicoli toscani ha fatto sapere che Co.Agri è in cerca di olivicoltori che conferiscano quote dell’olio prodotto da commercializzare.
E’ quanto risposto da Riccardo Gucci, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa, ad una domanda postagli da Floraviva per chiarire la sua posizione riguardo alle piante da utilizzare per rinnovare gli oliveti italiani, al termine del convegno “Coltivare l’olivo”, tenutosi il 23 marzo al Santa Chiara Lab dell’Università di Siena. Un incontro organizzato dall’Unione provinciale agricoltori (Upa) di Siena (Confagricoltura) in collaborazione con il Santa Chiara Lab e l’Associazione produttori olivicoli toscani (Apot), a cui sono intervenuti anche il prof. di Bruno Bagnoli, docente di Entomologia applicata ai prodotti agroalimentari e alla viticoltura del Dipartimento per l’innovazione nei sistemi biologici agroalimentari e forestali dell’Università della Tuscia di Viterbo, con una relazione intitolata “Principali avversità biotiche dell’olivo e strategie di controllo ecosostenibile”, il presidente della Sezione nazionale olivicola di Confagricoltura Pantaleo Greco e il vice presidente dell’Apot Orlando Pazzagli.