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Beauveria bassiana è già utilizzato in Francia ed è in grado di distruggere l’80% degli insetti “nemici numero uno” delle palme. L’importanza di ricostruire palmeti tenendo conto della biodiversità, visto che il 90% delle palme uccise dal punteruolo rosso sono della specie palma delle Canarie.

 
Un ceppo di fungo, già testato in Francia e in fase di autorizzazione in Italia, è la risposta biologica che può salvare le palme dal loro nemico numero uno: il punteruolo rosso. 
Si chiama Beauveria bassiana ed è stato il protagonista di un incontro tenutosi oggi a Euroflora sulla salvaguardia delle palme. Quelle palme di cui la manifestazione genovese, che prosegue fino al 6 maggio nei parchi di Nervi, presenta alcuni esemplari meravigliosi, come ad esempio la rara palma a quattro stipiti di Viveros Palme, vincitrice di un premio a Euroflora 2018.  
All’incontro è intervenuto Claudio Littardi del Centro studi e ricerche per le palme di Sanremo, un’autorità in materia, che ha presentato i risultati di un lavoro di ricerca durato circa 7 anni e conclusosi a marzo. «Non è possibile rendere "immuni" le palme – ha spiegato Littardi - né avere una soluzione una volta per tutte (la biologia vegetale è molto diversa da quella animale), ma è possibile lavorare attraverso sistemi naturali di contrasto e prevenzione».
La ricerca in laboratorio ha consentito di selezionare un ceppo di questo particolare fungo, che cresce naturalmente nei nostri suoli e che è già un controllore naturale delle popolazioni di insetti, particolarmente aggressivo nei confronti del punteruolo rosso: è in grado di distruggere l'80% degli insetti attaccandone direttamente l'intestino. Il fungo Beauveria bassiana è già utilizzato in Francia da qualche tempo e si somministra in forma granulare, sotto forma di spore, che, a contatto con l'insetto, lo uccidono in 4/5 giorni e sviluppano nel corpo dell'insetto il loro ciclo vitale producendo nuove spore. Il corpo dell'insetto diventa a sua volta elemento di contaminazione presso altre palme e nel lungo periodo si può giungere a una sorta di contaminazione ambientale molto limitante per il punteruolo rosso. In questo modo è possibile controllare il punteruolo rispettando tutti gli altri insetti che vivono con le palme e nel giardino, al contrario della lotta chimica che agisce in modo indiscriminato. Allo stesso tempo consente di ottenere buoni risultati senza provocare ferite alle palme, come in altre tecniche che utilizzano la perforazione degli stipiti.
Durante l’incontro Littardi ha ricordato che è importante, oltre alla lotta al punteruolo, la ricostruzione dei palmeti, considerando anche l'aspetto della biodiversità. Una strada che hanno iniziato a percorrere le città di Nizza, Sanremo e Bordighera, piantando palme di specie differenti - oltre il 90% delle palme uccise dal punteruolo appartengono alla specie “palma delle Canarie” (Phoenix canariensis) - e selezionando quelle meno appetibili per l'insetto. «Il pregiudizio e la paura causati dal diffondersi del punteruolo rosso - ha sottolineato Josè Luis Giner - hanno influito in maniera pesantemente negativa sul mercato delle palme in Spagna e anche in altri paesi europei. Un'informazione corretta e diffusa sulle metodologie biologiche per contrastarlo è fondamentale».
 
Redazione

Il documento d’attuazione del Regolamento Omnibus di revisione della Pac, per la parte dei pagamenti diretti, è stato notificato dall’Italia alla Commissione europea il 30 marzo 2018. Tra le novità, diritti di aiuto più consistenti per i giovani imprenditori agricoli e varie misure di semplificazione, compresa la verifica dei requisiti per l’agricoltore attivo. I terreni a riposo con copertura vegetale di piante mellifere diventano aree d’interesse ecologico.

