Editoriali

ph: Caroline Planque

ferrinifirenze.jpgL'importanza degli alberi nel mitigare l'impatto ambientale e contrastare il cambiamento climatico è innegabile. Tuttavia, è cruciale adottare un approccio critico che valuti sia i benefici sia gli aspetti limitanti di affidarsi esclusivamente agli alberi come panacea per la soluzione dei problemi ambientali. Inizialmente, va sottolineato che gli alberi rappresentano una risorsa naturale fondamentale per assorbire il carbonio e contribuire alla regolazione del clima. Ogni anno, le foreste e i prodotti forestali svolgono un ruolo significativo nell'assorbire una considerevole percentuale delle emissioni di carbonio generate dalla combustione di combustibili fossili. Tuttavia, l'entusiasmo nei confronti di questa soluzione naturale non dovrebbe farci perdere di vista la complessità della sfida che abbiamo di fronte. È innegabile che la riforestazione e la gestione intelligente delle foreste urbane possano potenziare ulteriormente l'efficacia degli alberi nel mitigare il cambiamento climatico. Tuttavia, è necessario adottare una visione critica per evitare di cadere nell'illusione che gli alberi da soli siano la terapia risolutiva dei mali del nostro pianeta. Un punto critico è la necessità di ridurre le emissioni inizialmente, piuttosto che affrontare solo le loro conseguenze. Gli alberi possono offrire un contributo significativo, ma la priorità deve essere quella di adottare politiche e pratiche che riducano drasticamente la nostra impronta di carbonio. Confidare esclusivamente sugli alberi senza affrontare direttamente le cause dell'inquinamento atmosferico è un approccio incompleto e rischioso. Un approccio più equilibrato richiede una sinergia di azioni, dalle politiche di riforestazione alla transizione verso fonti di energia rinnovabile, dalla promozione di pratiche agricole sostenibili alla sensibilizzazione ambientale. Inoltre, la gestione delle foreste dovrebbe contemplare la diversità biologica, evitando la monocultura che potrebbe portare a uno squilibrio ecologico. La sfida di piantare alberi in modo sostenibile va ben oltre la mera quantità di alberi piantati. È essenziale adottare un approccio oculato che consideri attentamente diversi fattori al fine di massimizzare gli impatti positivi e minimizzare gli effetti collaterali negativi. La diversità delle specie è un aspetto fondamentale da considerare. La monocultura, o la piantagione massiccia di una singola specie, può portare a una vulnerabilità ecologica e aumentare il rischio di malattie e parassiti che possono devastare l'intera foresta. Un approccio più equilibrato dovrebbe mirare a promuovere la biodiversità, integrando alberi nativi e adattati alle specifiche condizioni del suolo e del clima. Infine, ma non certamente meno importante, la programmazione degli impianti forestali deve coinvolgere attivamente i produttori vivaisti che svolgono e svolgeranno un ruolo cruciale nel garantire la disponibilità di alberi sani e adattati alle condizioni locali. La selezione delle specie e la disposizione degli alberi devono essere pianificate in modo strategico per massimizzare i benefici ecologici, come la cattura del carbonio, la conservazione della biodiversità e la promozione di ecosistemi resilienti. La grave mancanza di coinvolgimento dei produttori vivaisti sottolinea una fallacia intrinseca che mina la sostenibilità e l'efficacia di tali progetti creando così una situazione illusoria in cui gli obiettivi di piantagioni massive sono esaltati pubblicamente, ma la realizzazione pratica è minata dalla scarsità di alberi sani e adattati alle condizioni locali. I produttori vivaisti, i veri custodi del patrimonio vegetale, vengono trascurati e ignorati in queste iniziative. La mancanza di un loro coinvolgimento attivo e della loro fondamentale importanza rappresenta non solo una sconfitta per la sostenibilità delle foreste urbane, ma anche una negazione della loro competenza nel garantire che le piante selezionate siano adatte al contesto urbano e alle sfide ambientali specifiche. Il risultato è che molte iniziative di forestazione urbana si trasformano in vuote promesse elettorali, finalizzate più a catturare la benevolenza degli elettori che a promuovere un cambiamento effettivo. Gli amministratori locali possono esibire progetti di verde urbano come simbolo di impegno ambientale, ma la mancanza di una partnership solida con i produttori vivaisti rende questi sforzi poco più di una facciata. La mancanza di piante adatte e la scarsa diversità vegetale mettono a rischio la resilienza ecologica delle foreste urbane. Senza una varietà di specie selezionate attentamente in base alle condizioni locali, le foreste urbane diventano vulnerabili a malattie, parassiti e condizioni climatiche estreme. In breve, la mancanza di coinvolgimento dei produttori vivaisti mina la stessa salute delle foreste che dovrebbero preservare. 
Per invertire questa tendenza, è essenziale che gli amministratori locali e i progettisti ambientali riconoscano l'importanza cruciale dei produttori vivaisti e li coinvolgano attivamente nei progetti di forestazione urbana e stipulino con loro degli accordi sulla stregua dei contratti di coltivazione. Questo coinvolgimento deve andare oltre una mera consultazione e dovrebbe includere una collaborazione significativa nella selezione delle piante, nella loro coltivazione e nell'implementazione di pratiche sostenibili. In conclusione, sebbene gli alberi rappresentino una componente essenziale nella nostra lotta contro il cambiamento climatico, è imperativo evitare l'illusione che possano risolvere tutti i nostri problemi. Una programmazione degli impianti lungimirante, una riduzione effettiva delle emissioni e una gestione sostenibile delle risorse naturali sono tutti elementi cruciali per un approccio comprensivo ed efficace nella salvaguardia del nostro pianeta.

