Un albero, fiore, pianta per...
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- Scritto da Andrea Vitali
Per questa prima occorrenza nella nostra rubrica di “Un fiore per… la festa della donna” la scelta del dono floreale è d’obbligo: la mimosa o Acacia dealbata, per usare il nome botanico della specie. Che scegliate i classici rametti e mazzetti oppure le piante in vaso, che preferiate la varietà Turner dal fiore piccolo o la diffusissima Gaulois dal fiore grande, le mimose sono diventate il simbolo della “Giornata internazionale della donna”. Sia perché la fioritura avviene nel periodo giusto, sia perché i fiori della mimosa significano forza e femminilità o, per usare le parole dell’Associazione produttori florovivaisti con base in Piemonte Asproflor, in quanto «il colore giallo stimola la creatività, simboleggia la luce, la voglia di agire; ben rappresenta la forza e la tenacia delle donne» e «con la sua apparente fragilità, è in realtà una pianta resistente e robusta».
Questo vale soprattutto in Italia, dove si concentra gran parte di questa produzione, tanto che c’è chi la considera – ad esempio l’Associazione florovivaisti italiani – «una pianta simbolo del Made in Italy, perché coltivata ormai solo nel nostro Paese» e la consiglia ai giovani florovivaisti quale promettente opportunità di investimento. Benché forse sarebbe più corretto parlare di uno dei simboli del “made in Liguria”, visto che «il 90% delle mimose – come precisa la stessa associazione - è coltivato nell’entroterra del Ponente ligure (provincia d’Imperia)». Stando ai dati dei Florovivaisti Italiani infatti «la mimosa è coltivata in Italia su una superficie di quasi 200 ettari di terreno, che fruttano intorno ai 30mila quintali e 150 milioni di steli» e «ad oggi la Liguria è il maggior produttore di questi fiori con le sue circa 1500 aziende che la coltivano in modo ecocompatibile sui tipici terrazzamenti (la pianta non ha, infatti, bisogno di trattamenti chimici)». Ma potrebbero non essere d’accordo con chi scrive nell’usare l’espressione “made in Liguria” per le mimose ad esempio i floricoltori campani, i quali qualche giorno fa, per bocca del presidente del Consorzio Produttori Florovivaisti Campani Vincenzo Malafronte, hanno messo in evidenza che «nella Campania, regione leader in Italia per la produzione di fiori recisi, la mimosa pian piano sta conquistando sempre più spazio» e «da qualche anno gli ettari di produzione di mimosa sono in aumento» (vedi).
Ma come sono andate le cose ai floricoltori che producono mimose in questa festa della donna 2021 (aspettando nei prossimi giorni il responso definitivo di fiorai e altri canali di vendita ai consumatori)? Nei giorni scorsi sono arrivate risposte e analisi un po’ diverse, verosimilmente anche a causa di differenti prospettive d’analisi, dai comunicati di Asproflor e Associazione Florovivaisti Italiani.
Secondo Asproflor, ci sono state quest’anno «difficoltà nella vendita della mimosa» e «problematiche legate alla produzione e alla vendita», con un crollo del mercato della mimosa intorno «al 35-40% del fatturato per aziende, garden e fiorai». Una crisi causata da «restrizioni e fioritura precoce», dice Asproflor, secondo cui: «la diminuzione delle vendite di mimosa, valutata in riferimento al periodo precedente all’emergenza sanitaria in corso, deve essere compresa alla luce di due importanti fattori: la fioritura precoce della pianta stessa e la limitazione alla mobilità delle persone a causa delle restrizioni dettate dai Dpcm». «Il calo delle vendite – spiegano da Asproflor - segue di pari passo la crisi di ristoranti, pizzerie, locali da ballo e altre strutture che sono impossibilitate a lavorare in questo momento». E riguardo alla fioritura precoce della mimosa: «le condizioni climatiche attuali hanno obbligato i produttori a conservare nelle celle frigo il fiore già pronto sin dai primi giorni di febbraio, registrando così una fioritura anomala».