Dopo una consultazione che ha coinvolto le amministrazioni regionali, Agea e le diverse rappresentanze degli agricoltori, è stato predisposto dal Governo italiano un documento unitario contenente le scelte nazionali di attuazione del Regolamento Omnibus per quanto riguarda i pagamenti diretti. Tale documento è stato notificato alla Commissione europea il 30 marzo 2018.
A renderlo noto è stato nei giorni scorsi il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Nel documento sono introdotte «alcune novità particolarmente significative soprattutto per i giovani imprenditori». Essi, infatti, a partire dal 2018, «potranno beneficiare di diritti di aiuto più consistenti, avendo innalzato la percentuale di incremento dall’attuale 25% al 50%». Sempre a beneficio dei giovani, «è stato deciso il prolungamento dell’erogazione del “pagamento giovani agricoltori”, anche in favore di coloro che hanno concluso il quinquennio dal primo insediamento, ma non dalla prima domanda del pagamento giovani».
Altre modifiche riguardano aspetti di carattere tecnico agronomico, come l’introduzione del criterio dell’aratura per interrompere il conteggio dei cinque anni per la classificazione a prato permanente delle superfici coltivate ad erba ed altre erbacee da foraggio fuori avvicendamento. «Questa semplificazione – viene precisato - avrà incidenza sul carico amministrativo relativo al sistema autorizzatorio per la conversione del prato permanente in altri usi, necessario ai fini del rispetto dei requisiti greening».
Non sono invece state apportate modifiche agli attuali meccanismi di riduzione e capping, né alla regola sulla flessibilità tra pilastri.
Riguardo al greening, «oltre alle semplificazioni per leguminose, erba medica in particolare e riso che sono direttamente applicabili dal 1° gennaio 2018, si è deciso di includere tra le aree d’interesse ecologico (EFA) i terreni a riposo con copertura vegetale di specie mellifere, redigendo anche una lista delle colture seminabili».
Altre modifiche, sempre finalizzate a semplificare l’attuale complesso impianto normativo dei pagamenti diretti della Pac, riguardano la verifica dei requisiti per l’agricoltore in attività.

Redazione

Sandro Orlandini, presidente di Cia – Agricoltori Italiani Toscana Centro (Firenze – Pistoia – Prato), favorevole alla proposta avanzata ieri in un incontro a Pistoia. Un marchio di distretto darebbe più valore alle piante prodotte nella patria del vivaismo ornamentale. Da valutare bene l’esatta tipologia di marchio anche in relazione a come verrà attuato in Italia il Regolamento Ue 2016/2031 per la protezione delle piante da organismi nocivi.

«Sono decisamente favorevole all’idea di dare vita a un marchio delle piante del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia. Consentirebbe ai nostri vivaisti di valorizzare meglio la qualità delle loro produzioni e il patrimonio delle loro competenze».
A dichiarare il suo sì a tale proposta, avanzata nell’ambito dell’iniziativa “Vivaismo, la fabbrica del verde” organizzata ieri dal Tirreno, è il presidente di Cia – Agricoltori Italiani Toscana Centro (Firenze – Pistoia – Prato), Sandro Orlandini, che ha presenziato all’incontro all’Antico Palazzo dei Vescovi di Pistoia.
«Non sono d’accordo con il collega Fabrizio Tesi, presidente di Coldiretti Pistoia, sul fatto che un marchio di distretto non sia realizzabile perché presupporrebbe un prodotto standardizzato che ancora non c’è. Dipende dal tipo di marchio e dal disciplinare che si definisce. Ad esempio, si potrebbe pensare, ma circoscrivendolo al solo distretto rurale vivaistico ornamentale di Pistoia, a un marchio d’origine di prodotto simile a quello dell’Associazione nazionale Piante e fiori d’Italia (espressione delle camere di commercio) (vedi nostro servizio), che certifichi in buona sostanza nel nostro caso la provenienza pistoiese delle piante e ovviamente il rispetto di tutte le norme e regole di settore vigenti sul nostro territorio (normativa italiana, toscana e regolamenti locali). Il marchio Piante e fiori d’Italia, nonostante i desideri del presidente dell’associazione Cristiano Genovali di proporlo come marchio inclusivo di tutte le tipologie di piante e fiori che sono prodotti in Italia, è stato ignorato finora dai vivaisti ornamentali di Pistoia, quanto meno fra quelli aderenti a Cia Toscana Centro, perché non è vero che in tutto il territorio nazionale siano garantiti quegli stessi livelli qualitativi raggiunti nell’ambito del Distretto vivaistico pistoiese e ai nostri vivaisti non converrebbe essere confusi con gli altri. In conclusione, il livello nazionale è sbagliato per un marchio in questo comparto e comunque non conviene ai vivai del nostro distretto, ma l’idea del marchio d’origine di prodotto legata al solo territorio del distretto pistoiese potrebbe funzionare».
«Preferisco comunque non sbilanciarmi ancora – aggiunge Sandro Orlandini – sull’esatta tipologia di marchio da adottare per il distretto vivaistico di Pistoia, sia perché ne dobbiamo ancora discutere con il Gruppo dei vivaisti di Cia, presieduto da Roberto Chiti, sia perché ci sono altre considerazioni di cui tenere conto e altri nodi da sciogliere. Ad esempio, come suggerito recentemente anche dal nostro presidente nazionale Dino Scanavino, che per inciso è un vivaista, la cosa più importante, alla luce delle emergenze fitosanitarie degli ultimi anni, è offrire garanzie su questo fronte e quindi sarebbe molto utile un marchio teso a certificare la sicurezza fitosanitaria, a garantire cioè contro i rischi fitosanitari chi acquista le piante (vedi nostra intervista). E questo tipo di garanzie potrebbero essere giocate, forse, a livello nazionale, oppure in maniera più stringente e autonoma a livello distrettuale. Senza dimenticare che bisogna aspettare che vengano definite in Italia le norme attuative del Regolamento Ue 2016/2031 contenente le misure per la protezione delle piante da organismi nocivi, su cui stanno lavorando anche le associazioni dei vivaisti (vedi nostra intervista e nostro servizio). Insomma, è una partita complessa che richiede ancora alcuni passaggi e approfondimenti, ma l’obiettivo di arrivare a un marchio del distretto vivaistico pistoiese lo condivido pienamente. Direi che è indispensabile sia per dare più valore ai nostri prodotti che per facilitare una comunicazione del nostro distretto che lo renda più competitivo sui mercati internazionali».

