Ispirazioni

Un penitenziario su un arido scoglio può diventare un florido giardino e un’icona pop? Sì, se parliamo di Alcatraz…

Una roccia desolata e gigantesca nella baia di San Francisco è oggi una meta turistica e un paradiso per l’orticoltura. Le dalie viola in piena fioritura ondeggiano contro un cielo color zeffiro, siamo sull’isola di Alcatraz, famosa per essere stata la prigione di massima sicurezza che ha “ospitato” Al Capone e da cui in pochi sono riusciti a fuggire. Una parte di questo grande e inospitale scoglio è legato al carcere, l’altra parte è un giardino storico che prospera e resiste nella nebbiosa Baia di San Francisco.
“The Rock” in origine era un’imponente scogliera di arenaria a un miglio dalla costa. Dove i giorni di sole sono gloriosi ma, tutti gli altri elementi naturali, sono volubili e spietati. Venti che soffiano a velocità incredibili e nebbia che spesso inghiotte l'isola per lunghi periodi. Eppure in questo roccioso luogo di punizione, per quasi 150 anni, le rose sono sbocciate.
Nel 1860 Alcatraz servì come prigione militare di minima sicurezza, tutti i materiali dovevano essere portati con barche e chiatte, compresi materiali da costruzione, terra, acqua e piante; questo luogo selvaggio, in cui solo gli uccelli andavano a nidificare, dopo pochi anni vide nascere i suoi giardini. La trasformazione da paesaggio arido a luogo più intimo e accogliente fu iniziata dalle donne al seguito dei primi soldati, che qui si installarono sul finire dell’ottocento. Su questo “scoglio” in mezzo al mare tutto cresceva in modo rigoglioso, le persone indossavano pesanti pellicce ma i gerani scarlatti e le fucsie prosperavano.  Così, quando l’isola divenne sede della prigione militare, i detenuti furono incoraggiati ad abbellire ulteriormente l’isola, partendo dai giardini. Era un’opportunità molto importante per il loro morale e quello delle guardie: i giardini erano un luogo di positività, dove creare vita e bellezza in un ambiente arido, aspro ed esigente. Solo le piante da giardino più resistenti erano in grado di sopravvivere con le poche cure che potevano ricevere. Questo continuò anche quando Alcatraz divenne il penitenziario di massima sicurezza sotto il Federal Bureau of Prisons dal 1934 al 1963. Fare giardinaggio dava soddisfazioni e opportunità di formazione professionale ai reclusi, oltre che benefici riparativi. Grazie ai giardini di Alcatraz si ha uno dei primi esempi di terapia orticola nelle carceri, una pratica che è ancora nei programmi di san Quentin in California e Rikers a New York. Nello stesso tempo l’isola diventa un’icona rock e pop, grazie anche alla sua fama sfruttata da Hollywood. Luogo isolato, uomini difficili, splendidi giardini, con questi ingredienti non sorprende che oggi sia un hotspot turistico di successo.

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Quando anche il penitenziario di massima sicurezza fu chiuso, l’isola fu abbandonata, così come i suoi giardini per quattro decenni. Uccelli ed erbacce ebbero di nuovo il sopravvento finché, nel 2003, il Garden Conservancy e il Golden Gate National Parks Conservancy hanno dato il via a una collaborazione con il National Parks Service per riportare i giardini al loro splendore e mantenerli come attrattiva dell’isola. Anche se la visita al penitenziario con le sue celle resta il motivo principale per cui si visita l’isola, senza dubbio i suoi giardini stupiscono e conquistano i visitatori. Oltre 200 specie sono sopravvissute agli anni di abbandono. Erano presenti 15 specie di rose, oltre a bulbi, fichi e piante grasse. Sul ventoso lato ovest l’elenco delle piante sopravvissute include: Echium candicans, Agave americana, Coprosma repens, Crassula argentea, Agapanthus orientalis, Aloe saponaria, Sedum praealtum, Chasmanthe, Aeonium arboreum, Drosanthemum. Sul lato est invece più calmo: Fucsia magellanica, Fucsia "Rosa di Castiglia", vari iris barbuti, Crocosmia, Watsonia, Hebe, Centranthus, Cistus, Yucca e Pelargonium. Nel 1989 il coltivatore di rose George Lowery trovò una rosa di colore rosso intenso, creduta estinta, nella casa di un guardiano, la rosa fu identificata come “Bardou Job”, una tra le più rare. Un’altra particolarità di questo luogo è il compostaggio, al fine di non esaurire lo spazio per mettere nuova vegetazione, per riciclare la maggior parte della biomassa, questo rende i terreni sempre più capaci di trattenere l’umidità. Il compost di Alcatraz ha vinto premi alla Marin County Fair e l’unico vegetale che non è usato come concime è l’eucalipto perché tossico.