Francesco Ferrini
Presidente del Distretto Rurale Vivaistico-Ornamentale della provincia di Pistoia
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La scomparsa di Giuliano Gori non è solo la fine di un capitolo ma l'inizio di un'epoca eterna dove arte e natura coesistono in armonia. Lo ricordo come se fosse ieri, la mia prima volta con Gori nel 2010, alla Galleria Vannucci durante l'esposizione "Utopias". Era un incontro che avrebbe segnato profondamente il mio percorso e quello di Floraviva. Nel 2017, Floraviva dedicò spazio nella rubrica "Giardini da intervista" a Villa Celle, un luogo dove l'arte toscana secolare si fonde con la contemporaneità, grazie alla visione di Gori. Come mecenate e imprenditore pratese, ha creato un alieson tutta sua, unica, con il vivaismo e l'arte, elevandone la reputazione nel mondo. Giuliano Gori si trasferì a Villa Celle nel 1970 dove ha rispettato la tradizione ottocentesca del luogo, ospitando però opere "site-specific" di artisti contemporanei di livello assoluto. Villa Celle si è trasformata in un museo all'aperto, un luogo dove l'arte ambientale respira in ogni angolo. La collezione di Villa Celle che include opere di artisti di fama mondiale, è fondamentale per l'educazione artistica delle nuove generazioni. Un segno indelebile, quello di Gori, nella storia dell'arte e della natura, un'eredità che continua a ispirare e a educare.

Oggi, mentre salutiamo Giuliano, ricordiamo nomi come Alberto Burri, Stephen Cox, Fabrizio Corneli, Jean-Michel Folon, Robert Morris, Dennis Oppenheim, Mauro Staccioli, Ian Hamilton Finlay, Alan Sonfist, Aiko Miyawaki, Dani Karavan, Michel Gerard, Richard Serra, Robert Morris, Marta Pan, Susanna Solano, Sol LeWitt, che hanno contribuito a rendere Villa Celle un luogo senza tempo. Gori, attraverso il suo lavoro e la sua passione per il verde, diventa immortale, lasciando un patrimonio che continuerà a vivere e a ispirare per generazioni.


Andrea Vitali

Rinnovo dell'accordo tra IPM ESSEN e l'Associazione dei Vivai Tedeschi (BdB). Potenziale impatto su altri produttori europei e questioni di concorrenza. Analisi delle dinamiche di mercato e delle opportunità di networking offerte dalla fiera.

 

"IPM ESSEN, la rinomata fiera mondiale dell'orticoltura, e l'Associazione dei Vivai Tedeschi (BdB) hanno recentemente rinnovato il loro accordo di cooperazione per altri tre anni. Mentre questo rinnovo rappresenta una significativa opportunità per entrambe le parti, sorge spontanea la domanda: potrebbe questo accordo creare delle disparità competitive per gli altri produttori europei nel settore dell'orticoltura?"

