Filiera olivo-olio

Sono saliti a 1,2 miliardi i danni provocati dal diffondersi della Xylella fastidiosa, il batterio che provoca il rapido disseccamento dell'olivo, che avanza inesorabilmente ed si è estesa su 770.000 ettari di terreno in Puglia dove è comparsa per la prima volta nell’ottobre del 2012, quando fu data la prima segnalazione di anomali disseccamenti su un appezzamento di olivo. E’ quanto emerge dallo studio “Salvaolio” della Coldiretti presentato in occasione della manifestazioni degli agricoltori scesi in piazza a Roma all’indomani dell’approvazione della manovra per chiedere le misure necessarie per salvare gli uliveti italiani. A questo punto serve un deciso cambio di passo con risorse per gli agricoltori colpiti e le necessarie “eradicazioni chirurgiche” che – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - se fossero state fatte prima avrebbero risparmiato alla Puglia e all’Italia questa situazione drammatica. In questo contesto – sostiene Prandini - è importante il decreto sullo stato di emergenza per far partire il piano di interventi per fare fronte alla Xylella fastidiosa in Puglia annunciato dal ministro per le Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio. Siamo però di fronte ad uno scenario apocalittico per cui sono essenziali tempi certi dell’iter del Decreto poiché – ha concluso Prandini - la tempistica è essenziale, affinché le linee programmatiche entrino in vigore almeno in funzione della ripresa vegetativa per consentire i reimpianti, gli innesti e favorire adeguamenti e programmazione delle attività dei frantoi. In sei anni – sottolinea la Coldiretti – si sono susseguiti errori, incertezze e scaricabarile che hanno favorito l’avanzare del contagio che dopo aver fatto seccare gli ulivi leccesi ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto, arrivando pericolosamente a Monopoli, con effetti disastrosi sull’ambiente, sull’economia e sull’occupazione. Anche in questo caso non mancano le responsabilità regionali e anche comunitarie e sotto accusa – continua la Coldiretti – è il sistema di controllo dell’Unione Europea con frontiere colabrodo che hanno lasciato passare materiale vegetale infetto poiché il batterio che sta distruggendo gli ulivi pugliesi è stato introdotto nel Salento dal Costa Rica attraverso le rotte commerciali di Rotterdam. “Una politica europea troppo permissiva che consente l’ingresso di prodotti agroalimentari e florovivaistici nell’Ue senza che siano applicate le cautele e le quarantene che devono invece superare i nostri prodotti quando vengono esportati”, ha concluso Prandini.

Redazione

La linea d’intervento del ministro Centinaio prevede una task force con i maggiori esperti in materia e si incentra su contenimento, programma di monitoraggi e ispezioni; rafforzamento di ricerca e riconversioni con varietà resistenti; oltre ad un elenco di sostegni alle imprese olivicole e vivaistiche che ha una dote finanziaria di 100 milioni di euro.