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Questo luogo in cui tante persone, con storie diverse e spesso complicate alle spalle e senza esperienza nel settore, hanno dato vita a splendidi giardini, dove l’iris barbuto sopravvive al vento e alla nebbia, è un esempio di resistenza e un ecosistema unico e specifico. Una storia singolare che abbraccia reclusione e liberazione, bellezza e disperazione e, soprattutto sopravvivenza. Benvenuti nei giardini di Alcatraz.

Rubrica a cura di Anne Claire Budin

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Ebanista, scultore e designer, Jean-Damien Badoux è nato a Lione nel 1984, alle spalle ha 10 anni di esperienza nel mondo dell’aeronautica, passato che non rinnega anzi fa tesoro di questa sua esperienza nello sviluppo di materiali compositi e della conoscenza nei processi produttivi, che gli consentono di lavorare finemente il materiale. Nel laboratorio aperto a nord di Lione nel 2013 prendono vita le sue creazioni poetiche, realizzate manualmente; pezzi unici o piccole serie dove la natura è chiaramente la sua principale ispirazione.

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Badoux sviluppa due gamme di oggetti. Nella prima, in rovere, ogni mobile definito da una linea minimale come un tratto di matita, evoca le forme organiche della natura. Il secondo, in betulla, impone una visione più primitiva.
E’ usato il materiale solo dove serve in modo da ottenere un design raffinato e arioso e che da, alle creazioni di Jean-Damien Badoux, la possibilità di raccontare la propria storia, il proprio legame con la natura.

Rubrica a cura di Anne Claire Budin 

Elisabetta II (1926-2022) è sempre stata una grande appassionata del mondo delle piante: l’amore per le rose, le visite al Chelsea Flower Show di cui era madrina e grande fan, la fedeltà alla tradizione orticola britannica, contraria all’uso di pesticidi e fervente attivista per proteggere le foreste del Commonwealth.

Non ha mai perso un’edizione del Chelsea  Flower Show, la più grande fiera di giardinaggio del mondo nata alla fine dell’ottocento e che, ogni anno a maggio, si svolge a Londra organizzata dalla Royal Horticultural Society. Sebbene a bordo di un’auto da golf, anche all’ultima edizione la regina si è recata il giorno prima dell’apertura al grande pubblico, il cosiddetto “Queen Day”, ha visitato tutte le creazioni paesaggistiche, incontrato giornalisti e tutti i Vip presenti quel giorno.
La sua passione per la natura non si è fermata a questa importante fiera londinese… Nel 2018 ha promosso un progetto per contribuire alla tutela delle foreste in 53 paesi del Commonwealth, presentandolo personalmente in un documentario girato nei giardini di Buckingham Palace. Qui, mentre passeggiava nei sentieri del parco, Elisabetta rammentava la sua passione per la natura e raccontava aneddoti legati alla varietà di piante presenti nel parco: il Platanus Hispanica piantato dalla principessa Mary il 15 ottobre 1915, l’albero messo a dimora dalla Regina Vittoria su cui Elisabetta II amava arrampicarsi da bambina, e gli alberi piantati alla nascita di ciascuno dei suoi figli. 

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Elisabetta II aveva una grande passione per le rose e, ammetteva di avere un debole soprattutto per quelle sui toni del rosa. Nel 1954 il vivaista americano Lammerts immaginò un cespuglio di rose per celebrare la sua incoronazione. La “Queen Elisabeth” è ancora oggi una delle rose più vendute al mondo, nel 1979 fu inserita nella Rose Hall of Fame. In omaggio al suo defunto marito, il duca di Edimburgo, il presidente della Royal Horticultural Society regalò alla regina d’Inghilterra una rosa rossa, piantata poi ai piedi della terrazza del castello di Windsor.
Nel 2022 David Austin Roses lancia una nuova qualità, una graziosa rosa pallido, la “Elisabeth” (Ausmajesty) in occasione del Queen’s Platinum Jubilee, e chiamata così in onore si Sua Maestà la Regina Elisabetta II, con l’approvazione della Casa Reale.
Elisabetta II ha trascorso i suoi ultimi giorni di vita nelle Highlands in Scozia, nel castello di Balmoral, la residenza estiva della famiglia reale.
A Balmoral si divertiva a cavalcare nel parco di 20.230 ettari, al principe Alberto dobbiamo le piantagioni di conifere esotiche presenti in questa proprietà, acquistata nel 1853 da sua moglie, la regina Vittoria.
In seguito re Giorgio V creò i giardini alla francese del castello e, negli anni ’50, il principe Filippo ha aggiunto un giardino acquatico floreale.
Pur amando profondamente la natura, Elisabetta II ammise che per lei il giardinaggio era solo “sradicare le erbacce” e raramente metteva le mani nella terra.
Il suo successore, re Carlo III, è invece un giardiniere illuminato. E’ padrino di uno dei giardini botanici più prestigiosi del mondo, il Kew Garden di Londra e possiede un parco straordinario nella sua proprietà di Highgrove.
Questo neo sovrano può essere definito un precursore dell’ecologia, su consiglio della botanica Miriam Rothschild si è immaginato un giardino visionario che ospita la più grande collezione di faggi del Regno Unito. Il nuovo re lo definisce un luogo per placare gli animi, ispirare e emozionare.