Redazione

Dal 21 aprile al 6 maggio nei parchi e musei di Nervi si alza il velo su Euroflora 2018, un emozionante esposizione all’aperto di 86 mila mq di giardini, 5 km di sentieri, ville storiche e scenografie di piante e fiori sul golfo di Genova. Spicca la vetrina ligure di 2500 mq con 40 mila piante e la presentazione al grande pubblico della margherita Itala e dell’elleboro Francesco. Collettive anche di Piemonte, Valle d’Aosta e Campania, mentre per la Toscana segnalati il Mercato dei fiori di Pescia e Giorgio Tesi Group. Ospite d’onore l’expo dell’orto-florovivaismo Pechino 2019.

Sta per aprirsi lo spettacolo verde fiorito di Euroflora, l’esposizione internazionale del fiore e della pianta ornamentale, una delle più importanti floralies europee, la cui undicesima edizione si terrà di nuovo a Genova, dal 21 aprile al 6 maggio, ma per la prima volta all’aperto, nei parchi (e nei musei) di Nervi (vedi nostro primo articolo). Nell’occasione le produzioni e realizzazioni di oltre 250 tra florovivaisti, paesaggisti, maestri fioristi e decoratori floreali trasformeranno il volto del grande parco affacciato sul Mediterraneo, uno scrigno di tesori botanici e d’arte.
La visita di Euroflora, spiegano gli organizzatori, offrirà quest’anno molteplici livelli di lettura, frutto di un’analisi preventiva realizzata in sede di progettazione dal team di Egizia Gasparini, con la condivisione della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria. Prima di tutto il luogo: parchi in declivio sulla scogliera con esemplari straordinari, come l’araucaria Bidwillii originaria dell’Australia di oltre venticinque metri di altezza, i cui lavori di manutenzione sono stati effettuati in tempi record. Poi i tre Musei – Raccolte Frugone, Galleria d’Arte Moderna e Wolfsoniana – ricchi di tesori artistici. Da qui la necessità di vestire il parco di fiori e colori, di esaltare la corrispondenza tra arte e natura e la scelta di realizzare esclusivamente scenografie vegetali e installazioni artistiche nel rispetto dei parchi. Un lavoro delicato che ha avuto come protagonisti florovivaisti, giardinieri, paesaggisti, maestri fioristi, con la collaborazione straordinaria dei docenti e degli studenti dell’Istituto Agrario G.B. Marsano.
In oltre otto ettari di superficie dei parchi, sono stati sistemati milioni di fiori e piante originarie di ogni parte del mondo. Nei Musei e nei piccoli manufatti che si affacciano sul parco sono ospitate composizioni floreali e preziose collezioni di bonsai. Nella cappelletta adiacente alla Gam troveranno spazio le orchidee liguri; il “fienile”, allestito a cura dell’’Istituto Brignole, del Museo Diocesano e di Palazzo Reale, ospiterà incontri e laboratori; la serra storica sarà il cuore del basilico Dop. Ma la spettacolarità dell’evento sarà garantita, in particolare, dai sei grandi quadri che costelleranno il percorso di visita principale, quattro dei quali dedicati agli elementi naturali: fuoco, acqua, terra e aria. “Red Wave”, realizzato con il contributo di Basko, con lunghe fiamme di margherite rosse che arrivano a lambire la sommità del grande prato, il “Lago delle ninfee”, presentato da Fincantieri, ad accogliere il riflesso del paesaggio e del cielo, le contaminazioni tra arte e natura di “Germinazioni”, personalizzato Toyota, pareti di verde verticale che accompagnano in una sequenza di quinte vegetali “Capsica Red Light” di Giuseppe Carta, installazione scultorea di venti peperoncini rossi in bronzo e resina policroma, e del “Labirinto”, presentato grazie a Msc, un percorso di 200 metri di lunghezza, alto 180 centimetri, dove lo sguardo del visitatore si alzerà verso il “Bouquet de Coquelicots Suspendus” (Bouquet di papaveri sospesi) ideato dal costruttore di aquiloni Alain Micquiaux.
 