La scoperta sul Monte Argentario ha di fatto accelerato il piano d’intervento trasformandolo in un decreto di massima urgenza. Il ceppo scoperto sul monte Argentario risulta della varietà Multiplex ed ha attaccato 13 ginestre, 11 poligala mirtifolia, tre mandorli, due calicotome, un rosmarino, una lavanda, un cisto e un eleagno. Quindi nessun olivo risulta infettato ed il servizio Fitosanitario di Regione Toscana fa sapere che particolare attenzione è stata posta nell’analisi delle piante di olivo in zona, dove è stato aumentato il numero di piante campionato e sulle quali nessun contagio è stato rilevato.
Quindi è stato delinato un'intervento importante contro la Xylella fastidiosa come richiesto ormai da tempo. Questo quanto emerso dall’audizione, proprio sul dossier Xylella, tenuta il 19 dicembre alla Camera dal ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio. Una linea d’intervento che ha subito un'accelerazione e maggiore spessore con la costituzione di un gruppo di lavoro (nel quale sono rappresentate tutte le istituzioni coinvolte e la cui responsabilità è stata affidata al capo di gabinetto dello stesso ministro, Luigi Fiorentino) e che ha, nei dettagli, un nuovo approfondito programma d'intervento. «Programma di intervento – ha spiegato il ministro Centinaio – che intendo sottoporre all'attenzione della Commissione Ue, del Parlamento e della Conferenza Stato regioni anche perché le azioni da attuare riguardano l'intero territorio nazionale e il recente ritrovamento della Xylella sul Monte Argentario ne è purtroppo un'ulteriore testimonianza».
Importante anche il budget finanziario messo a disposizione del piano: oltre 100 milioni di euro (48,3 dal Psr Puglia, 30 dal Fondo di coesione sociale, 13 dalla legge di Bilancio, 5 da Ismea e 4,3 dal bilancio della Regione Puglia). In dettaglio, la finalizzazione delle risorse del Fondo di coesione sociale, verrà predisposta mediante un protocollo d'intesa tra ministro delle Politiche agricole e Presidente della Regione Puglia.
Il gruppo di lavoro costituito dal ministro Centinaio si è attivato dopo una serie di auditing con i vari portatori d’interesse coinvolti nell'emergenza Xylella che hanno fatto scaturire un nuovo programma di intervento in considerazione che i dati disponibili, dimostrano che l'espansione dell'infezione è giunta fino ai comuni a Sud di Bari «il che – ha detto Centinaio – rende indispensabile una più incisiva azione pubblica coordinata tra le varie istituzioni coinvolte. La Xylella ha modificato profondamente la filiera olivicola pugliese in termini economici, spaziali e tecnico agronomici. E quindi l'intervento organico deve essere indirizzato ad assicurare la sopravvivenza del settore e lo sviluppo del territorio».
Il nuovo piano d’azione mira a individuare una politica organica per contrastare l'espansione della Xylella mettendo in atto ogni azione necessaria al ripristino e al rilancio della coltura olivicola e dell'economia agricola del territorio.
«Innanzitutto per contrastare la gravità dell'epidemia in atto – ha spiegato Centinaio - e limitare l'enorme rischio potenziale di espansione in altre regioni del Paese (e conseguentemente la responsabilità verso terzi), dei danni già prodotti o imminenti sul territorio, bisogna attuare l'inevitabile e necessaria applicazione delle misure di contenimento e intervenendo più tempestivamente ed in modo più efficace di quanto fatto sinora. Un intervento che deve essere attuato mediante uno stretto ed efficace coordinamento delle istituzioni/forze/enti chiamati a gestire le azioni di contrasto sul territorio. In questa ottica occorre incrementare le risorse finanziarie necessarie reperendo finanziamenti aggiuntivi attraverso il Fondo di Sviluppo e Coesione, e il bilancio dell'Unione europea, oltre a potenziare le sinergie con i fondi già impiegati dalla Regione Puglia».
Nel concreto il piano dovrà puntare sulla lotta ai vettori ed al rafforzamento del piano di monitoraggio mediante un programma di ispezioni e campionamenti sia in zone colpite che in quelle indenni. Inoltre, tale attività di monitoraggio, non può prescindere da un potenziamento della rete di laboratori di analisi certificati sul territorio nazionale. Il piano di monitoraggio ed il programma d'ispezioni e campionamenti dovranno includere anche le strutture vivaistiche.
Dell’azione d'urto attuata dal ministro Centinaio, un ruolo determinate verrà affidato alla ricerca che dovrà studiare l'epidemia ed individuare strade per ricostituire il paesaggio con misure ad hoc per la salvaguardia degli ulivi monumentali delle aree infette. Trovare soluzioni per il vivaismo con colture alternative sia in chiave produttiva che paesaggistiche. Prioritario è il ripristino del potenziale produttivo da effettuarsi in particolare con le varietà resistenti con dei sostegni alla riconversione verso cultivar di olivo resistenti. Ovviamente un ruolo chiave avranno anche i sostegni alle aziende danneggiate. «Un sostegno al reddito – ha aggiunto il ministro – che riguarderà le aziende in fase di transizione verso i nuovi impianti. Aiuto che avverrà attraverso la decontribuzione sui costi previdenziali, la sospensione per uno o più anni delle rate dei mutui e l'attivazione del Fondo garanzie Ismea per favorire l'accesso al credito. Un sostegno specifico verrà poi messo a disposizione delle aziende vivaistiche».