Fotografia diversa è quella scattata da Associazione Florovivaisti Italiani, che parla di «business della festa della donna vivo malgrado il Covid» e di «forte sviluppo del mercato russo (+25%)», con boom di ordinativi, prezzi intorno a 11 euro al chilo alla produzione e stabili sui 5-10 euro al mazzetto al consumo. Secondo l’Associazione infatti «le mimose sono state vendute a 11 euro/Kg, con un giro d’affari da 15 milioni (+20% sul 2020), concentrato, come sempre, nei giorni precedenti la festa della donna». «Si erano diffuse voci di precoce fioritura nel Sud Italia – prosegue la nota - ma gli effetti si sono dimostrati insignificanti a livello nazionale, perché il 90% delle mimose è coltivato nell’entroterra del Ponente ligure (provincia di Imperia), dove il fiore è sbocciato nei tempi attesi. Si segnala solo una leggera contrazione di prodotto dovuta all’incertezza causata dalla crisi pandemica, che ha diminuito del 20% la raccolta». Ma «restano ottime le performance dell’export, che si rafforza in Russia, Polonia e Francia (+25%)»: in Francia le vendite sono aumentate a partire da dicembre, mentre in Russia si concentrano durante la Maslenica, festa tradizionale ortodossa della settimana precedente la Quaresima e corrispondente al nostro Carnevale. Inoltre «al consumo i prezzi sono stabili: i mazzetti vanno dai 5 ai 10 euro, che arrivano a 15 con l’inserimento di una rosa nel bouquet». Nella nota viene ricordato pure che la mimosa può essere acquistata anche come pianta e che il prezzo varia in tal caso in base alla grandezza del vaso, dai 10 euro fino ai 70 euro, e viene pure utilizzata come fronda per rendere più lucenti i bouquet floreali. «La produzione di mimose, tipicamente italiana, rappresenta il 5% della produzione floricola – ha dichiarato Aldo Alberto, presidente dell'Associazione Florovivaisti Italiani – e funge abitualmente da traino ai commerci in primavera. Il trend positivo di questo 8 marzo è un segnale positivo che dà fiducia e ottimismo per la ripartenza che noi tutti auspichiamo».
Il florovivaismo e in particolare la floricoltura è sempre più legato a celebrazioni e ricorrenze: «la festa della donna e San Valentino - ricordano i Florovivaisti Italiani - valgono da soli il 15% del fatturato complessivo».
L.S.
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- Scritto da Andrea Vitali
«Stimiamo che il Cotoneaster franchetii intrappoli il 20% in più di emissioni rispetto ad altre siepi che abbiamo testato, per cui sarebbe l'ideale lungo strade trafficate nelle zone più inquinate».
Così Tijana Blanusa, scienziata della Royal Horticulture Society, ha riassunto i risultati di una ricerca da lei coordinata sulla efficacia delle siepi come barriere contro l’inquinamento atmosferico causato dalle auto in ambienti urbani.
«Sulle principali strade cittadine con traffico intenso – ha spiegato Blanusa, come riportato nel sito web di Rhs e poi ripreso da vari giornali fra cui Repubblica – abbiamo scoperto che le specie con chiome più dense e più complesse, foglie ruvide e pelose quali il Cotoneaster franchetii sono le più efficaci» a intrappolare le particelle nocive nell’aria. E si è anche stimato che in soli sette giorni una fitta siepe lunga un metro e ben manutenuta assorbirà la stessa quantità di gas di scarico che un’auto emette in un percorso di 500 miglia.
Come riferisce lo stesso articolo, il professor Alistair Griffiths, direttore scientifico e delle collezioni di RHS, dichiara che gli studi scientifici di RHS dimostrano che i tratti di alcune specie e cultivar vegetali, come la forma delle foglie e le caratteristiche delle radici, aiutano a mitigare numerosi problemi ambientali. Ad esempio è stato verificato che la copertura murale con l’edera eccelle nel rinfrescare gli edifici e che il biancospino e il ligustro aiutano ad alleviare le intense piogge estive e ridurre le inondazioni localizzate; per cui se li piantiamo in giardini e spazi verdi in cui questi problemi ambientali sono maggiori, possiamo fare una grande differenza nel mitigare e adattarci al cambiamento climatico.
L.S.
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- Scritto da Andrea Vitali
Quest’anno lasciamo scegliere a voi quale debba essere “Un fiore per… San Valentino” a partire da una lista di cinque generi di fiori abbinati ai loro significati da professionisti statunitensi del commercio dei fiori. Sono le calle, le gerbere, i gladioli, i giaggioli e le peonie.
La giornata di San Valentino è molto impegnativa per i fioristi di tutto il mondo. L’azienda statunitense ProFlowers - come riporta un recente articolo del St. Mary Now - afferma che a questa festività è riconducibile la maggior parte di vendite di fiori freschi e che il 78% dei fiori acquistati per San Valentino sono fiori recisi, con gli uomini come maggiori acquirenti.
Le rose sono il fiore che va per la maggiore, ma i consumatori possono scegliere molti altri fiori bellissimi per veicolare il messaggio giusto a una persona speciale per loro. Ogni tipo di fiore ha infatti un significato specifico, non per nulla si parla di “linguaggio dei fiori”.
In questo “Un fiore per… San Valentino”, per una volta, non siamo noi a suggerire il fiore, ma lasciamo a voi lettori la scelta a partire dalla lista consigliata da ProFlowers e Pickup Flowers al St. Mary Now. O meglio a partire dalla selezione di cinque fiori che abbiamo ricavato dalla lista di dieci, con rispettivi significati, proposta dal giornale americano.
Eccoli:
Le calle (genere Zantedeschia, ma in particolare la specie Zantedeschia aethiopica): questa fioritura simboleggia magnificenza e bellezza, ma anche purezza e innocenza (ragion per cui le calle sono spesso il fiore preferito nei bouquet da sposa).