Rubrica a cura di Anne Claire Budin

Evento di rilievo internazionale il Landscape Festival si svolge a Bergamo dal 2011. Nato da un’idea dell’Associazione senza scopo di lucro Arketipos è dedicato allo sviluppo della cultura del paesaggio.

Il festival aperto al grande pubblico si svolge nella meravigliosa cornice di Bergamo Alta; grazie anche all’impegno del Comune di Bergamo il Landscape Festival è stato riconosciuto come evento unico in Italia e all’avanguardia in Europa per visione, contenuti e format.
Uno dei temi affrontati nel corso dell’edizione XII, in programma in Città Alta dall’8 al 25 settembre, sarà “Forgotten Landscape”, che riunisce in un solo giorno di incontri i più noti esponenti del landscaping del mondo. Architetti, paesaggisti, garden designer, botanici, plant designer raccontano ciascuno la propria esperienza e filosofia progettuali. 
Il cuore della manifestazione è la Green Square, firmata dal progettista e plant designer di fama internazionale Cassian Schmidt e dall’Università tedesca di Scienze Applicate di Weihenstephan-Triesdorf, rappresentata da Aurelia Ibach, Verena Hurler, Fabiola Leonett von Wachter e Simon Schwarz, gli studenti che si sono aggiudicati il concorso per la definizione del concept e del focus.
Inoltre le 3 settimane di festival si arricchiscono di 70 eventi aperti al pubblico, come laboratori, atelier, aree didattiche, giochi, mostre pensate per bambini e famiglie, in grado di coinvolgere educando al verde, al bello e alla sostenibilità.

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“Bergamo città del paesaggio” grazie al proprio patrimonio collinare e al fatto che il costruito si fonda con il paesaggio naturale, un quarto della città è “Parco regionale dei colli”. Il Consiglio d’Europa ha insignito la città con il premio “Paesaggio d’Europa 2021” e, come afferma il sindaco Giorgio Gori, lo è anche attraverso il Landscape Festival, un tassello importante, soprattutto l’edizione 2022, per il rilancio della città lombarda.
Il 24 settembre 2022 avrà luogo la cerimonia di premiazione del Land Award, Premio Internazionale del Paesaggio, con l’obiettivo di premiare l’eccellenza e riconoscere il valore di quei progetti di ampio interesse internazionale che forniscono un contributo rilevante al dialogo tra natura e artificio e alla crescita di una più diffusa sensibilità nella trasformazione delle città, del territorio e dei luoghi dell’abitare. Altro obiettivo è premiare quei progetti realizzati che risultano significativi per la loro capacità di generare un contributo positivo alla integrazione e alla qualità della vita delle persone nel rapporto tra arte, architettura e paesaggio. Il premio farà emergere gli interventi realizzati nel panorama nazionale e internazionale che rappresentano esempi virtuosi di trasformazione del territorio.

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L’attenzione si concentrerà su quelle opere che siano stati in grado di aggiungere “bellezza” al territorio nel quale si sono inseriti. La millenaria tradizione della storia ci insegna che bellezza e trasformazione del territorio possono e devono convivere anche nella complessità della contemporaneità.

Rubrica a cura di Anne Claire Budin 

Ricostruire le relazioni tra uomo e ambiente naturale con il confort della tecnologia, Symbiotic Architecture: il progetto surreale dell’architetto Manas Bhatia.

La Symbiotic House, la casa simbiotica, ha l’obiettivo di riportare l’uomo a contatto con la natura, ricostruendo le relazioni tra gli esseri umani e ciò che gli circonda. La Symbiotic House si basa sui valori tradizionali del vivere in armonia con la natura, integrando nel progetto la tecnologia necessaria per uno stile di vita moderno e conveniente.

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L'associazione simbiotica, nel campo dell’architettura, si traduce nel rapporto tra edificio esistente e nuovo intervento. Lo scopo delle associazioni simbiotiche è consentire ad almeno un simbionte di trarne benefici.
Utilizzando il potenziale dello strumento d’intelligenza artificiale (AI) MidJourney, l’architetto e progettista computazionale Manas Bhatia immagina un futuro architettonico surreale con il suo progetto Symbiotic Architecture.

Rubrica a cura di Anne Claire Budin 

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