Redazione 

Il sen. Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche Agricole alimentari, forestali e del turismo, ufficializza l'inizio del Piano straordinario di lotta alla Xylella fastidiosa per il 2018 annunciando altri 70 milioni di euro per il 2019.

"Mantengo ogni promessa. Non ho lasciato soli gli agricoltori e rispondo con i fatti. Voglio ringraziare il Ministro Lezzi che attraverso il suo Ministero ha ufficializzato il trasferimento di 30 milioni di euro dal fondo sviluppo e coesione all'agricoltura. Queste risorse vanno ad aggiungersi a quelle erogate negli anni precedenti e con le quali è possibile finalmente dare il via al tanto atteso Piano straordinario di lotta alla Xylella fastidiosa per il 2018. Per il 2019 metteremo altri 70 milioni di euro". E' quanto ha annunciato il Ministro delle Politiche Agricole alimentari, forestali e del turismo, sen. Gian Marco Centinaio. "Stiamo lavorando per mettere tutte le risorse possibili a favore dell'olivicoltura e per il rilancio dell'economia rurale delle regioni interessate alla diffusione del batterio. Gran parte dei fondi sarà finalizzato al ripristino della potenzialità produttiva dei territori, ma anche a importanti interventi di prevenzione e contrasto al vettore, nonché alla ricerca e alla sperimentazione che continua a svolgere un ruolo fondamentale nello studio di tutti i fattori dell'epidemia."

Redazione

Intervista, durante il 1° incontro di Olea 2018 a Pescia sulle prospettive per l’olivicoltura toscana di qualità, al vice presidente del Consorzio dell’olio extravergine d’oliva Toscano IGP Giampiero Cresti: «i nuovi oliveti solo con olivi di cultivar toscane (possibilmente “tutte”), ma razionalizzati e ordinati per varietà», con densità da modello grosso modo intensivo ma variabili a seconda dei contesti. Spazio anche a esperienze di super intensivo con piante di Maurino Vittoria e valorizzazione ambientale e turistica per l’olivicoltura sui terrazzamenti. Il prof. Gucci ha presentato studi che mostrano i vantaggi, in termini di rapporto ottimale fra quantità e qualità dell’olio ottenuto, di un’irrigazione al 50% del fabbisogno d’acqua delle piante d’olivo.   