Il florovivaismo ligure in vetrina
In un’area di circa 2.500 mq saranno posate oltre 40 mila piante, mentre la cappelletta ospiterà le composizioni di orchidee coltivate in Liguria. Ad accogliere i visitatori all’ingresso dello spazio espositivo sei ulivi secolari di varietà taggiasca, simbolo del territorio e dell’agricoltura ligure. Alla base di ogni ulivo, vasi di margherite bianche – tra le produzioni di punta del comparto florovivaistico ligure da vaso -, nastri di fioriture colorate provenienti dalle coltivazioni liguri, le profumatissime aromatiche in vaso, invenzione dei produttori dell’area albenganese, esportate in tutto il Nord Europa a partire dai primi anni 2000. Nella Galleria di Arte Moderna le eccellenze della produzione ligure di fiore reciso: primi fra tutti i ranuncoli e gli anemoni, poi i papaveri, i girasoli e naturalmente garofani e rose produzione “storica” del vivaismo ligure, fino alle fronde verdi e fiorite per le quali la Liguria si distingue a livello internazionale per l’altissima qualità. Floral designer liguri di fama internazionale creeranno composizioni floreali che faranno da cornice alle opere d’arte esposte nel Museo. Il percorso ligure terminerà nel roseto, dove una serra storica sarà attrezzata per la coltivazione del basilico genovese DOP. Tra le attrattive della Liguria, ci saranno anche la margherita “Itala” e l’elleboro “Francesco”, frutto della ricerca varietale portata avanti dall’Istituto Regionale della Floricoltura, con sede a Sanremo, e sviluppata dalle aziende del territorio con la collaborazione delle cooperative commerciali. “Itala”, in onore di Italo Calvino, è una margherita adatta alla coltivazione in vaso con il fiore bianco, che ha da poco ottenuto la protezione comunitaria (Vedi la nostra intervista prima del debutto ufficiale e poi la notizia). “Francesco”, in onore di Papa Bergoglio, è invece un elleboro bianco presentato all’ultimo Festival di Sanremo, come fiore contro la violenza di genere. Per la prima volta il grande pubblico avrà la possibilità di ammirarli dal vivo a Euroflora.
 
Le partecipazioni italiane ed estere
Sono novanta le aree allestite a Euroflora, la superficie più grande è della collettiva della Regione Liguria, la più piccola di Bread & Roses. Accanto a presenze italiane storiche come il Piemonte, l’unica Regione, oltre alla Liguria, ad aver fatto il pieno di presenze dal 1966, alla Valle d’Aosta, alla Campania, al Mercato dei fiori di Pescia e ai Comuni di Genova, Roma e Sanremo, in primo piano alcuni dei nomi più celebri del florovivaismo italiano: tra questi i Vivai Porcellato, Giorgio Tesi Group, Castagno Vivai oltre ai più prestigiosi florovivaisti presenti all’interno della collettiva ANVE – Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori. Presenti anche il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, il Gruppo Giardini Botanici d’Italia e l’Università di Genova. Di grande valore naturalistico e didattico la presenza del Parco dell’Aveto e delle Miniere di Gambatesa e del Parco dell’Antola, a promuovere le specificità del territorio ligure ci saranno i Comuni di Camogli, Chiavari, Avegno. Borzonasca, Zoagli e Andora.  A “tifare” Euroflora anche Genoa e Sampdoria con due aiuole dedicate.
Tra le presenze straniere Taiwan con le orchidee di Joseph Wu, gli Stati Uniti, la Francia anche con le “gemelle” Floralies di Nantes, la Spagna con significative realtà produttive e la città di Murcia. Un’aiuola sarà firmata dall’intero Corpo consolare di Genova, in rappresentanza di 56 Paesi.
 
Ospite d’onore Pechino 2019
Ospite d’onore di Euroflora 2018 sarà Pechino 2019, l’esposizione internazionale di orticoltura, cui sarà dedicato uno spazio importante all’ingresso della manifestazione. Quella di Genova sarà la prima presentazione ufficiale in Italia.
 