Questo accordo, che rafforza la collaborazione tra la più importante fiera del settore in Germania e una delle principali associazioni di produttori tedeschi, solleva alcune questioni importanti. La fiera, essendo un evento leader nel settore, offre una piattaforma unica per la visibilità, la rete di contatti e l'accesso a nuovi mercati. Con la BdB come partner chiave, i vivai tedeschi potrebbero beneficiare in modo sproporzionato di queste opportunità rispetto ai loro omologhi europei.

Sebbene la collaborazione miri a promuovere pratiche sostenibili e a combattere il cambiamento climatico – obiettivi nobili e necessari – il privilegio accordato ai vivai tedeschi potrebbe essere percepito come un vantaggio competitivo ingiusto. Questo aspetto è particolarmente rilevante in un mercato globale dove la parità di accesso e opportunità è fondamentale per una concorrenza leale.

"La questione della concorrenza sleale non è da trascurare. Se da un lato l'accento posto sulla sostenibilità e l'innovazione è encomiabile, dall'altro lato, l'esclusività dell'accordo potrebbe limitare le possibilità per altri produttori europei di sfruttare appieno le risorse e le opportunità offerte da IPM ESSEN,"

Inoltre, la presenza dominante di produttori tedeschi potrebbe influenzare le tendenze e le direzioni del mercato, potenzialmente a scapito della diversità e dell'innovazione proveniente da altre parti d'Europa. È importante, quindi, che eventi come IPM ESSEN mantengano un equilibrio tra il supporto ai partner nazionali e l'apertura verso un panorama più ampio di partecipanti internazionali.

In conclusione, mentre l'accordo tra IPM ESSEN e la BdB rappresenta un passo importante per la promozione dell'orticoltura tedesca, è essenziale considerare il suo impatto sul più ampio contesto europeo e garantire che tali collaborazioni non creino barriere inique per altri produttori nel settore. La fiera, in quanto evento leader, ha la responsabilità di promuovere una competizione equa e di supportare la diversità e l'innovazione in tutta Europa.

 

Andrea Vitali

Le fiere internazionali nei settori delle filiere agroalimentari, dell'orticoltura, del vivaismo e della floricoltura, secondo le generazioni baby boomer, sono sempre state il cuore pulsante del nostro settore.

Questi eventi rappresentano molto più di un semplice appuntamento nel calendario: sono, come sostengono gli over 50, il crocevia dove produttori, acquirenti e appassionati si incontrano per condividere conoscenze, esperienze e scoperte all'avanguardia. Ma negli ultimi dieci anni, abbiamo vissuto un cambiamento epocale. La crescita esponenziale del mondo online, l'aumeto dei costi per esporre e conseguntemente il rapporto -costo vs beneficio-, ha portato a un progressivo declino delle fiere settoriali, con alcune di esse che hanno dovuto chiudere o trasformarsi in mostre virtuali, a volte mascherate da webinar, e-commerce o magazine. Questo fenomeno è stato amplificato dall'irruzione delle emergenze sanitarie, che hanno messo ulteriormente alla prova l'adattabilità di questi eventi. Con i millennial che ottimizzano grazie a strumenti come droni e telecamere per le visite virtuali e introducono eventi fieristici mirati nelle singole aziende denominati ormai comunemente "porte aperte" per recuperare il calore di un contatto umano però selezionato (verticalizzato). In questo scenario emergono quindi due nuove categorie di buyer, i ROPO (Research Online, Purchase Offline) e i TOPO (Touchpoint Online, Purchase Offline), che rappresentano l'interazione complessa tra il mondo digitale e quello fisico. Queste le sfide sul piatto e per affrontarle, le fiere devono evolversi. La specializzazione con partnership mirate e professionali per la parte di contenuto, la possibilità di misurare il rapporto -costo vs beneficio- e l'offerta di un servizio di altissimo livello devono diventare la norma. L'obiettivo è creare un'esperienza coinvolgente e informativa che fonde il meglio dei due mondi: il digitale e il fisico. In conclusione, il futuro delle fiere agroalimentari e del verde si prospetta come una combinazione intelligente di eventi virtuali e fisici, progettati per soddisfare le esigenze di un pubblico eterogeneo. Floraviva, con il magazine che dal 2008 è solo online, contribusice tenedo aggiornato il settore con tutte le fiere, le ricorrenze, i webinar, i corsi, i meeting e i concorsi nei settori delle filiere agroalimentari, dell'orticoltura, del vivaismo e della floricoltura. Vi invitiamo a consultare regolarmente il nostro spazio eventi di Floraviva. Qui troverete una vasta gamma di eventi suddivisi in categorie per facilitarne la ricerca:

• Fiere e Ricorrenze: Scoprite le prossime fiere e gli eventi di settore per restare al passo con le ultime novità e tendenze.