 
Quali sono le prospettive per l’olivicoltura toscana di qualità? Una risposta articolata a questo interrogativo, che dava il titolo al primo dei due incontri previsti quest’anno da Olea, la manifestazione dell’Istituto tecnico agrario Anzilotti di Pescia dedicata alla promozione della conoscenza dell’olio, l’ha fornita a Floraviva il vice presidente del Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva Toscano IGP Giampiero Cresti, intervistato a margine dell’incontro. 
Un seminario a cui sono intervenuti, oltre a Cresti, che è anche direttore di Olivicoltori Toscani Associati, il prof. Riccardo Gucci, ordinario presso il Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa, fra le massime autorità italiane in materia olivicola, con una relazione sul tema “Dal campo alla tavola: il legame tra qualità e tecnica colturale”, un altro super esperto come il prof. Rosario Muleo, ordinario presso il Dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell’Università della Tuscia (Viterbo) (“Innovazione in vivaio: incremento della capacità di radicazione nel metodo di riproduzione per talea, nelle cultivar autoctone toscane”), e la Dott.ssa Anna De Carlo del Cnr Ivalsa (“PIF EVO 2.0: dal vivaio alla tavola”, in cui sono state descritte le attività dell’Ivalsa in quel pif per realizzare protocolli efficienti sia di micropropagazione (propagazione in vitro) che di propagazione mediante radicazione di microtalee uninodali (propagazione in vivo) adatti ad alcune varietà di olivo toscane capaci di incrementare la qualità e le garanzie genetico-sanitarie).  
Diverse indicazioni sulle prospettive idonee a tener alta la qualità della nostra olivicoltura sono emerse nell’intervento del prof. Riccardo Gucci, che consisteva nell’illustrazione di vari fattori della coltivazione che incidono su determinate caratteristiche dell’olio quali i contenuti di biofenoli e l’acido oleico. Ad esempio, Gucci ha riferito che oggi è salita a 1/5 la quota di superficie olivicola che viene irrigata e che, anche se con molta acqua agli olivi derivano poi oli meno amari e meno piccanti e con minore presenza di biofenoli (con le loro preziose proprietà salutistiche), da recenti studi validi per tutte le varietà di olivi è emerso che, dando alle piante il 50% del fabbisogno idrico si raggiunge un buon compromesso fra i vantaggi dell’acqua e/o umidità (maggiore produzione) e quelli della sua carenza (più biofenoli). Inoltre Gucci ha sottolineato l’importanza primaria delle cultivar, associate alle caratteristiche territoriali, nel determinare la qualità dell’olio. E a domanda del cronista di Floraviva sulle cultivar più adatte alle zone collinari in Toscana, ha risposto che il Frantoio, il Moraiolo e il Correggiolo continuano ad essere quelle più importanti. Senza che ciò significhi che alcune aziende non possano introdurre novità varietali ritenute attraenti da un punto di vista commerciale o per altro motivo.
Ma veniamo all’intervista a Giampiero Cresti, che ci ha prima ragguagliato su alcuni argomenti toccati nella relazione, tutta tesa a evidenziare l’urgenza di rinnovare gli impianti olivicoli della nostra regione, in quanto molto vecchi e spesso danneggiati da eventi calamitosi. Innanzi tutto ha ricordato l’avvio di 2 nuovi pif in Toscana riguardanti l’olivicoltura che significheranno «più o meno 1000 ettari di oliveti nuovi, che credo sia una cosa senza precedenti». A cui «si aggiungono una serie di iniziative private che coinvolgono grandi aziende come Antinori, Frescobaldi…»
… di che tipo di investimenti si tratta?
«Per quello che so, perché ovviamente quando le iniziative sono private non si può sapere più di tanto, credo che vogliano fare oliveti per produrre olio toscano Igp. Anche nei 2 pif si produrranno oli di oliva di varietà toscane».
Quando ha parlato del calo produttivo di olio extravergine degli ultimi 20 anni e ha spiegato che la produzione media dell’ultimo decennio è stata inferiore del 28% a quella del decennio precedente (come a dire che non è solo una questione di contingenze calamitose), si riferiva all’olio extravergine toscano, vero?
«Sì».
Nella sua conclusione, quando ha riferito che cosa si aspetta dai vivaisti olivicoli pesciatini, ha chiesto in primo luogo “rispondenza varietale”: che cosa intende dire esattamente?
«E’ evidente per fare l’olio toscano come lo conosciamo servono le nostre varietà. Quindi se io devo fare un impianto nuovo e mi rivolgo a un vivaista, vorrei trovare quelle varietà, cioè che ci sia disponibilità di quelle varietà e che siano davvero quelle varietà lì».
E lo stanno facendo?
«Penso di sì. Siamo ancora in una fase progettuale. Il vivaismo pesciatino è serio, è storico, quindi penso proprio di sì».
Quindi era una richiesta di varietà toscane?
«Sì, varietà toscane. E che siano certificate virus esenti».
Ok sulla toscanità, ma più in dettaglio? Lei ha detto che le aziende devono essere flessibili, che non esiste una ricetta unica per tutte, ma che allo stesso tempo le varietà contano e devono essere toscane. Però ce ne sono tante in Toscana. Ecco, quali varietà toscane chiedete al vivaismo olivicolo?