I giardini di “Meraviglia nei Parchi”
Tredici i giardini selezionati dalla giuria di esperti nell’ambito del concorso “Meraviglia nei Parchi”, promosso in collaborazione con Aiapp, dieci per la categoria professionisti, tre per gli under 25. A questi se ne aggiungono quattro fuori concorso. Giocose, immaginifiche, concettuali, simboliche o geometriche, le realizzazioni andranno e coniugare l’architettura del paesaggio con la rappresentazione della natura circostante e si contraddistingueranno per l’uso di trasparenze. Il materiale ricorrente, ma mai predominante, sarà l’acciaio corten; lo spazio è lasciato al colore, al colore dei fiori. Alcune realizzazioni saranno più virate all’installazione di land art, per ottenere un effetto di stupore in contrasto con le piante secolari del parco.
 
EurofloraWeeks e iniziative del territorio
Le EurofloraWeeks propongono un calendario “petaloso” di eventi che coinvolgerà in modo accattivante genovesi, visitatori e turisti: la città sarà in continuo fermento con visite guidate e aperture straordinarie nei Musei e nei Palazzi dei Rolli, mostre a tema e concerti, manifestazioni e iniziative in ogni angolo. Tante proposte anche nei quartieri: rassegne jazz, happening di danza, animazioni per bambini oltre che degustazioni tipiche e promozioni commerciali. E la festa supera i confini della città, invade Bogliasco, Pieve, Sori, Recco, Avegno, Uscio, Camogli, Santa Margherita, Rapallo, Zoagli e Chiavari che hanno preparato per l’evento aiuole a tema, coinvolto negozianti e artigiani del territorio con il concorso “Città in fiore”.
 
L.S.

Coldiretti preoccupata per gli effetti del maltempo sul trasporto del polline delle api e sui livelli dei primi raccolti di stagione del miele, dopo un tragico 2017 con la produzione italiana di miele scesa sotto 10 milioni di kg. In Toscana si produce il 10% del prodotto nazionale per circa 16 milioni di euro (4700 gli apicoltori, una parte dei quali hobbisti).


Api che restano nelle arnie per la pioggia durante la fioritura senza riuscire a svolgere il prezioso lavoro di trasporto del polline da una pianta all’altra. Ma in forte ritardo è anche la produzione di miele con cali fino al 50% per i primi raccolti di stagione, a seconda delle zone.
Coldiretti lancia l’allarme sugli effetti sulle api del maltempo e delle piogge, che a marzo sono state addirittura superiori del 74% alla media, dopo che il gelo di inizio anno aveva causato la regressione dello sviluppo delle famiglie e ulteriori perdite di quelle già deboli e debilitate per via dalla siccità della scorsa estate.
La primavera instabile sta creando grossi problemi agli alveari in alcune aree del Paese, avverte Coldiretti, perché il maltempo ha compromesso le fioriture e le api non hanno avuto la possibilità di raccogliere il nettare e quindi non stanno riuscendo a produrre miele. E difficoltà si registrano anche per l’impollinazione delle piante da frutto, con la prevedibile conseguenza di una minore disponibilità di prodotto, senza una decisa inversione di tendenza.
Tutto ciò rischia di aggravare una situazione già difficile, «dopo che la produzione di miele nel 2017 si è ridotta a meno di 10 milioni di chili – spiega Coldiretti -, uno dei risultati peggiori della storia dell’apicoltura moderna da almeno 35 anni, mentre le importazioni hanno superato i 23 milioni di chili con un aumento di quasi il 4% rispetto all’anno precedente. Quasi la metà di tutto il miele estero in Italia arriva da due soli paesi: Ungheria con oltre 8 milioni e mezzo di chili e la Cina con quasi 3 milioni di chili ai vertici per l’insicurezza alimentare».
Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, consiglia la Coldiretti, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole: «il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”».
«In Italia – aggiunge Coldiretti – esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane – conclude la Coldiretti – ci sono 1,2 milioni gli alveari curati da 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni».
Nelle campagne della Toscana, fa sapere Coldiretti regionale, si producono mediamente 23mila quintali di miele, circa il 10% della produzione nazionale, per un valore di circa 16 milioni di euro. Gli apicoltori nella nostra regione sono circa 4700 e sebbene sia un settore dove è sviluppato l’hobbismo, una buona parte di questi sono veri e propri imprenditori agricoli. L’anagrafe regionale ad oggi censisce oltre 98.000 arnie.
 
Redazione