Le gerbere (genere Gerbera, a cominciare dai diffusi ibridi della specie Gerbera jamesonii): con fiori grandi e belli in un vasto assortimento di colori vivaci, le gerbere sono fra i fiori preferiti per comunicare sentimenti allegri e gioiosi.
I gladioli (genere Gladiolus, e più precisamente i numerosi ibridi derivati da specie quali G. cruentus, G. floribundus, G. oppositiflorum, G. primulinus e altre ancora): questi fiori alti e sorprendenti attirano l'attenzione e costituiscono dei grandi regali per le persone a cui teniamo, che consideriamo importanti per noi. Il gladiolo simboleggia onore, infatuazione e forza.
I giaggioli (genere Iris, fra cui la Iris germanica var. fiorentina, cioè il cosiddetto “giglio di Firenze”): rappresentano la fede e la fiducia, speranza e saggezza, e sono apprezzati per le loro grandi e belle fioriture.
Le peonie (genere Paeonia, che comprende dalle 25 alle 40 specie a seconda delle classificazioni, con la Paeonia lactiflora a dominare la scena commerciale): questo fiore, che assomiglia a una rosa, simboleggia una vita felice, un matrimonio felice, prosperità e buona salute.
In generale, conclude l’articolo del St. Mary Now e colui che scrive è d’accordo, scegliere per San Valentino un fiore che meglio rappresenti i sentimenti di chi fa il regalo è un’arte, che può consentire di veicolare più significati e messaggi d’amore più completi e articolati ricorrendo a bouquet o ceste mirate confezionate da bravi maestri fioristi.
L.S.
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«Ho conosciuto Roberto Chiti nel 2010, agli inizi della mia carriera editoriale e di consulente in agricoltura. Il nostro rapporto si è subito caratterizzato per una totale libertà di confronto, che si rivelò negli anni a venire essere un tratto fondante della personalità di Roberto, che ritrovai anche nella tutela dei produttori e nel modo di esprimere la sua vocazione per l’associazionismo e la rappresentatività sindacale. Ricorderò Roberto uomo libero come le conifere del suo vivaio, che appunto venivano definite “a forma libera”, senza forzature. La sua anima, libera e senza eccessi o forzature, come le sue piante, resterà sempre con noi, malgrado questa terribile e prematura perdita».
Così Andrea Vitali, editore di Floraviva, dà il suo ultimo saluto al vivaista pistoiese Roberto Chiti, che, dopo una lunga e coraggiosa lotta contro un male incurabile, è deceduto il 25 agosto scorso a nemmeno 43 anni, lasciando moglie e due figlie piccole. Come sottolineato nel messaggio di commiato della sua associazione di categoria, Cia Toscana Centro, Roberto, nonostante la giovane età, aveva già svolto importanti incarichi «ricoprendo per due mandati il ruolo di vicepresidente di Cia Pistoia» e per diversi anni quello di «rappresentante del Gie vivaismo nazionale». E’ riuscito quindi ad affermarsi come autorevole e apprezzato operatore professionale del settore florovivaistico.
Per lui scegliamo come omaggio simbolico un genere di pianta, lo Juniperus, comunemente noto come ginepro, che è uno dei cavalli di battaglia di Chiti Vivai. Compare nel suo catalogo in più modi e più sezioni e si è fatto notare nelle ultime partecipazioni aziendali a Flormart. Ad esempio nel 2017, quando fu presentato uno «Juniperus Slager col gambo formato ad S» che «dal momento della talea al prodotto finito» richiede 12 anni di lavorazione e pazienza (vedi). Oppure nel 2018, quando furono presentate delle tipologie di Juniperus in funzione di siepe adatte ai Paesi freddi (vedi).
Un genere di pianta che, soprattutto, come osservato dal nostro editore, ben si sposa con il carattere di Roberto. E in qualche modo anche con le sue idee in materia di politiche vivaistiche, quando sottolineava l’importanza del verde per le sue funzioni extra ornamentali (vedi). Sono molte infatti le funzioni dei ginepri, oltre all’utilizzo per l’allestimento di parchi e giardini: dall’arboricoltura da legno alla selvicoltura (consolidamento di litoranei sabbiosi e rimboschimenti di zone montuose e aride), alle bacche utilizzate come spezie o per i superalcolici, fino a certi usi fitoterapici. E poi, dal punto di vista ambientale, richiedono poca acqua e il portamento, arboreo o strisciante a seconda degli habitat, consente ad alcune specie di resistere a venti impetuosi.
Il numero di specie di Juniperus è controverso: si va da 52 a 67, secondo certe fonti. Tra i ginepri più utilizzati nel vivaismo ornamentale, a volte anche per i bonsai, vi sono le seguenti specie: J. chinensis, J. communis, J. horizontalis, J. × pfitzeriana, J. procumbens, J. rigida, J. scapulorum, J. squamata.
L.S.
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- Scritto da Andrea Vitali
L.S.