• Ricorrenze e Fiori: Non perdete le date speciali legate alle piante e ai fiori, perfette per ispirarvi e pianificare le vostre attività di marketing.

• Webinar, Corsi e Meeting: Approfondite le vostre conoscenze e competenze partecipando a webinar, corsi e meeting dedicati al settore.

• Concorsi: Mettete alla prova i vostri prodotti-servizi partecipando ai concorsi del settore.

Vi ricordo infine, che il vostro contributo è fondamentale per noi. Se siete a conoscenza di nuovi webinar, corsi, concorsi, meeting o fiere che potrebbero interessare la nostra comunità, vi invitiamo a segnalarli tramite il nostro [modulo di segnalazione eventi]. Insieme possiamo rendere Floraviva un punto di riferimento sempre più completo e informativo per tutti gli appassionati e i professionisti del settore.

Un caloroso saluto,

Andrea Vitali L'editore

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Nel panorama agricolo italiano, stiamo assistendo a un interessante anche se lento cambiamento. Tecnologie all'avanguardia, come il vertical farming, e soluzioni per un approvvigionamento energetico sostenibile, oltre a ripensare la catena del valore e logistico distributiva, stanno guadagnando terreno e attirando significativi finanziamenti. Tuttavia, l'andamento complessivo del settore agricolo nazionale mostra segni preoccupanti di deterioramento.

Dopo una serie di riduzioni del valore aggiunto agricolo negli ultimi quattro anni, anche nel primo trimestre del 2023 si è registrato un calo tendenziale di oltre il 12% rispetto all'anno precedente. Questo trend negativo contraddice l'andamento dell'intera economia, che nel medesimo periodo ha mostrato una crescita costante.

 

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L'introduzione di modelli innovativi diventa quindi fondamentale. Questi modelli, che riporto di seguito a titolo d'esempio, hanno catturato l'attenzione di investitori e istituti di credito, segnalando così un crescente interesse per il futuro dell'agricoltura e per le nuove tecnologie che possono trasformarla.

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Focalizzandoci su due di questi modelli, il vertical farming anche se già ampiamente usato all'estero, implica la coltivazione di piante in spazi verticali anziché su terreni orizzontali. In Italia, aziende come Agricola Moderna, Planet Farms e Kilometro Verde hanno adottato queste tecnologie e stanno ottenendo significativi finanziamenti. Banca Intesa, Unicredit e Sace hanno recentemente investito 10 milioni di euro in Agricola Moderna e 17 milioni in Planet Farms. Kilometro Verde invece ha ottenuto un finanziamento di 6 milioni da Ismea.

Nel settore dell'approvvigionamento energetico, spicca invece l'investimento di Fri-El Green Power in un impianto di geotermia, destinato a alimentare i propri impianti idroponici noti come Fri-El Green House. Questo ambizioso progetto, dal valore di 220 milioni di euro, potrebbe valere almeno 4 miliardi entro il 2030 (fonte FORTUNE).

Tuttavia, il settore primario italiano, come preferisco chiamarlo, sta anche affronta importanti sfide legate alla catena di approvvigionamento, che ha subito un aumento dei costi nei trasporti e nei concimi che ad esempio hanno pesantemente penalizzato i prodotti della IV gamma, ma anche dell'agroalimentare in genere. Questo ha portato a una crescente consapevolezza dell'importanza di una catena logistica più efficiente e sostenibile e ha spinto verso la rivalutazione di forme di economia circolare più vicine al consumatore.

Mentre il settore primario italiano esplora questi nuovi orizzonti, è fondamentale mantenere un approccio ponderato. Dobbiamo rimanere attenti alle opportunità che queste innovazioni possono offrire, senza trascurare le implicazioni per l'ambiente e l'economia agricola tradizionale, e quindi per l'intero settore primario.

Andrea Vitali