«Per come la vedo io, le nostre varietà sarebbe bene utilizzarle “tutte”. Mi spiego: l’olio toscano si differenzia da quello del resto del mondo non solo perché l’ambiente condiziona la produzione, ma uno dei fattori determinanti è la varietà. Queste varietà, se sono autoctone e ce le abbiamo solo noi (consideriamo che in Italia ce n’è 350 segnalate, 80 sono in Toscana) e vengono coltivate nel nostro ambiente, ci rendono inimitabili. Ogni varietà ha proprie caratteristiche. L’olio toscano è un po’ poliedrico proprio per questo, perché negli oliveti c’è roba mista…».
…infatti si fanno blend [miscele] di solito..
«Sì, ma secondo me in un’olivicoltura del domani bisognerebbe razionalizzarle tutte queste cose. Proviamo a immaginarci di avere le 80 varietà, tutte. Ognuna di queste avrà una sua caratteristica. Se io facessi degli oli monovarietali per poi metterli insieme e fare i blend come fanno i francesi con i vini, quali infinite possibilità si aprirebbero! E queste sono le cose che servirebbero…».
…quindi sia monocultivar che blend?
«Soprattutto blend».
Cioè in cui si indichi proprio come è composto il blend?
«Si può indicare o non indicare. Prima parlavo di aspetti emozionali: se ti metto a disposizione un olio che ha dei profumi e delle qualità che trovi solo lì e lo posso fare utilizzando del materiale che è mio e solo mio, questo dà dei vantaggi incredibili per lavorare sull’emozionalità dei consumi».
Sui modelli di impianto mi è parso di capire che lei abbia una visione flessibile e plurale.
«La grande discussione è sul “super intensivo”. Il super intensivo ad oggi è possibile farlo con le varietà con cui è nato, che però non sono toscane e nemmeno italiane, perché sono due spagnole e una greca fondamentalmente. Di varietà toscane che si adattano ce n’è una..».
…quale?
«Il Maurino Vittoria, tant’è vero che un po’ di oliveti super intensivi vengono fatti con questa varietà di olivo..».
…dove questi? In Maremma?
«Sì, anche in Maremma, qualcosa è stato già fatto e qualcosa verrà fatto. Anche con i pif qualcosa probabilmente verrà fatto. Però se noi riconduciamo la produzione a questo modello, tutto il ragionamento che si è fatto finora ce lo perdiamo. Introdurre varietà che non sono le nostre, secondo me, è un boomerang incredibile. Perché quelle stesse varietà le producono in Spagna, in Portogallo. C’è un’azienda che ha 5 mila ettari di Arbequina... come si fa a competere su questo piano? Noi però abbiamo dei vantaggi che ci consentono di sopravvivere nel territorio e ce li dobbiamo tenere stretti, quindi le varietà diventano fondamentali. Prescindere dalle varietà toscane significa uscire fuori da questo meccanismo. Se nelle varietà toscane […] un giorno la ricerca svilupperà qualcosa per contenere il volume delle piante, ne potremo riparlare. Ma oggi, se lo dovessi scegliere come modello toscano, direi di no, perché va contro a tutto quello in cui credo. Questa è la prima cosa. Poi se c’è qualche esperienza [di super intensivo, ndr] può andare anche bene, ma non possiamo pensare che l’olivicoltura toscana sia quella, perché altrimenti avremmo perso la partita. Allora ci sono delle alternative? Sì, perché nel mezzo tra l’andare in giro scalzo e con l’astronave ci sono tante possibilità. Anche col prof. Gucci stiamo facendo tante esperienze. Ad esempio produrre varietà toscane in impianti non super intensivi, ma intensivi, quindi dove si razionalizza tutto: quando si mettono a dimora le piante si raggruppano per varietà in maniera da poter avere una gestione più puntuale, mentre ora sono tutte mescolate e fare anche raccolte differenziate [per il tipo di olive, ndr] è impossibile o molto difficile. Quindi una razionalizzazione e un aumento della densità per unità di superficie…».
…a quanto?
«Questo dipende molto dalle varietà che si scelgono e anche dalla fertilità del suolo. Perché se c’è un suolo fertile spinge di più e quindi bisogna mettere le piante un po’ più rade…».
… non si possono dare delle misure di riferimento?
«No, perché come le dicevo, dipende da tante variabili. Ad esempio se faccio irrigazione o no, perché se faccio irrigazione crescono di più. Quindi se le metto troppo vicine rischiano di darsi fastidio. E poi dipende dal tipo di raccolta che mi immagino: cioè con quali macchine e attrezzature penso di raccogliere le olive ecc. ecc.».
…in collina in un modo e in pianura in un altro…
«… può incidere anche la dimensione aziendale: cioè io ho un ettaro, ho manodopera che utilizzo anche per altre attività e che ho disponibile nel periodo della raccolta delle olive e posso preferire non meccanizzare alcune operazioni perché questo mi consente di ammortizzare il personale, e così via.».
Ecco, essendo scelte così complesse, voi come Consorzio date indicazioni e supporto e consulenze alle aziende in tal senso?
«Il Consorzio non ha competenze in questo ambito. La nostra attività è tutelare e promuovere l’olio toscano. Poi però ovviamente la nostra base di associati è costituita da olivicoltori, quindi si lavora per cercare di dare degli stimoli giusti. Io faccio il direttore in una cooperativa, noi come cooperativa abbiamo tecnici…».
…insomma, sono scelte agronomiche aziendali…
«… si fa assistenza ai nostri soci. Ma delle volte nascono delle progettualità interessanti. Ad esempio quella esperienza fatta a Montepulciano a cui ho accennato è di grande interesse. E’ un micro progetto che ha coinvolto una ventina di aziende intorno a una cooperativa, un frantoio sociale…».
… in quel caso non conferiscono solo, ma ricevono anche il servizio di raccolta condiviso, glielo dà la cooperativa, se ho ben capito.
«Esatto. Per motivazioni le più diverse, ciascuna delle venti aziende aveva la necessità di esternalizzare le operazioni più impegnative, che erano quelle della raccolta e della potatura. Se tutto questo lo mettiamo in un processo produttivo e costruiamo una filiera, ci rendiamo conto che quando si fanno gli oliveti bisogna avere in mente tutto quello che viene dopo. E se ho chiaro questo posso ricorrere a sistemi, dalle reti di impresa alle cooperative ecc. Per esempio, la meccanizzazione non se la può permettere quasi nessuno se le dimensioni aziendali rimangono queste nell’olivicoltura, perché l’olivo è sempre un pezzetto dell’attività complessiva dell’azienda e quindi uno dice come faccio a comprare una macchina che costa 50 mila euro se ho 1 ettaro di oliveto? Quando li recupero? Però se ci si mette insieme in tre o quattro oppure se c’è una cooperativa che mi fa i servizi posso pensare a un oliveto dove introduco una meccanizzazione».
Dunque, per concludere, ha spiegato bene la necessità di razionalizzare, però nel suo intervento ha detto esplicitamente anche che gli impianti sono vecchi e che quindi sono molti quelli da rinnovare completamente, o sbaglio?
«Il 60% degli oliveti in Toscana sono da sbarbare e ripiantare».
Lei ha distinto tre tipi di oliveti esistenti in Toscana: un 10/15% già efficienti, quasi 30% a terrazzamento (che rappresenta un discorso a parte) e il restante 60% circa su cui puntare che va completamente rinnovato. Davvero in questo 60% di superficie olivicola sono da cambiare tutti gli impianti? Non può bastare una sostituzione graduale?
«Ci saranno situazioni peggio messe, altre che possono essere un po’ sostenute, però se questo percorso non incomincia mai, non arriverà mai».
Ma con queste sostituzioni sarà sempre così buono l’olio, perché a me pare che con le piante che ci sono ora il prodotto è qualitativamente alto, o no?
«Ma potrebbe essere meglio ancora. Perché gestendo le situazioni come dice il prof. Gucci [cioè controllando i vari fattori principali: acqua, tempi di raccolta e invio al frantoio ecc., ndr] si potrebbe migliorare. Ma con questi oliveti non è possibile. Invece rinnovando gli impianti e razionalizzandoli, ma con olivi delle nostre varietà, miglioreremo anche la qualità [non solo la produttività, ndr]».
Infine un cenno agli olivi nei terrazzamenti: lì che cosa bisogna fare? Lì il paesaggio va mantenuto? 
«Certo. Quello è un tema che va oltre. Capisco che una soluzione sia difficile trovarla. Sono stato a Calci l’altro giorno e mi è preso male. Dopo l’incendio recentemente è venuta giù un po’ di acqua e ha incominciato a portare giù la terra. L’olivo in certi territori ha un aspetto paesaggistico – al quale potremmo anche “rinunciare” nel senso che una volta lì c’era il bosco, se ci ritorna… - ma c’è un aspetto di mantenimento del territorio, soprattutto dal punto di vista idrogeologico. I muretti che si vedono sul Monte Pisano, sulle colline qui o sul Montalbano, fondamentalmente servono anche a regimare idricamente…».
…in questo senso diceva che è un discorso a parte…
«Certo, se si pensa che c’è l’agricoltore lì, che ci deve andare a piedi, che deve fare tutto a mano, che non ci può andare con un trattore ecc. ecc., a quanto dovrebbe venderlo quell’olio? Siamo disposti a pagarglielo 30 euro? Nessuno è disposto. Io personalmente ho sviluppato una mia idea, che però so che è complicata, però secondo me queste situazioni, non tutte, ma una buona parte si potrebbero salvare all’interno di progetti di valorizzazione ambientale».
Cioè?
«Faccio un esempio. Sul Monte Pisano c’è una serie di realizzazioni ingegneristiche sul regime dell’acqua, di raccolta, canalizzazione, con il versante di Buti dove l’acqua viene portata fino al padule sotto, che se le avesse in mano un grosso imprenditore straniero ci farebbe i soldi».
Perché?
«Perché ha un valore storico, culturale, ambientale…»
…quindi intende dire con il turismo?
«Certo. Da piazza dei Miracoli ad arrivare a Calci quanto ci vuole? Piazza dei Miracoli è affollata di gente, a Calci non ci si porta nessuno».
Una valorizzazione ambientale finalizzata al turismo o anche al turismo.
«Anche. Perché se ci facciamo una valorizzazione di un certo tipo, poi il turista che arriva lassù una bottiglia d’olio a 30 euro la compra pure, perché ne capisce meglio anche il valore».
Quindi iniziative di nicchia di questo genere per valorizzare anche l’olivicoltura dei terrazzamenti delle zone collinari.
«Certo. E questi territori potrebbero farcela secondo me. E’ comunque un percorso difficile, perché dovrebbe coinvolgere le istituzioni».
 
Lorenzo Sandiford
 
 

Il 24 novembre ed il 1 dicembre a Pescia, nella patria del vivaismo olivicolo, si terrà, presso il centenario Istituto Agrario Anzilotti la 9ª edizione di Olea. Una due giorni di convegni approfondimenti e confronti con esperti di livello internazionale, su tematiche riguardanti la conoscenza dell’olio extravergine, la pianta, gli aspetti paesaggistici, quelli ecologici ed infine quelli legali e produttivi.

Lo staff dell’Istituto Agrario di Pescia, guidato dalla neo-dirigente Lucia Maffei, ha deciso, visto i crescenti consensi, di arricchire il convegno con due sessioni da due giorni. Importanti docenti ed esperti internazionali dell’olio e del vivaismo olivicolo, affronteranno i temi caldi di un settore che negli ultimi anni è oggetto di continue attenzioni, mai sufficienti diciamo noi, sia dal comparto scientifico che da quello produttivo-commerciale, oltre che politico.
Si inizierà sabato 24 novembre alle ore 09:00, dopo i saluti del dirigente scolastico Lucia Maffei, con un convegno sulle nuove prospettive per l’olivicoltura toscana di qualità. Il primo intervento sarà del prof. R. Gucci, Università di Pisa. Seguirà: il dott. G. Cresti, direttore presso Olivicoltori Toscani Associati, l’assaggiatrice Daniela Vannelli di Slow Food, prof. R. Muleo, Università della Tuscia, dott.ssa Anna De Carlo, CNR-IVALSA. Mentre per sabato 1 dicembre sempre dalle ore 09:00 e dopo il saluto della dirigente Lucia Maffei, si aprirà il convegno con il prof. G. Barbera, Università di Palermo al quale seguiranno: prof. P. Proietti, Università di Perugia, l’assaggiatrice Daniela Vannelli di Slow Food, prof. L. Sebastiani, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa,avv. F. Caruso, SIB LEX Milano.
Durante i convegni si parlerà degli aspetti paesaggistici, ecologici, legali e produttivi dell’olivicoltura. Entrambi i convegni, gratuiti ed aperti al pubblico, inizieranno alle ore 9:00 e si terranno presso la Sala Conferenze dell’Istituto. Anche gli studenti saranno coinvolti nella manifestazione, infatti le classi VB e VC con indirizzo “Gestione e trasformazione” saranno chiamati a promuovere il convegno venerdi 17, venerdi 23 e venerdi 30 novembre, dalle 15 alle 19 presso la Galleria Commerciale della Coop.Fi, proporranno ai visitatori un panel test con prove di assaggio, seguiti dall’esperta Daniela Vannelli di Slow Food. Segue il programma dettagliato dei convegni.

Redazione

Programma dettagliato di sabato 24 novembre e 1 dicembre:
• Ore 9.10: “Dal campo alla tavola: il legame tra qualità e tecnica colturale” (prof. R. Gucci, Università di Pisa)
• Ore 9.40: “Olivicoltura toscana: cambiare abito senza perdere la propria identità” (dott. G. Cresti, direttore presso Olivicoltori Toscani Associati)
• Ore 10.10: degustazione a cura degli studenti guidati dall’esperta Daniela Vannelli di Slow Food Valdinievole, assaggiatrice professionale di olio.
• Ore 10.40: “Innovazione in vivaio: incremento della capacità di radicazione nel metodo di riproduzione per talea, nelle cultivar autoctone toscane” (prof. R. Muleo, Università della Tuscia)
• Ore 11.10: “EVO 2.0: dal vivaio alla tavola. Attività dell’IVALSA” (dott.ssa Anna De Carlo, CNR-IVALSA)

Programma dettagliato di sabato 1 dicembre:
• Ore 9.10: “Olivo e paesaggio agrario” (prof. G. Barbera, Università di Palermo)
• Ore 9.40: “Il ruolo dell’olivicoltura tradizionale nella riduzione della CO2 atmosferica” (prof. P. Proietti, Università di Perugia)
• Ore 10.10: degustazione a cura degli studenti guidati dall’esperta Daniela Vannelli di Slow Food Valdinievole, assaggiatrice professionale di olio.
• Ore 10.40: “Scelte colturali nei sistemi tradizionali e di nuova generazione” (prof. L. Sebastiani, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa)
• Ore 11.10: “La tutela dei prodotti dell’olivicoltura” (avv. F. Caruso, SIB LEX Milano)

Il 9 ottobre è stata battezzata ufficialmente a Roma “Italia Olivicola”, organizzazione nata dalla fusione tra il Consorzio nazionale degli olivicoltori (Cno) e l’Unione nazionale dei produttori olivicoli (Unasco), che punta a rappresentare il comparto in un momento difficile perseguendo quattro obiettivi: concentrazione dell’offerta, miglioramento del reddito dei produttori, costruzione di una filiera olivicola moderna e coesa, difesa del Made in Italy contro le frodi e le contraffazioni.
Italia Olivicola rappresenterà 250 mila produttori, pari al 50% degli olivicoltori italiani, di 15 regioni rappresentate attraverso 57 O.P. (organizzazioni di produttori) che fatturano annualmente circa 54 milioni di euro e che esportano in 42 Paesi del mondo olio extravergine d’oliva di qualità al 100% italiano.
«Più di novant’anni di storia tra Cno e Unasco si fondono per dare vita ad una nuova storia per l’olivicoltura italiana – ha dichiarato Gennaro Sicolo, neo presidente di Italia Olivicola –. È un passo fondamentale per centinaia di migliaia di famiglie e sono orgoglioso di compierlo insieme a Luigi Canino, che come me è prima di tutto un produttore, un olivicoltore». «Lotteremo con ancora più forza affinché venga invertita la rotta di quest’ultimo decennio e l’olivicoltura italiana possa riprendere a crescere, in termini di capacità produttiva e di abilità ad affrontare i mercati a livello domestico e internazionale, facendo in modo di riconquistare la storica posizione di leadership che l’Italia ha lungamente e solidamente ricoperto in passato – ha aggiunto il presidente Sicolo –. Italia Olivicola ha l’ambizione di essere interlocutore privilegiato delle componenti industriali e commerciali della filiera, nonché delle Istituzioni pubbliche nazionali e regionali, per costruire insieme una strategia di sviluppo, modernizzazione e consolidamento del nostro settore».
Luigi Canino, vice presidente vicario della nuova organizzazione ha detto: «abbiamo diverse sfide da affrontare per garantire il giusto valore alla produzione italiana, che mantiene il primato incontrastato nella qualità, nella ricchezza delle quasi 500 cultivar presenti su tutto il territorio, nella sostenibilità del nostro sistema basato su tracciabilità e certificazione del prodotto ed impianti intensivi rispettosi dell’ecosistema».
 
Redazione